Capitolo
8
Sbatté
la porta con tutta la forza che possedeva in corpo, per colpa di Yoko chiunque
fosse stato lì ad osservali era fuggito, perché non le aveva permesso di
andare a controllare quando era ancora in tempo? Non riusciva a darsi una
risposta, ma non aveva nemmeno la minima intenzione di chiederlo direttamente al
demone, non voleva rischiare la vita inutilmente.
Dopo
essersi lavata velocemente indossò una lunga vestaglia bianca, inspirò
profondamente, sapeva di rose fresche, ciò le fu sufficiente per ridarle un
attimo di serenità, si gettò sul soffice letto e chiuse gli occhi.
Si
svegliò nei primi del pomeriggio e sentendo il suo stomaco brontolare stabilì
di scendere nelle cucine per vedere se era avanzato qualcosa del pranzo.
Procedendo senza fare nessun rumore come se fosse un ladro si avvicinò alla
porta che conduceva nelle cucine, un profumino la convinse ad entrare, non
c’era nessuno. Sorrise e si avvicinò ad un piatto ancora integro, immaginò
che fosse quello destinato a lei, afferrò la forchetta e la pietanza e seduta a
terra iniziò a gustare il suo pranzo.
Due
colpi di tosse la fecero balzare in piedi come un ladro beccato con le mani nel
sacco. Sfoggiò il suo sorriso più dolce, così smielato da far venire la
nausea. Ma sapeva che con lui quei trucchetti non funzionavano, peccato ma
almeno ci aveva provato.
-Che
ci fai qui?- chiese poco amichevole
-Non
lo vedi forse?- si pentì subito di aver usato quel tono –Avevo fame così…-
-Avresti
dovuto mangiare quando era il momento. Adesso posa quel piatto è l’ora del
tuo allenamento-
Senza
molta voglia ubbidì all’ordine, e si avvicinò al demone fermandosi a pochi
passi da lui, sentì il suo sguardo su di lei, rabbrividì.
-Vado
a cambiarmi ed arrivo- mormorò prima di passargli accanto
-Come
vuoi- disse lui indifferente
Mentre
la ragazza usciva Yoko la osservò attentamente per poi dirigersi all’aperto.
In breve tempo fu raggiunto da Yumi, la quale stava finendo di masticare un
boccone di pane. Ma quando l’aveva preso? Non se ne era accorto, forse più
che una guerriera quella ragazzina poteva diventare un’ottima ladra.
-Non
è bastato l’allenamento di stamani? Cosa devo fare ora?-
-Sconfiggermi-
-Cosa?-
la domanda le uscì con una sfumatura di incredulità
-Hai
capito benissimo quindi iniziamo-
Non
era la prima volta in cui doveva scontrarsi contro di lui, ma sentiva che questa
volta sarebbe stato diverso, che sarebbe stato un test come quello della mattina
e che dove vincere. Forse su quel punto sperava troppo ma sapeva che avrebbe
tentato in tutti i modi di mostrare la sua determinazione.
Ogni
suo pugno era abilmente evitato senza il minimo sforzo, possibile che fosse così
prevedibile? “Devo trovare il modo di sorprenderlo” si disse mentre con un
balzo schivò un colpo e si bloccò. Perché Yoko si era improvvisamente
fermato? Si stava forse prendendo gioco di lei? Non era da escludere, non era di
certo la prima volta cha capitava.
Prese
uno slancio per colpire il demone, ma sul suo viso si dipinse un’espressione
di puro terrore, infatti gli occhi ambrati del kitsune erano divenuti gelidi,
attorno a lei era come se vi fosse una distesa di neve, solo il bruciore che
provò inaspettatamente la riportò alla realtà. Un gridolino di dolore uscì
dalle sue labbra, distesa a terra non riusciva a comprendere come potesse
riuscire a respirare, lentamente provò ad alzarsi, ma il peso del piede del
demone argentato sul suo ventre era opprimente, ecco come si era sentito il
soldato che aveva ucciso durante la mattinata.
-Se
disubbidirai a un mio ordine nulla potrà più salvarti-
Quelle
parole pronunciate con autorevolezza le tolsero ogni voglia di controbattere.
Anche se non aveva più nulla che la bloccava a terra non osava alzarsi, una
leggera brezza le fece aprire lentamente gli occhi.
«Ti
proteggerò io» sussurrò il vento
-Non
è vero- mormorò debolmente osservando i polsi, non vi erano più i bracciali,
nemmeno le ferite, quelle si erano rimarginate in fretta –Non mi hai protetta
da lui-
«Mi
dispiace»
-Non
è così, non mentirmi- urlò contro il vento
Si
sollevò faticosamente da terra, un capogiro la costrinse nuovamente al suolo,
rimase inginocchiata per qualche istante premendo la mano contro la ferita
fresca, “Stavolta si è proprio arrabbiato” un sorriso amaro accompagnò il
pensiero.