Gli occhi scuri della ragazza, colmi di lacrime, erano fissi nel vuoto. Da troppo tempo non potevano riposare.
-Strega.-
Quella parola, pronunciata con rabbia, riecheggiò nella stanza. La strega era lei. Questo era ciò che pensavano i suoi amici, i parenti, persino gli sconosciuti, senza preoccuparsi troppo di ferire i suoi sentimenti. Quanto cuore poteva avere una strega? I suoi occhi si illuminarono di una luce intensa, bianca. Un forte vento le scompigliò i capelli. La ragazza rimase immobile, conosceva la procedura, sapeva che il prossimo passo sarebbe stato il formicolio alla mano. Il braccio destro tremava, la ragazza cadde in uno stato di trans mentale. La sua mano si muoveva lenta nel vuoto, sprigionando scie luminose. Dopo 10 minuti crollò a terra. Il vento cessò e sospeso in aria si poteva distinguere chiaramente la figura di una donna, stesa a terra, ricoperta di sangue. Gwen sollevò il viso, scrutando disgustata le scie luminose che svanivano lentamente in una cascata di luce. La notte tornò a regnare nella stanza scura. Il destino aveva parlato, nessuno avrebbe potuto cambiarlo.
Qualcuno aveva avuto il coraggio di chiamarlo dono, ma la gotica sapeva che era solo un presagio di morte.
Odiava non essere come le altre ragazze, odiava essere chiamata strega, odiava se stessa.
Un urlo straziante fece sobbalzare Gwen, si guardò intorno spaventata, corse giù per le scale.
-Mamma.- Le lacrime rigavano il suo volto, lei era accasciata a terra, sul corpo della madre. Il sangue era sparso sul pavimento, fino a ricoprire l’intera stanza.
La donna esalò l’ultimo respiro, tra le braccia della figlia incredula e tremolante. Lei lo sapeva, ma non poteva fare niente per impedirlo.
Il destino è stato crudele con lei, fin dal primo momento in cui ha visto la luce.