Nulla da dirvi, se non buona lettura.
C a p i t o l o 5
Gigolò
Rimasi a fissarlo per un tempo indeterminato, totalmente rapita dai
lineamenti decisi del suo viso, il naso marcato, due labbra fini che
sembravano essere di velluto, le sopracciglia folte e leggermente
arcuate che rendevano ancora più seduttivi i suoi occhi
penetranti.
Mi scansai con movimenti meccanici per farlo entrare, evitando di non
continuare a squadrarlo come una ragazzina infoiata guidata solo
dagli estrogeni. Si tolse la giacca svelando un golfino blu attillato
abbinato ad una polo azzurra, che lo rendevano altamente sexy e
desiderabile. Sempre come un automa, afferrai la sua giacca
appendendola accanto alla porta.
Mi voltai, congiungendo le mani dietro la schiena, sorridendogli,
cercando di nascondere il mio imbarazzo crescente. A giudicare dalle
mani in tasca e dal suo dondolare da un piede all'altro, non ero
l'unica ad essere intimidita. La cosa mi stranì: uno
gigolò che si
imbarazzava? C'era qualcosa che non andava. Mi sorrise di sbieco e
schioccò la lingua prima di parlare.
«Cercavo tua madre»
La sua voce, già avvolgente al telefono, dal vivo era ancora
più
sensuale. Sentivo il viso rovente come se il sole torrido d'agosto
nel bel mezzo del Sahara mi stesse colpendo in pieno.
Gli sorrisi, capendo solo in quel momento la ragione per il suo
imbarazzo: non aveva compreso che la squinternata che lo aveva
chiamato ero io. Ero sempre sul punto di dirglielo, ma le parole mi
morivano in bocca per l'imbarazzo e ne usciva solo un respiro
profondo.
«Sono un suo amico» aggiunse.
Deglutii e schioccai la lingua, prima di avvicinarmi a lui
«A-Alice» balbettai.
Blaine mi guardò con occhi spalancati e stupiti. Si
grattò una
guancia, aprendo poi la mano e massaggiandosi il mento. La
lasciò
ricadere lungo il fianco e socchiuse gli occhi, indicandomi.
«Quindi...» lasciò la frase a mezz'aria,
roteando l'indice.
Annuii, prevedendo quale fosse la sua domanda, ossia Mi hai
chiamato te. Scoppiò in un risolino divertito che
mi mise a
disagio, più di quanto già non fossi. Mi strinsi
nelle spalle,
unendo le mani sotto il ventre.
«Devo ammettere che non me l'aspettavo. Di solito le mie
clienti
sono più stagionate» disse lui, ispezionando il
pavimento di
granito del salotto, scuotendo quasi impercettibilmente la testa
«Ma
tant'è» sollevò lo sguardo immergendolo
nel mio.
Mi allungò la mano e la strinsi con poca convinzione,
sentendo la
sua pelle ruvida contro la mia provocandomi un brivido lungo tutto il
braccio.
«Blaine» sorrise, mostrando i denti bianchi e
perfetti «Alias
Dario»
Appena liberò la mia mano, la ritrassi all'istante,
racchiudendola
nell'altra. Il mio rapporto con il sesso opposto era davvero
tremendo, sembrava quasi una tortura da sopportare per me e lo capivo
ogni giorno di più. Se andavo avanti di questo passo sarei
realmente
morta vergine.
Mi morsi le labbra, dubbiosa. Mi incuriosiva il fatto che avesse
usato un nome d'arte per presentarsi su quel sito, nonostante poi
dicesse alle sue clienti il suo vero nome. Ma rimasi con la mia
sviluppata curiosità ereditata da mia madre, l'unica cosa
oltre al
sesso femminile, che, sapevo, mi avrebbe tormentato ogni singolo
istante.
Dario incrociò le braccia al petto, guardandomi con uno
sguardo
infuocato e le labbra arricciate. Se non fossi stata Alice Livraghi,
ma qualsiasi altra donna, gli sarei saltata addosso e avrei consumato
con lui. Non sapevo se quello si essere me stessa era un bene o meno.
«Allora?» incalzò lui.
«Allora cosa?» domandai confusa.
Blaine, alias Dario, mi guardò turbato con un sopracciglio
abbassato.
«Avevi detto che mi dovevi spiegare una cosa, no?!»
mi delucidò.
«Ah sì certo!» caddi dalle nuvole, il
mio luogo vacanziero preferito, e risi
nervosamente.
Quel ragazzo mi aveva frastornata talmente tanto che le mie sinapsi
non riuscivano a connettersi a dovere. Con un gesto della mano gli
dissi di seguirmi nella mia camera, l'unico posto dove potevo avere
un po' di privacy. Con Raffaele in giro e il possibile rientro di mia
madre, che non si sapeva mai quando potesse capitare, il salotto era
pericoloso, un territorio neutro in cui potevo essere liberamente
attaccata. La mia stanza, invece, era terra nemica e Raffaele non
poteva sporgere nemmeno il naso dentro di essa.
Mi richiusi la porta a chiave alle spalle, appoggiandomi contro di
essa qualche secondo, sorridendo a Dario che si era accomodato sul
mio letto.
«Prima di tutto devo farti una domanda» il suo tono
di voce era
roco e basso, rendendo la sua voce ancora più sensuale. Si
allungò
sul letto, appoggiandosi ai gomiti e facendo risalire i jeans che
lasciavano ben poco all'immaginazione «Quanti anni
hai?»
L'unica cosa che riuscii a fare era continuare a guardarlo e basta.
Non riuscivo a muovermi, non riuscivo a parlare, ero semplicemente
congelata. La domanda era stata semplice e chiara, insomma, non mi
aveva mica chiesto l'inventore della pentola a pressione! Eppure, non
riuscivo a rispondergli. I suoi occhi mi incitarono, seguito da un
gesto rapido della mano.
«Di-Di» tentennai. Chiusi gli occhi e presi un
respiro profondo,
estraniandomi completamente da quella camera e immaginando di essere
da sola «Diciassette, diciotto il 13 marzo!» dissi
tutto d'un
fiato, ridendo poi soddisfatta, non riuscendo però a
riaprire gli
occhi. Ero riuscita ad entrare in un momento di pura
tranquillità
dal quale non volevo più fuggire.
Fu un attimo che sentii dita delicate solleticarmi il braccio,
percorrerlo, passando poi al collo e fermandosi all'altezza della mia
guancia. Avrei potuto aprire gli occhi, ma erano incollati. O
semplicemente quel contatto non era per nulla spiacevole. Il pollice
mi accarezzò la gota e l'altra mano di Dario andò
a finire sul mio
fianco, spingendomi verso di lui. Ad un tratto sentii il suo bacino,
compreso il suo prosperoso allegato, sfregare contro il mio. Tremavo
e il respiro era diventato affannoso e irregolare. Mi decisi ad
aprire gli occhi e a spingerlo via, dileguandomi svelta da lui,
sedendomi sulla mia sedia girevole.
«Ma sei impazzito?!» sbraitai, con gli occhi
sbarrati,
abbracciandomi come per nascondermi e accavallando le gambe in modo
pudico.
«Perchè ti sei tirata indietro?» chiese
scocciato.
Aveva anche la faccia tosta di fare l'irritato!
«Tu volevi» iniziai con tutto il fiato che avevo in
corpo, che
venne meno quando dovevo pronunciare la parola sesso, che,
ovviamente, non venne proferita dalle mie labbra
«Sì, insomma,
quello!» continuai scioccata.
«Mia cara, è il mio lavoro» sorrise
spavaldo, avvicinandosi felino
a me, slacciandosi i bottoni del golf «E tu mi hai chiamato
per
questo»
«Mi dispiace sgonfiarti l'aureola, ma non ti ho chiamato per
questo»
mi allontanai con la sedia, sbattendo più volte contro la
scrivania
e l'armadio.
«Pensavo tu volessi andare subito al sodo»
continuò, privandosi
completamente di quel golfino, scoprendo le braccia forti e un
tatuaggio su quella destra, lanciandolo sul letto.
«Al sodo?!» esplosi con voce indignata e cavernosa,
quasi fossi
stata posseduta da uno strano demone, fermandomi nel mio peregrinare
con la sedia «E cosa te lo ha fatto pensare?»
Dario mi guardò con sufficienza, facendo un gesto vago con
la mano.
«Solitamente le clienti, per
telefono, sono molto timide e non hanno il coraggio di dirmi che
vogliono andare subito al sodo, ma me lo fanno capire appena metto
piede in casa loro» mi rivolse uno sguardo provocante che mi
destabilizzò, ma cercai di non darlo a vedere, anche se il
mio corpo
parlava da solo. Mi ero chiusa nelle spalle e stringevo forte le
ginocchia, quasi a difendermi dal suo fascino ipnotizzante.
«Quando mi hai portato in camera, credevo che tu volessi fare
sesso»
«Mi dispiace, ma hai frainteso» mi affrettai a dire.
«Allora mi scuso» alzò le mani in segno
di resa e mi sorrise
deliziosamente.
Scossi la testa facendogli capire di non preoccuparsi.
«Cosa desideri fare, allora?» domandò
«Vuoi uscire con me, vuoi
sfogarti, vuoi sentirti importante» continuò con
tono basso,
affascinante «Sono qui al tuo servizio, piccola»
Mi morsi le labbra e giocai con una ciocca di capelli che mi ricadeva
sulla spalla. Avrei dovuto spiegargli la situazione, ma mi trovavo in
difficoltà e mi imbarazzava parlare ad un estraneo della mia
vita
privata. Ero sicura che se gli avessi detto la verità mi
sarebbe
scoppiato a ridere in faccia.
Il mio segreto non sarebbe stato più solo mio, ma lo avrei
dovuto
condividere con lui e questo non mi piaceva affatto. Ma dovevo farlo.
Mi sistemai meglio sulla sedia e mi schiarii la voce con un colpo di
tosse. La mia gamba destra cominciò a muoversi nervosamente
e le
pellicine delle mie mani cominciavano ad essere invitanti. Ne staccai
una, mentre Dario, con lo sguardo, mi incitava a spiegargli la
situazione.
«Mi prometti che non riderai?»
Lui annuì, baciandosi le dita unite a croce e, con un gesto
fluido
della mano, mi esortò a continuare.
«A San Valentino ci sarà una festa alla mia
scuola. Avevo detto di
avere un fidanzato che, ovviamente, non esiste e sono costretta ad
andare se non voglio risultare una sfigata» mi fermai per
prendere
fiato e mi soffermai sull'espressione interessata di Dario «E
quindi
ti ho chiamato perchè tu fingessi di essere il mio
ragazzo»
Silenzio. Lui mi contemplava senza dire nulla e dal suo viso non
traspariva nessuna emozione, era di ghiaccio. Intrecciai le dita,
torturandole e pazientando per avere un suo parere, per sapere che
cosa pensasse. Ogni secondo in cui lui non apriva bocca era un
respiro perduto.
«E perchè dovresti andarci per forza?»
ruppe finalmente quel
silenzio cristallizzato.
«Bè, perchè» esitai un attimo.
Quello era il momento in cui mi sarebbe piaciuto scivolare sotto il
letto ed esalare l'ultimo respiro, o in alternativa, trovare una
lampada con un genio per esprimere tre desideri. Per prima cosa avrei
chiesto di tornare indietro nel tempo, così da non averlo
davanti a me in tutta la sua sensualità, poi gli avrei
chiesto un
fidanzato, magari Federico Abbate, anche se il Genio di Aladdine era
stato abbastanza chiaro con le regole, tra cui figurava "Non posso fare innamorare
nessuno", ma avrei trovato una soluzione; e come terzo
desiderio, the last
but not the least, di non avere più la cellulite.
Respirai a
fondo.
«Ho sempre finto di avere dei fidanzati, ma in
realtà non ho mai
neanche dato il primo bacio. Non voglio che i miei compagni lo
vengano a scoprire» abbassai il tono, rendendolo quasi
fanciullesco.
Dario si alzò in piedi e contrasse il volto in una smorfia
incredula. Rise tra sé e sé, grattandosi la nuca
e passandosi
indice e pollice sugli occhi, i quali scivolarono in un attimo nei
miei.
«È uno scherzo, vero?» il suo tono era
estremamente serio.
Alzai le spalle, allargando le braccia e facendogli un sorriso.
«Ti prego, dimmi che è uno scherzo organizzato da
qualche mio
amico» continuò a nervi tesi.
«Vorrei dirti di sì, ma mentirei. E ho
già detto abbastanza bugie»
Dario emise un Cazzo, atono, e nascose una mano
nella tasca
dei jeans, estraendo da essa un pacchetto di Marlboro rosse.
«Ho bisogno di una sigaretta» mormorò,
avvicinandosi alla
finestra, aprendola, e piantandosene una in bocca.
Scattai in piedi e lo raggiunsi come una furia strappandogli via
quell'arnese. In camera mia era proibito fumare, non volevo puzzare
di tabacco e, soprattutto, non volevo una nuvola di olezzo nella mia
splendida camera, come in quella di Raffaele. Mi bastava quel leggero
tanfo che mi lasciava addosso mio fratello. La gettai dalla finestra
e lo guardai severa, con le mani sui fianchi.
«In camera mia non si fuma!» scandii con decisione,
sotto lo
sguardo attonito di Dario.
Tornai alla mia sedia, sedendomi a braccia incrociate e con le gambe
accavallate. Blaine rimase davanti alla finestra aperta a contemplare
i palazzi, con i gomiti sul davanzale e scuotendo varie volte la
testa, lanciandomi ogni tanto uno sguardo.
«Non ti ho mica chiesto la luna!» sbottai
indispettita, attirando
la sua attenzione «Cosa c'è di così
strano in questa richiesta?»
«Mi chiedi anche cosa c'è di strano?!»
ripetè, avvicinandosi
pericolosamente a me a braccia incrociate.
Si piegò verso di me, puntando i suoi occhi vogliosi nei
miei. Con
l'indice e il medio camminò lungo la mia coscia, aprendo poi
la mano
altezza del fianco e spingendomi con violenza verso di lui per farmi
alzare, sbattendo via con un calcio la sedia. Sbattei violentemente
contro di lui trovandomi ad una distanza davvero troppo ridotta dal
suo corpo e dalle sue labbra rosee mentre la sua mano mi stringeva
forte da dietro. Le nocche magre di Dario si posarono con delicatezza
sulla mia guancia e percorsero il mio profilo fino a sfiorarmi il
mento, che poi prese tra le sue dita virili, avvicinandomi al suo
viso. Sentivo il suo fiato caldo sul viso e le pulsazioni che,
violente, mi rimbombavano nelle orecchie e nelle tempie.
Strusciò
contro di me, facendomi nuovamente sentire quanto fosse maschio. Mi
sentivo percorsa da scosse e mi sentivo strana, mi sentivo fremere,
le gambe tremavano e avevo quasi voglia di saltargli addosso. Molto
probabilmente ero eccitata, per la prima volta nella mia vita, nel
vero senso della parola.
Ero emozionata, intimidita da lui. Ma il disagio che provavo con lui
era ben lontano da quello che mi provocavano Davide e Federico. Con
lui era più una questione fisica.
Abbassò il viso,
incastrandolo tra il collo e la spalle, soffiandoci sopra, facendomi
vibrare. Un bacio e poi ancora i suoi occhi nei miei. Le sue labbra
si avvicinarono alle mie pericolosamente e in quel momento feci un
passo indietro, ritraendomi.
Dario mollò la presa, lasciandomi libera e sorridendo
soddisfatto.
«Capito ora cosa c'è di strano» mi
disse, mettendo una mano in
tasca.
Rimasi impalata di fronte a lui, ancora scombussolata per quel gesto
inaspettato, con una mano appoggiata sulle labbra, ancora con la
spina dorsale percorsa da strani tremiti . Scossi la testa, con gli
occhi spalancati per la sorpresa e l'emozione di quel momento e lui
rise ancora.
«Come credi che gli altri credano che io e te» ci
indicò, uno dopo
l'altro «siamo fidanzati?»
Deglutii, rimanendo però nel mio mutismo e nella mia
immobilità.
«Sarebbe chiaro perfino ad un cieco che io e te siamo due
estranei»
continuò contrariato «Per non parlare poi del
fatto che tu non abbia mai dato il tuo
primo bacio» la sua voce era diventata secca e decisa
«ed è
risaputo che per una ragazza il primo bacio è importante e
che non
lo sprecherebbe di certo con un estraneo. Quindi, spiegami come
possiamo fingere di essere fidanzati?»
Mi gettai a peso morto sul letto gonfiando il petto d'aria e
sgonfiandolo poco dopo. Nemmeno l'ultima spiaggia avrebbe potuto
salvarmi e il tono adoperato da Dario nella sua filippica non aveva
fatto altro che distruggere di più il mio morale,
già a terra da
parecchio tempo.
«Non lo so» soffiai.
Dario alzò un sopracciglio e un sorriso sornione si
disegnò sulle
sue labbra. Sembrava compiaciuto della sua missione e lo avrei
soffocato col mio cuscino e ballato sul suo cadavere, se non fosse
stato che mi mancavano completamente le forze per alzarmi da
lì.
«È meglio che io vada» disse
rimettendosi il golf e avviandosi
verso la porta.
«Scusa se ti ho fatto perdere tempo» mormorai.
Il piano era: puntare sul senso di colpa. Sarebbe mai stato in grado
di abbandonare una giovane e dolce donzella in difficoltà?
«Vorrà dire che la mia adolescenza sarà
rovinata» mi sdraiai su un
fianco, dandogli le spalle «Diventerò una donna
depressa, che a
quarant'anni tenterà il suicidio perchè un
accompagnatore non ha
fatto il suo lavoro» sospirai
Silenzio. Non un movimento, non un parola, nessuna porta che si
apriva e si richiudeva. Alice Livraghi aveva fatto centro. Mi voltai
un po', il necessario per sbirciare che cosa stesse facendo Dario. Era
immobile con la mano appoggiata alla maniglia mentre l'altra vagava
incerta sulla sua nuca. Tanto che c'ero mi soffermai sul suo lato B,
assai sviluppato e tondo, da massaggiare tutto. Mi girai ancora per
poterlo squadrare al meglio, ma il bordo del letto arrivò
troppo
presto ed inaspettato, tanto che caddi con un tonfo che solo un
rinoceronte avrebbe potuto generare, o in alternativa mio fratello,
sbattendo la testa. Dario si girò all'istante, rimbalzando
il suo
sguardo tra il letto e me, accorgendosi che ero capitombolata in modo
scomposto a terra, con una gamba ancora appesa al letto. Si
affrettò
a soccorrermi, accovacciandosi alla mia altezza e porgendomi il suo
avambraccio. Lo afferrai con decisione, rialzandomi con poca grazia.
«Ma quanto pesi?!» commentò sfiatato
Blaine, alzando quel cadavere
che ero io.
«Affari miei!» ringhiai.
Appena fui sui miei piedi gli diedi un pungo nel fianco facendolo
piegare. Scoppiò poi a ridere, una risata atona,
inframezzata da
qualche acuto che contagiò anche me.
«Ti sei fatta male?» mi chiese, con le lacrime agli
occhi e senza
fiato.
«No» risposi tra uno spasmo e l'altro, anche se la
testa mi doleva
e non poco.
Respirò profondamente per cercare di smettere di ridere. Si
asciugò
gli occhi e tornò improvvisamente serio, fissandomi
profondamente.
«Ti aiuto» disse quasi sconsolato.
I miei occhi si illuminarono. Saltellai sul posto, battendo le mani e
lo abbracciai forte, quasi lo volessi stritolare.
«Grazie, grazie, grazie!» trillai felice.
«Lo faccio solo perchè non voglio avere donne
quarantenni depresse
sulla coscienza» ribattè lui, soffiandomi sul
collo e ricambiando
la mia stretta. Inaspettatamente.
Affondai il viso nel suo golfino riempiendomi i polmoni del suo odore
piacevole e penetrante, nonostante una distante nota di tabacco. Mi
lasciai cullare dal suo respiro regolare, chiudendo gli occhi per
godere a pieno di quel momento. Sarei rimasta tra le sue braccia
anche ore intere senza stancarmi, ma purtroppo era solo una stupida
fantasia.
«Mi stai stritolando» mi disse con voce stridula.
Lo lasciai all'istante, stringendo le mani dietro la schiena,
imbarazzata per quello che era appena successo. Dario fece un
risolino divertito e si adagiò nuovamente sul mio letto. Con
una
mano battè accanto a sé invitandomi a sedermi
vicino a lui.
Intimorita accolsi il suo invito, stando però il
più lontano
possibile da lui. Aveva notato il mio disagio, ne ero più
che certa,
soprattutto per il modo delicato con cui mi guardava.
«Parlami un po' di questo fidanzato immaginario, almeno mi
faccio
un'idea di chi devo diventare»
«Allora» lo guardai con occhi grandi e briosi
«Ti chiami Edoardo,
hai ventidue anni e ci siamo incontrati quattro anni fa alla fermata
dell'autobus. Da lì siamo diventati grandi amici e da
qualche tempo
hai iniziato a corteggiarmi»
Dario sogghignò, portandosi discretamente una mano davanti
alla
bocca per non farsi vedere dal mio occhio vigile.
«Perchè ridi?» domandai dubbiosa.
«Sei buffa» rispose, facendomi un buffetto sulla
guancia «Sembri
mia sorella!»
«Hai una sorella?» ero stupita.
«No» ridacchiò «Ma se l'avessi
sarebbe esattamente come te»
Scrollai le spalle. Non mi sarebbe affatto piaciuto avere un fratello
come lui perchè sarei stata l'unica sfigata a non poter
ambire ad
averlo, anche se avrei nettamente preferito essere sua sorella
piuttosto che di Raffaele.
«E da quanto tempo stiamo insieme?»
domandò «Io, Edoardo, e te»
puntualizzò.
«Facciamo due mesi?»
Dario annuì, poi battè le mani alzandosi. Si
sistemò gli abiti,
alzando i pantaloni che erano scesi lievemente. Si aprì in
un
sorriso sadico che mi spaventò.
«Le mie tariffe sono 300 euro a uscita, 420 per servizi
notturni e
480 per cose più piccanti» disse, adeguandosi al
mio modo di
parlare.
Sbarrai gli occhi, spalancando la bocca, incredula. E dove potevo
trovare una somma tale? 300 euro per il mio scarno borsellino erano
troppi.
«E dove li trovo tutti questi soldi?» piagnucolai.
Dario scrollò le spalle.
«Non è un problema mio» disse con
noncuranza.
Sospirai, prendendomi le guance tra le mani. Che cosa potevo fare?
Non potevo di certo arrendermi adesso, soprattutto dopo che c'era
stato quell'avvicinamento del quarto tipo con lui. E non volevo
ritrovarmi nella stessa identica situazione di partenza.
Come potevo pagarlo? Non avevo soldi e non potevo di certo chiederli
a mia madre, non sarebbe mai stata disposta a sborsare 300 euro ad
uscita per pagare un prostituto. Avrei potuto rubarli a mio fratello,
ma sicuramente li aveva spesi tutti tra sigarette e film porno.
Una rapina in banca? No, non volevo finire in
carcere.
Elemosina? No, sarei stata poco credibile.
Un prestito alle mie amiche? No, Benedetta sarebbe
scoppiata a
ridermi in faccia, non spendeva soldi per lei, figurarsi se me li
prestava e Claudia era senza paghetta.
«Non posso permettermelo» soffiai, demoralizzata.
«Puoi anche pagarmi in comode rate»
sogghignò divertito.
«Pensavo tu fossi un accompagnatore e non un
materasso» dissi
sarcastica.
Rise.
«Posso anche concederti un piccolo sconto, ma non troppo.
Devo pur
campare»
Lo accompagnai alla porta e avevo esattamente venti secondi per
trovare una soluzione, un tempo davvero ridotto per un problema
più
grande di me. Gli porsi il giubbotto e aprii la porta. Dario si
sistemò il colletto della polo e raggiunse il pianerottolo,
guardandomi interrogatorio, infilandosi le mani in tasca.
«Cosa hai intenzione di fare?»
Lo guardai con labbra increspate, picchiettando l'indice contro la
porta.
«Sei assunto» risposi, anche se non sapevo dove
trovare i soldi.
Dario ridacchiò. Forse Assunto non era il
termine più adatto
da usare, ma era stata la prima cosa di senso compiuto a balzarmi in
mente.
«D'accordo, allora» estrasse le mani delle tasche,
battendole
contro le cosce «Ci vediamo domani» mi sorrise
sensualmente e non
riuscii nemmeno a dire nulla, nemmeno un Ok, che lui era galoppato
via lungo le scale.
Mi richiusi la porta alle spalle e rimasi appoggiata ad essa per
qualche secondo. Quella era stata l'esperienza più strana ed
eccitante della mia vita, uno dei miei primi contatti fisici con un
uomo, la prima volta che mi ero sentita fremere tutta e con tutto
intendo anche ciò che si trovava a sud dell'equatore.
Ma come pagarlo? L'unica cosa che mi veniva in mente era lavorare.
Io, sfaticata com'ero, dovevo mettermi a lavorare?! Noia! Per
di più, l'unico mestiere che potevo fare era la baby-sitter,
o in
alternativa, la dog-sitter. Peccato che io non sopportavo i cani,
facevo parte del cat-team. Accudire i bambini mi sembrava una buona
idea, nonostante il mio rapporto altalenante con quei piccoli
diavoli.
«Chi era quel ragazzo?»
Mia madre, come un fantasma dei peggiori film horror, sbucò
fuori
dalla cucina, ancora vestita per l'appuntamento galante che aveva con
un uomo. Sobbalzai inizialmente, poi mi irrigidii quando compresi la
domanda.
«Un amico» mentii con un sorriso, dileguandomi
velocemente.
«Certo, un amico» mia madre alzò le
sopracciglia maliziosamente,
bloccandomi tra il salotto e l'anticamera.
«Esatto, mamma, solo un amico!» quasi gridai,
irritata dalla
curiosità irrefrenabile di quella donna.
«Un po' speciale, direi, visto che è uscito dalla
tua stanza» mi
fece un occhiolino complice.
Non ero sicura di dove volesse andare a parare, fin quando non mi si
parò davanti, stringendomi le spalle con le sue dita
affusolate e
guardandomi seria, dall'altro in basso.
«Credo sia arrivato il momento, tesoro, di farti un
discorso»
sospirò «Ormai sei grande, hai un ragazzo speciale
nella tua vita
con cui vorrai fare sesso...»
«Mamma!» esplosi, interropendo quel discorso
incandescente,
nascondendomi il viso paonazzo tra le mani.
«Amore mio, prima o poi dovrà capitare e lui
potrebbe essere il
ragazzo adatto a te. Come hai detto che si chiama?» mi chiese
d'un
tratto.
«Non te l'ho detto»
«E come si chiama il mio futuro genero?» chiese
sorridendo.
«Edoardo» risposi spazientita «E non
sarà il tuo futuro genero. È
solo ed esclusivamente un amico!» mi divincolai dalla presa
«A M I
C O!» cercai di essere il più categorica
possibile, mettendola a
tacere per qualche secondo.
Ne approfittai di quel silenzio per fiondarmi in camera mia. Ci
mancavano solo le fantasticherie di mia madre e i suoi discorsi
sul...sesso...campati in aria. Mi gettai di pancia e
a peso
morto sul letto, ritrovandomi con la faccia affondata nel cuscino che
odorava di lui. Eau de Blaine. Respirai a fondo e
avidamente
quel profumo che mi inebriava. In nemmeno un'ora, Dario era riuscita
ad invadermi, pervadermi, conquistarmi, sconvolgermi con i suoi occhi
e la sua semplicità.
Mi misi a guardare il soffitto riflettendo su di lui. Non riuscivo a
capire perchè un ragazzo giovane come lui faceva lo
gigolò.
Solitamente le persone che facevano quel mestiere erano disperate,
avevano problemi finanziari o dovevano aiutare familiari malati o,
peggio ancora, erano obbligati. Non volevo minimamente pensare a cose
del genere, mi sarebbe venuto un enorme magone che mi avrebbe
accompagnata per giorni interi. Povero Dario, qualsiasi cosa lo
affliggesse.
Il cellulare sulla scrivania emise la suoneria stupida e fanciullesca
che usavo per i messaggi. Mi alzai di malavoglia, strascicando,
convinta che fosse nuovamente la Vodafone con le loro inutili offerte
che a me non interessavano affatto. Era già un miracolo che
mandavo
un SMS al mese!
Aprii il messaggio e la seccatura sparì in un attimo,
venendo
sostituita da incredulità, rabbia, gelosia. Come rovinare
una
giornata che fino a quel momento era stata fantastica? Ricordarsi di
Federico Abbate, della mia cotta per lui, della mia migliore amica
che stava per avere la meglio. Anzi, l'aveva avuta. Un messaggio
lapidario, quattro semplici parole che mi distrussero nel giro di
pochi secondi.
Federico mi ha baciata.
_________________________________________________________
Salveeeeeeeeeee!
Primo giorno di vacanze, finalmente! Non ne potevo più! Tre
giorni consecuitivi in cui ho avuto lezione fino alle cinque e mezza
sono state un martirio. Un po' di riposo me lo sono meritata.
So che avevo detto che avrei postato o sabato o domenica, ma visto che
molto probabilmente non ci sarà nessuno e il capitolo era
pronto l'ho postato comunque.
Come avevo annunciato e come avete potuto leggere è arrivato
Blaine/Dario/Edoardo! Si sa ancora molto poco di lui, ma si
è già capito qual è la sua
caratteristica fondamentale: la sensualità.
Mi è piaciuto molto scrivere questo capitolo, mi sono divertita
e devo ammettere che Dario mi piace un sacco! Ma adoro anche Federico,
un po' meno Davide ma chi lo sa cosa potrà
succedere nei prossimi capitoli?
Spero sia di vostro gradimento!
Arriviamo al momento dei ringraziamenti.
Ringrazio chi ha recensito la storia, chi l'ha inserita nelle
seguite/ricordate/preferite e a chi ha letto solamente. Siete davvero
un pubblico fantastico e il motore che porta avanti questa storia.
GRAZIE davvero tante!
Vi ricordo la pagina
facebook dove troverete piccoli spoiler, foto e tanto altro
sulla nostra cara Alice.
Un bacio a tutti, al prossimo capitolo.
Un bacio, Manu ♥