Titolo: Voix Note: *coff*
Questa one-shot dovrebbe essere una specie di prequel di Trébuchet.
Dovrebbe. Si capisce anche se non avete letto quello, ovviamente. Ho
messo Spoiler ep8 per il semplice fatto che dovrebbe essere ambientata
dopo di quello. Tuttavia, in questa one-shot, non ci sono particolari
spoiler. Non chiedetemi da dove è saltata fuori questa
fanfic; pioveva, ero annoiata ed eccola qui. Disclaimer: Beato
e Battler, come al solito, non mi appartengono. Se mi appartenessero,
in questo momento sarebbero in vacanza per godersi decentemente la loro
dannatissima e meritatissima luna di miele ;__;
Personaggi: Battler,
Beatrice.
Pairing: BatoBea.
Rating: Verde.
Genere: Fluff,
slice of life.
Avvertimenti: One-shot,
au, spoiler.
Voix
Pioveva
quel giorno, mentre Beato aspettava impaziente accanto alla finestra.
Con le
gambe strette al petto e circondate dalle braccia, attendeva il ritorno
di
Battler a casa, fissando il giardino spento e senza vita. Negli occhi,
l'unico
riflesso era quello delle piccole gocce che fissava da ore, la mente
svuotata
da qualsiasi pensiero se non quello del ritorno di Battler.
(Una
lunga attesa che la torturava, nella quale aspettava trepidante e
spaventata.
Spaventata dal fatto che lui sarebbe potuto non tornare più,
e lei sarebbe
rimasta da sola ad aspettarlo.)
Non
sentì la chiave che girava nella toppa della porta, troppo
persa fra i suoi
pensieri e troppo concentrata sulla pioggia, ma fu il rumore di passi
che aveva
imparato a conoscere che si avvicinavano, dietro di lei, che la
risvegliarono
dal suo torpore e scattò in piedi, gettandosi fra le braccia
di lui, che le
regalò – come al solito – un sorriso
stanco ma sincero. L'ombrello scivolò a
terra e laddove cadde iniziò a formarsi una pozza d'acqua,
un piccolo specchio
che li rifletteva ancora stretti in quell'abbraccio soffocante e
disperato.
Battler
appoggiò il capo sulla spalla della donna e
respirò il suo profumo, tirandola a
sé con forza e infilando una mano fra quelle ciocche dorate
che incorniciavano
il viso perfetto di lei.
“Sono
a casa.”
Voce
stanca mentre lo diceva, gli occhi chiusi e la mente persa in quel loro
semplice contatto.
“Ti
ho aspettato, Battleeer.”
Sussurri
i loro, voci basse e calme, mentre parlavano silenziosamente con quei
gesti
basilari e delicati, affamati l'uno della presenza dell'altra e
desiderosi di
riunirsi, una volta separati.
Si
scambiarono qualche bacio veloce, impacciati e frettolosi, le mani che
s'aggrappavano sui vestiti dell'altro e i respiri che si facevano
sempre più
corti ed affannati. Brevi, come gli attimi che passavano con le labbra
separate
da quelle dell'altro, come i pensieri che le loro menti riuscivano a
costruire
in quel momento.
Uniti,
come avevano promesso di rimanere finché la morte non li
avesse separati.
Soli,
si sentivano vuoti, come se improvvisamente qualcosa avesse smesso di
andare
come avrebbe dovuto, come se mancassero pezzi importanti a quel puzzle
grigio
che era la loro vita, che ogni tanto si tingeva con pochi colori caldi
e
tranquilli.
“...
Ti ha pagato?”, la voce di Beatrice era anche più
lieve del solito quel giorno,
quando sussurrò quelle poche parole nell'orecchio dell'uomo.
Lo sentì
irrigidirsi e poi lasciarsi andare fra le sue braccia.
La
baciò, velocemente, sfiorandole appena le labbra e
soffermandosi a parlare
sulla sua bocca.
“Certo.”
Il
volo della donna s'illuminò e quell'abbraccio si fece
più stretto, più
soffocante, più tenero e sempre più sentito.
Rimasero in silenzio, il rumore
delle grondaie gocciolanti che scandivano i secondi che passavano, che
si
perdevano in quell'infinità di frammenti chiamati tempo
dagli sciocchi esseri
umani.
“Hai
preso il treno oggi, allora.”
“No,
ho camminato un po'. Non volevo sprecare nulla.”
Sbuffò
la donna, stringendolo ancora un po' a sé, guardandolo negli
occhi con aria di
rimprovero.
Fu
Battler a scostarla leggermente quando sentì il proprio
stomaco brontolare.
Lei
lo guardò incuriosita, il capo appena inclinato. E poi
iniziò a ridere.
“...
Dammi un po' di soldi, vado a fare la spesa~”
Beato gli strinse una mano, guardandolo mentre la fissava imbarazzato.
E poi,
lentamente l'uomo iniziò a rivoltare le tasche,
finché non ritrovò quei pochi
pezzi di carta che, dopo una settimana passata a razionare il cibo,
avrebbero
finalmente permesso loro di godere di un pasto più lauto.
“Andiamo
insieme a farla”, protestò Battler, alzando il
denaro sopra la sua testa,
costringendo la donna a saltare con un braccio teso verso la sua mano.
“Battleeeer~!
No, tu stai a casa. Riposati, hai lavorato tutto il giorno.”
“Non
sono troppo distrutto per passare del tempo con te. Anzi, vorrei
proprio stare
un po' con te, ho passato l'intera giornata senza vederti.”
Beatrice
sorrise – e in volto le si diffuse un marcato rossore,
premendo nuovamente il
petto contro quello di Battler, e piegò le labbra
nell'espressione più allegra
e lieta che l'uomo avesse mai visto. Sembrava così
innocente, così giovane e
fragile, stretta fra le sue braccia con quel sorriso speciale che
regalava solo
a lui. Sembrava una persona come le altre, una che però, in
mezzo ad una folla,
per Battler era unica e spiccava come un piccolo, fragile, sole, che lo
illuminava e lo attirava a sé con la propria luce.
E
poi, all'improvviso, un singolo pensiero attraversò la mente
dell'uomo e il
sorriso scomparve da quelle labbra, subito sostituito da un'espressione
cupa a
tesa. Un velo di tristezza e rammarico, mentre guardava verso il loro
salotto
senza in verità vederlo.
“...
Ne hanno parlato anche oggi alla televisione?”
Beato
esitò, afferrandogli con forza una manica della giacca e
mordendosi un labbro.
“Sì”,
rispose infine, abbassando lo sguardo, “sospettano ancora di
Ev—”
“Va bene”, tornò a guardarla, una mano
fra le ciocche dorate della donna,
mentre le scompigliava i capelli, “andiamo a fare la
spesa.”
Quella
sera, a letto, Beato si sporse verso Battler, accoccolandosi contro il
suo
petto e chiudendo gli occhi. Lui rimase in silenzio e, distrattamente,
iniziò a
giocare con quelle ciocche tanto morbide e profumate. Lo fece per forza
d'abitudine, arrotolando le dita attorno ai capelli color del miele e
sospirò
quando la donna gli tirò appena la canottiera che aveva
indosso.
“Beato...”, un altro sospiro, “... non
riesco a dormire.”
“E'
perché sei sempre così teso...”, una
mano che cercava la sua, afferrandola e
stringendola forte, “su, prova a ricordare quei momenti
allegri e spensierati.
Ricorda di quella volta che siamo rimasti a casa a far nulla per una
settimana
intera...”
“Quando
ci siamo sdraiati a terra...”
“...
e siamo rimasti a fissare il soffitto, su ricorda...”
“...
di come mi hai strappato la maglietta di dosso...”
“Ehi,
anche tu mi hai—”
“Di come abbiamo staccato il telefono per non farci
disturbare...”
Beato
lo osservò chiudere gli occhi, lasciarsi andare nel cuscino
e voltarsi verso di
lei, stendendosi sul fianco.
“...
di come hai voracemente finito tutto il gelato al cioccolato che
avevamo in
casa.”
“L'hai
mangiato anche tu”, broncio in volto, le braccia ora conserte.
“Io
non mi sono sporcato tutta la maglietta.”
“Ooh~?
Mi era sembrato che non ti fosse dispiaciuto così tanto
quando mi sei saltato
addosso e hai leccato via il cioccolato così lentamente e
attentamente, anche
dove non c'era. E mi era sembrato che non ti fosse dispiaciuto nemmeno
quando
mi hai tolto i pantaloncini e hai continuato a—”
“H-ho
sonno ora, Beato.”
“Mmh~”,
rise la donna, uno sguardo lascivo in volto mentre tirava appena la
canottiera
che aveva indosso Battler.
“B-Beato,
se la tiri troppo...”
Non
rispose e continuò a strattonare, una gamba fra quelle di
lui che lo
stuzzicava. “Mmh~”
“B-Beato...
domani devo lavorare...”
“E alloraa~?”, premette il petto contro quello del
giovane e, issandosi appena
sul gomito, sfiorò il naso di Battler con il proprio e
lasciò un bacio leggero
sulle labbra che non si sarebbe aspettata di trovare secche. Respirava
lentamente, gli occhi chiusi e le braccia avvolte attorno al cuscino.
“Non hai
proprio voglia, eeh?”
“...
Sono solo stanco.”
“Allora
riposa”, passò una mano fra quelle ciocche rosse e
posò le labbra sulla fronte
dell'uomo, sorridendogli.
“Ehi,
Beato.”
Gli
occhi ancora chiusi, la voce un sussurro quasi.
“Che
c'è, Battleeer~?”
“R-rimandiamo
a domani... va bene...?”
La
donna rise, accoccolandosi ancora una volta accanto a lui.
“Non so se ne avrò ancora voglia domani,
Battleeer~”
Lo
vide sorridere, le labbra impercettibilmente increspate quando
allungò le
braccia verso di lei per stringerla a sé. Il respiro lento,
calmo e
controllato.
“Aah...
è inutile Beato, è tutto inutile...!”