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Autore: Ella_Sella_Lella    25/04/2011    1 recensioni
Un odissea, un viaggio, alla ricerca delle proprie origini. E dove trovarle se non dentro se stessi e ripercorrendo le storie che hanno fatto la propria vita?
Lorena Vertisanti lascia la sua Venezia, per raggiungere Milano, in occasione del matrimonio di una sua amica e rientrare a contato con tutti i propri amici non potrà non portarla a riflettere su cos'è stata la sua vita.
Ammetto di non esserne propriamente compiaciuta, è la mia prima originale, spero non siate troppo crudeli.
Baci baci.
EsL
Genere: Introspettivo, Malinconico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Odissea nella mia vita

Titolo:  Odyssey in my life. My Friend’s wedding.
Titolo del Capitolo: Venice
Fandom: Originali. Romantico
Personaggi: Lorena Vertisanti, Aurelia Del Buono
Genere: Introspettivo, romantico, malinconico
Rating: Giallo
Avvertimenti: long-shot
Conteggio Parole: 1291
Note: 1. Pur troppo non è betata

2. Non so che avvertimenti dare ad un originale

3.Questa non è un originale qualsiasi. Questa è la mia prima. Siate clementi.

4. È ispirata ad un sogno. Spero che nessuno che conosco la legga … xD

5. La storia è di un matrimonio, ma è anche un Odissea, un viaggio alla ricerca della propria origine, ma non avviene su terra è un odissea all’interno di se stessi. Odissea nella mia vita (Il matrimonio di una mia amica) precisamente, o meglio Odissea nella vita di Lorena. (il matrimonio di una sua amica)

6. Lo dedico a Wy, senza la quale sarei perduta chi sa dove nei meandri del mio subconscio. Si non ha senso, ma è così.

Baci baci e buona lettura,

EsL

Odyssey in my life . (My friend’s wedding.)

Venice

 

Lorena Vertisanti tornò a casa quel giorno davvero di buon umore, aveva ottenuto  oltre alle solite pagine da inchiostrare anche due pagine per un illustrazione di cui era responsabile di matite, inchiostro e colori, si sentiva in cima al mondo, era finalmente arrivata, be più o meno. Si poteva dire una quasi fumettista e questo la rendeva veramente  soddisfatta di se stessa, era arrivata da qualche parte, contro tutto quello che gli altri dicevano e si sentiva la regina del mondo. Ogni tanto non nascondeva che pensava come sarebbe stato fare la paleontologa, seguire l’università con Casmilla che avrebbe fatto archeologia e magari ora, invece di camminare su una stradina umida accanto ad un canale di Venezia, si sarebbe trovata inginocchiata nel deserto del Sahara con il sole che picchiava sulla testa, perché un capello non sarebbe bastato, con un caldo soffocante ed uno spazzolino da denti in mano con cui avrebbe pulito qualche osso di qualche assurdo dinosauro, con qualche nome latino, di cui non aveva perso tempo a studiare. Si rendeva conto che se bene era quello che sotto sotto desiderava veramente, solo che aveva scelto la strada più facile e si era accontentata, non giudicatela male, aveva una passione ed un discreto talento e l’aveva sfruttato, era arrivata in una buona posizione e si era accontenta, certo cercava sempre di arrivare più in alto.

Torno nella sua casa, una piccola casetta di modeste dimensioni, in un quartiere popolare che divideva con Aurelia. Non era male, se non fosse stato che per due confusionarie donne era troppo piccola,  dovevano passare l’antimuffa cinque volte al mese, dalla finestra vedevi il condominio di fronte e c’era il persistente odore di pesce, che Lorena odiava, ma quella era pur sempre Venezia e lei l’amava. Se n’era innamorata quando da bambina c’era andata con i suoi genitori, aveva dieci anni e Giada sua sorella era a Londra e lei se n’era innamorata, certo non aveva stimato i venditori che vendevano le bottigliette d’acqua a cinque euro e che ci fossero quaranta gradi all’ombra, ma il resto l’aveva fatta innamorare.  

Come ogni dì, non importava che succedesse, Aurelia Della Buona era nel soggiorno sul tavolo scheggiato, che passava la stoffa sotto la macchina da cucire, che si mordeva freneticamente le labbra, i capelli castani erano tirati in una cipolla e lei sembrava che stesse sul punto di impazzire, come ogni giorno. “Hei Lia ho riportato il pane e ho grandi notizie!” esordì Lorena, posando la borsa sul tavolo, assieme al pane che aveva comprato lungo la strada, l’altra la zittì con un movimento di mano, stava creando, era un’artista e non aveva intenzione di essere disturbata, Lorena sorrise.  I signori Della Buona e i Vertisanti erano amici da tempi immemori, ma le figlie si erano conosciute solo a tredici anni e si erano improvvisamente trovate, tanto da desiderare di iscriversi insieme nella stessa scuola, il liceo scientifico, ma alla fine Aurelia aveva dato forfè e si era iscritta all’Artistico ed assieme alle amiche che avevano in comune, le due si erano  completamente perse di vista, come si fossero ritrovato Lorena non l’aveva ancora capito, ma ne era contenta.

Solo quando Aurelia ebbe finito il suo piccolo capolavoro di stoffa, Lorena le poté dire la buona novella. “Sono contenta per te!” esclamò l’altra, sciogliendosi i capelli castano brillante e sorrido esamine, Lorena la sentiva lavorare fino a tardi la notte, “Anche io ho una notiziola” esclamò, con voce maliziosa, come quando da ragazzina si atteggiava da signora, con i tacchi rossi di finta pelle e le gambe nude a causa dei pantaloncini che le avevo prestato Lorena. “Dimmi!” disse Lorena, sedendosi su una sedia e cominciando a lavorare con i disegni che le avevano commissionato, “Prenderanno i miei vestiti in una boutique e tra due giorni ho un colloquio a Torino per una stilista non troppo celebre, ma che lì vende bene”  enunciò Aurelia con un sorriso sincero, prima di mostrare il vestito che aveva confezionato per  il colloquio, era davvero splendido, un tailleur pastello con i risvolti bianchi, qualcosa molto poco da lei, “Ma è meraviglioso!” urlò l’altra, sbilanciandosi nell’abbracciarla, “Come domani ti accompagno alla stazione, prendo anche il biglietto” aveva poi informato Aurelia, “Si ma hai prenotato l’albergo …” stava dicendo Lorena, ma quella l’aveva zittita, dicendo di preoccuparsi solo del suo futuro viaggio. Già perché Lorena Vertisanti stava partendo. Dove andava? A Milano. Perché? Perché Fefè si sposava e l’aveva invitata.

Aveva preparato le due valigie con molta calma, aveva piegato tutti i vestiti in modo impeccabile, infilato nelle valigie i fogli rigidi, le boccette di china,  i pennelli, pennarelli, i pennini e le matite. “Non dimenticare il regalo” esclamò Aurelia, comparsa sulla soglia della sua stanza, con i capelli tirati indietro con una fascetta rosa, mentre girava per casa mangiando cioccolata, “L’ho preso!” una scatola impacchettata di una carta bianco perla, che conteneva un enorme vaso dipinto  a mano di un ottimo artigiano Veneziano, non era mai stata brava a fare i regali particolarmente quelli di coppia, aveva sempre lasciato che fosse Fefè a decidere che regalare alla gente, ma se questa volta era per lei e il suo futuro marito da chi lo faceva comprare il regalo? Se avesse avuto sedici anni avrebbe chiamato Filomena e le avrebbe proposto di comparlo assieme, ma Filomena l’aveva persa di vista quando aveva lasciato la sua città natia e si era trasferita a Milano con Fefè per l’università, mentre Filomena aveva preso il volo e forse se nera andata a Londra o a Vienna o a Parigi o forse ancora da un’altra parte, non se lo ricordava e con Filomena non c’era mai da stupirsi. “Il vestito che ti ho fatto?” chiese Aurelia curiosa, Lorena le sorrise, prima di mostrarsi uno splendido vestito d’acqua marina avvolto dalla plastica piegato nella valigia, vicino un paio di alte scarpe bianco acido, “Bene va a dormire” esclamò Aurelia, ritornandosene nella sua stanza, Lorena sorrise, chiuse la valigia e la depose per terra. Si lasciò cadere sul letto e si addormentò, ovviamente dopo aver puntato la sveglia, non sognò sulla, non c’era nulla che dovesse sognare, ma quando si era svegliata la mattina con l’irritante rumore dell’infernale strumento, Lorena si era resa conto che avrebbe rincontrato un po’ tutti quelli che aveva conosciuto da quando aveva quattordici anni, gli amici del liceo, le amiche perse per la strada della maturità, gli universitari, Ronnie, il primo nome della sua lista e poi tutte le persone che Fefé aveva conosciuto poi, che erano partecipi di una vita di cui lei era stata una tassello ormai passato.

Si alzò dal letto e cadde, più o meno, la vista divenne nera e la forza nelle gambe le venne a mancare, sentiva tutto un formicolio nel corpo e la sensazione si star cadendo. Cercò di controllarsi il più possibile e di non farsi male, aveva imparato a controllarlo, più o meno, era una cosa che la prendeva ogni volta che si alzava in fretta, dopo esser stata troppo tempo seduta, senza aver metabolizzato bene l’idea che si stesse alzando. “Quando sentì che stai per cadere, devi agitarti, te lo ricordi?” le urlò, un insonnolita Aurelia, dall’altra stanza, che doveva averla sentita cadere, Lorena non le rispose, lo sapeva, ma continuava a non farlo. “Che inizio di giornata orrendo!” biascicò alzandosi a fatica, una volta che ebbe ripreso il controllo di se stessa, la vista d nuovo chiara e solo un leggero formicolio negli arti. Si diresse alla finestra e l’aprì, respirò a pieni polmoni l’aria satura di aria salmastra e pesce fresco e guardò il canaletto che passava sotto la sua finestra, l’acqua non era limpida, era verdeggiante, ma a lei non era mai parsa così bene, l’amava, amava la sua Venezia.

   
 
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