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Autore: La_Sakura    25/01/2004    51 recensioni
Tsubasa, trentenne, si ritrova a fare da padre anche a suo fratello Daichi oltre che a Lavinia, una quindicenne che gli è stata affidata da un suo amico. Tornato in Giappone, come gestirà la sua nuova vita? Il dover affrontare le problematiche di due adolescenti, gli darà il coraggio per affrontare finalmente il suo amore per Sanae?
Genere: Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Daichi Ozora, Nuovo personaggio, Sanae Nakazawa/Patty Gatsby, Tsubasa Ozora/Holly
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'This is my life'
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Lavinia scese dall’auto e si schernì gli occhi con una mano: il sole splendeva alto nel cielo azzurro e limpido, e la temperat

Lavinia scese dall’auto e si schernì gli occhi con una mano: il sole splendeva alto nel cielo azzurro e limpido, e la temperatura raggiungeva i 30°C. Osservò con attenzione la villetta che si trovava davanti: era posta su due piani, i muri bianchi riflettevano i raggi del sole, le persiane verdi erano chiuse. Il giardino era ben curato, anche se qualche erbaccia stava iniziando a crescere in mezzo ai tulipani di un’aiuola. Si avvicinò al cancello e vi appoggiò la mano: era aperto, così lo spinse leggermente ed entrò; il vialetto che conduceva alla porta di casa era lastricato, costeggiato da qualche vaso di fiori. Accanto alla porta, sulla sinistra, vide una bicicletta appoggiata al muro di casa:

-È di mio fratello Daichi! Vedrai che ti troverai bene con lui… ha la tua stessa età!-

Tsubasa l’aveva raggiunta dopo aver parcheggiato la vettura davanti al proprio garage, e ora si apprestava ad aprire la porta di casa. Con passo incerto la ragazza lo seguì: l’interno era buio e odorava di chiuso, così Tsubasa si apprestò ad aprire le persiane del soggiorno, non prima di aver osservato con una certa nostalgia che niente era cambiato da quando se n’era andato.

-Questa sera andremo dai miei nonni a Tokyo a prendere Daichi!-

-Non potevamo passarci quando siamo venuti via dall’aeroporto?- osservò la ragazza, dicendo la prima frase da quando si erano imbarcati all’aeroporto di Barcellona, mentre guardava con attenzione il salotto dell’abitazione.

-Volevo prima portare le valigie a casa: ceneremo là, poi ci fermeremo a dormire e domattina torneremo qui!- le rispose dalla cucina, mentre metteva sul fuoco il bollitore dell’acqua –Che c’è?- le chiese poi, tornando in salotto e notando con quanto stupore la ragazza osservasse le foto e i trofei nella vetrinetta che la madre di Tsubasa aveva conservato gelosamente in tutti quegli anni.

-Chi sono?- domandò indicando una foto in una cornice d’argento. Il ragazzo si avvicinò e la osservò, sorridendo:

-Sono i miei amici: quello con il cappellino rosso è Wakabayashi…-

-Quello che gioca in Germania?-

-Proprio lui! Poi c’è Misaki, Ishizaki, Izawa, Morisaki… tutti amici d’infanzia! Giocavamo insieme nella Nankatsu!-

-E quella chi è?-

Tsubasa aprì la vetrinetta e prese in mano la foto, osservando tristemente il volto indicato da Lavinia:

-Era la nostra manager: si chiamava Nakazawa Sanae…-

-Perché “si chiamava”? È morta?-

-No, non è morta…-

-Da quant’è che non li vedi?-

-Alcuni di loro li ho visti all’ultimo ritiro della Nazionale, con altri ho perso qualsiasi contatto…-

-E con Sanae?-

Tsubasa alzò lo sguardo e incontrò i curiosi occhi grigi di Lavinia, la quale lo fissava impaziente di avere una risposta soddisfacente:

-Non c’era, era malata… un’influenza, niente di grave…-

-Era la tua ragazza?-

-Lavinia! Non hai parlato per tutto il viaggio ma ora ti stai rifacendo!- sbottò Tsubasa, puntando il proprio sguardo su quello della ragazzina.

-Avanti, che c’è di male ad essere innamorati? Di tutte le ragazze che mi hai presentato in questi 5 anni, con nessuna sei andato al di là di qualche uscita! Quand’è che ti sposi?-

-Quando troverò la donna giusta!- rispose Tsubasa rimettendo la foto nella vetrina e andando in cucina. Ma Lavinia non demordeva:

-Se sei ancora innamorato di lei non vedo perché ti fai tanti problemi! La ami, la sposi!-

-Non è così facile come sempre, cara la mia saccentona!-

La giovane alzò le spalle e si sedette su una sedia: erano di quelle alte, modello bar, e dava su un piccolo prolungamento del muro, alto circa 1 m e mezzo, su cui Tsubasa appoggiò due tazze di the. Di nuovo il silenzio che aveva aleggiato nell’aria per tutto il viaggio: Tsubasa osservò con attenzione Lavinia. Aveva i capelli colore del grano, ricci e lunghi fino a metà della schiena, gli occhi grigio chiaro, e nel complesso era proprio una bella ragazza: né troppo magra né troppo grassa, alta circa 1m65. Per certi versi assomigliava proprio al padre, se non altro per il carattere chiuso, ma determinato: se Lavinia si metteva in testa qualcosa, non c’era verso di farle cambiare idea!

Si voltò per mettere il bollitore nel lavello e osservò la propria immagine distorta: nonostante avesse già compiuto 30 anni, il viso era disteso e rilassato, se non per qualche occhiaia dovuta al viaggio tra Spagna e Giappone… l’unica cosa erano gli occhi: non erano più quelli allegri e spensierati che avevano sempre caratterizzato quel ragazzino che inneggiava “boru wa tomodachi”; ora erano spenti e inespressivi. L’unica sua ragione di vita erano il calcio e Lavinia. E ora anche suo fratello Daichi.

 

La BMW di Tsubasa sfrecciava veloce sull’autostrada in direzione Tokyo: sul sedile accanto a lui Lavinia si era addormentata, stremata dal viaggio e dal fuso orario. Ancora mezz’ora e saremo arrivati!  pensò il ragazzo, appoggiando il gomito destro sulla portiera e sostenendo il viso con la mano*. In quel momento Lavinia si mosse, e aprì gli occhi.

-Quanto manca?- domandò con voce impastata dal sonno.

-Siamo quasi arrivati. Hai fame?-

-Non molta…- rimase in silenzio osservando le luci della città che si avvicinavano.

Dopo circa un quarto d’ora che erano usciti dall’autostrada, raggiunsero la casa dei nonni materni di Tsubasa: abitavano in una villetta a schiera in un quartiere periferico della capitale nipponica, su due piani. La nonna di Tsubasa aprì la porta e abbracciò il nipote:

-Tesoro…-

Lavinia la osservò: aveva i capelli bianchi raccolti in un crocchio, gli occhi neri passavano da lei a Tsubasa con guizzi sorridenti, e indossava un kimono rosso e giallo.

-Entrate, entrate! Vieni pure!- e si spostò per far passare la ragazzina. In salotto, Daichi era seduto accanto al nonno, e stavano guardando la tv.

-Tsuby!!-

Daichi era esattamente uguale a suo fratello: era le versione quindicenne del campione nipponico, e questo Lavinia lo notò con stupore.

-Daichi!- lo abbracciò forte al petto, poi si voltò verso l’uomo –Ciao nonno!-

-Tsubasa, mi spiace che tu abbia dovuto fare questo viaggio…-

Il giovane scosse la testa:

-Non potevo abbandonare la mia famiglia in un momento come questo… a proposito, questa è Lavinia! Vi ho già parlato di lei…-

-Molto lieta di conoscerti…- si inchinò leggermente, abbassando anche lo sguardo. Non avrebbe mai voluto conoscere la famiglia di Tsubasa in una situazione così triste. Daichi la squadrò con i suoi profondi occhi neri, poi si passò una mano tra i corti capelli corvini e si avvicinò:

-Io sono Oozora Daichi, ma penso che tu mi “conosca” già…-

-Tsubasa mi ha parlato di te…-

Il ragazzino sorrise divertito dall’accento spagnolo con cui parlava la ragazza.

-Venite a tavola, è ora di cena!-

 

-Buonanotte!-

-Buonanotte!-

Tsubasa fece per uscire dalla camera, poi ci ripensò e si avvicinò al letto nel quale Lavinia si era già sdraiata:

-Stai bene?- le chiese, sedendosi sulla sponda.

-Dovrei essere io a fare questa domanda…-

Il ragazzo sorrise tristemente e le accarezzò la testa:

-È successo tutto così in fretta… ancora non me ne rendo conto…-

-Tsubasa…- Lavinia si mise a sedere e gli prese la mano –Sai che… su di me puoi contare…-

Con gli occhi lucidi per la commozione e per gli eventi che erano successi, abbracciò forte la ragazza:

-Ti ringrazio, Vinny…-

* In Giappone si guida a sinistra, quindi il posto dell’autista è sulla destra delle auto.

   
 
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