Motivo
numero 4
Si sa che gli
adolescenti americani sono famosi per le enormi quantità di feste che
organizzano nella propria villa una volta che i genitori sono partiti per un
weekend romantico ignorando del tutto le conseguenze che può avere questa loro
scelta.
Questa volta
era toccato a Noah Puckerman.
I suoi genitori ebrei gli avevano esplicitamente chiesto di non mettere
sottosopra la casa, una volta che sarebbero partiti, ma quello, da bravo
ragazzo qual’era, aveva deliberatamente deciso di ignorarli e si era preparato
una lista degli invitati alla festa che aveva in mente di fissare la sera
stessa della partenza dei genitori.
La villa di Puck era grande, ma non gigante e, anche se avrebbe voluto
invitare come minimo tutto il McKinley e magari metà della Dalton in modo che
le ragazze avessero qualcuno con cui copulare, si sentì costretto a tagliare
drasticamente la lista degli invitati. Anche se Kurt l’avrebbe incluso,
ovviamente.
-Alcol.-
-Cosa?-
-Mi devi
procurare dell’alcol. In casa ho poco e niente.-
Finn fece
di no con la testa.
-Stai
scherzando? Hai forse dimenticato come vi siete ridotti la scorsa volta?-
Puck roteò
gli occhi.
-Non vorrai
farmi la paternale, vero?- chiese e, vedendo che il suo amico se ne stava
ancora con le braccia conserte, fermamente deciso a non voler comprare dell’altro
alcol o a non volerlo rubare dalla dispensa di Burt Hummel,
alzò le spalle e fermò Santana, che passava di lì in quel momento.
-Che vuoi, Puckerman?-
-E’ per la
festa di sabato. Porta dell’alcol.-
Santana
diede un’occhiata a Finn che si sbracciava e scuoteva
la testa e sillabava più volte un “no” sommesso. Ma proprio per questa
avversione da parte di Finn, l’ex cheerleader si
voltò verso Puck, sorrise e gli disse che va bene,
avrebbe portato lei la roba da bere. E ne avrebbe portata tanta, di roba.
Finn fece
una faccia sconsolata e Puck lo guardò vittorioso.
*
-Qui è Artcedes che parla.-
-Noi siamo Brittana. Aspettate, c’è un’altra chiamata.- Santana
premette un bottone sul cellulare.
-Faberry a
rapporto.- disse Quinn tentando di scacciare Rachel che cercava di
intromettersi nella telefonata.
-Ci andate
al party di Artie?-
-La festa è
di Puck, Brittany.- disse Artie con disappunto.
-Peccato,
avevo pure fatto la rima.- commentò quella sbuffando.
Santana le prese il cellulare dalle mani.
-Io ci sarò
alla festa. A quanto pare Puck ha invitato anche
quelli di football.-
-Oh,
perfetto. Assisteremo a Karofsky che spinge Kurt giù
per le scale, allora. Non vedo l’ora!- esclamò Rachel, che era riuscita a
parlare durante un attimo di distrazione da parte di Quinn.
-Le scale
saranno così piene di gente sbronza che non ci sarà spazio per lasciar rotolare
Kurt.- disse Santana, e gli altri rimasero col fiato
sospeso. –Sì, ragazzi, avete capito bene. Sarà meglio che non vi presentiate a
stomaco vuoto, sabato.- aggiunse, tutta soddisfatta.
*
-Ci vai alla
festa di quel coglioncello con la cresta da moicano?-
-Pensavo di
sì, tanto non ho niente di meglio da fare, sabato.-
-Gli altri
credo non vengano, non dopo aver saputo chi sono gli invitati.- disse Azimio mentre sistemava le scarpe nell’armadietto.
-Fammi indovinare:
gli sfigati del Glee club?- fece Karofsky,
convinto di averci azzeccato.
-E non solo,
anche quel frocio di Hummel. Che sicuramente si
porterà qualche finocchio dietro. Credo che il nome più adatto per la festa di Puckerman sia: “Gay pride”.-
commentò disgustato.
Karofsky sbiancò
per un attimo: s’immaginò la scena di lui che rivedeva Hummel
e che, per la felicità, gli faceva uno sgambetto e lo faceva rovinare col naso
per terra. Rise un attimo al pensiero, ma subito tornò serio e incrociò le
braccia.
-Io ci vado
solo se ci vieni anche tu.- disse.
-Io ci vado
solo se c’è da bere.- ribattè l’altro, che continuava
a ficcare roba dentro l’armadietto.
-Figurati se
la Lopez non se ne esce con qualche intruglio per far andare fuori di testa i
primi malcapitati.-
Azimio lo
guardò con un sorrisetto che la diceva lunga.
-Se la Lopez
porta da bere e si ubriaca pure, me la faccio.- annunciò con le mani sui
fianchi.
-Ancora non
te la sei fatta?-
-Perché, tu
sì?-
-Certo.-
mentì Dave, e non potè fare
a meno di distogliere lo sguardo.
*
La villa di Puck aveva due piani soltanto –sì, soltanto, perché di
solito i piani erano tre- e, quando arrivò Kurt, tutti si stavano divertendo al
piano terra. Qualcuno si era buttato nella piscina in giardino senza tener
conto dei divieti del padrone di casa, e ne era uscito fradicio, per poi
entrare in casa ed allagarla.
La carne al
barbecue era quasi cotta, ma nessuno sembrava avere fame: erano tutti ben più interessati
alle numerose bevande sparse sul lungo tavolo, e si divertivano a fare le gare
di bevute.
Quando
arrivò Kurt scortato da Finn, quest’ultimo gli
raccomandò di stargli vicino.
-Non t’allontanare
troppo da me.-
-Non mi
perderò, tranquillo. Sono già venuto qui.- disse Kurt, tranquillissimo.
-Non c’entra,
è questa gente che mi inquieta.-
-Ma Finn, sono i nostri compagni di scuola, li conosci tutti!-
esclamò Kurt, e riuscì a far tranquillizzare un pochetto
il suo fratellastro.
-Ma…Karofsky…- provò ancora a dire quello.
-Karofsky
non potrà farmi niente, non con Sam, Mike e Puck in
giro. Non nomino anche te, perché tanto non hai il coraggio di difendermi.- sorrise
Kurt, e Finn dovette ammettere che non si sarebbe mai
scontrato con quel bestione. –Quinn ti desidera.-
-Quinn…cosa?-
-Ti sta
chiamando, va’ da lei!-
Kurt spinse
il fratellastro verso la piscina, così che finalmente rimase solo.
*
Era forse
già mezzanotte, e Kurt mai avrebbe pensato che quella casa, a quell’ora, si sarebbe trasformata in un tale
bordello. Corpi di ragazzi addormentati giacevano ovunque, non si poteva
neanche più andare in bagno perché qualcuno dormiva sul gabinetto o nella
doccia. Rachel e Mercedes dormivano sul divano l’una accoccolata all’altra, Brittany vomitava nella piscina e Puck
era pronto a spingerla dentro una volta che avesse finito, mentre Finn e Quinn erano spariti. Come anche Santana.
Karofsky
non l’aveva ancora incrociato, stranamente. Dovette ritenersi fortunato,
allora.
Si chiese
come mai non ci fosse un balcone in quella casa, e si disse che forse ne
avrebbe trovato uno al piano di sopra. Così salì le scale scavalcando Tina e
Mike che ridacchiavano e si pizzicavano le braccia e raggiunse un corridoio col
pavimento di legno che scricchiolava un po’. Davanti a sé aveva la porta della
camera dei genitori di Puck, che di solito rimaneva
chiusa a chiave durante le feste. Però la chiave era nella serratura, e si
stupì quando si accorse che, invece, la porta era aperta.
La spalancò,
e finalmente trovò il balcone, ma non era vuoto come sperava: un Karofsky completamente andato era disteso supino con al
fianco una bottiglia di vino rovesciata. Teneva gli occhi chiusi, così Kurt
pensò e sperò che stesse dormendo.
-Ti ho
visto, fatina.-
Ma la voce
rotta di Karofsky mandò in frantumi le sue speranze.
-Me ne stavo
andando.- ribattè Kurt a denti stretti.
-Sì, vai,
vattene, scappa. Non vorrei mai romperti un braccio in uno scatto d’ira.- lo disse ironicamente, quasi a fargli capire che, se
fosse rimasto lì dov’era, non gli avrebbe fatto nulla di male.
Kurt strinse
le labbra, indeciso.
-Stavo
cercando un balcone.- disse poi.
-Me n’ero
accorto. L’unico che c’è è questo. Ma scappa, adesso, o potrei minacciarti di
morte un’altra volta.- di nuovo quello strano tono ironico.
-Che diavolo
fai lì disteso?-
-Prendo il
sole, Hummel.- fece Karofsky
scolandosi anche l’ultima goccia di vino che era rimasta in bottiglia.
-Sei un incosciente.-
disse Kurt, riferendosi a tutto l’alcol che aveva dovuto ingerire Karofsky.
-E allora?
Tu sei un finocchio, ma mica te ne faccio una colpa.- ribattè
l’altro stravaccandosi meglio sul pavimento piastrellato.
-Ah, questa
è buona!- esclamò Kurt, che già si stava innervosendo.
-Urla di
meno, femminuccia. Ho la testa che mi gira.-
-E chissà
come mai, eh?- fece quello indicando la bottiglia che adesso rotolava verso i
piedi del bullo. –Mi spieghi che bisogno c’era di bere così tanto?-
-Io ho sempre
un buon motivo per bere.- disse Dave per poi cercare
di mettersi a sedere. Ma ci rinunciò subito e tornò supino.
-Sentiamo.-
Kurt incrociò le braccia.
-Motivo
numero 1:- ed alzò in aria il dito. –Ho sempre sete.-
-Non mi
sembra un valido motivo.-
-Motivo
numero 2: vado male a scuola.-
-Un altro
motivo non valido. Basta impegnarsi quel poco in più e…-
Karofsky lo
interruppe di nuovo.
-Motivo
numero 3: sono un fottuto frocio.-
Abbassò la
mano e cercò la bottiglia coi piedi, ma quella sembrava essersi volatilizzata.
Meglio, perché avrebbe potuto romperla e uccidere Hummel,
o meglio uccidersi.
-…Non è un
motivo valido. Anche io lo sono, eppure sono astemio.- disse Kurt, stupito da
quanto l’alcol sciogliesse la lingua.
-Senti, Hummel, non rompermi i santi coglioni, ok? Perché non te ne
vai? Anzi, scappa in quella scuola di froci come hai già fatto, che qui c’è un
mostro cattivo pronto a mangiarti in un sol boccone.- disse l’altro, con la
voce che gli tremava e gli faceva pronunciare le parole a metà. Gli scappò un
singhiozzo, poi si passò la manica sugli occhi, perché qualche lacrima gli
stava cadendo prepotentemente sul volto. –Ah, ‘fanculo.-
aggiunse, e di nuovo singhiozzò.
Kurt lo
guardò scuotendo la testa, e maledicendosi per quello che stava per dire.
-Tu hai
bisogno di aiuto, Karofsky.-
-No,
principessa, ho bisogno che tu mi chiami per nome.- ribattè l’altro mentre si strofinava gli occhi.
-Non è un
problema per me.-
-Lo è per
me, perché io non riesco a chiamarti per nome, solo finocchio, checca e
fatina.-
-E
principessa.- lo corresse Kurt.
Dave si
alzò improvvisamente, e sentì la testa vorticare e la vista vacillare, ma lo
stesso tentò di resistere, e afferrò Kurt dalla camicia azzurra.
-Io ti odio.- indebolì la presa. –O forse ti amo. Non lo so.- lo mollò, e si sedette sulle proprie ginocchia.
Kurt alzò
gli occhi al cielo e si chiese perché dovessero capitare tutte a lui.
-A questo
punto dovresti uscirtene con una frase del tipo “Sei
ubriaco. Non sai quello che dici.”- fece Karofsky con
sguardo languido.
-Sei
ubriaco. Non sai quello che dici.- ripetè l’altro,
tanto per fargli un dispetto.
-Non
prendere i miei sentimenti per un gioco, hai capito?- sbraitò afferrandolo di
nuovo per il colletto della camicia. Kurt strinse gli occhi temendo un qualche
pugno in pieno volto, ma si rilassò quando vide che Dave
era tornato con la testa sul pavimento. –Voglio morire.- mormorò dopo un po’.
-Non
dovresti desiderare qualcosa di così estremo.-
-Ma ho un
buon motivo per farlo.- borbottò, mentre dava la schiena a Kurt.
-Sentiamo.-
-Motivo
numero 4: faccio la corte a qualcuno che ha paura di me.-
disse con la mano in aria che segnava il numero 4.
-Se
spaventare la gente è il tuo modo per fare la corte a qualcuno, allora ti posso
assicurare che non farai colpo su nessuno.- fece l’altro, tutto impettito.
-Su di te
non ho fatto colpo.- era più un’affermazione che una domanda.
-No,
infatti.-
-‘Fanculo.- borbottò. –Allora merito davvero di morire.-
-La vuoi
piantare di fare l’adolescente depresso? Adesso ti alzi, così andiamo di là e…-
-Io ti amo
per davvero.- lo interruppe Dave cercando nella semi
oscurità gli occhi brillanti di Kurt, che avrebbe voluto rispondergli uno
sprezzante “ma io amo Blaine”. Però non ce la fece, Karofsky aveva una faccia troppo sconsolata e patetica. E
intanto si stava pure avvicinando al suo viso, cercando magari un conforto più
fisico che morale.
-Io mi
uccido.- disse Dave quando si ritrovò a pochi
centimetri dal volto di Kurt.
-Non parlare
così, o fai star male pure me…-
-Magari, Hummel, magari potessi patire tutto quello che ho patito
io! Te lo auguro con tutto il cuore!- esclamò, e intanto si sentiva lo stomaco
in subbuglio. Kurt voleva andarsene, ma lo stesso non aveva intenzione di
lasciare Karofsky in quelle condizioni. Sarebbe stato
capace di buttarsi di sotto.
-Hummel…?-
-Che c’è?-
-E’ troppo
tardi per chiedere scusa?-
-Sei poco
credibile da ubriaco.- disse Kurt.
-Da sobrio
non ci riesco. Allora scusa.-
-Per tutto?-
il più piccolo chiese conferma.
-Tutto
tutto.-
-Anche per
il bacio?-
-Sì, giuro
che non lo farò più.- mormorò Dave deglutendo. Poi si
voltò verso Kurt per vedere che espressione potesse avere: sembrava tranquilla
e posata. Bene, meno male. E alla fine si dimenticò dell’ultima frase che aveva
appena pronunciato, si allungò sopra Kurt e gli diede un bacio sulle labbra
prima che lui potesse rendersi conto di quello che stava accadendo.
Hummel si
portò una mano alla bocca, proprio come era successo la prima volta.
-Porca
puttana se sei bello.- disse Karofsky sforzandosi di
sorridere ma, dato che non ci riusciva, lasciò perdere. Guardò Kurt, che ancora
era scioccato dal bacio ricevuto.
-Hai
ragione, adesso me ne vado, così potrai telefonare al tuo amico nasone e lamentarti
per il mio tentato stupro.-
Si aggrappò
alla porta che dava sul balcone e si alzò in piedi rischiando di crollare sul
posto. –Ha! Finocchi.- commentò, prima di uscire dalla camera da letto e
sbattere più volte contro il muro.
Kurt si
stava ancora sfiorando le labbra, e pensò che, forse, avrebbe voluto che Karofsky fosse perennemente ubriaco. Non tanto da fargli avere
istinti suicidi, ma abbastanza da permettergli di dire certe cose, e di dare
certi baci.
Si stese
sotto il cielo stellato nella stessa posizione in cui si trovava poco prima Karofsky, e lì s’addormentò, con la speranza che il giorno
dopo si sarebbe dimenticato del modo in cui il cuore gli stava battendo in quel
momento.
§
Sono le 3, Cristo, devo
smetterla di stare sveglia fino a tardi a scrivere. Ho bisogno di sonno.
Ed ecco che cosa esce
dalla mia mente poco sana alle 3 di notte. Una roba così a caso, tanto per
ricordare che lo scorso sabato ho bevuto un po’ troppo. Solo che io non mi sono
dichiarata a qualcuno del mio stesso sesso e non ho desiderato di morire e non
mi sono distesa sul balcone. Forse per strada, ma non sul balcone XD
Mi dite che ne pensate?
Grazie :3
Mirokia