Titolo: Odyssey in my life. My
Friend’s wedding.
Titolo del Capitolo: Venice
Fandom: Originali. Romantico
Personaggi: Lorena Vertisanti, Aurelia Del Buono
Genere: Introspettivo, romantico, malinconico
Rating: Giallo
Avvertimenti: long-shot
Conteggio Parole: 1291
Note: 1. Pur troppo non è betata
2.
Non so che avvertimenti dare ad
un originale
3.Questa
non è un originale
qualsiasi. Questa è la mia prima. Siate clementi.
4.
È ispirata ad un sogno. Spero
che nessuno che conosco la legga … xD
5.
La storia è di un matrimonio,
ma è anche un Odissea, un viaggio alla ricerca della propria
origine, ma non
avviene su terra è un odissea all’interno di se stessi.
Odissea nella mia
vita (Il matrimonio di una mia amica) precisamente, o
meglio Odissea
nella vita di Lorena. (il matrimonio di una sua amica)
6.
Lo dedico a Wy, senza la quale
sarei perduta chi sa dove nei meandri del mio subconscio. Si non ha
senso, ma è
così.
Baci
baci e buona
lettura,
EsL
Odyssey in my
life . (My
friend’s wedding.)
Venice
Lorena
Vertisanti tornò a casa quel giorno davvero di buon umore, aveva
ottenuto oltre alle solite pagine da
inchiostrare
anche due pagine per un illustrazione di cui era responsabile di
matite,
inchiostro e colori, si sentiva in cima al mondo, era finalmente
arrivata, be
più o meno. Si poteva dire una quasi fumettista e questo la
rendeva veramente soddisfatta di se
stessa, era arrivata da
qualche parte, contro tutto quello che gli altri dicevano e si sentiva
la regina
del mondo. Ogni tanto non nascondeva che pensava come sarebbe stato
fare la
paleontologa, seguire l’università con Casmilla che
avrebbe fatto archeologia e
magari ora, invece di camminare su una stradina umida accanto ad un
canale di
Venezia, si sarebbe trovata inginocchiata nel deserto del Sahara con il
sole
che picchiava sulla testa, perché un capello non sarebbe
bastato, con un caldo
soffocante ed uno spazzolino da denti in mano con cui avrebbe pulito
qualche
osso di qualche assurdo dinosauro, con qualche nome latino, di cui non
aveva
perso tempo a studiare. Si rendeva conto che se bene era quello che
sotto sotto
desiderava veramente, solo che aveva scelto la strada più facile
e si era
accontentata, non giudicatela male, aveva una passione ed un discreto
talento e
l’aveva sfruttato, era arrivata in una buona posizione e si era
accontenta,
certo cercava sempre di arrivare più in alto.
Torno
nella sua
casa, una piccola casetta di modeste dimensioni, in un quartiere
popolare che
divideva con Aurelia. Non era male, se non fosse stato che per due
confusionarie
donne era troppo piccola, dovevano
passare l’antimuffa cinque volte al mese, dalla finestra vedevi
il condominio
di fronte e c’era il persistente odore di pesce, che Lorena
odiava, ma quella
era pur sempre Venezia e lei l’amava. Se n’era innamorata
quando da bambina c’era
andata con i suoi genitori, aveva dieci anni e Giada sua sorella era a
Londra e
lei se n’era innamorata, certo non aveva stimato i venditori che
vendevano le
bottigliette d’acqua a cinque euro e che ci fossero quaranta
gradi all’ombra,
ma il resto l’aveva fatta innamorare.
Come
ogni dì,
non importava che succedesse, Aurelia Della Buona era nel soggiorno sul
tavolo
scheggiato, che passava la stoffa sotto la macchina da cucire, che si
mordeva
freneticamente le labbra, i capelli castani erano tirati in una cipolla
e lei
sembrava che stesse sul punto di impazzire, come ogni giorno.
“Hei Lia ho
riportato il pane e ho grandi notizie!” esordì Lorena,
posando la borsa sul
tavolo, assieme al pane che aveva comprato lungo la strada,
l’altra la zittì
con un movimento di mano, stava creando, era un’artista e non
aveva intenzione
di essere disturbata, Lorena sorrise. I
signori Della Buona e i Vertisanti erano amici da tempi immemori, ma le
figlie
si erano conosciute solo a tredici anni e si erano improvvisamente
trovate,
tanto da desiderare di iscriversi insieme nella stessa scuola, il liceo
scientifico, ma alla fine Aurelia aveva dato forfè e si era
iscritta all’Artistico
ed assieme alle amiche che avevano in comune, le due si erano completamente perse di vista, come si fossero
ritrovato Lorena non l’aveva ancora capito, ma ne era contenta.
Solo
quando Aurelia
ebbe finito il suo piccolo capolavoro di stoffa, Lorena le poté
dire la buona
novella. “Sono contenta per te!” esclamò
l’altra, sciogliendosi i capelli castano
brillante e sorrido esamine, Lorena la sentiva lavorare fino a tardi la
notte, “Anche
io ho una notiziola” esclamò, con voce maliziosa, come
quando da ragazzina si
atteggiava da signora, con i tacchi rossi di finta pelle e le gambe
nude a causa
dei pantaloncini che le avevo prestato Lorena. “Dimmi!”
disse Lorena, sedendosi
su una sedia e cominciando a lavorare con i disegni che le avevano
commissionato,
“Prenderanno i miei vestiti in una boutique e tra due giorni ho
un colloquio a
Torino per una stilista non troppo celebre, ma che lì vende
bene” enunciò Aurelia con un
sorriso sincero, prima
di mostrare il vestito che aveva confezionato per il
colloquio, era davvero splendido, un tailleur
pastello con i risvolti bianchi, qualcosa molto poco da lei, “Ma
è
meraviglioso!” urlò l’altra, sbilanciandosi
nell’abbracciarla, “Come domani ti
accompagno alla stazione, prendo anche il biglietto” aveva poi
informato
Aurelia, “Si ma hai prenotato l’albergo …”
stava dicendo Lorena, ma quella l’aveva
zittita, dicendo di preoccuparsi solo del suo futuro viaggio.
Già perché Lorena
Vertisanti stava partendo. Dove andava? A Milano. Perché?
Perché Fefè si
sposava e l’aveva invitata.
Aveva
preparato
le due valigie con molta calma, aveva piegato tutti i vestiti in modo
impeccabile, infilato nelle valigie i fogli rigidi, le boccette di
china, i pennelli, pennarelli, i pennini e
le matite.
“Non dimenticare il regalo” esclamò Aurelia,
comparsa sulla soglia della sua
stanza, con i capelli tirati indietro con una fascetta rosa, mentre
girava per
casa mangiando cioccolata, “L’ho preso!” una scatola
impacchettata di una carta
bianco perla, che conteneva un enorme vaso dipinto
a mano di un ottimo artigiano Veneziano, non
era mai stata brava a fare i regali particolarmente quelli di coppia,
aveva
sempre lasciato che fosse Fefè a decidere che regalare alla
gente, ma se questa
volta era per lei e il suo futuro marito da chi lo faceva comprare il
regalo?
Se avesse avuto sedici anni avrebbe chiamato Filomena e le avrebbe
proposto di
comparlo assieme, ma Filomena l’aveva persa di vista quando aveva
lasciato la
sua città natia e si era trasferita a Milano con Fefè per
l’università, mentre
Filomena aveva preso il volo e forse se nera andata a Londra o a Vienna
o a
Parigi o forse ancora da un’altra parte, non se lo ricordava e
con Filomena non
c’era mai da stupirsi. “Il vestito che ti ho fatto?”
chiese Aurelia curiosa,
Lorena le sorrise, prima di mostrarsi uno splendido vestito
d’acqua marina
avvolto dalla plastica piegato nella valigia, vicino un paio di alte
scarpe bianco
acido, “Bene va a dormire” esclamò Aurelia,
ritornandosene nella sua stanza,
Lorena sorrise, chiuse la valigia e la depose per terra. Si
lasciò cadere sul
letto e si addormentò, ovviamente dopo aver puntato la sveglia,
non sognò
sulla, non c’era nulla che dovesse sognare, ma quando si era
svegliata la
mattina con l’irritante rumore dell’infernale strumento,
Lorena si era resa
conto che avrebbe rincontrato un po’ tutti quelli che aveva
conosciuto da
quando aveva quattordici anni, gli amici del liceo, le amiche perse per
la
strada della maturità, gli universitari, Ronnie, il primo nome
della sua lista
e poi tutte le persone che Fefé aveva conosciuto poi, che erano
partecipi di
una vita di cui lei era stata una tassello ormai passato.
Si
alzò dal
letto e cadde, più o meno, la vista divenne nera e la forza
nelle gambe le
venne a mancare, sentiva tutto un formicolio nel corpo e la sensazione
si star
cadendo. Cercò di controllarsi il più possibile e di non
farsi male, aveva
imparato a controllarlo, più o meno, era una cosa che la
prendeva ogni volta
che si alzava in fretta, dopo esser stata troppo tempo seduta, senza
aver
metabolizzato bene l’idea che si stesse alzando. “Quando
sentì che stai per
cadere, devi agitarti, te lo ricordi?” le urlò, un
insonnolita Aurelia, dall’altra
stanza, che doveva averla sentita cadere, Lorena non le rispose, lo
sapeva, ma
continuava a non farlo. “Che inizio di giornata orrendo!”
biascicò alzandosi a
fatica, una volta che ebbe ripreso il controllo di se stessa, la vista
d nuovo
chiara e solo un leggero formicolio negli arti. Si diresse alla
finestra e l’aprì,
respirò a pieni polmoni l’aria satura di aria salmastra e
pesce fresco e guardò
il canaletto che passava sotto la sua finestra, l’acqua non era
limpida, era
verdeggiante, ma a lei non era mai parsa così bene,
l’amava, amava la sua Venezia.