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Autore: Nazario_M    23/04/2011    3 recensioni
Non una vera storia, quanto piuttosto un sogno ad occhi aperti: la mia risposta, dai toni fortemente fiabeschi, alla domanda "Dove finiscono gli oggetti smarriti?". Liberamente ispirato alla Stanza delle Necessità di Hogwarts in Harry Potter.
Genere: Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Spesso le cose che perdiamo si nascondono tra la polvere che si accumula sotto il nostro letto, o su in soffitta, o nei vecchi scatoloni ammuffiti giù in garage. Ovunque esse siano, aspettano di essere rinvenute e capita talvolta che questo succeda: quante volte durante un trasloco o, magari, durante una vendita di beneficenza salta fuori questa o quell'altra cosa che credevamo perduta per sempre?
Eppure, decisamente più spesso, capita che queste scompaiano per sempre e che, per quanto le si cerchi, non si riesca più a rinvenirle. Immagina, allora, che esista un luogo magico dove le cose che si sono smarrite, quelle davvero introvabili, attendono di essere reclamate. Un Ufficio Oggetti Smarriti, se vuoi, che custodisce i giochi d'infanzia che sbadatamente hai messo via e il tuo primo spazzolino e persino il foglio su cui hai scarabocchiato la prima volta che hai messo le mani su una penna o una matita colorata... Un luogo del genere dev'essere grande come una cattedrale, come un'intera città sommersa, non credi?
E, infatti, lo è. Pile di giornali del mese scorso e vecchie riviste fanno da grattacieli e, su uno di questi, luminosa più di una stella, ammicca la scarpetta di vetro di una principessa.
Piegati a mo' di aeroplanino, biglietti vincenti della lotteria gettati via da mani sbadate e assegni che ancora attendono di essere incassati e persino lettere firmate col rossetto mai giunte al destinatario svolazzano tra i cumuli di cianfrusaglie, fanno a gara con un vecchio aeroplanino le cui ali, tenute su con del nastro adesivo, minacciano di staccarsi. I mazzi di chiavi, che qui vanno per la maggiore, spesso provano a imitarli: si dimenano nel tentativo di librarsi nell'aria e talvolta qualcuno di essi ci riesce, per poi di ricadere pesantemente al suolo tra i fischi e le risate generali. Perché gli oggetti smarriti conducono una vita tutta loro, sai?
Il tuo vecchio spazzolino, che conosce la tua bocca tanto quanto le dita della tua mano conoscono le tasche dei pantaloni che indossi, sfrega via con le sue setole la ruggine da un vecchio pendolo così che questo possa battere la mezzanotte ancora una volta.
Un soldatino di stagno e una ballerina di carta che tutti credevano morti si amano teneramente in una casetta per le bambole ricavata da una scatola di cartone. Lei ha appeso il suo lustrino all'ingresso così che tutti gli altri sappiano che quello è il loro nido d'amore e nessuno possa disturbarli; lui ha gettato via il suo fucile e ora la bacia impacciato nel buio che li avvolge.
Pigotte dai capelli di spessa lana rossa e bambole vudù si danno la mano in malandati cassetti delle posate, si raccontano storie come fanno le vecchie comari. Parlano dei loro vecchi proprietari, con nostalgia o con astio: di piccole fiammiferaie e di stregoni millenari.
L'invitante mela rossa che una sventurata, bellissima principessa ha già morso una volta, rischiando così la propria vita, attende di essere consumata. Uno specchio parlante, tuttavia, avverte chiunque abbia l'audacia di avvicinarvisi troppo, di tenersi alla larga da essa.
Monete d'oro e d'argento e coppe e spade intarsiate giacciono in vecchi forzieri scardinati, di fianco a vecchi stivali da pescatore dalla suola consunta. E un po' più lontano, le scarpette rosse di Karen danzano con gli stivali di cui un astuto gatto parlante s'era invaghito, mentre un autentico Stradivari li accompagna con le sue note malinconiche.
Inghiottito dall'oscurità, c'è un relitto. È quasi impossibile scorgerne le forme, tant'è lontano, ma non muoveremo un solo passo in quella direzione. Non ci spaventa la nave, che sappiamo essere vuota, quanto le ombre che si torcono languide tutt'intorno: l'oscurità la stringe a sé come un bambino che si aggrappa al giocattolo preferito nel buio della notte.
La fiancata che ci espone è distrutta e l'albero spezzato, avvolto nella vela che un tempo reggeva come in un sudario, e il suo legno marcisce nel rispettoso silenzio la avvolge. Unica sopravvissuta al folle volo di un valoroso eroe, si lascia morire in solitudine e non c'è creatura che osi disturbarne l'immenso dolore. La prua, animata da uno sconforto che non ha pari, ancora piange quell'ultimo sventurato viaggio, i capelli come oro puro al vento. E nuove lacrime, perle preziose di un mare sconosciuto, rigano le sue guance, mentre da quelle labbra così finemente scolpite dalle mani abili di un artigiano sgorga un nostalgico canto d'amore.
Distogliamo lo sguardo da questa malinconica visione: c'è spazio anche per la tristezza in questo posto, certo, e ce n'è per le lacrime, ma non abbiamo intrapreso questo viaggio per farci prendere dallo sconforto. A pochi passi da loro, un grasso coniglio bianco e un orsacchiotto di pezza giocano a briscola con un mazzo di carte scompagnate, sorseggiando di tanto in tanto da vecchie tazze da tè scheggiate. Il coniglio indossa il logoro cilindro di un prestigiatore e la mantellina rossa scolorita dal tempo che una bambina ha ormai dismesso, ma che ancora odora dei fiori da lei raccolti nella sua incauta traversata per il bosco. L'orsacchiotto, a cui un cane dispettoso ha morsicato un orecchio, porta al collo l'amuleto preferito di una zingara che ancora lo cerca. In palio c'è un portagioie pieno zeppo di bottoni colorati e la partita è davvero accesa.
Avanzando appena un po', se si riesce a non inciampare in una delle infinite trappole - c'è davvero di tutto - di cui questo posto abbonda, si può scorgere la polverosa lampada di un genio che fa mostra di sé da sopra una pila di grossi scatoloni.
Un petulante gufo di plastica, appollaiato su un antichissimo candelabro d'argento, tiene un'orazione filosofica che nessuno sta ad ascoltare: il suo pubblico è troppo preso da un malconcio televisore portatile che ha finalmente ripreso a funzionare. Non ha mai smesso, invece, quel filatoio il cui ago ancora brilla del sangue della sfortunata fanciulla che da esso fu punta. Già smarrito quando il sonno di questa fu infranto, nessuno sa come sia giunto fin qui, né perché continui a tessere.
Due topolini ricavati dal medesimo scampolo di lana e un serpentello di plastica cercano di scorgere il futuro in una sfera di cristallo leggermente incrinata, ma finora ci hanno visto solo nebbia. Di tanto in tanto si ode il suono di un piffero e subito i due topolini alzano speranzosi i bottoncini neri che hanno per naso al cielo e accorrono veloci da quella parte e ogni volta ritornano delusi.
Poco distante, una palla a cui di certo non manca la tenacia sfida la gravità rimbalzando sempre più su. Sogna, infatti, di raggiungere la cima del grattacielo più alto: il coniglio le ha confidato che la vista è meravigliosa da lassù.
Non c'è uomo, né altro animale in carne e ossa che si aggiri da queste parti: solo il riflesso di essi che questi oggetti hanno colto, l'impronta che il proprietario ha lasciato sulla cosa posseduta. E non è raro che nuove cose si aggiungano alla già nutrita schiera qui presente, anzi, è all'ordine del giorno. Più difficile, sebbene non impossibile, e che qualcuna di esse decida di tornare indietro.

  
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