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Autore: _Shantel    21/04/2011    10 recensioni
Liceo scientifico L.
Prendete Alice, liceale di diciotto anni che vive in un mondo fantastico; aggiungete Davide, il bello-e-dannato della scuola che è il suo sogno proibito: sommate anche Federico, il migliore amico di Alice, di cui lei si invaghisce; infine moltiplicate per Edoardo, il fidanzato immaginario della ragazza che assume le fattezze dell'affascinante "Blaine", uno gigolò. Risultato?! Un gran pasticcio per la povera Alice da lei stessa creato, senza immaginarsi quello che poteva succedere. Ma in questo caos riuscirà anche a scoprire l'amore per la prima volta. Già perchè, come dice lei stessa...
Mi chiamo Alice Livraghi e non ho mai baciato un ragazzo
Genere: Commedia, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Ed ecco l'attesissimo capitolo interamente dedicato al nostro caro Edoardo/Blaine.
Nulla da dirvi, se non buona lettura.







C a p i t o l o 5

Gigo


Rimasi a fissarlo per un tempo indeterminato, totalmente rapita dai lineamenti decisi del suo viso, il naso marcato, due labbra fini che sembravano essere di velluto, le sopracciglia folte e leggermente arcuate che rendevano ancora più seduttivi i suoi occhi penetranti.
Mi scansai con movimenti meccanici per farlo entrare, evitando di non continuare a squadrarlo come una ragazzina infoiata guidata solo dagli estrogeni. Si tolse la giacca svelando un golfino blu attillato abbinato ad una polo azzurra, che lo rendevano altamente sexy e desiderabile. Sempre come un automa, afferrai la sua giacca appendendola accanto alla porta.
Mi voltai, congiungendo le mani dietro la schiena, sorridendogli, cercando di nascondere il mio imbarazzo crescente. A giudicare dalle mani in tasca e dal suo dondolare da un piede all'altro, non ero l'unica ad essere intimidita. La cosa mi stranì: uno gigolò che si imbarazzava? C'era qualcosa che non andava. Mi sorrise di sbieco e schioccò la lingua prima di parlare.
«Cercavo tua madre»
La sua voce, già avvolgente al telefono, dal vivo era ancora più sensuale. Sentivo il viso rovente come se il sole torrido d'agosto nel bel mezzo del Sahara mi stesse colpendo in pieno.
Gli sorrisi, capendo solo in quel momento la ragione per il suo imbarazzo: non aveva compreso che la squinternata che lo aveva chiamato ero io. Ero sempre sul punto di dirglielo, ma le parole mi morivano in bocca per l'imbarazzo e ne usciva solo un respiro profondo.
«Sono un suo amico» aggiunse.
Deglutii e schioccai la lingua, prima di avvicinarmi a lui
«A-Alice» balbettai.
Blaine mi guardò con occhi spalancati e stupiti. Si grattò una guancia, aprendo poi la mano e massaggiandosi il mento. La lasciò ricadere lungo il fianco e socchiuse gli occhi, indicandomi.
«Quindi...» lasciò la frase a mezz'aria, roteando l'indice.
Annuii, prevedendo quale fosse la sua domanda, ossia Mi hai chiamato te. Scoppiò in un risolino divertito che mi mise a disagio, più di quanto già non fossi. Mi strinsi nelle spalle, unendo le mani sotto il ventre.
«Devo ammettere che non me l'aspettavo. Di solito le mie clienti sono più stagionate» disse lui, ispezionando il pavimento di granito del salotto, scuotendo quasi impercettibilmente la testa «Ma tant'è» sollevò lo sguardo immergendolo nel mio.
Mi allungò la mano e la strinsi con poca convinzione, sentendo la sua pelle ruvida contro la mia provocandomi un brivido lungo tutto il braccio.
«Blaine» sorrise, mostrando i denti bianchi e perfetti «Alias Dario»
Appena liberò la mia mano, la ritrassi all'istante, racchiudendola nell'altra. Il mio rapporto con il sesso opposto era davvero tremendo, sembrava quasi una tortura da sopportare per me e lo capivo ogni giorno di più. Se andavo avanti di questo passo sarei realmente morta vergine.
Mi morsi le labbra, dubbiosa. Mi incuriosiva il fatto che avesse usato un nome d'arte per presentarsi su quel sito, nonostante poi dicesse alle sue clienti il suo vero nome. Ma rimasi con la mia sviluppata curiosità ereditata da mia madre, l'unica cosa oltre al sesso femminile, che, sapevo, mi avrebbe tormentato ogni singolo istante.
Dario incrociò le braccia al petto, guardandomi con uno sguardo infuocato e le labbra arricciate. Se non fossi stata Alice Livraghi, ma qualsiasi altra donna, gli sarei saltata addosso e avrei consumato con lui. Non sapevo se quello si essere me stessa era un bene o meno.
«Allora?» incalzò lui.
«Allora cosa?» domandai confusa.
Blaine, alias Dario, mi guardò turbato con un sopracciglio abbassato.
«Avevi detto che mi dovevi spiegare una cosa, no?!» mi delucidò.
«Ah sì certo!» caddi dalle nuvole, il mio luogo vacanziero preferito, e risi nervosamente.
Quel ragazzo mi aveva frastornata talmente tanto che le mie sinapsi non riuscivano a connettersi a dovere. Con un gesto della mano gli dissi di seguirmi nella mia camera, l'unico posto dove potevo avere un po' di privacy. Con Raffaele in giro e il possibile rientro di mia madre, che non si sapeva mai quando potesse capitare, il salotto era pericoloso, un territorio neutro in cui potevo essere liberamente attaccata. La mia stanza, invece, era terra nemica e Raffaele non poteva sporgere nemmeno il naso dentro di essa.
Mi richiusi la porta a chiave alle spalle, appoggiandomi contro di essa qualche secondo, sorridendo a Dario che si era accomodato sul mio letto.
«Prima di tutto devo farti una domanda» il suo tono di voce era roco e basso, rendendo la sua voce ancora più sensuale. Si allungò sul letto, appoggiandosi ai gomiti e facendo risalire i jeans che lasciavano ben poco all'immaginazione «Quanti anni hai?»
L'unica cosa che riuscii a fare era continuare a guardarlo e basta. Non riuscivo a muovermi, non riuscivo a parlare, ero semplicemente congelata. La domanda era stata semplice e chiara, insomma, non mi aveva mica chiesto l'inventore della pentola a pressione! Eppure, non riuscivo a rispondergli. I suoi occhi mi incitarono, seguito da un gesto rapido della mano.
«Di-Di» tentennai. Chiusi gli occhi e presi un respiro profondo, estraniandomi completamente da quella camera e immaginando di essere da sola «Diciassette, diciotto il 13 marzo!» dissi tutto d'un fiato, ridendo poi soddisfatta, non riuscendo però a riaprire gli occhi. Ero riuscita ad entrare in un momento di pura tranquillità dal quale non volevo più fuggire.
Fu un attimo che sentii dita delicate solleticarmi il braccio, percorrerlo, passando poi al collo e fermandosi all'altezza della mia guancia. Avrei potuto aprire gli occhi, ma erano incollati. O semplicemente quel contatto non era per nulla spiacevole. Il pollice mi accarezzò la gota e l'altra mano di Dario andò a finire sul mio fianco, spingendomi verso di lui. Ad un tratto sentii il suo bacino, compreso il suo prosperoso allegato, sfregare contro il mio. Tremavo e il respiro era diventato affannoso e irregolare. Mi decisi ad aprire gli occhi e a spingerlo via, dileguandomi svelta da lui, sedendomi sulla mia sedia girevole.
«Ma sei impazzito?!» sbraitai, con gli occhi sbarrati, abbracciandomi come per nascondermi e accavallando le gambe in modo pudico.
«Perchè ti sei tirata indietro?» chiese scocciato.
Aveva anche la faccia tosta di fare l'irritato!
«Tu volevi» iniziai con tutto il fiato che avevo in corpo, che venne meno quando dovevo pronunciare la parola sesso, che, ovviamente, non venne proferita dalle mie labbra «Sì, insomma, quello!» continuai scioccata.
«Mia cara, è il mio lavoro» sorrise spavaldo, avvicinandosi felino a me, slacciandosi i bottoni del golf «E tu mi hai chiamato per questo»
«Mi dispiace sgonfiarti l'aureola, ma non ti ho chiamato per questo» mi allontanai con la sedia, sbattendo più volte contro la scrivania e l'armadio.
«Pensavo tu volessi andare subito al sodo» continuò, privandosi completamente di quel golfino, scoprendo le braccia forti e un tatuaggio su quella destra, lanciandolo sul letto.
«Al sodo?!» esplosi con voce indignata e cavernosa, quasi fossi stata posseduta da uno strano demone, fermandomi nel mio peregrinare con la sedia «E cosa te lo ha fatto pensare?»
Dario mi guardò con sufficienza, facendo un gesto vago con la mano.
«Solitamente le clienti, per telefono, sono molto timide e non hanno il coraggio di dirmi che vogliono andare subito al sodo, ma me lo fanno capire appena metto piede in casa loro» mi rivolse uno sguardo provocante che mi destabilizzò, ma cercai di non darlo a vedere, anche se il mio corpo parlava da solo. Mi ero chiusa nelle spalle e stringevo forte le ginocchia, quasi a difendermi dal suo fascino ipnotizzante.
«Quando mi hai portato in camera, credevo che tu volessi fare sesso»
«Mi dispiace, ma hai frainteso» mi affrettai a dire.
«Allora mi scuso» alzò le mani in segno di resa e mi sorrise deliziosamente.
Scossi la testa facendogli capire di non preoccuparsi.
«Cosa desideri fare, allora?» domandò «Vuoi uscire con me, vuoi sfogarti, vuoi sentirti importante» continuò con tono basso, affascinante «Sono qui al tuo servizio, piccola»
Mi morsi le labbra e giocai con una ciocca di capelli che mi ricadeva sulla spalla. Avrei dovuto spiegargli la situazione, ma mi trovavo in difficoltà e mi imbarazzava parlare ad un estraneo della mia vita privata. Ero sicura che se gli avessi detto la verità mi sarebbe scoppiato a ridere in faccia.
Il mio segreto non sarebbe stato più solo mio, ma lo avrei dovuto condividere con lui e questo non mi piaceva affatto. Ma dovevo farlo.
Mi sistemai meglio sulla sedia e mi schiarii la voce con un colpo di tosse. La mia gamba destra cominciò a muoversi nervosamente e le pellicine delle mie mani cominciavano ad essere invitanti. Ne staccai una, mentre Dario, con lo sguardo, mi incitava a spiegargli la situazione.
«Mi prometti che non riderai?»
Lui annuì, baciandosi le dita unite a croce e, con un gesto fluido della mano, mi esortò a continuare.
«A San Valentino ci sarà una festa alla mia scuola. Avevo detto di avere un fidanzato che, ovviamente, non esiste e sono costretta ad andare se non voglio risultare una sfigata» mi fermai per prendere fiato e mi soffermai sull'espressione interessata di Dario «E quindi ti ho chiamato perchè tu fingessi di essere il mio ragazzo»
Silenzio. Lui mi contemplava senza dire nulla e dal suo viso non traspariva nessuna emozione, era di ghiaccio. Intrecciai le dita, torturandole e pazientando per avere un suo parere, per sapere che cosa pensasse. Ogni secondo in cui lui non apriva bocca era un respiro perduto.
«E perchè dovresti andarci per forza?» ruppe finalmente quel silenzio cristallizzato.
«Bè, perchè» esitai un attimo.
Quello era il momento in cui mi sarebbe piaciuto scivolare sotto il letto ed esalare l'ultimo respiro, o in alternativa, trovare una lampada con un genio per esprimere tre desideri. Per prima cosa avrei chiesto di tornare indietro nel tempo, così da non averlo davanti a me in tutta la sua sensualità, poi gli avrei chiesto un fidanzato, magari Federico Abbate, anche se il Genio di Aladdine era stato abbastanza chiaro con le regole, tra cui figurava "Non posso fare innamorare nessuno", ma avrei trovato una soluzione; e come terzo desiderio, the last but not the least, di non avere più la cellulite. Respirai a fondo.
«Ho sempre finto di avere dei fidanzati, ma in realtà non ho mai neanche dato il primo bacio. Non voglio che i miei compagni lo vengano a scoprire» abbassai il tono, rendendolo quasi fanciullesco.
Dario si alzò in piedi e contrasse il volto in una smorfia incredula. Rise tra sé e sé, grattandosi la nuca e passandosi indice e pollice sugli occhi, i quali scivolarono in un attimo nei miei.
«È uno scherzo, vero?» il suo tono era estremamente serio.
Alzai le spalle, allargando le braccia e facendogli un sorriso.
«Ti prego, dimmi che è uno scherzo organizzato da qualche mio amico» continuò a nervi tesi.
«Vorrei dirti di sì, ma mentirei. E ho già detto abbastanza bugie»
Dario emise un Cazzo, atono, e nascose una mano nella tasca dei jeans, estraendo da essa un pacchetto di Marlboro rosse.
«Ho bisogno di una sigaretta» mormorò, avvicinandosi alla finestra, aprendola, e piantandosene una in bocca.
Scattai in piedi e lo raggiunsi come una furia strappandogli via quell'arnese. In camera mia era proibito fumare, non volevo puzzare di tabacco e, soprattutto, non volevo una nuvola di olezzo nella mia splendida camera, come in quella di Raffaele. Mi bastava quel leggero tanfo che mi lasciava addosso mio fratello. La gettai dalla finestra e lo guardai severa, con le mani sui fianchi.
«In camera mia non si fuma!» scandii con decisione, sotto lo sguardo attonito di Dario.
Tornai alla mia sedia, sedendomi a braccia incrociate e con le gambe accavallate. Blaine rimase davanti alla finestra aperta a contemplare i palazzi, con i gomiti sul davanzale e scuotendo varie volte la testa, lanciandomi ogni tanto uno sguardo.
«Non ti ho mica chiesto la luna!» sbottai indispettita, attirando la sua attenzione «Cosa c'è di così strano in questa richiesta?»
«Mi chiedi anche cosa c'è di strano?!» ripetè, avvicinandosi pericolosamente a me a braccia incrociate.
Si piegò verso di me, puntando i suoi occhi vogliosi nei miei. Con l'indice e il medio camminò lungo la mia coscia, aprendo poi la mano altezza del fianco e spingendomi con violenza verso di lui per farmi alzare, sbattendo via con un calcio la sedia. Sbattei violentemente contro di lui trovandomi ad una distanza davvero troppo ridotta dal suo corpo e dalle sue labbra rosee mentre la sua mano mi stringeva forte da dietro. Le nocche magre di Dario si posarono con delicatezza sulla mia guancia e percorsero il mio profilo fino a sfiorarmi il mento, che poi prese tra le sue dita virili, avvicinandomi al suo viso. Sentivo il suo fiato caldo sul viso e le pulsazioni che, violente, mi rimbombavano nelle orecchie e nelle tempie. Strusciò contro di me, facendomi nuovamente sentire quanto fosse maschio. Mi sentivo percorsa da scosse e mi sentivo strana, mi sentivo fremere, le gambe tremavano e avevo quasi voglia di saltargli addosso. Molto probabilmente ero eccitata, per la prima volta nella mia vita, nel vero senso della parola.
Ero emozionata, intimidita da lui. Ma il disagio che provavo con lui era ben lontano da quello che mi provocavano Davide e Federico. Con lui era più una questione fisica. Abbassò il viso, incastrandolo tra il collo e la spalle, soffiandoci sopra, facendomi vibrare. Un bacio e poi ancora i suoi occhi nei miei. Le sue labbra si avvicinarono alle mie pericolosamente e in quel momento feci un passo indietro, ritraendomi.
Dario mollò la presa, lasciandomi libera e sorridendo soddisfatto.
«Capito ora cosa c'è di strano» mi disse, mettendo una mano in tasca.
Rimasi impalata di fronte a lui, ancora scombussolata per quel gesto inaspettato, con una mano appoggiata sulle labbra, ancora con la spina dorsale percorsa da strani tremiti . Scossi la testa, con gli occhi spalancati per la sorpresa e l'emozione di quel momento e lui rise ancora.
«Come credi che gli altri credano che io e te» ci indicò, uno dopo l'altro «siamo fidanzati?»
Deglutii, rimanendo però nel mio mutismo e nella mia immobilità.
«Sarebbe chiaro perfino ad un cieco che io e te siamo due estranei» continuò contrariato «Per non parlare poi del fatto che tu non abbia mai dato il tuo primo bacio» la sua voce era diventata secca e decisa «ed è risaputo che per una ragazza il primo bacio è importante e che non lo sprecherebbe di certo con un estraneo. Quindi, spiegami come possiamo fingere di essere fidanzati?»
Mi gettai a peso morto sul letto gonfiando il petto d'aria e sgonfiandolo poco dopo. Nemmeno l'ultima spiaggia avrebbe potuto salvarmi e il tono adoperato da Dario nella sua filippica non aveva fatto altro che distruggere di più il mio morale, già a terra da parecchio tempo.
«Non lo so» soffiai.
Dario alzò un sopracciglio e un sorriso sornione si disegnò sulle sue labbra. Sembrava compiaciuto della sua missione e lo avrei soffocato col mio cuscino e ballato sul suo cadavere, se non fosse stato che mi mancavano completamente le forze per alzarmi da lì.
«È meglio che io vada» disse rimettendosi il golf e avviandosi verso la porta.
«Scusa se ti ho fatto perdere tempo» mormorai.
Il piano era: puntare sul senso di colpa. Sarebbe mai stato in grado di abbandonare una giovane e dolce donzella in difficoltà?
«Vorrà dire che la mia adolescenza sarà rovinata» mi sdraiai su un fianco, dandogli le spalle «Diventerò una donna depressa, che a quarant'anni tenterà il suicidio perchè un accompagnatore non ha fatto il suo lavoro» sospirai
Silenzio. Non un movimento, non un parola, nessuna porta che si apriva e si richiudeva. Alice Livraghi aveva fatto centro. Mi voltai un po', il necessario per sbirciare che cosa stesse facendo Dario. Era immobile con la mano appoggiata alla maniglia mentre l'altra vagava incerta sulla sua nuca. Tanto che c'ero mi soffermai sul suo lato B, assai sviluppato e tondo, da massaggiare tutto. Mi girai ancora per poterlo squadrare al meglio, ma il bordo del letto arrivò troppo presto ed inaspettato, tanto che caddi con un tonfo che solo un rinoceronte avrebbe potuto generare, o in alternativa mio fratello, sbattendo la testa. Dario si girò all'istante, rimbalzando il suo sguardo tra il letto e me, accorgendosi che ero capitombolata in modo scomposto a terra, con una gamba ancora appesa al letto. Si affrettò a soccorrermi, accovacciandosi alla mia altezza e porgendomi il suo avambraccio. Lo afferrai con decisione, rialzandomi con poca grazia.
«Ma quanto pesi?!» commentò sfiatato Blaine, alzando quel cadavere che ero io.
«Affari miei!» ringhiai.
Appena fui sui miei piedi gli diedi un pungo nel fianco facendolo piegare. Scoppiò poi a ridere, una risata atona, inframezzata da qualche acuto che contagiò anche me.
«Ti sei fatta male?» mi chiese, con le lacrime agli occhi e senza fiato.
«No» risposi tra uno spasmo e l'altro, anche se la testa mi doleva e non poco.
Respirò profondamente per cercare di smettere di ridere. Si asciugò gli occhi e tornò improvvisamente serio, fissandomi profondamente.
«Ti aiuto» disse quasi sconsolato.
I miei occhi si illuminarono. Saltellai sul posto, battendo le mani e lo abbracciai forte, quasi lo volessi stritolare.
«Grazie, grazie, grazie!» trillai felice.
«Lo faccio solo perchè non voglio avere donne quarantenni depresse sulla coscienza» ribattè lui, soffiandomi sul collo e ricambiando la mia stretta. Inaspettatamente.
Affondai il viso nel suo golfino riempiendomi i polmoni del suo odore piacevole e penetrante, nonostante una distante nota di tabacco. Mi lasciai cullare dal suo respiro regolare, chiudendo gli occhi per godere a pieno di quel momento. Sarei rimasta tra le sue braccia anche ore intere senza stancarmi, ma purtroppo era solo una stupida fantasia.
«Mi stai stritolando» mi disse con voce stridula.
Lo lasciai all'istante, stringendo le mani dietro la schiena, imbarazzata per quello che era appena successo. Dario fece un risolino divertito e si adagiò nuovamente sul mio letto. Con una mano battè accanto a sé invitandomi a sedermi vicino a lui. Intimorita accolsi il suo invito, stando però il più lontano possibile da lui. Aveva notato il mio disagio, ne ero più che certa, soprattutto per il modo delicato con cui mi guardava.
«Parlami un po' di questo fidanzato immaginario, almeno mi faccio un'idea di chi devo diventare»
«Allora» lo guardai con occhi grandi e briosi «Ti chiami Edoardo, hai ventidue anni e ci siamo incontrati quattro anni fa alla fermata dell'autobus. Da lì siamo diventati grandi amici e da qualche tempo hai iniziato a corteggiarmi»
Dario sogghignò, portandosi discretamente una mano davanti alla bocca per non farsi vedere dal mio occhio vigile.
«Perchè ridi?» domandai dubbiosa.
«Sei buffa» rispose, facendomi un buffetto sulla guancia «Sembri mia sorella!»
«Hai una sorella?» ero stupita.
«No» ridacchiò «Ma se l'avessi sarebbe esattamente come te»
Scrollai le spalle. Non mi sarebbe affatto piaciuto avere un fratello come lui perchè sarei stata l'unica sfigata a non poter ambire ad averlo, anche se avrei nettamente preferito essere sua sorella piuttosto che di Raffaele.
«E da quanto tempo stiamo insieme?» domandò «Io, Edoardo, e te» puntualizzò.
«Facciamo due mesi?»
Dario annuì, poi battè le mani alzandosi. Si sistemò gli abiti, alzando i pantaloni che erano scesi lievemente. Si aprì in un sorriso sadico che mi spaventò.
«Le mie tariffe sono 300 euro a uscita, 420 per servizi notturni e 480 per cose più piccanti» disse, adeguandosi al mio modo di parlare.
Sbarrai gli occhi, spalancando la bocca, incredula. E dove potevo trovare una somma tale? 300 euro per il mio scarno borsellino erano troppi.
«E dove li trovo tutti questi soldi?» piagnucolai.
Dario scrollò le spalle.
«Non è un problema mio» disse con noncuranza.
Sospirai, prendendomi le guance tra le mani. Che cosa potevo fare? Non potevo di certo arrendermi adesso, soprattutto dopo che c'era stato quell'avvicinamento del quarto tipo con lui. E non volevo ritrovarmi nella stessa identica situazione di partenza.
Come potevo pagarlo? Non avevo soldi e non potevo di certo chiederli a mia madre, non sarebbe mai stata disposta a sborsare 300 euro ad uscita per pagare un prostituto. Avrei potuto rubarli a mio fratello, ma sicuramente li aveva spesi tutti tra sigarette e film porno.
Una rapina in banca? No, non volevo finire in carcere.
Elemosina? No, sarei stata poco credibile.
Un prestito alle mie amiche? No, Benedetta sarebbe scoppiata a ridermi in faccia, non spendeva soldi per lei, figurarsi se me li prestava e Claudia era senza paghetta.
«Non posso permettermelo» soffiai, demoralizzata.
«Puoi anche pagarmi in comode rate» sogghignò divertito.
«Pensavo tu fossi un accompagnatore e non un materasso» dissi sarcastica.
Rise.
«Posso anche concederti un piccolo sconto, ma non troppo. Devo pur campare»
Lo accompagnai alla porta e avevo esattamente venti secondi per trovare una soluzione, un tempo davvero ridotto per un problema più grande di me. Gli porsi il giubbotto e aprii la porta. Dario si sistemò il colletto della polo e raggiunse il pianerottolo, guardandomi interrogatorio, infilandosi le mani in tasca.
«Cosa hai intenzione di fare?»
Lo guardai con labbra increspate, picchiettando l'indice contro la porta.
«Sei assunto» risposi, anche se non sapevo dove trovare i soldi.
Dario ridacchiò. Forse Assunto non era il termine più adatto da usare, ma era stata la prima cosa di senso compiuto a balzarmi in mente.
«D'accordo, allora» estrasse le mani delle tasche, battendole contro le cosce «Ci vediamo domani» mi sorrise sensualmente e non riuscii nemmeno a dire nulla, nemmeno un Ok, che lui era galoppato via lungo le scale.
Mi richiusi la porta alle spalle e rimasi appoggiata ad essa per qualche secondo. Quella era stata l'esperienza più strana ed eccitante della mia vita, uno dei miei primi contatti fisici con un uomo, la prima volta che mi ero sentita fremere tutta e con tutto intendo anche ciò che si trovava a sud dell'equatore.
Ma come pagarlo? L'unica cosa che mi veniva in mente era lavorare. Io, sfaticata com'ero, dovevo mettermi a lavorare?! Noia! Per di più, l'unico mestiere che potevo fare era la baby-sitter, o in alternativa, la dog-sitter. Peccato che io non sopportavo i cani, facevo parte del cat-team. Accudire i bambini mi sembrava una buona idea, nonostante il mio rapporto altalenante con quei piccoli diavoli.
«Chi era quel ragazzo?»
Mia madre, come un fantasma dei peggiori film horror, sbucò fuori dalla cucina, ancora vestita per l'appuntamento galante che aveva con un uomo. Sobbalzai inizialmente, poi mi irrigidii quando compresi la domanda.
«Un amico» mentii con un sorriso, dileguandomi velocemente.
«Certo, un amico» mia madre alzò le sopracciglia maliziosamente, bloccandomi tra il salotto e l'anticamera.
«Esatto, mamma, solo un amico!» quasi gridai, irritata dalla curiosità irrefrenabile di quella donna.
«Un po' speciale, direi, visto che è uscito dalla tua stanza» mi fece un occhiolino complice.
Non ero sicura di dove volesse andare a parare, fin quando non mi si parò davanti, stringendomi le spalle con le sue dita affusolate e guardandomi seria, dall'altro in basso.
«Credo sia arrivato il momento, tesoro, di farti un discorso» sospirò «Ormai sei grande, hai un ragazzo speciale nella tua vita con cui vorrai fare sesso...»
«Mamma!» esplosi, interropendo quel discorso incandescente, nascondendomi il viso paonazzo tra le mani.
«Amore mio, prima o poi dovrà capitare e lui potrebbe essere il ragazzo adatto a te. Come hai detto che si chiama?» mi chiese d'un tratto.
«Non te l'ho detto»
«E come si chiama il mio futuro genero?» chiese sorridendo.
«Edoardo» risposi spazientita «E non sarà il tuo futuro genero. È solo ed esclusivamente un amico!» mi divincolai dalla presa «A M I C O!» cercai di essere il più categorica possibile, mettendola a tacere per qualche secondo.
Ne approfittai di quel silenzio per fiondarmi in camera mia. Ci mancavano solo le fantasticherie di mia madre e i suoi discorsi sul...sesso...campati in aria. Mi gettai di pancia e a peso morto sul letto, ritrovandomi con la faccia affondata nel cuscino che odorava di lui. Eau de Blaine. Respirai a fondo e avidamente quel profumo che mi inebriava. In nemmeno un'ora, Dario era riuscita ad invadermi, pervadermi, conquistarmi, sconvolgermi con i suoi occhi e la sua semplicità.
Mi misi a guardare il soffitto riflettendo su di lui. Non riuscivo a capire perchè un ragazzo giovane come lui faceva lo gigolò. Solitamente le persone che facevano quel mestiere erano disperate, avevano problemi finanziari o dovevano aiutare familiari malati o, peggio ancora, erano obbligati. Non volevo minimamente pensare a cose del genere, mi sarebbe venuto un enorme magone che mi avrebbe accompagnata per giorni interi. Povero Dario, qualsiasi cosa lo affliggesse.
Il cellulare sulla scrivania emise la suoneria stupida e fanciullesca che usavo per i messaggi. Mi alzai di malavoglia, strascicando, convinta che fosse nuovamente la Vodafone con le loro inutili offerte che a me non interessavano affatto. Era già un miracolo che mandavo un SMS al mese!
Aprii il messaggio e la seccatura sparì in un attimo, venendo sostituita da incredulità, rabbia, gelosia. Come rovinare una giornata che fino a quel momento era stata fantastica? Ricordarsi di Federico Abbate, della mia cotta per lui, della mia migliore amica che stava per avere la meglio. Anzi, l'aveva avuta. Un messaggio lapidario, quattro semplici parole che mi distrussero nel giro di pochi secondi.

Federico mi ha baciata.

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Salveeeeeeeeeee!
Primo giorno di vacanze, finalmente! Non ne potevo più! Tre giorni consecuitivi in cui ho avuto lezione fino alle cinque e mezza sono state un martirio. Un po' di riposo me lo sono meritata.
So che avevo detto che avrei postato o sabato o domenica, ma visto che molto probabilmente non ci sarà nessuno e il capitolo era pronto l'ho postato comunque.
Come avevo annunciato e come avete potuto leggere è arrivato Blaine/Dario/Edoardo! Si sa ancora molto poco di lui, ma si è già capito qual è la sua caratteristica fondamentale: la sensualità.
Mi è piaciuto molto scrivere questo capitolo, mi sono divertita e devo ammettere che Dario mi piace un sacco! Ma adoro anche Federico, un po' meno Davide ma chi  lo sa cosa potrà succedere nei prossimi capitoli?
Spero sia di vostro gradimento!
Arriviamo al momento dei ringraziamenti.
Ringrazio chi ha recensito la storia, chi l'ha inserita nelle seguite/ricordate/preferite e a chi ha letto solamente. Siete davvero un pubblico fantastico e il motore che porta avanti questa storia. GRAZIE davvero tante!
Vi ricordo la pagina facebook dove troverete piccoli spoiler, foto e tanto altro sulla nostra cara Alice.
Un bacio a tutti, al prossimo capitolo.
Un bacio, Manu ♥

   
 
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