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Autore: Adelhait    24/04/2011    7 recensioni
Vi è mai capitato, mentre state studiando, oppure lavorando, di avvertire dietro di voi una presenza che vi osserva costantemente? Voi voltate il capo, ma non vedete nessuno? Ma sapete che lei c’è e vi osserva?
Una vera assurdità, ora affermerete, come la storia che mi appresto a raccontare.
Genere: Generale, Malinconico, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Rin, Sesshoumaru
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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XXXVIII






“Chi sei?”.
Domandai con voce roca.
“Izayoi”.
Mi rispose con un dolce sorriso materno. Io abbassai il piumone, mentre lei si avvicinava.
Una bella donna dalla carnagione rosea. Rimasi incantata.
Aveva, e ha ancora oggi, dei lunghi capelli neri lisci legati in una coda morbida. I suoi grandi occhi neri erano caldi e materni…quella donna mi fece pensare a mia madre. Sorrisi debolmente.
“Izayoi”.
Ripetei, mentre l’osservavo, quando d’un tratto qualcosa mi fece pensare ad una persona. Infatti, aggrottai la fronte. Cercavo di capire a chi somigliasse o a chi mi ricordasse. Avvicinò una sua mano al mio viso.
Io mi scansai. Non mi fidavo del tutto di lei. Izayoi rise.
“Non ti preoccupare, voglio vedere se hai ancora la febbre”.
La lasciai fare. Poggiò la sua mano destra sulla mia fronte, sfiorò la benda.
“Mh, sei ancora un po’ calda”.
Sì, la febbre non era passata del tutto. Mi sentivo uno straccio.
Abbassai lo sguardo, ma poi lo rialzai. Cercavo di capire chi mi ricordasse e il perché lei fosse lì, a casa di Sesshoumaru.
Lei continuò a sfiorarmi la fronte, quando si soffermò sulla medicazione. Con delicatezza la tolse. La vidi aggrottare la fronte, quando disse.
“Mh…i punti tengono. Vedo che i miei colleghi non hanno fatto un lavoraccio”.
Io strinsi gli occhi e la scansai.
“Ma che fai?”.
Mi aveva fatto un po’ male, e poi quell’azione mi dette fastidio. La guardai storto, quando lei mi disse.
“Non ti preoccupare sono un medico”.
Sorrise. Già, era un medico l’avrei dovuto capire dalla frase di prima, ma quel suo gesto mi fece alterare.
Continuai a fulminarla con lo sguardo, mentre lei si allontanava da me e si dirigeva verso il comò. Prese qualcosa che vi era poggiata sopra.
“Sei un medico, allora? Il medico di Sesshoumaru?”.
Le domandai sibilando. Mi dava fastidio che il medico dell’uomo che amavo fosse una donna. Ero gelosa.
“Più o meno”.
Mi rispose, mentre ritornava da me. Poggiò sul comodino delle bende e dell’acqua ossigenata.
“Che significa più o meno? Che razza di risposta è!”.
Ero davvero infastidita da quella non risposta che mi lasciò piena di dubbi. Le risposi nervosa.
Lei ridacchiò e mi disse, mentre si avvicinava per disinfettarmi la ferita.
“Sono una persona che conosce molto bene Sesshoumaru”.
“Che conosce molto bene Sesshoumaru”. Rimasi impietrita di fronte a quell’affermazione. Conosceva bene Sesshoumaru, ma chi era questa donna?
Disinfettò la mia ferita, mentre io rimanevo ferma a guardarla cercando in tutti i modi di capire chi fosse.
Finì la medicazione, mi sorrise di nuovo.
“Vedo che la mia frase ti ha lasciato senza parole, giusto?”.
Annuii.
“Beh… io sono la seconda moglie del padre di Sesshoumaru, non ché madre di Inu Yasha, che tu ben conosci”.
Sgranai gli occhi. Era la matrigna (termine orrendo) di Sesshoumaru, e madre di Inu Yasha uno dei miei migliori amici. Mi trovai ad arrossire ripensando ai toni di prima…ero stata sgarbata con lei.
“Mi…mi scusi…”.
Dissi dandole del lei, mi sentivo davvero mortificata. Lei rise dicendomi, in modo materno, che non c’era nulla da scusarsi, anzi era normale la mia reazione. Le sorrisi, mi sentivo un po’ rincuorata, anche se ero stata davvero aggressiva verso di lei...ero davvero gelosa.
“Beh, sarà meglio che tu ora  mangi qualcosa…”.
Uscì dalla stanza lasciandomi sola. Guardai ben bene quell’enorme stanza. La sua stanza. Socchiusi gli occhi ed ispirai a pieno…sentivo il suo profumo. Dolce e protettivo.
Riaprii gli occhi, mi accomodai meglio nel letto e guardai in direzione della finestra. Le tende candide riflettevano la luce del sole. Rimasi per svariati minuti in quella posizione a pensare. A riflettere su quello che mi era accaduto e sul perché non mi confidassi con lui. Che cosa mi tratteneva? Già cosa…
D’un tratto sentii il rumore di passi mi voltai in direzione della porta e rividi Izayoi che teneva in mano un vassoio. Si avvicinò a me e me lo poggiò sulle gambe.
“Ti ho preparato qualcosa di leggero. Un po’ di brodo vegetale e petto di pollo arrostito”.
Non ho mai amato questo tipo di cibarie, ma dovevo mettere qualcosa nello stomaco. Sospirai e mi decisi a mangiare. Le medicine a stomaco vuoto non aiutano, anzi posso dimostrarsi deleterie.
“Scusatemi ancora per prima…”.
“Ti ho detto di non preoccuparti”.
Izayoi era seduta accanto a me e mi guardava.
“Lo so, ma sono fatta così…comunque, dov’è Sesshoumaru?”.
Già, dov’era? Era da quando mi ero addormentata che era sparito.
“E’ andato dai tuoi genitori a tranquillizzarli ch’è tutto sotto controllo, e che tu stai bene”.
Era dai miei? Abbassai lo sguardo e fissai il piatto vuoto, dove prima vi era il brodo. Mi trovai a pensare la faccia di mia madre nel sapermi a casa del mio capo. Di sicuro avrà gridato allo scandalo…purtroppo Sesshoumaru è sempre stato restio a dirmi com’è andata a casa dei miei.
Finii di mangiare, presi le medicine che Izayoi mi diede e mi rimisi a dormire. Mi sentivo ancora frastornata. La testa mi faceva ancora male, la febbre era ritornata…era meglio dormire.
Chiusi gli occhi e lentamente ricaddi tra le braccia di Morfeo, intanto Izayoi uscì dalla stanza lasciandomi riposare.
Non sappi mai per quanto tempo, ma sobbalzai. Un incubo mi svegliò…lei, Kagura, che seduta accanto a me che rideva. Rideva di me.
“Morirai da sola come me”.
Quella voce mi trafisse come una lama di un coltello nel petto. Mi svegliai madida di sudore. Il cuore batteva forte nel petto, la ferita palpitava e bruciava come non mai. Poggiai la mano sulla fronte umida, intanto mi ripetevo che era tutto un incubo e che tutto andava bene…ma non era così. Ero terrorizzata.
Mi alzai dal letto. Traballai, ma mi diressi fuori dalla stanza.
“Sesshoumaru dove sei?”.
Pensai, mentre camminavo traballando nel lungo e freddo corridoio, quando sentii la voce di Izayoi.
Mi diressi verso la sua voce, quando arrivai vicino la porta della cucina. Mi affacciai e vidi lei voltata di spalle che parlava con lui, Sesshoumaru che in quel frangente era poggiato alla finestra aperta e guardava fuori.
“Quella ragazza ha bisogno di aiuto”.
Esordì Izayoi, mentre  prendeva una tazza nella mensola. Sesshoumaru non rispose, si limitò ad annuire. Io aggrottai la fronte e rimasi ad ascoltare.
“Di un aiuto serio...”.
Riempì la tazza di tè e la porse a Sesshoumaru che la prese.
“Inu Yasha mi ha raccontato tutto…”.
Inu Yasha le aveva raccontato tutto? Che cosa le aveva raccontato? Che cosa?
“Mfh…fantasmi…che sciocchezze!”.
Sgranai gli occhi. Inu Yasha sapeva della presenza, ma come?
Izayoi ridacchiò, ma poi tornò seria.
“Sesshoumaru, so bene che è una bella ragazza e ti attira…ma ha dei seri problemi psicologici… sarà bene che si faccia vedere da qualche psicologo se non da qualche psichiatra…”.
Tremai. Quella donna mi riteneva pazza. Mi guardai attorno, mentre il mio corpo era in preda da fremiti.
Mi sentii persa…tradita…sola.
Veloce corsi via, senza farmi sentire. Dovevo fuggire da quella casa. Da quel covo di ipocriti che ridevano di me. Il cuore non batteva più. Ero morta.
Uscii da quel posto sporco di pregiudizi. Non ricordo come ritornai a casa, ho un enorme buco nella memoria, rammento solo le lacrime che scendevano veloci sul viso.
Erano bollenti. Bruciavano come le parole di Izayoi. Bruciavano come il nuovo tradimento di Sesshoumaru. Aveva parlato della presenza con Inu Yasha e avevano riso di me…mi ritenevano una pazza.
Arrivai di fronte il portone della mia prigione. Ero scalza e triste, quando una voce mi fece saltare.
“Rin che cosa ti è successo?”.
Mi voltai di scatto e vidi Elisa che mi guardava preoccupata. Era scesa a buttare la spazzatura e ora mi guardava.
Si avvicinò a me.
“Allora?!”.
“Elisa hai la copia delle chiavi di casa mia, per caso?”.
Le domandai con voce roca. Lei annuii. Sì, possedeva ancora la copia delle chiavi…le aveva da vent’anni chiuse in un cassetto in cucina. Me le diede continuando a chiedermi cosa mi fosse capitato, ma io non risposi.
Mi faceva male parlare. Presi le chiavi.
“Grazie, Elisa…domani te le restituirò…”.
“Non ti preoccupare, fa con comodo”.
“Ancora grazie”.
Salii di sopra e aprii la porta. Non m’importava più di nulla…non m’importava della presenza.
Entrai e chiusi dietro di me la porta. Tutto era rimasto come l’avevo lasciato la sera prima. Camminai verso il divano e mi lasciai cadere sopra. Presi il telecomando e accesi la tivù.
Restai a fissare lo schermo, mentre le parole di Izayoi rimbombavano nella mente. Socchiusi gli occhi, mentre nuove lacrime scendevano veloci.
Mi rannicchiai sul divano cercando un po’ di conforto, ma non ci riuscivo…mi sentivo sempre peggio. In quell’istante le parole dell’incubo si fecero sentire.
Morirai da sola come me.
Kagura aveva ragione, anch’io ero sola e presto mi sarei lasciata morire…e invece non accadde.
Piansi e non mi accorsi che qualcuno era entrato in casa mia. D’un tratto sentii due mani che mi toccavano.
Sobbalzai e gridai. Chi era?
“Rin”.
Era Sesshoumaru che mi aveva spaventato. Io cercai di scacciarlo, ma non ci riuscii. Lui mi guardava stranito, non capiva il mio modo di fare. Il mio folle gesto…quello di fuggire da casa sua.
“Rin  che cosa diavolo ci fai qui?”.
Io non risposi, mi limitai a guardarlo. Lui mi afferrò le spalle e mi urlò.
“Sei per caso impazzita?”.
Sgranai gli occhi nel sentire quella domanda. Ringhiai e con un calcio lo allontanai da me. Lui cadde a terra. Mi alzai e furente gli urlai.
“Sì, sono pazza. Sono pazza! Pazza!”.
Lo ripetei mille e mille volte. Intanto Sesshoumaru mi guardava senza comprendere il modo di fare. Si rialzò da terra, quando mi sferrò un poderoso schiaffo. Caddi sul divano, mentre poggiavo una mano sulla guancia dolorante. Voltai il viso verso di lui, lo fulminai con lo sguardo e sibilai.
“Vattene!”.
“No”.
Non voleva andarsene. Ringhiai. Lo odiavo.
“Rin…smettila di fare i capricci”.
Mi definiva una bimba capricciosa. Mi trovai a ridere. Una risata folle.
“Non sono capricciosa, ma pazza! Sia tu, che Inu Yasha e sua madre mi definite così, giusto?”.
Lo vidi scuotere il capo e mi rispose.
“Non sei pazza”.
“A no…e allora Izayoi che ti diceva? Che ho un bisogno urgente di uno strizzacervelli? Non dire di no perché io ho sentito tutto”.
Sesshoumaru rise amaramente.
“E cosa hai sentito?”.
“Che mi serve uno strizzacervelli”.
“E poi?”.
Io lo guardai senza comprenderlo, lui continuava a ridere…ma poi tornò serio.
“E poi?”.
“Beh…io sono fuggita…”.
“Lo sapevo…Rin, hai il dono di ascoltare i discorsi a metà…”.
Mi trovai a non capire a cosa si riferisse.
“Cosa?”.
Biascicai.
“Rin, tu sei sana di mente…ma se continui a comportarti così farai diventare matto me”.
Rimasi impietrita di fronte a quell’affermazione. Allora lui non mi riteneva folle. Sentii il mio corpo debole e mi accasciai sul divano. Lui si sedette accanto a me.
“Sesshoumaru scusami…io…io…”.
Cominciai a balbettare, quando lui mi azzittì abbracciandomi. Come quella volta in quello spiazzale, mi lasciò senza parole…mi lasciò spiazzata. Non lo capirò mai.
Non capirò mai questo uomo…




Continua…




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Ho il dono di fare le cose con calma e chiedo scusa. Il prossimo capitolo è davvero l’ultimo, voglio essere sincera questa è stata la storia che mi è ben riuscita. Mi è davvero piaciuto scriverla e chi lo sa forse farò un seguito, anche se ho già buttato giù qualche riga XD.
Buona Pasqua a tutti baci.

   
 
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