2.
Un suono flautato ma deciso proveniente dagli strumenti del ponte di comando bloccò la mano diretta alla sua bocca. Smise
di masticare i croccanti fiocchi di cereali dolci con cui stava cercando di placare la fame che l'aveva convinta a uscire
dalla branda e a esplorare la dispensa. Si era resa conto di non aver riordinato bene le cose e di non aver rimpiazzato
il cibo buttato via a causa della confezione lasciata aperta. Anche la dispensa aveva dovuto essere ripulita da cima a
fondo per cancellare le tracce del passaggio dei galeotti fuggitivi. Aveva trovato i fiocchi di cereali, ma nulla per
inzupparli come dovuto. Per pigrizia se li era portati nel suo alloggio e aveva cominciato a sgranocchiarli rumorosamente,
asciutti così com'erano, stando sul letto. Non fu necessario tenere le orecchie tese a lungo: il suono si ripeté dopo
pochi secondi, identico. C'era proprio qualcuno che voleva parlare con lei.
Abbandonò la scatola dei cereali misti sulla coperta e andò fino al ponte di comando. Senza nemmeno sedersi sulla
poltrona del comandante, toccò lo schermo e rispose alla chiamata. A causa del suo arrivo un po' frettoloso lì su
Prometeo non aveva fatto alcun tipo di abbonamento quindi il Coyote non poteva sfruttare i servizi a pagamento offerti
dalle strutture del molo. Tra questi c'era il collegamento video con la banchina. Tanto meglio, pensò stringendosi
nella semplice tunica nera che indossava. Sono di sicuro un orrore da vedere, oltre che mezza nuda.
- Chi è? - gracchiò. Aveva ancora la voce impastata dal sonno. Era un'altra sgradita conseguenza dello stare a letto
troppo a lungo.
- Sono io.
Ebbe un tuffo al cuore. Poi un altro. Fu subito preda dell'ansia. Era davvero lui: la qualità del collegamento audio
era molto buona e non aveva dubbi a riguardo. Avrebbe riconosciuto quella voce tra mille.
- Io chi? - niente da fare, non riusciva a schiarirsi del tutto la voce. Detestava quelli che non si presentavano
quando non c'era il video. Lui andava sul sicuro, sapeva di essere riconoscibile. Quella sicurezza ostentata così la
fece innervosire.
- Sono Spyro. Posso?
Senza rispondere comandò lo sblocco del cancello che impediva a chiunque passasse sul molo di percorrere la passerella
fino a giungere alla sua camera di equilibrio. Mentre lo attendeva, ritta in piedi nel corridoio spinale davanti alla
soglia dell'anticamera, la tensione che all'improvviso la attanagliava di nuovo le ricordò l'affaticamento dei muscoli
che ripresero a dolere un poco. Rifece il nodo alla cintura della tunica avvolgendosi strettamente in essa e incrociò
le braccia sul petto. Il portello esterno si aprì, ricordandole che lui aveva il codice. Pensò che per fare così in
fretta aveva dovuto divorare a balzi la passerella. Terminata la compressione, toccò al portello interno aprirsi. L'aria
fredda che la investì la fece rabbrividire ricordandole quanto poco era vestita.
- Fermo lì! - gli puntò un dito contro, decisa. L'uomo, massiccio e imponente chiuso in una tuta di volo che lei non
sapeva possedesse, non osò mettere piede a bordo.
- Ho appena pulito tutto quanto! Tu con quella cosa addosso qui non ci entri!
- Ma Miki... - accennò una protesta allargando le braccia. Senza volere il casco che teneva in mano batté contro lo
spesso e pesante portello.
- Sbrigati che fa freddo! - lo rimproverò lei cercando di stare seria. Le sembrò buffo e fin dal primo momento che le
era apparso sulla soglia aveva dovuto lottare con se stessa per non correre tra le sue braccia. Visto che rimaneva
imbambolato e stupito lì, al termine della passerella, lei scattò verso il pannello di controllo della camera di
equilibrio e comandò la chiusura della porta, lasciandolo fuori.
- È l'inizio della mia punizione?
Anche questa volta dovette trattenersi dal ridere. Col suo fisico tozzo e muscoloso riempiva una tuta intima
integrale che sembrava un pigiama per bambini. Era di quelle da indossare sotto un certo tipo di tute da vuoto,
scafandri tecnici a strati di cui il più interno era piuttosto aderente perché anti-g. Quindi quel pigiamino era
giocoforza attillato: candido e senza insegne, con le aperture per il catetere e i sensori biometrici mantenute
sigillate da comune velcro. Le cadde lo sguardo sui genitali, ridicolmente evidenziati dal tessuto teso.
- Non eri in viaggio sul Raja? - decise di ignorare quello che lui le aveva detto. Era in piedi davanti a lei e non
l'aveva sfiorato. Lui doveva aver percepito quella freddezza scostante e non aveva osato toccarla.
- Ho visto i notiziari! - sbottò. Il viso di lui, un viso buono coi lineamenti ampi e forti, era teso e denunciava
stress. Non si radeva da due giorni, giudicò. Aveva delle rughe vicino agli occhi e le parvero accentuate, più scavate
di quanto se le ricordava. Sembrava perfino che i capelli bianchi fossero aumentati di numero. Notò che aveva bisogno
di tagliarsi i capelli.
- Ti sei preoccupato? - lo stava prendendo in giro, e le stava piacendo. Sì, forse era l'inizio della sua punizione.
- Abbastanza da noleggiare un monoposto... - ecco spiegata la tuta strana, si disse Miki trattenendo lo stupore. Gli
shuttle monoposto sottoponevano il pilota a pesanti stress fisici che le tute tecniche aiutavano a sopportare. Aveva
sentito parlare che fossero capaci di arrivare oltre i sei g di accelerazione. Shuttle che anche se noleggiati, erano
costosi.
- Ah, bravo... - un punto per lui, si disse. L'aveva spiazzata e non sapendo cosa dire, si era espressa in modo
banale. Ma riuscì a controbattere. Quell'uomo la stava già confondendo.
- Un po' in ritardo, direi – riuscì a trattenere una smorfia e a restare, a suo dire, impassibile.
- Ma tu stai bene? - aveva abbassato la voce, esprimendosi pacatamente. Vuole fare il maschio rassicurante, si disse
Miki decisa a non abboccare.
- A te che sembra? - non era la migliore delle risposte da dare, se ne rese conto. Sentì che quella recita non
sarebbe andata avanti ancora per molto. Non sarebbe riuscita a trascinare lontano la sua delusione.
- Direi che sei in gran forma – le posò le mani sulle spalle, sorridendole. Le sue mani grandi e calde, attraverso
il tessuto nero della tunica le scaldarono la pelle subito, come se lei fosse stata nuda. Il suo sorriso la scaldò
dentro e si sentì avvampare le guance. Si odiò per quella reazione così improvvisa e veloce che ogni volta tradiva
i suoi pensieri.
- Seee, come no... - si sottrasse a quelle mani incandescenti e lo invitò a seguirla nella stanza della mensa. Caricò
con dell'acqua due bicchieri a prova di rovesciamento, ampolle trasparenti che servivano a bere in assenza di
gravità. Gliene porse uno e si accomodò su una sedia facendola scorrere all'indietro nei binari incassati nel
pavimento. Lui la imitò sedendosi di fronte a lei.
Calmo e premuroso, la riempì di parole dolci fino a quando la convinse a raccontargli tutto. Demolì la sua ritrosia
a rivangare l'accaduto un poco alla volta finché ci riuscì. La ascoltò in silenzio per tutto il tempo mentre lei,
dapprima controvoglia poi sempre più convinta, gli vuotava addosso tutti i ricordi della brutta avventura appena
vissuta: l'arrivo su LV-41, la sorpresa del container dov'erano nascoste le armi, la minaccia degli evasi, il lungo
tormento del viaggio di ritorno con tutte le violenze e le umiliazioni, il movimentato epilogo lì, su Prometeo. Alla
fine era sul punto di piangere, ma riuscì a terminare il suo resoconto senza che le si incrinasse la voce. Per
cercare di scacciare il doloroso nodo che le si era addensato nel petto e anche per darsi un tono, succhiò un po'
d'acqua fresca dalla sua ampolla. Si accorse di tremare.
- Sapevo che sei una tosta, ma complimenti... lo sei davvero tanto.
Tosta, si chiese alzando gli occhi fino a incontrare quelli di Spyro. Ma se sono sul punto di crollare a pezzi solo
per averti visto, pensò. Si guardò bene dal dirglielo, limitandosi a sorridergli.
- Sono una coi coglioni, eh? - lui sorrise a sua volta.
- Puoi dirlo forte.
- Maschilista del cazzo... - continuò pacata senza smettere di sorridere, appoggiando il volto sul palmo della mano e
puntellando il gomito sul tavolo.
- Anche per elogiare una donna le attribuisci caratteristiche maschili. Voi uomini vi sentite proprio al centro del
mondo, eh?
Spyro sembrò rabbuiarsi in viso. Forse non capiva? Normale, pensò lei. Gli uomini non capiscono mai. O fingono di non
capire perché fa loro comodo. L'amarezza di quel ragionamento che le affiorò spontaneo nella mente quasi la
travolse. D'un tratto Spyro non le sembrò più attraente e irresistibile, ma solo uno stupido stronzo come tanti
altri. Reagendo alla sua poco velata accusa, anche se formulata col sorriso sulle labbra, si stava strangolando da
solo con un discorso inconcludente sui valori delle persone eccetera. Miki lo ascoltò con un orecchio solo: sapeva
già cosa ribattere e non appena lui dette cenno di essersi del tutto impantanato nel suo discorso così serio e fondato,
lo disse.
- Però quando è venuto il momento te ne sei andato per la tua strada. L'alternativa era venire con te, punto e
basta.
Miki non sorrideva più ora. Si sentiva piena di una strana calma: quasi vedeva Spyro come un estraneo e ciò che le
stava accadendo sembrava scritto in un copione che entrambi conoscevano già. L'uomo recitò la parte dell'amante
addolorato.
- Io vorrei solo che tu stessi con me... ti pare così brutto?
- Vedi che ho ragione? - ribatté lei quasi con cattiveria – Sono sempre io che devo venire con te. Vieni tu con me...
ti pare così brutto?
- Dai, adesso non litighiamo per questa storia...
- Ti dà fastidio, eh? - lo aveva punto in profondità a giudicare dalla luce che gli brillò negli occhi castani e
cupi.
Spinse con le gambe per far scorrere all'indietro la sedia e si alzò. Non poteva più averlo di fronte: stava portandola
alle lacrime. Gli diede le spalle.
- Ma come... tutti i discorsi sulla tua indipendenza, sulla voglia di volare con la tua nave... non capisco.
- Eh, già! Non capisci! - lo accusò, pentendosi immediatamente di aver alzato la voce.
- Miki, ti contraddici. Me l'hai detto mille volte che ti piace cavartela da sola, che non vuoi aiuto per fare ciò che
vuoi fare. Hai ragione e ti rispetto e ammiro moltissimo per questo... ma davvero, ora non capisco cosa vuoi...
Si sentì travolgere da quelle parole. Era troppo, non poteva più resistere. Cedette al pianto e le si spezzò la voce.
- Nemmeno io so cosa voglio, cazzo!
Spyro si alzò e andò ad abbracciarla. Prima lei lo respinse bruscamente, ma lui insisté con delicatezza. Piangendo
ormai senza freni, lei si rifugiò nel suo abbraccio, respirò l'odore della sua pelle e si lasciò cullare dalla sua
voce calda. Ma non poteva durare a lungo. Avrebbe dovuto risolvere quel problema, sciogliere il nodo che si sentiva
nel petto; stare tra le braccia di Spyro non era il metodo migliore per farlo. Gli sfuggì, vincendo la sua forza quando
lui cercò di trattenerla.
- Esci...
Spyro non si mosse. Si umettò le labbra e spostò il peso da una gamba all'altra. Aveva capito bene, ma non voleva
credere alle sue orecchie.
- Cosa? - bisbigliò appena. Non lo aveva mai sentito parlare con quel tono di voce così basso, sottile.
- Esci, per favore. Scendi dalla mia nave, vattene! - non avrebbe voluto essere così sgraziata, ma si stava sforzando
di trattenere una crisi di pianto. Non riusciva a staccare gli occhi dal pavimento. Si sentiva come una morsa nel
petto, qualcosa che le stava straziando lo stomaco e schiacciando i polmoni. Doveva pensare, e non poteva con lui
presente. Stupido uomo, possibile che non lo capisce da solo?
- Torno più tardi, quando ti sarai calmata, eh?
- Fai con comodo – era un'altra Miki a parlare. Carica di risentimento, in preda a un conflitto. Non si
riconosceva. Non riconobbe nemmeno Spyro quando le passò vicino per uscire dal locale adibito a mensa. Cupo in
volto, teso. Seccato. Ma sì, che si incazzi pure un po' anche lui, lo sbeffeggiò l'altra Miki mentre lei soffriva
nel vederlo andare via. Seguì la procedura di decompressione della camera di equilibrio ascoltando i rumori. Conosceva
tutto a memoria e riconobbe ciascuna fase con precisione: inizializzazione, chiusura del portello interno,
decompressione, apertura del portello esterno. Quando udì il tonfo del portello che si chiudeva sulla camera di
equilibrio vuota, Miki si sciolse di nuovo in lacrime, sommessamente.