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Autore: Clata    07/02/2006    3 recensioni
La storia di un amore infinito.
Genere: Drammatico, Romantico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Karl Heinz Schneider, Sorpresa
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Only to write

                                        Fan Fiction.

 

                                     “Only to write”

 

Disclaimer: I personaggi appartengono a Yoichi Takahashi, mentre Claudia e Jennifer sono frutto della mia immaginazione, quindi se voleste utilizzare uno di questi personaggi, vi prego di chiedermi il permesso.

 

Sarei molto contenta se mi lasciaste dei commenti, cosicché possa migliorarmi ^__^

Vi auguro buona lettura!

 

N.B.: La Fan Fiction nell’ultima parte(quarta o quinta)sarà molto triste e drammatica.

 

 

Come ogni anno Genzo aveva organizzato una festa per riunirci. Era difficile incontrarsi essendo tutti di nazioni diverse e quella rimpatriata era ormai una specie di tradizione. Sebbene vivessimo lontani gli uni dagli altri eravamo molto uniti e compatti. Ogni anno che ci riunivamo era davvero un momento gioioso. Rimanevamo lì in Germania per una settimana o più e anche quell’anno fu così.

Ognuno di noi dava una mano nell’organizzare ed ognuno portava qualcosa da mangiare o qualunque cosa che potesse servire.

-         Queste sedie dove le metto? – chiese Tsubasa.

-         Mettile in giardino. Vicino al tavolo in fondo! – rispose Genzo che riusciva adeguatamente a dirigere i ragazzi.

-         Dove hai detto che sono i tovaglioli? – chiese Ryo quasi in preda al panico.

-         Nel terzo cassetto in cucina, Ryo! Sarà la decima volta che te lo dico!

-         Dai, non esagerare!

-         Tu non la dai una mano? – chiesi a Karl che stava seduto comodamente su una delle sedie che Tsubasa aveva diligentemente sistemato.

-         Nessuno mi dice niente.

-         Va bene! Ora che te l’ho detto io, puoi anche aiutarmi…non trovi? – dissi con un sorriso, mentre avevo qualche bicchiere in mano, che mi accingevo a sistemare sui numerosi tavoli disposti fuori e dentro la villa Wakabayashi.

-         Ok. – mi disse e si alzò e prese qualche bicchiere dalle mie mani.

Quando finimmo di sistemare tutto, iniziammo a mangiare, a parlare e a divertirci. Io scambiai qualche parola con tutti; mi faceva davvero piacere stare tutti insieme. Non erano cambiati tanto: Genzo aveva i soliti capelli arruffati e neri; Tsubasa il solito sorriso gioioso; Sanae la solita esuberanza; Ryo la solita voglia di scherzare; Jennifer (la ragazza di Dieter) aveva gli stessi capelli biondi e lunghi leggermente scalati rispetto l’ultima volta che l’avevo vista; Dieter la solita stazza; Karl aveva sempre quei capelli biondi e gli occhi azzurro-ghiaccio.

Mi divertii tantissimo. Solo il fatto di stare con tutti loro e scambiare qualche parola mi faceva stare davvero bene.

Conclusa la serata, dopo aver aiutato Genzo a sgomberare e a ripulire, tornammo in albergo. A Genzo dispiaceva di non poterci ospitare nella sua casa, ma naturalmente, per quanto fosse grande la sua villa non poteva accogliere tutti noi.

Andai subito a dormire. Ero davvero stanca.

La mattina seguente mi alzai verso le 09:00 anche se ero sveglia già da un bel po’ di tempo. Così, andai nel bagno, guardai il mio viso assonnato nello specchio e mi preparai per andare a fare colazione insieme agli altri. Proprio mentre stavo per dare un’ultima sistematina ai capelli, Jennifer bussò alla porta. Aveva il suo abituale sorriso splendente e timido. Era insieme a Dieter, il suo ragazzo. Era circa un anno che stavano insieme ed era davvero una bella coppia. Conobbi Jennifer proprio un anno fa e proprio ad una delle solite rimpatriate organizzate da Genzo. A quell’epoca stava insieme a Karl. Solo che lui non se ne importava niente di lei, e invece lei era molto innamorata. Ricordo ancora come Karl la lasciò: fu molto indifferente e deciso e questo causò a Jennifer una grande tristezza. Ma dopo poco, trovò l’amore con Dieter. Scoprì un Dieter diverso da come lo aveva sempre conosciuto, da come era sempre apparso…un Dieter diverso da quello duro e rude che sembrava. Lo scoprì come un ragazzo gentile, dolce, romantico e anche un po’ timido. Ero davvero contenta per loro.

Dopo esserci salutati, uscimmo dalla mia camera e andammo a chiamare qualcun altro: Karl, Hermann, Franz. Concluso il giro scendemmo tutti nel ristorante, che a quell’ora era pieno di gente. Cercammo un tavolo per sei libero e lo trovammo dopo una lunga ricerca.

Mangiammo e parlammo in un clima gioioso di chi non si vede da tanto tempo e ha tante cose da dirsi e da raccontarsi. Chi parlava di più chi di meno: tutti avevamo qualcosa da dirci.

Karl era come al solito quello che parlava di meno. Ma ormai tutti conoscevamo abbastanza bene il suo carattere e non ci meravigliavamo.

-         Sono piena! – confessò ad un certo punto Jennifer.

-         Beh, anch’io! Ho mangiato davvero tanto! – disse Hermann.

-         Andiamo a farci una camminata? – domandò Franz.

-         Ok! Ci vediamo nella hall fra un quarto d’ora! – disse ancora Hermann.

-         Va bene! – dicemmo tutti insieme.

Così, salii le scale, percorsi il corridoio ed arrivai alla mia camera. Come prima cosa mi sdraiai sul letto e rimasi lì per qualche minuto. Poi andai nel bagno, mi lavai i denti e mi truccai velocemente: giusto un po’ di matita nera per gli occhi. Così, mi recai nella hall. Non c’era ancora nessuno…in effetti, ero arrivata un po’ in anticipo. Comunque, dopo non molto arrivò Karl che si sedette su una delle poltrone di velluto bordeaux presenti nella hall.

-         Tu quanto rimani qui? – gli domandai.

-         Dieci giorni. Tu?

-         Anch’io. …Stanno arrivando gli altri! – dissi vedendo i quattro ragazzi che raggiungevano la hall.

-         Allora, andiamo? – chiese Franz, che intanto si iniziò a recare verso l’uscita. Dopo poco lo seguimmo e ci incamminammo.

-         Wow! Claudia, guarda questi jeans come sono belli! – mi disse Jennifer mostrandomi la vetrina del negozio di abbigliamento.

-         Sono molto belli! Perché non li provi?

-         Hai ragione! – disse ed entrò accompagnata dal ragazzo. Anche noi altri li seguimmo.

Così, chiese ad una delle commesse di poter provare i jeans che aveva visto in vetrina. La commessa le rispose di sì, le sorrise e le andò a prendere il capo desiderato. Quando uscì dal camerino, si guardò e riguardò allo specchio e poi venne verso di me chiedendomi:

-         Secondo te, come vanno?

-         Secondo me, ti stanno benissimo.

-         Eppure a me non piacciono. Non mi convincono…. Wow! Guarda quelli! – disse porgendo l’attenzione su un paio di jeans neri che mi indicò.

-         Presumo che passeremo all’incirca due ore in questo negozio. – disse Dieter con aria remissiva.

E non ebbe completamente torto. Non stemmo due ore, ma un’ora e mezza sicuramente. E in quell’ora e mezza Jennifer non comprò niente! Lei amava fare shopping, ma il problema era che passavano ore ed ore prima che eventualmente scegliesse qualcosa.

-         Ragazzi, mi dispiace di avervi fatto perdere tutto questo tempo! – si scusò Jennifer.

-         L’unica cosa che puoi fare ora è quella di non farcene perdere altro. – rispose Karl nel suo tono abituale, ovvero un tono indifferente che era molto fastidioso.

-         Sei sempre molto simpatico!

-         Lo so.

-         Ma perché sei così? – chiese Jennifer iniziando ad innervosirsi.

-         Così come?

-         Così fastidioso! E’ meglio che non apri proprio la bocca se quando lo fai dici solo cose irritanti!

-         La vedo male! – commentò Hermann.

Karl non rispose niente e sorrise solamente in modo ironico.

-         Non ti sopporto! – urlò Jennifer.

-         Hey! Stai calma! – le disse Dieter che la prese e la guardò negli occhi.

-         Perché devi sempre fare uso del tuo irritante sarcasmo? – domandai a Karl che continuava a passeggiare con passo calmo.

-         Lo trovi irritante?

-         Non mi puoi rispondere con una domanda.

-         Cosa me lo vieta?

-         Perché stai spostando il discorso?

-         Vedi? Anche tu mi hai risposto con una domanda.

-         No, no! Non ci casco! – dissi e lo feci fermare. – Devi rispondermi!

-         Va bene. Ripetimi la domanda.

-         …Lascia perdere…. Non si può parlare con te! – dissi e ripresi a camminare con un passo nervoso, mentre gli altri procedevano normalmente.

-         Si può sapere che ti prende? – mi chiese continuando a passeggiare in maniera tranquilla.

-         Sentimi! – dissi e mi fermai di colpo. – Ora non fare anche la parte dell’innocente!

Non mi rispose. Mi sorrise solamente. Mi sorrise col suo solito fare ironico. In ogni caso, preferii rimanere in silenzio e non continuare il discorso.

Passeggiammo, ci fermammo ad un bar e poi prendemmo la via del ritorno. Si era fatto tardi ed era meglio ritornare in albergo. Giunti nell’ampia hall ci demmo appuntamento per il pranzo e ci salutammo. Perciò salii in camera e non esitai a sdraiarmi sul comodo letto e a riposarmi per una mezz’oretta. Quando fu ora scesi giù e, quando ci fummo tutti, ci recammo nel ristorante e prendemmo posto.

-         Sei così offesa? – mi domandò Karl nel suo modo fastidioso.

-         Come?

-         Non mi saluti nemmeno.

-         Puoi essere anche tu a farlo.

Non mi rispose né cambiò espressione. Rimase con la solita espressione statica e indifferente, tipica di lui. Dopo aver mangiato il primo, il secondo ed il contorno, mi alzai per prendere della frutta e del dolce al cioccolato, che avevo già adocchiato prima. Poco dopo di me anche Karl si alzò e venne al tavolo dei dolci. Non so come, ci scontrammo e la fetta di dolce che avevo nel piatto mi andò a finire addosso, sporcando tutta la maglietta. In un altro momento, in un’altra situazione non mi sarei fatta nessun problema, non me ne sarebbe importato niente e non avrei proprio considerato l’evento…ma non in quel caso. Raccolsi il dolce caduto a terra, lo misi nel piatto e poggiai il tutto sul tavolo. Non rivolsi neanche uno sguardo a Karl e lui rimase in silenzio indifferente. Rimasi zitta e ferma per qualche secondo e poi gli urlai:

-         E’ mai possibile che non ne combini una buona???!!

Così, scappai fuori dal ristorante, fuori dall’hotel correndo. I ragazzi al tavolo non capirono bene quel che era successo e Karl, come se non fosse accaduto niente, tornò a sedersi.

-         Ma…. – iniziò Jennifer.

-         Lasciala perdere. – disse Karl.

-         Eh? Ma cosa è successo? – gli chiese senza ottenere risposta. – Io vado da Claudia. – disse poi alzandosi dalla sedia.

-         Lasciala perdere. E’ infantile.

Jennifer non lo stette a sentire e si recò da me, che ero seduta sul muretto all’uscita dell’albergo.

-         Allora? – mi chiese quando mi raggiunse. Le spiegai brevemente la vicenda e poi aggiunsi:

-         A me non mi importa se mi ha fatto cadere il dolce sulla maglia. Solo che…per stamattina…. Oggi, insomma, non sono in vena di sopportarlo!

-         Non hai tutti i torti. Io non so come lo fai a sopportare sempre.

Dopo poco, ci raggiunsero tutti gli altri ragazzi, tranne Karl che era già salito in camera.

-         Che ne dite se ci vediamo verso le 17:00 sempre nella hall e vediamo cosa fare oggi? – propose Franz.

-         Ok! Va benissimo! – rispondemmo in coro.

Salii le scale, percorsi il corridoio dal pavimento di parquet e da lontano vidi una figura alta e dai capelli biondi appoggiata alla porta della mia stanza.

-         Fammi capire, vuoi che ti chieda scusa? – mi domandò mentre io stavo aprendo la porta.

-         No, figurati. – dissi e gli sorrisi. – Che colpa hai di avere un carattere insopportabile? – continuai e mi accinsi ad entrare.

-         Finiscila. – mi disse e mi prese il braccio.

Mi voltai di scatto. – Lasciami! – esclamai.

-         Non so perché sto qua a perdere tempo. – disse e se ne andò. Io lo guardai andarsene e poi entrai in camera. Rimasi del tempo spalle alla porta a farmi un resoconto di quel che era successo oggi. Poi mi sdraiai sul letto e continuai a pensare. Mi dispiaceva stare in quella situazione con Karl. Ero andata lì, come ogni anno, con l’intento di passare un po’ di tempo con gli amici che non vedevo da tanto e non per litigare anche solamente per delle stupidaggini. Perché poi, alla fine, quello che per cui avevamo litigato era davvero stupido. In fin dei conti era il suo modo di fare irritante che mi faceva spesso perdere le staffe ed in fin dei conti l’ho sempre voluto bene così.

-         Non so perché oggi non ho proprio retto…. – continuai a pensare.

Intanto Jennifer e Dieter nella loro camera parlavano di oggi e l’argomento centrale eravamo io e Karl.

-         Certo che io il tuo amichetto non lo capisco. – disse la ragazza mentre stava posando qualche maglietta nell’armadio.

-         Alcune volte è un po’ insopportabile. Però è un bravo ragazzo.

-         Alcune volte? Un po’? – chiese  quasi sconvolta. - …Stiamo parlando della stessa persona?

-         Forse tu non lo conosci bene…. – iniziò Dieter.

-         Lo conosco fin troppo! – lo interruppe.

-         L’hai conosciuto sotto una luce diversa.

-         Mi dispiace dirtelo, perché è un tuo amico, ma sotto ogni luce che si può conoscere...diciamo che rimane sempre uno stronzo.

-         Non essere esagerata! Non è così!

-         Ah! Certo!

Io, intanto, ero ancora sul letto a pensare, ma improvvisamente mi alzai e mi recai subito da Jennifer. Percorsi il solito corridoio dal pavimento di parquet e quando raggiunsi la camera, mi fermai un attimo davanti la porta e poi bussai. Ci salutammo e mi fecero accomodare.

-         Ho sbagliato tutto, vero? – dissi ad un tratto.

-         Eh? – dissero insieme confusi i due ragazzi.

-         Con Karl…ho sbagliato….

-         In che senso? – mi domandò Jennifer.

-         Me la sono presa troppo per delle sciocchezze.

-         Secondo me, hai fatto benissimo!

-         Jenny, tu sei troppo di parte! – incominciò Dieter. – Ascolta Claudia, non hai tutti i torti: Karl delle volte è molto irritante. Però, sì, la tua reazione è stata un po’ esagerata…ma ci tengo ancora a precisare che in ogni caso Karl ha la sua parte di colpa.

-         Beh, io ora vado, perché…. – incominciai a dire.

-         Ok, vai. – mi disse Dieter e mi fece l’occhiolino.

Uscii dalla loro camera e raggiunsi quella di Karl. Rimasi un po’ di tempo davanti alla porta senza pensare a niente e poi bussai.

-         Ciao. – gli dissi sottovoce. Mi fece un segno con la testa come risposta al saluto.

-         Vuoi entrare? – mi domandò.

-         Sì, grazie. – gli risposi. L’aria si stava facendo tesa e non sapevo nemmeno per quale motivo. Rimasi qualche secondo in silenzio e col capo chino. – Allora, - dissi all’improvviso. – abbiamo sbagliato entrambi: tu per il tuo modo di fare ed io per la reazione esagerata che ho avuto. Mi dispiace. Ti chiedo scusa.

-         Va bene. – mi disse semplicemente.

Io rimasi ferma a fissarlo negli occhi e, sinceramente, mi aspettavo che anche lui mi chiedesse scusa.

-         Come già mi hai detto prima…non posso chiederti scusa per il carattere che ho. Che colpa ne ho?

Lo guardai per un attimo esterrefatta, poi iniziai a ridere. Avevo fatto bene a fare il primo passo. Ero davvero contentissima. Dopo mi “avventai” su di lui e lo abbracciai forte. Lui rimase fermo e impassibile: non era il tipo che esternava i suoi sentimenti e le sue emozioni. Prima di andarmene mi diede uno scappellotto dietro la nuca in modo scherzoso, in segno di amicizia.

Quando lasciai la camera di Karl, mi diressi verso la mia, ma poi pensai di andare prima da Jenny e Dieter a dar loro la bella notizia.

In un battibaleno si fecero le 17:00, ora in cui dovevamo essere giù nella hall. E per le 17:10 ci riuscimmo a raggruppare tutti quanti.

-         Allora, che si fa oggi? – chiese Hermann. Tutti noi pensavamo che gli altri avessero qualche brillante idea da proporre. Ma non era esattamente così.

-         Non ne ho proprio idea! – cominciò col dire Jenny.

-         Nemmeno io! – proseguì Dieter.

-         Non contate su di me! – seguì Franz.

-         Rimangono Claudia e Karl, poiché neanch’io ho idee! Che dite? – disse Hermann.

-         Per me va bene qualunque cosa. – dichiarò Karl.

-         …Ehm…. – iniziai. – ….Che ne dite di chiedere a Tsubasa e agli altri cosa fanno? Potremmo unirci a loro! D’altronde siamo venuti qui per stare tutti insieme!

-         Che pozzo di idee! Sei grande! – si congratulò Franz.

-         Non esagerare! – dissi ridendo.

-         Infatti, non esagerare. – aggiunse Karl, che come al solito doveva sempre dire qualcosa di ironico e sarcastico.

Così, iniziammo a camminare tra le strade di Amburgo fra negozi, alberghi e ristoranti fino a quando Franz si girò e disse:

-         Ma dov’è che sono Tsubasa e company?

-         Come? – chiese Dieter stupito.

-         Non lo so…. – dissi io confusa.

-         Stiamo camminando a vuoto? – domandò infine Karl.

-         In effetti, sì! – rispose prontamente Hermann.

-         Ah! – esclamai all’improvviso.

-         Che t’è preso???!!

-         Ricordo il nome dell’albergo! – dissi esplodendo di gioia e comunicai il nome dell’hotel a Hermann e a Karl che conoscevano bene la città.

-         Ho capito dov’è! Per fortuna è qui vicino! Basta andare avanti e girare alla seconda traversa a destra. – ci disse Hermann.

Così, trovammo facilmente l’hotel ed entrati nella vastissima hall chiedemmo di Tsubasa Ozora. Perciò, salimmo ed arrivammo alla camera indicataci. Bussammo, Sanae aprì la porta e ci salutò con la sua solita gioia ed esuberanza. Dietro di lei c’era Tsubasa che ci salutò con altrettanto affetto. Ci fermammo a parlare, ma poi pensammo di andare a chiamare gli altri. Quindi andammo da Ryo, Kojiro, Taro e dagli altri.

Riflettemmo su cosa fare e decidemmo di andare da Genzo. Ma poiché la sua villa era molto lontana da dov’eravamo, chiamammo dei taxi per arrivarvi. Dopo circa una trentina di minuti di macchina arrivammo a destinazione.

La casa di Genzo era davvero immensa e bellissima. Aveva un cancello grandissimo, un giardino vastissimo e curatissimo. C’erano bellissime piante rigogliose e fiori incantevoli. Appena si entrava c’era una stradina in pietra con qualche scalino ogni tanto. Attraverso questa strada si giungeva alla porta d’ingresso dell’abitazione. Bussammo e Genzo, con i suoi soliti capelli arruffati, venne ad aprirci. Ci salutò con tanto affetto e ci fece accomodare. Ci offrì qualche cosa da bere e da mangiare.

-         Allora, come vi trovate? – ci domandò.

-         Bene! – rispondemmo in coro.

-         …Genzo…. – iniziò Jennifer. – Quel quadro è magnifico…. – continuò la ragazza che osservava assiduamente il dipinto che aveva di fronte, dal quale era rimasta molto colpita.

-         Quale?

-         Quello lì. – e glielo indicò.

-         Bello, vero? Appena l’ho visto ho pensato di comprarlo. Me ne sono innamorato subito.

-         L’avrai pagato molto, vero?

-         Ne è valsa la pena. – disse e sorrise soddisfatto guardandolo.

E iniziammo a parlare del più e del meno e delle tante cose che erano successe in questi tempi. Uscivano fuori sempre fatti nuovi e diversi; sembrava ora che avessimo esaurito gli argomenti che già ne trovavamo degli altri: era davvero incredibile.

-         Dove vai? – chiesi a Karl che si alzò dal divano d’un tratto.

-         Vado un po’ fuori a prendere una boccata d’aria. – s’incamminava, quindi, verso l’uscita con passo calmo.

-         Non ti senti bene? – domandò Genzo premurosamente.

-         No, mi sono semplicemente annoiato abbastanza dei vostri discorsi stupidi e ripetitivi. – e continuava a camminare.

-         C’è una volta, dico una sola volta, che Karl riesce a non essere irritante? Ok! Claudia, calmati! Calmati! E’ solo il suo carattere! Non puoi fare assolutamente niente per cambiarlo! Non puoi fare niente. Assolutamente niente. Ora te ne stai qui seduta, come se non fosse successo niente. – provavo a convincermi che la cosa migliore era restare in silenzio. Ma non ci riuscii…. – Hai qualche argomento più intelligente dei nostri da proporre?

Continuava a camminare, senza rivolgermi la parola o lo sguardo. Sorrise nel suo modo. Riuscivo a vedere, a sentire il suo sorriso pungente.

-         No! Ora mi sono davvero stancata! – dissi. Karl si fermò in modo tranquillo, si girò verso di me e mi guardava fisso negli occhi. – Non ce la faccio! – ripresi a parlare. – Non ce la faccio più a sopportare il tuo modo di fare!

-         Anche tu mi hai stancato.

-         Ah, sì? – mi avvicinai, tenendo sempre lo sguardo fermo su di lui. – E come mai?

-         Lascia perdere. – e si girò di nuovo verso la porta.

-         Ehm, ragazzi! Che ne dite di andare un po’ in giro per la città? – Genzo cercava di alleggerire la situazione.

-         Sei troppo polemica. – mi disse ad un certo punto, mentre usciva fuori.

-         Sei tu che mi fai diventare così!

-         Stai zitta. – disse con la sua solita calma. Aveva una calma che risultava però, particolarmente insopportabile.

-         Non ti permettere proprio! – iniziai ad adirarmi davvero. – Tu non hai proprio il diritto di venire vicino a me e a dirmi che devo stare zitta! Capito?

Gli altri, intanto, ci seguivano e cercavano di mitigare la situazione. Ma ormai non era più possibile.

Karl si girò, mi guardò freddamente negli occhi e se ne andò. Mi guardò in un modo spaventoso. Quegli occhi di ghiaccio mi avevano lasciato spiazzata. Non mi aveva mai guardata a quel modo. Intanto Karl se ne era andato ed io ero rimasta fuori alla porta dell’enorme casa di Genzo con gli altri ragazzi dietro di me. Passò qualche secondo dominato da un assoluto silenzio, che fu però interrotto da me, dalle mie lacrime. Scoppiai a piangere. Ero rimasta ferita da quello sguardo. Ed era anche colpa mia. Forse avevo reagito troppo esageratamente. Ma non riuscivo a reggere a quello che diceva Karl. In ogni caso, colpa mia o colpa sua, in quel momento stavo male e piangevo a dirotto perché avevo litigato con un amico e avevo paura che l’avessi perso. Avevo paura che l’avessi perso per una cosa veramente stupida. Fu quello sguardo che mi fece pensare a questo.

-         Hey! Claudia, calmati! – i ragazzi provavano a rassicurarmi.

-         Ti va di mangiare una fetta di dolce? – mi propose Genzo, mentre mi teneva un braccio attorno e mi accompagnava dentro assieme a tutti gli altri.

-         No, grazie.

-         Ti consiglio di provarlo. E’ squisito! E’ un dolce al cioccolato con la panna…davvero buonissimo!

-         No, davvero. Non mi va.

Tornammo in albergo verso sera. Salii in camera e arrivata, mi buttai sul letto a piangere un altro po’. Ma poi mi alzai e pensai che non serviva a niente stare sdraiata sul letto a versare lacrime. Avrei fatto meglio ad andare in camera di Karl a chiarire.

Bussai alla sua porta e dopo un po’ venne ad aprirmi. Mi fece entrare, ma poi ritornò a quello che stava facendo, ovvero riprese a leggere un libro. Io ero lì: ferma all’inizio della stanza. Lui invece tutto immerso nella lettura. Cercavo le parole per iniziare il discorso ma non vi riuscivo: un po’ perché davvero non sapevo cosa dire, un po’ perché vederlo leggere tranquillo e assorto il suo libro, senza degnarmi di un minimo di attenzione, mi infastidiva leggermente. Provai a tossire per schiarirmi la voce e per attirare la sua attenzione, come si fa nei film, ma non ottenni lo stesso risultato che si ottiene normalmente: lui era ancora lì seduto a leggere il suo libro con un’aria che non saprei come definirla…tra l’intellettuale e il bastardo, forse.

-         Karl. - dissi per richiamare la sua attenzione.

-         Cosa vuoi? – e continuava a leggere il suo libro con assoluta calma.

-         Vorrei parlarti. …Vorrei parlarti di quello che è successo prima.

Non mi rivolse risposta. Continuava a leggere, come se quello che dicessi non lo riguardasse per niente.

-         A me ha dato fastidio quel che hai detto, ma forse ho avuto una reazione esagerata.

-         Sì, hai avuto una reazione esagerata. E mi ha stancato il fatto: litigare e riappacificarsi. Ora abbiamo litigato? Bene, non è necessario ritornare ad essere amici, non trovi? A me di certo non mi cambia la vita.

-         Ma….

-         Ora, vattene. Non vedi che sto leggendo?

Io lo guardai e non credevo a quello che mi stava dicendo, perché non mi sembrava possibile…non mi sembrava reale. Poi abbassai lo sguardo: capii che quel che stava accadendo era tutto vero. Mi girai e me ne andai. Rimasi ferma davanti alla sua camera, spalle alla porta. Non resistetti molto: scoppiai a piangere e corsi via…correvo sul pavimento di parquet del corridoio finché non raggiunsi la camera di Dieter e Jennifer.

-         Claudia…. – mi disse Jenny che mi vide in lacrime. Ci abbracciammo forte e mi fece entrare. Raccontai loro quel che era successo, mentre mi davano fazzolettini su fazzolettini per asciugarmi il viso.

-         Io l’ho sempre saputo che quello è un bastardo di quelli…di quelli proprio bastardi! – disse Jennifer guardando sia me che Dieter.

-         Claudia, in questa situazione non hai affatto torto. Io penso che tu abbia fatto bene a rispondergli.

-         E allora perché mi sento in colpa?

-         Non lo so, però penso che dovrebbe essere Karl a venire a chiederti scusa.

-         Figurati…. Dopo che m’ha detto che non è necessario essere amici….

-         Non stare a sentire a tutte le cose che dice Karl.

-         Invece sì, perché lo so quanto ci riflette prima di fare una cosa…non è un avventato, un impulsivo.

-         Questo è vero, però…però vedrai che si risolverà tutto.

-         Lo spero.

Il giorno dopo, a colazione, il clima tra me e Karl era tra i più freddi e gelidi. Io ci stavo malissimo, ma non sapevo che fare; il giorno precedente già avevo provato a parlargli ma non era servito a niente. Gli altri naturalmente se ne accorsero e provavano a rilassare l’aria tesa. Alla fine, quella che appariva diversa dagli altri giorni ero solamente io, perché poi in fondo Karl era freddo e indifferente come sempre. Questo mi snervava incredibilmente, perché non riuscivo a capacitarmi di come la nostra situazione non lo toccasse minimamente. Mi sembrava così strano che io stessi male e lui così tranquillo a mangiare e bere come se io non esistessi.

-         Non te ne importa niente…. – dissi con tono di voce basso. Qualche lacrima mi scorreva dagli occhi percorrendo tutto il viso. Mi alzai e me ne andai via. Non riuscivo a stare lì ferma e seduta con il cuore a pezzi, mentre avevo di fronte Karl che non se ne importava minimamente di niente: né della nostra amicizia, né di quanto stessi male. Seguì il mio alzarsi con lo sguardo, ma poi riprese quel che stava facendo. Sembrava che fosse uno spettatore di una scenetta…una scenetta che non lo riguardava  per niente.

-         Sei un bastardo. – gli disse Jennifer guardandolo sdegnata, mentre si alzava per raggiungermi. Karl non reagì in alcun modo: era quasi come se le parole non fossero indirizzate a lui.

-         Claudia…. – mi disse Jenny quando mi raggiunse. – Ti prego, non stare male per lui.

-         Ma hai visto…. – dicevo fra le lacrime. – Sembrava quasi che non esistessi per lui.

-         Non starci male, davvero. Non ne vale la pena per lui. Anch’io ho sofferto per lui, per altri motivi, ma in ogni caso ci sono stata male.

-         Lo so. Ma non riesco a farci niente.

Intanto gli altri avevano finito di mangiare e si erano alzati e recati nella hall.

-         Io e te dobbiamo parlare un po’. – disse Dieter a Karl.

-         Dimmi tutto.

-         Devi parlare con Claudia.

-         Perché?

-         Perché lei ci sta male e non è giusto che un’amicizia debba finire in questo modo.

Non rispose, sorrise solo a suo modo e salì in camera.

-         Allora, che ne dici di andare a farci un giro stamattina? Devo prendere un regalo a Dieter. Domani è il nostro anniversario! – mi disse Jennifer, mentre continuava a darmi fazzolettini.

-         Davvero? Auguri! Certo che ti accompagno!

-         Bene, allora andiamo!

Jennifer si preoccupava molto per me e mi stava sempre molto vicina. Era una grande amica. Provava sempre a risollevarmi.

-         Secondo te, che gli devo regalare? Non ne ho la più pallida idea!

-         Roba di vestiario?

-         No, qualche altra cosa….

-         Un profumo?

-         Sì! Perfetto!

E così, girammo non so quante profumerie di Amburgo, ma alla fine un regalo lo riuscimmo a comprare. Ci fermammo ad un bar e poi, dopo giri e giretti, tornammo in albergo.

Trovammo tutti i ragazzi seduti sui divani e sulle poltrone di morbido velluto bordeaux della hall. Ci comunicarono che Genzo ci aveva invitato tutti a casa sua per tutta la giornata. Mi sedetti vicino a Karl perché era l’unico posto libero rimasto tra i divani e le poltrone nelle vicinanze. La sua calma mi trasmetteva tensione. Può sembrare un controsenso, ma era davvero così.

-         Che hai comprato? – chiese Dieter alla ragazza vedendo che aveva una busta in mano.

-         Una maglietta! Ti piace? – e gliela mostrò. La bustina col profumo l’aveva riposta all’interno di quella più grande contenente la maglietta.

-         Ecco! I taxi che avevamo chiamato sono arrivati! – disse Franz alzandosi dal divano.

Ci dirigemmo tutti verso l’uscita, entrammo nell’auto e ci avviammo così da Genzo. Quando arrivammo, Genzo aveva già sistemato dei tavoli nel giardino, poiché il sole splendente nel cielo limpido lo permetteva. Tsubasa e gli altri già erano arrivati e ci accolsero tutti con tanto calore.

Per la prima mezz’oretta mi sentivo osservata dagli altri, che provavamo a decifrare la situazione tra me e Karl. E sicuramente avevano capito che non era tra la più idilliache.

Non sapevo se per tutta la giornata sarei riuscita a stare con Karl in quella condizione.

-         Allora, per quanto tempo vogliamo stare così? – gli domandai.

Mi guardò come se non avesse capito quello che gli stessi dicendo. Non mi rispose e se ne andò.

Una delle principali caratteristiche di Karl era quella di trovare divertente giocare con sorrisi sarcastici e sguardi indifferenti. In ogni caso, non mi davo per vinta. Volevo ad ogni costo recuperare l’amicizia di Karl. Ci tenevo troppo.

La giornata trascorse abbastanza serenamente e ormai si era fatta sera. Intanto, Dieter aveva preso Karl in disparte. Si era preso molto a cuore la nostra faccenda.

-         Che cosa aspetti?

Karl non ripose; continuava a camminare con calma e silenziosamente. Dieter aspettò pazientemente una sua risposta, che però non arrivava.

-         Allora?

-         Scusa, ma non sono affari che ti riguardano.

-         Può darsi. Però si dia il caso che mi sto interessando e vorrei una risposta o una spiegazione.

-         Scusami, - iniziò Karl. Si fermò e guardò l’amico negli occhi. – ma non mi va di perdere così il mio tempo.

-         Lo sai che ti dovrei mandare a quel paese? …Comunque, vedi di andarle a parlare. Ti assicuro che è la cosa giusta da fare. – e se ne andò.

Karl rimase fermo con lo sguardo fisso nel vuoto e poi venne verso di me.

-         Vieni. – mi disse.

Io lo seguii. Ci trovammo uno davanti all’altro e stemmo in silenzio per diverso tempo; si sentiva solo il canto dei grilli. Non volli interrompere quel silenzio. Volevo che fosse Karl a dire la prima parola.

-         Scusa. – mi disse con voce chiara. Vide che chinai il capo e che non reagivo e continuò a parlare. – Lo so che ho sbagliato.

-         La tua annotazione sui nostri discorsi non doveva causare tutto questo. – sorrisi leggermente.

-         Il mio sbaglio sta nella parte successiva. Ti chiedo scusa.

Il nostro discorso poteva anche finire lì. Il mio desiderio era stato esaudito. Corsi ad abbracciarlo e lui rimase un po’ rigido. Ma ormai sapevo che faceva parte del suo carattere.

La mattina seguente mi svegliai abbastanza presto. Ero contenta e serena. Mi stiracchiai un po’, mi specchiai tra sbadigli continui e mi affacciai alla finestra a guardare il sole leggermente annebbiato dalla foschia della mattina. Mi preparai mentre canticchiavo canzoni su canzoni. Quando fui pronta presi un regalo che avevo comprato a Jennifer e a Dieter ed andai da loro.

Quando glielo consegnai rimasero abbastanza spiazzati:

-         Un pacco di fazzolettini? – mi domandò Jennifer. – Grazie mille! Ma come mai un pacco di fazzolettini? – mi domandò confusa.

-         Con tutti quelli che v’ho consumato in questi giorni! …Comunque, leggete il biglietto!

-         …“Con la speranza che serviranno ad asciugare solo lacrime di gioia.” – dopo averlo letto, corsero ad abbracciarmi. Erano commossi.

-         Cosa ve ne fate oggi?

-         Ha organizzato tutto lui! – mi rispose Jenny sorridendo. – Io non so minimamente niente!

-         Bene, allora divertitevi! – dissi sorridendo. Dieter e Jenny stavano magnificamente insieme; erano così affiatati. Uscì dalla loro stanza e dopo poco anche loro uscirono.

-         Allora, dove mi porti? – chiese Jenny al ragazzo, mentre passeggiavano.

-         Premetto che non ho organizzato niente di spettacolare. Non ho molta fantasia.

-         La cosa importante è che ci siamo tu ed io.

Dieter sorrise e la guardò nei suoi occhi grandi e verdi.

Quando ritornarono dalla loro giornata romantica, la prima cosa che Jenny fece, fu quella di precipitarsi in camera mia a raccontarmi tutto nei minimi particolari.

Da come parlava riuscivo a capire quanto ne era innamorata; vedevo nei suoi occhi una luce particolare.

La mattina seguente mi svegliai serenamente, non sapendo che nel pomeriggio sarebbe successo un evento che avrebbe sconvolto un equilibrio. Un equilibrio tra due persone che avevo da sempre giudicato indissolubile.

La mattina fu una delle più tranquille e nel primo pomeriggio Genzo ci chiamò per chiederci di venire a casa sua. Ci recammo, come al solito, prendendo il taxi e poco dopo il nostro arrivo, giunsero anche Tsubasa e gli altri. Ci salutammo alla solita maniera affettuosa e ci sedemmo all’interno, poiché il tempo era abbastanza ventilato.

Genzo decise ad un tratto di accendere la radio e di ascoltare della musica per animare un po’ il pomeriggio.

La prima canzone era decisamente da ballo scatenato, e chi se non Ryo iniziò a ballare? Noi altri lo seguimmo dopo poco, tranne Dieter e Karl, che ritenevano che quello non era il loro genere.

Dopo quella canzone, ne seguì una più calma, dalla melodia romantica. Fu allora che Dieter si alzò e andò a ballare con Jenny.

-         E tu che fai? – chiesi a Karl, ancora fermo sul divano.

-         Sto seduto.

-         Dai, vieni! – lo presi per il braccio e lo trascinai verso la “pista da ballo”.

-         Ora che dovrei fare? – mi chiese.

-         Ballare!

-         Questa roba?

-         Sì, questa roba! – in un modo o nell’altro iniziò leggermente a muoversi, ma era rigido come un robot.

Intanto, Ryo e Genzo riuscivano a rendere tutto divertente e s’immersero in un ballo tra il comico-romantico.

-         Hey! Schneider, mi fai ballare un po’ con questa ragazza? – chiese Genzo venendo verso di me.

-         E’ tutta tua! – sorrise e ritornò a sedersi.

-         Schneider, vuoi ballare con me? – chiese con aria spiritosa Ryo.

-         Non ci tengo, grazie.

Dopo questa, seguì ancora una canzone romantica. Dieter convinse Karl a venire e a ballare e, scambiandoci un po’ di coppie, io mi trovai a ballare con Dieter e Karl con Jennifer.

Ryo, ormai, faceva coppia fissa con Genzo, poiché era un’abile spalla comica.

In ogni caso, mentre stavamo ballando, l’equilibrio di cui v’ho accennato prima si ruppe.

Dieter girò il viso proprio nell’attimo in cui Karl baciò Jennifer. La ragazza si staccò dopo poco, guardando stranita il ragazzo. Dieter non ci vide più dalla rabbia: si avventò verso Karl e lo prese per la maglia. Quando gli altri si accorsero di quello che stava succedendo, interruppero i balli e spensero la radio. Rimanemmo tutti pietrificati, mentre sulla scena c’erano Dieter e Karl.

-         Sei un lurido, schifoso bastardo! – la sua voce aveva un tono incredibilmente rabbioso. Sferrò un poderoso pugno sul viso di Karl. – Stronzo! – lo continuava a picchiare, finché Genzo, Tsubasa, Kojiro e gli altri provarono a intervenire per calmarlo. Intanto Karl era fermo a terra, sanguinante.

-         Ma che è successo? – domandarono a Dieter.

-         Schifoso. – disse a denti stretti e con uno sguardo pieno d’ira.

Si voltarono tutti verso di me, aspettandosi una risposta, ma non riuscivo a parlare. Ero ancora bloccata ed impietrita; dopo un po’ mi ripresi. Mi stavo apprestando a spiegare l’accaduto, quando fu lo stesso Dieter a farlo:

-         Quello schifoso essere ha baciato Jenny.

Tutti rimasero atterriti, specialmente perché conoscevano il grande legame di amicizia che c’era tra i due ragazzi.

-         Dieter, io…. – iniziò Karl, che si alzò da terra.

-         Io cosa? – lo interruppe Dieter furioso. – Risparmiati le parole!

-         Genzo, io accompagno Karl in bagno. – gli dissi.

-         Se ti serve disinfettante o cose del genere, sono nello scaffale in alto a destra nel bagno qui vicino.

-         Ok. – poi andai da Karl e lo portai con me.

-         Si può sapere che ti è saltato in mente? – gli chiesi, mentre lo medicavo.

-         Non lo so…. – disse mentre era seduto su una sediolina che era in bagno.

-         Non lo sai? …Wow!

-         Davvero…non ne ho idea.

-         L’istinto ha sopraffatto la ragione?

-         …Può darsi. Non c’è altro motivo abbastanza ragionevole. – stemmo in silenzio per un po’ di tempo. – Ho fatto una cretinata, vero?

-         Sì. …Ti illustro la situazione: - mi fermai un attimo. – hai baciato la ragazza del tuo migliore amico, la quale è la tua ex e della quale non te n’è mai fregato niente. …Vedi, se ne fossi innamorato, il tuo gesto sarebbe più perdonabile.

-         Sono un deficiente….

-         Beh, non puoi commiserarti per sempre. Diciamo che può succedere. – non sapevo come consolarlo e tirarlo su di morale. – Ok. – dissi dopo aver finito di medicarlo. – Ora sei perfetto! – e sorrisi.

-         Grazie. – mi disse a mezza voce e mi diede un pizzicotto sulla guancia.

Uscimmo dal bagno e ci recammo nell’ampio salone dove c’erano gli altri. L’aria era delle più tese e vedevo Dieter che, seduto su quel divano, fremeva dalla voglia di alzarsi e dare un’altra lezione a Karl. Io ero molto agitata e non facevo che guardare una volta Dieter e una Karl. Karl aveva un’espressione molto calma e si sedette tranquillamente su una poltrona. Guardava fisso Dieter e non riuscivo a capire il suo intento; non riuscivo a capire che cosa volesse suscitare in Dieter.

-         Che cavolo hai da guardarmi? – si alzò di scatto e andò verso di lui.

Si guardavano fissi negli occhi a poca distanza.

-         Dieter, stai calmo. – Genzo provava a calmare il ragazzo e a mitigare l’aria. Così, Dieter se ne tornò a sedere.

-         Mi hai deluso profondamente.

Karl si alzò e lentamente se ne andò fuori con le mani nelle tasche. Io mi alzai subito volendolo raggiungere, quando mi sentii trattenere il braccio.

-         Lascialo solo. – mi disse Genzo.

-         Ma….

-         Lascialo solo.

-         Ok.

Stava seduto su uno scalino, con lo sguardo perso nel vuoto, mentre il vento freddo gli scombinava i capelli. Faceva mente locale dell’ultima mezz’ora e una volta pensava e una volta aveva la mente vuota. E c’erano quelle quattro parole che gli rimbombavano nel cervello, come una specie di eco infinito e interminabile; come se un disco si fosse incantato su una frase e non faceva altro che ripeterla. “Mi hai profondamente deluso”… se le continuava a sentire quelle parole e non si capacitava di come avesse potuto tradire l’amicizia e la fiducia di Dieter. Vedeva ancora quello sguardo inferocito di Dieter che lo puntava senza pietà.

Intanto, in casa nessuno parlava e quando qualche volta qualcuno iniziava un discorso, non si riusciva mai a continuare per più di mezzo minuto.

-         Io non ci posso pensare a quello che mi ha fatto. – Dieter aveva le lacrime agli occhi mentre parlava.

Nel frattempo, Karl entrò in casa. – Io torno in hotel.

Nessuno rispose niente, tranne che un “Ok! Ciao!” generale. Non intendevano trattenerlo, perché avevano paura che potesse succedere altro.

-         Vengo anch’io. – dissi e presi giubbino e borsa.

-         Non preoccuparti.

Non gli risposi niente; salutai tutti e uscii dalla casa di Genzo. Dopo poco venne anche Karl. – Potevi anche rimanere.

-         Hai chiamato già il taxi? – dissi con un ampio sorriso.

-         Sì, dovrebbe venire tra un po’. – rimanemmo del tempo in silenzio guardando la strada e aspettando che arrivasse il nostro taxi. – Secondo te mi perdonerà mai?

-         …Sì, dagli solo un po’ di tempo.

Il taxi arrivò e vi salimmo e dato il poco traffico, arrivammo all’hotel in non molto tempo.

-         Beh, - dissi quando arrivammo davanti alla porta della sua stanza. – se ti serve aiuto, chiamami.

Mi diede un pizzicotto sulla guancia ed entrò in camera ed io mi recai nella mia.

Passò circa un’ora e bussarono alla mia porta.

-         Ciao! – salutai sorridente Jennifer.

-         Ciao. – mi disse e accennò un timido sorriso.

-         …Allora, - le dissi dopo esserci sedute. – come va?

-         Beh, insomma. Sto un po’ intontita.

-         Immagino…. E Dieter come sta?

-         Non tanto bene. C’è rimasto male. …Non riesco a capire che gli è preso a Karl!

-         …Nemmeno lui lo sa.

Karl era in camera sul letto a guardare la TV e a cambiare canale in continuazione, ma non riusciva a starsene così. Si alzò, spense la televisione e uscì dalla stanza per andare da Dieter.

Arrivato davanti alla porta si bloccò per un attimo, ma poi bussò.

-         Chi è? – domandò Dieter prima di aprire la porta.

-         Sono Karl. - Poi non si sentì più niente. – …Dieter, mi apri?

-         Senti, è meglio che te ne vai. – disse sempre attraverso la porta.

-         Devo parlarti.

-         Vattene via. Non voglio farti male.

-         Non mi interessa se mi spacchi la faccia. Fammi entrare.

Ci fu altro silenzio, ma poi Dieter aprì la porta. Karl entrò e alzò lo sguardo per guardare Dieter in faccia e lesse nel suo sguardo una grande tristezza mista ad ira.

-         Che devi dirmi?

-         Scusa. Non so che mi è preso.

-         Scusa? – iniziò con tono controllato. – Che vuoi che me ne faccia delle tue scuse? – disse più adirato.

-         So che ho sbagliato.

-         Ascoltami un attimo! Come vuoi che ti perdoni? …Oramai ho perso completamente la fiducia in te! …Non riesco ancora a crederci che tu l’abbia fatto. Mi fidavo ciecamente di te. Ti pensavo una persona diversa, una persona migliore…forse per tutti questi anni mi sono sbagliato.

Karl rimase in silenzio, fissando il vuoto con occhi gelidi, poi si riprese. - …Capisco perfettamente che tu sia arrabbiato con me…è normale. …Dimmi che cavolo posso fare per rimediare….

-         Forse non ti è chiaro quello che ti ho appena detto. Ho perso la fiducia in te! E senza fiducia un’amicizia non può esistere!

-         Perciò….

-         Perciò non puoi fare più niente! – aprì la porta per far capire a Karl che se ne dovesse andare.

-         Ok. – disse con voce debole e se ne uscì.

Camminò trascinandosi i piedi fino alla porta della mia stanza e poi bussò con tocchi deboli.

Così, mi alzai e andai ad aprirlo; la sua espressione si allontanava di poco dalla “standard” che aveva sempre, ma si capii perfettamente che c’era qualcosa che non andava.

Alla vista di Karl, Jennifer mi salutò rapidamente e se ne andò.

-         Allora? – gli chiesi.

-         Sono andato da Dieter. Diciamo che oscilla tra la tristezza e la rabbia.

-         Beh, io…. – iniziai senza concludere.

-         Non sai che dirmi.

-         Praticamente, sì. …Puoi solo provare, provare e ancora provare!

-         Perseveranza, eh?

-         Sì, più o meno sì!

-         Si dia il caso che mi sento una schifezza…sono stato un gran bastardo.

-         …Vedrai che prima o poi, tutto si risolverà.

-         …Non lo so.

-         Lo sai che puoi fare ora? Vai in camera tua, metti un po’ di musica, rilassati e calmati un po’. Che ne dici?

-         Può solo deprimermi di più. Ma grazie lo stesso! – e sorrise.

-         Di meno deprimente ho solo la soluzione di andare in palestra e sfogarti su cyclette e pesi!

-         Ok, consulente! Opto per la seconda! – mi diede un pizzicotto e se n’andò.

Posso dire che quella non fu una delle migliori giornate. Non mi sarei mai aspettata che l’amicizia tra Karl e Dieter sarebbe potuta finire…e poi a quel modo. Mi passavano e ripassavano in mente tanti particolari di quella rottura così profonda e improvvisa. L’attimo prima migliori amici e l’attimo dopo tutto distrutto. Sembrava così strano. Provavo a cercare un passaggio graduale tra i due eventi così differenti e opposti, ma non mi era possibile. Lo sguardo di Dieter mutare senza nessun preavviso da pacato com’era a rabbioso e sorpreso. Mi piombavano in mente quei pugni e quei calci rabbiosi di Dieter; si sentiva profondamente tradito da quello che aveva sempre considerato il suo migliore amico. E mi sopraggiungeva il volto di Karl in sangue e le dure parole di Dieter. E poi mi rimettevo a pensare di come in un solo istante tutto fosse crollato. E mi faceva una grande tristezza il pensiero che tanti anni di amicizia potessero essere abbattuti da uno stupido atto istintivo.

E la sera, a cena, mi mettevo ad osservare come erano freddi tra di loro e di come, in fondo, stavano male tutti e due per la stessa cosa. Di come probabilmente, tutti e due volevano la stessa cosa ma non riuscivano a trovare un modo comune per raggiungerla.

La mattina seguente, quando mi alzai, ero circondata da un velo di tristezza per la situazione di Karl e Dieter. Mi stiracchiai e, andata in bagno mi specchiai. Avevo il viso assonnato, ma con una sciacquata di faccia si migliorò di gran lunga.

Lo stato tra i due ragazzi, anche quella mattina, non fu tra i più rosei. Per farla semplice, si ignoravano. Karl aveva sicuramente intenzione di parlargli o di fare qualcosa, ma pensava di non ottenere altro che risultati negativi.

In ogni caso, ero giunta al punto in cui non riuscivo più a starmene con le mani in mano. Diciamo che era ora di entrare in azione!

Nel pomeriggio, perciò, decisi di andare in camera di Dieter a parlargli. Jennifer non c’era; era uscita a comprare dello shampoo. Ci salutammo e io iniziai subito a centrare l’argomento:

-         Sarò chiara. – gli dissi. – Sono venuta a parlarti di te e di Karl.

-         Claudia, apprezzo il tuo interessamento ma è…inutile.

-         Può darsi. Però ci voglio provare. …Allora, Karl ha sbagliato…lo sappiamo tutti quanti: io, te e specialmente lui. – mi fermai un attimo. - …Dieter, Karl sta male.

-         …E al fatto che io sto male? A questo nessuno ci pensa? Io pensavo fosse una persona migliore…mi ha deluso.

-         Hai tutte le ragioni di questo mondo, ok? Però non pensi che tanti anni di amicizia non si possono distruggere in questo modo?

-         Non sono io che l’ho distrutta.

-         Lo so. …Però, tutti possiamo sbagliare; dagli un’altra possibilità.

-         Claudia, lui ha baciato la mia ragazza, ha tradito la mia fiducia…ti rendi conto?

-         Mi rendo conto perfettamente. Il tuo discorso quadra, ma non pensi che nonostante tutto debba avere un’opportunità per dimostrarti che la vostra è un’amicizia che conta?

-         ....Non lo so.

-         Ti prego, Dieter. Pensaci su. – lo guardai per diverso tempo, quasi per convincerlo. Poi, lo salutai ed uscii dalla sua camera.

Ad ogni modo mi sentivo molto meglio. Il fatto di avergli parlato mi teneva su e mi dava qualche speranza in più per il loro riavvicinamento. Diciamo, che a quel punto stava a loro decidere cosa fare…stava soprattutto a Dieter decidere. Riuscivo a capire perfettamente che era dura perdonarlo ed anche che una cosa del genere ti lascia atterrito, ma volevo che Karl avesse un’altra possibilità. Era un’amicizia troppo bella per distruggerla definitivamente in quel modo.

Non so se furono le mie parole o semplicemente il fatto che ci avesse pensato meglio, ma quella sera successe qualcosa di portentoso.

Finito di cenare, ci accomodammo sui divani e le poltrone della hall. Eravamo tutti seduti e chiacchieravamo di vari argomenti. Si riusciva a vedere che Dieter era praticamente assorto nei suoi pensieri ed era come se non ci fosse in quella hall. Era come se stesse viaggiando nella sua mente alla ricerca di chissà che cosa.

Ad un tratto si alzò e passando vicino a Karl gli fece cenno di venire. Se n’andarono fuori all’albergo e iniziarono a passeggiare in assoluto silenzio.

-         Vedi, - iniziò Dieter continuando a camminare. – quello che hai fatto non mi è piaciuto affatto. Mi ha fatto stare molto male. …Però, alla fine, chi è che non ha mai sbagliato? – e si fermò rimanendo in silenzio insieme a Karl. – Io – riprese a dire. – ti perdono. – e gli porse la mano in segno d’amicizia. Karl esitò un attimo, forse non credendo a quello che fosse successo, ma poi si strinsero la mano e sorrisero.

-         C’è anche il tuo zampino? – mi domandò Karl quando, dopo essere saliti, venne in camera mia.

-         Eh?

-         Avrai dato pieno spazio alla tua dialettica, immagino.

-         Tutto è bene quel che finisce bene! – conclusi sorridendo. – Comunque, - iniziai di nuovo. – pensavo si sarebbe concluso il tutto in tempi più lunghi! …Si vede che eravate davvero troppo legati.

-         Allora ti saluto mia consulente-angelo custode! – sorrise e mi diede uno dei suoi soliti pizzicotti.

Beh, sicuramente si può dire che questa fu una delle rimpatriate più animate. Diciamo che il giorno seguente fu tra i più tranquilli, quasi come un intervallo dopo questi giorni pieni di emozioni.

-         Che c’è? – domandai a Karl. Quel giorno mi stava puntando particolarmente.

-         Niente. – mi rispose quasi come se la mia domanda fosse un’eresia.

-         Sarà! Mi guardavi quasi ossessivamente!

-         Sei paranoica.

-         Addirittura?

-         In effetti, Claudia ha ragione! – disse Jennifer mentre sorseggiava il suo caffè.

Karl si guardava attorno quasi per cercare qualcuno che si trovasse d’accordo con lui.

-         Mi sa che il risultato finale è 5 a 1! – disse Dieter.

-         Già! Cinque paranoici e un sano di mente! – concluse Karl e accennò uno dei suoi sorrisi.

Per tutto il giorno, comunque, Karl fu particolarmente diverso dal solito. Non sapevo che gli era preso da un giorno all’altro, ma si dia il caso che fosse un po’ strano.

Come già detto, questo fu un giorno particolarmente tranquillo (a parte il comportamento di Karl!) e perciò passò serenamente.

Il giorno seguente, Karl era strano come il giorno prima e mi sforzavo di capire per quale celato motivo era così. Nel pomeriggio passò in camera di Dieter.

-         E’ strano, sai? – cominciò a dire.

-         Cosa? – gli domandò Dieter incuriosito.

-         Ti capita mai che ti succedono cose che non avresti mai pensato che sarebbero successe? Insomma, cose di cui non ne avevi nemmeno sfiorato il minimo pensiero?

-         …Puoi arrivare al sodo?

-         Dieter, già mi è difficile credere che probabilmente mi stia accadendo quello che mi sta accadendo e poi tu mi vieni anche a dire di saltare l’introduzione?

-         Ok, continua.

-         Beh, dicevo che… - si fermò un attimo a riflettere. - …cavolo non è possibile!

-         Ma che cosa? …E poi, scusa…sto parlando con Karl-Heinz Schneider o con qualcuno che si è travestito da lui ma che non riesce a recitare la sua parte?

-         Eh?

-         E’ da ieri che sei strano!

-         Ma è una cosa che succede all’improvviso?

-         Che cosa?

-         Innamorarsi.

-         Come?

-         …Penso di essermi innamorato.

-         Innamorato? – si fermò a pensare. - Wow! …E tu eri colui che diceva che non si sarebbe mai innamorato?

-         …E’ stato da un momento all’altro, credimi. Non me ne ero mai accorto, poi… non so che cos’è successo, ma mi è scattato qualcosa all’improvviso….

-         Karl-Heinz Schneider che mi viene a dire che si è innamorato! C’è da scriverne un articolo! …Te lo dicevo che prima o poi sarebbe successo! …Aspetta, com’è che dicevi? – ci pensò su un attimo. - …Ah! Sì! “ L’amore è qualcosa di così astratto e….

-         ….e che supera il confine della razionalità.” – continuò Karl.

-         E perciò hai superato il confine della razionalità?

-         …Ma che ne so!

-         …E, comunque, chi è?

-         Questo potrebbe lasciarti  ancora più sconvolto. – disse continuando a mantenere la sua calma e la sua espressione “standard”.

-         …Perché?

-         E’ Claudia.

-         …Claudia? …La ragazza italiana…alta…bruna…quella Claudia?

-         Sì.

-         …E’ il primo Aprile, vero? – e rise.

-         Il primo Aprile è passato da un bel pezzo!

-         …E così, da un momento all’altro…pensi di esserti innamorato di Claudia? …Perciò la guardavi così!

-         Lo so che sembra un passaggio così repentino….

-         …Scusa, ma ti sei svegliato una mattina e hai detto: “Amo Claudia!” ? – e sorrideva continuamente.

-         Non proprio…. Era da uno o due giorni che era tutto più strano. Quando la guardavo, sentivo qualcosa dentro…sempre. Quando parlava o quando stava in silenzio, quando si muoveva o quando stava ferma…sempre.

-         Ok! Sei completamente partito!

-         Non so che mi sta succedendo. Mi sembra tutto così assurdo…. Io che mi innamoro? E poi di Claudia?

-         Che pensi, che sei immune all’amore? E poi, è vero che sembra strano innamorarsi di una persona che hai da sempre considerato unicamente amica…però tutto è possibile! …Ed in effetti, anche il fatto che sia successo da un momento all’altro…senza alcun preavviso, è normale: l’amore è imprevedibile! …Comunque, ora che pensi di fare?

-         …Di dirglielo.

-         Quando?

-         Stasera.

-         Stasera? – domandò sorpreso.

-         Sì, stasera.

-         Non pensi che dovresti rifletterci un po’ su?

-         Ti sembro il tipo di persona che non riflette sulle cose? Ci ho già riflettuto abbastanza.

E la sera arrivò! Eravamo stati tutti invitati a casa di Genzo. Era una giornata d’estate abbastanza calda e mi vestii con una maglia a giro maniche nera con sopra un leggero giubbino e un paio di jeans scuri. Karl mi continuava a lanciare sguardi che non capivo cosa volessero dirmi. Notavo anche un fitto scambio di parole, gesti e sguardi tra Karl e Dieter. Provavo a decifrare il loro linguaggio opaco, denso ma allo stesso tempo discontinuo.

Arrivammo a casa di Genzo e poco dopo iniziò a piovigginare, così spostammo tutto dentro e ci stanziammo lì. Mangiammo e gustammo la squisita cena preparata da Genzo.

-         Certo che fra poco ce ne torniamo tutti a casa! – disse Ryo scoraggiato.

-         Purtroppo sì! – concordò Tsubasa.

-         Dovremmo organizzare più spesso rimpatriate del genere, non pensate? – propose Genzo.

-         Già, non vedersi per un anno intero è brutto. – disse Jenny.

-         Beh, ora godiamoci questi ultimi giorni! – conclusi col sorriso.

-         Claudia. – mi chiamò Karl a mezza voce.

-         Sì?

-         Posso parlarti un attimo in disparte?

Dieter seguiva ogni nostro passo e movimento mentre sorseggiava il suo bicchiere di non so che bibita. Jennifer guardava un po’ il suo ragazzo e un po’ noi per capire qualcosa.

Karl, con un passo lento e calmo come d’abitudine, mi portò fuori.

-         Karl, non pensi che sia meglio andare a parlare dentro? – gli domandai. – Piove a dirotto! – e mi tenevo sotto il portico.

Lui si fermò e mi guardò fisso e freddo negli occhi. Capì, allora, che era meglio seguirlo poiché non aveva alcuna intenzione di parlarne dentro. Così, lo raggiunsi e camminammo sotto la pioggia, lungo il muretto ornato da splendidi fiori. Lui guardava diritto e io alternavo lo sguardo prima su di lui e poi a terra, sull’erba bagnata. Ad un tratto si fermò e alzò gli occhi al cielo quasi come se stesse guardando la pioggia cadere su di noi; anch’io alzai gli occhi e poi riabbassai il capo contemporaneamente a lui. Rimanemmo in silenzio per non so quanto tempo a guardarci fissi negli occhi; lui mi guardava senza far trasparire nessuna emozione.

Si sentiva solo il cadere della pioggia sulla nostra pelle, sui nostri capelli, sui nostri vestiti, sui muri e sulla casa, sull’erba e sulla terra. Ogni tanto si sentiva un soffio di vento che muoveva i capelli e drappeggiava i vestiti. I miei capelli si erano già attaccati al viso tanto che pioveva forte.

Karl non parlava, continuava a guardarmi o a girare lo sguardo attorno ed io nemmeno riuscivo a parlare. Si era creata un’atmosfera particolarmente densa e coinvolgente che non mi riusciva di interromperla con chissà che frase o parola. Preferii, perciò, rimanere in silenzio aspettando che fosse Karl a dire o a fare qualcosa. Ero bagnatissima, ma in quel momento, chissà per quale motivo, non me ne importava niente. Era così stranamente e assurdamente bello stare lì, uno di fronte all’altro, in silenzio…con le gocce di pioggia che continuavano insistentemente a cadere. Non sapevo perché quella pioggia, quel silenzio apparentemente così scontati potessero suscitarmi tante di quelle emozioni. Non riuscivo ancora a capire qual era l’elemento che mi metteva in moto tutte quelle stupende sensazioni mai vissute.

Riuscivo a percepire il suono dei nostri respiri e tutto mi sembrava che facesse parte di una composizione completamente armoniosa, bella e dolce. E intanto mi chiedevo a che cosa stesse pensando Karl. Ad un certo punto, vidi che stava per dirmi qualcosa e fu così.

-         Ti amo. – mi disse con voce bassa.

Io rimasi ferma e in silenzio, colpita da quelle parole così magnifiche e significative. Due parole apparentemente così semplici che celavano un senso molto profondo. E poco dopo si avvicinò col suo viso al mio e mi baciò. Ed io ero ancora impietrita e allo stesso tempo incredibilmente coinvolta, mentre la pioggia continuava a cadere su di noi incessantemente.

E quando smise di baciarmi mi sentivo strana, come se tutto quello che era successo prima fosse solo un magnifico e avvolgente sogno. Però, sentivo tutto così mio per essere solo un sogno.

Rimanemmo ancora fermi, in silenzio e la pioggia ci continuava ad accarezzare dolcemente e a suonare una melodia dolcissima. Dopo un po’ Karl si girò e si allontanò col solito passo lento.

-         Hey! – lo chiamai mentre ero ancora ferma vicino al muretto. – Lasci la ragazza che ami sotto la pioggia battente?

Si fermò e si girò guardandomi incuriosito, cercando di capire cosa volessi dire precisamente. Gli corsi incontro con un sorriso aperto e lo baciai teneramente tenendogli le braccia al collo. Vidi che per un attimo rimase un po’ sorpreso e confuso, ma subito si riprese e mi sorrise.

-         Ti dico da adesso che non ho programmato un “dopo-dichiarazione”, ma una cosa che non mi va di fare è quella di tornare dentro. – mi disse mentre ci tenevamo le mani.

-         Proponi un “solo tu ed io” ?

-         Può darsi! Ora chiamiamo un taxi e vediamo!

-         …Mi sembra tutto così….

-         …Strano? – continuò lui la mia frase.

-         Sì. …Ma non fraintendermi…non intendo in senso negativo. Solo che sembra strano tutto quello che è successo. Non trovi?

-         Sì.

Prese il cellulare e chiamò un taxi che arrivò dopo un po’. Mentre eravamo in viaggio, il mio cellulare incominciò a squillare; era Genzo.

-         Ma dove cavolo siete andati a finire? – mi chiese preoccupato.

-         Eh? Ah! …Non preoccuparti, stiamo bene!

-         Sì, ma tra quanto tornate?

-         …Tra quanto torniamo? – e guardai Karl. - …Prendiamo un taxi e ce ne torniamo direttamente in albergo!

-         …Va bene!

-         Ah! Puoi dire a Jenny o a qualcun altro di prendermi il giubbino? L’ho lasciato là!

-         Ok!

-         Scusa se vi abbiamo fatto preoccupare!

-         Non preoccuparti! …Ma si può sapere dove state?

-         In taxi.

-         E dove state andando?

-         In centro.

-         Scusa se continuo a farvi il terzo grado, ma…a fare cosa?

-         Non lo so precisamente. E’ un po’ lungo da spiegare….

-         …Ok! Domani casomai mi spieghi un po’ qualcosa, ok?

-         Sì!

-         Ciao!

-         Ciao Genzo!

Dopo un venticinque minuti arrivammo a destinazione.

-         Penso che la prima cosa da fare sia comprare un ombrello! – disse Karl ed entrammo in un negozio. Prese un ombrello e poi mi chiese – A te quale piace?

-         …Eh? …Non so…questo è molto bello! – e ne indicai uno.

-         Bene! Ne prendiamo due, così stiamo più coperti.

Appena uscimmo si diresse spedito verso un negozio di abbigliamento ed io lo seguii rapidamente.

-         Che devi comprarti?

-         Penso che non sia il caso che tu stia a giro maniche sotto la pioggia battente.

-         E perciò?

-         E perciò non pensi che sia meglio che ti compri un giubbino? Vedi quale ti piace.

-         No, Karl. Non preoccuparti.

-         Dai un’occhiata.

-         No, Karl. Posso stare anche così.

-         Dai, vai a vedere se ti piace qualcosa!

-         Posso stare anche senza giubbino, davvero.

-         Allora, faccio io.

-         Eh?

E mi prese un giubbino abbastanza pesante e molto carino.

-         Grazie mille. Però non dov…. – non riuscì a finire la frase perché mi chiuse la bocca con un bacio!

-         …Bene, forse non è il massimo delle romanticherie, però che ne dici di andarci a prendere una bevanda calda in un bar?

-         Buonissima idea! – e ci precipitammo in un bar a sorseggiare dell’ottima cioccolata calda.

Quando si fece tardi, decidemmo di chiamare un taxi e di tornarcene in hotel. Ormai aveva smesso di piovere e mentre aspettavamo il taxi, nei momenti di silenzio, mi mettevo a pensare a che serata magnifica e stranamente impensabile era passata. Tutto mi sembrava così assurdamente bello e non mi sembrava ancora vero.

Quando arrivammo in albergo, passammo non so quanto tempo davanti alla mia stanza in silenzio a pensare probabilmente alla stessa cosa.

La mattina seguente, appena mi alzai, mi precipitai istintivamente a vedere se ci fossero il giubbino e l’ombrello, come prova che tutto quello che era successo fosse accaduto per davvero. Sapevo in fin dei conti di trovarli e infatti fu così. Mi preparai di fretta e furia, forse perché non vedevo l’ora di vedere Karl. Appena pronta, mi precipitai in camera sua e appena mi venne ad aprire ci baciammo.

-         Sei pronto? – gli domandai.

-         Sì.

-         …Non mi sembra ancora vero…. – sorrisi timidamente.

-         A quanto pare, però, è realtà.

-         …Una realtà stupenda. – e ci baciammo ancora.

-         Che dici? Scendiamo?

-         Certo!

-         La parte delle spiegazioni me la vorrei evitare. – mi disse mentre scendevamo le scale.

-         ...Penso sia inevitabile! – e sorrisi apertamente.

-         Te ne occupi tu?

-         Sì, non preoccuparti!

Quando scendemmo c’erano già tutti nella hall. Stavano chiacchierando allegramente e quando ci videro arrivare, ci guardarono con una faccia incuriosita cercando di dedurre qualcosa. Forse avevano già capito qualcosa, ma forse avevano anche pensato che quel qualcosa fosse troppo strano! C’erano anche Genzo, Tsubasa e gli altri.

-         Stavate aspettando noi? – domandai.

-         Non preoccupatevi! Non stiamo da molto! – risposero.

-         Come mai state anche voi qui? – mi rivolsi a Genzo e agli altri.

-         Avevamo pensato di andare a fare colazione fuori! – mi rispose Ryo.

-         Buona idea! – dissi io.

-         Voi due…. – iniziò Genzo.

-         …dovete spiegarci qualcosa! – continuò la frase Sanae.

-         …Eh? …Beh, io e Karl…io e Karl stiamo insieme.

Tutti fecero un’espressione tra il sorpreso e il completamente sconvolto. Tutti tranne Dieter che aveva capito che Karl era andato “a segno”. Nemmeno Jennifer sapeva nulla; Dieter non le aveva detto niente, nonostante le insistenti domande della ragazza.

-         …State scherzando? – chiese infine Hermann.

-         …No! – risposi con naturalezza. – …Stiamo davvero insieme!

Tutti continuavano ad avere una faccia incredula. Non riuscivano a crederci. Di certo non potevo biasimarli: nemmeno io all’inizio potevo crederci.

-         Ascoltate, non possiamo stare tutta la giornata a ripetervi che stiamo insieme. Che ci crediate o no, è così. – disse Karl.

Rimanemmo fermi in piedi, mentre gli altri erano ancora seduti con le loro facce sbalordite e coi loro occhi da fuori; occhi che forse non riuscivano a vedere oltre una barriera considerata del “possibile”. Sì, forse il particolare legame creatosi fra me e Karl era visto come qualcosa che varcava quella barriera, quel confine. Può sembrare assurdo, ma probabilmente era così. Nemmeno io avrei mai pensato che sarebbe potuto accadere, ma era successo ed era magnifico.

Devo ammettere che quella scena era particolarmente buffa. Mentre stavo lì in piedi, me la mettevo ad isolare e la dipingevo come un quadro nella mente. E facevano sorridere le loro facce meravigliate, mentre noi eravamo in piedi senza dire o fare nulla.

Fu Dieter ad alzarsi per primo, smuovendo la situazione, altrimenti gli altri sarebbero forse rimasti tutto il giorno a guardarci senza riuscire a crederci. Ci dirigemmo tutti verso l’uscita e poi, mentre camminavamo verso un bar, Karl si mise a parlare con Dieter e Jennifer venne da me.

-         E così tu e Karl state insieme! – mi disse sorridendo.

-         Sì! – sorrisi anch’io, ma subito tornai seria. Mi venne in mente che Jenny era stata con Karl.

-         …Che hai? – mi chiese preoccupata.

-         Io…scusa, non ci avevo pensato…in quel momento…davvero…scusa.

-         …Per cosa? – mi domandò stranita.

-         Io…ora…insomma, adesso mi è venuto in mente che stavi con Karl…. Veramente, in quel momento non mi è proprio venuto in mente.

-         E allora? – mi chiese. - …Non me ne importa più niente di lui. Sto con Dieter, il ragazzo che amo.

-         …Sicura?

-         Claudia, dimmi, sei contenta?

-         Sì.

-         E allora anch’io lo sono. …Spero davvero con tutto il cuore che sia un Karl diverso da quello che ho conosciuto io. - sorridemmo entrambe. Tra me e Jenny c’era un’amicizia davvero molto grande. - Ah! Comunque, dopo passa in camera che devo darti il giubbino che ti sei scordata a casa di Genzo!

Dopo non molto arrivammo in un bar magnifico; era curato nei minimi particolari e regalava un’atmosfera sensazionale.

-         Oggi ti porto da una parte. – mi disse a mezza voce Karl mentre camminavamo verso dei tavoli liberi.

-         Eh? E dove? – domandai incuriosita.

-         Lo so io.

-         Dai! Anticipami qualcosa!

-         Hai mai sentito parlare del concetto di sorpresa? …Già è tanto che ti abbia detto dei miei progetti per oggi!

-         Karl, giusto qualcosa! – e gli feci gli occhi dolci.

-         …E’ un posto bello! – e mi sorrise a suo modo.

-         Non sei mai stato così vago in vita tua! – dissi con una faccia delusa.

-         Sediamoci qua! – affermò Hermann.

-         Dimmi qualche altra cosa! – lo scongiurai mentre ci sedavamo.

-         Sei assillante, lo sai?

-         Sì! …Ah! Questo significa che adesso mi dirai qualcosa?

-         No! – mi disse deciso.

-         Sei un infame, lo sai? – gli dissi mentre prendevo il menu.

-         Certo, ma non in questo caso.

-         …Che ti prendi? – gli chiesi.

-         Un caffè.

-         Solo?

Prese un menu e lo scorse velocemente.

-         E anche una di queste ciambelle con la cioccolata. – mi fece un sorrisetto. Uno dei suoi sorrisetti che mi facevano impazzire. C’erano delle cose che lo rendevano speciale e unico. I suoi sguardi, il suoi modi...erano così compiti e impeccabili. E anche le cose che lo rendevano irritante mi affascinavano tremendamente. Il suo fascino derivava essenzialmente dalla sua personalità così complessa e articolata. – Tu, invece?

-         Opto anch’io per la ciambella!

Ordinammo e dopo non molto fummo serviti.

-         …Perché mi guardi? – gli domandai mentre mangiavo.

-         Se ci fosse uno specchio di fronte a te, capiresti.

-         Mi sono sporcata un po’?

-         “Un po’” è un eufemismo.

Presi subito un fazzolettino e mi pulii attorno alla bocca. In effetti, ero piena di cioccolata e zucchero!

-         Come vado?

-         Bene!

E fu una mattinata bellissima, solo per il semplice fatto di stare insieme a Karl. Ed era così strano che in tutto quel tempo i nostri sentimenti fossero stati così silenti e non ci fossimo accorti di niente…assolutamente di niente.

Per la strada del ritorno, inutile dire che continuai ad ossessionarlo chiedendogli quale fosse il “posto bello” dove mi avrebbe portata. Ed anche inutile dire che non fui capace di cavargli una parola da bocca.

-         Dieter, tu sai qualcosa? – gli chiesi provando a non farmene accorgere da Karl.

-         Niente di niente, mi dispiace!

-         E’ una sorpresa! – continuava a ripetermi Karl.

-         Ma non puoi farmi stare col pensiero fino ad oggi!

-         Hai detto delle parole magiche: “fino ad oggi” ! Mi spieghi che ti costa aspettare un po’?

-         …Lo so, però sono curiosa…. E poi mi hai detto che ci andiamo nel tardo pomeriggio…il che significa che dovrò aspettare ancora di più!

-         ….Perché gliel’ho detto? – si chiedeva tra sé e sé.

Ad ogni modo il pomeriggio doveva arrivare e sebbene quelle ore sembrassero infinite passarono. Karl venne a bussarmi puntuale come al solito.

-         Hai visto? – mi disse mentre mi baciava. – Il pomeriggio è arrivato.

-         Sì, solo che n’è passato di tempo…. – e sorrisi.

Mentre eravamo in macchina non mi svelò niente e in effetti in quel momento non volevo sapere niente. In quel momento volevo solo che tutto andasse come doveva andare.

Il taxi ci fermò in uno splendido parco. C’era tantissimo verde e c’erano bellissimi fiori; la gente passeggiava con tranquillità. C’erano le famigliole che camminavano scherzando allegramente, coppie di fidanzati che si sbaciucchiavano e parlavano teneramente, gruppetti di amici che chiacchieravano. E poi, tra la tanta gente, c’eravamo anche noi.

-         Andiamo? – mi domandò Karl.

-         Eh? Dove? – chiesi spiazzata.

Mi guardò stranito e poi disse – Pensavi che ti portassi in un luogo così patetico?

Non capivo perché lo trovasse patetico. Io lo ritenevo un posto carino, piacevole, dove si poteva passare del tempo serenamente. In ogni caso, non obiettai; d’altronde volevo che tutto andasse come doveva andare. Lo seguii in silenzio; seguii il suo passo calmo e costante. Non so quanti minuti passarono, ma ad un tratto mi coprì gli occhi e mi condusse per qualche metro. Quando aprii gli occhi vidi qualcosa di incantevole. Sembrava che avessi davanti un luogo completamente diverso dai posti che avevamo attraversato per arrivarvi. Era semplice e armonioso. “Semplice”: l’aggettivo adatto. Esaminando i componenti singolarmente, questi risultavano scialbi, ma in quell’insieme apparivano invece fantastici. Il sole che stava tramontando rendeva l’atmosfera rilassante e riusciva a regalarmi intense emozioni.

-         Ti piace? – mi domandò.

-         Sì.

-         So che ti risulterà difficile da credere, ma l’ho scelto io il luogo. Tutto da solo! – mi sorrise.

-         Già! Mi sorprende…non ti facevo capace di saper scegliere cose di questo genere!

-         Non ti abituare a queste mie uscite “romantiche”.

-         Ok! Ci proverò!

Ci sedemmo sull’erba umida. Niente mi sembrava potesse essere più meraviglioso di quel paesaggio e di tutta quell’intera situazione. Eravamo solo Karl ed io con un grande prato verde ed un sole che stava tramontando proprio davanti a noi. Stavamo in completo silenzio e non ci creava alcun imbarazzo; sembrava essere un componente inevitabile per l’assoluta armonia della composizione. Ero incredibilmente estasiata da quel quadro regalatoci dalla natura che si univa a noi in completo equilibrio.

-         …Si è fatto buio. – disse Karl alzandosi; il sole era oramai calato del tutto.

Ce n’andammo da quel posto meraviglioso e ci spostammo nelle strade affollate, dove camminando mangiavo un gelato.

-         …Grazie. – gli dissi guardandolo negli occhi. Mi guardò quasi non capendo perché lo stessi ringraziando; ma non mi disse niente: non era il tipo che si addentrava in conversazioni inutili.

Tornammo in hotel in tarda sera e quando tornai in camera mi stesi sul letto e pensai alla magnifica giornata trascorsa.

La mattina seguente mi alzai tra sbadigli e stiracchiamenti continui. Mentre mi preparavo pensai che quello era l’ultimo giorno che trascorrevamo insieme. Quella rimpatriata era trascorsa velocemente come tutte le cose belle. Indubbiamente ci sono stati episodi più piacevoli e altri meno piacevoli; ma in fin dei conti “tutto è bene quel che finisce bene”. Comunque, mi dispiaceva andarmene e non rivedere i miei amici per tanto tempo. Ed inoltre, mi dispiaceva anche allontanarmi da Karl per chissà quanto tempo.

-         …Karl, - gli dissi appena ci incontrammo. – e ora per quanto tempo non ci vedremo?

-         …Non so, ma durante l’anno ci vedremo, non preoccuparti.

-         Lo spero. – ma sapevamo entrambi che non sarebbe stata la stessa cosa.

Andammo a fare colazione tutti insieme e non c’era nessuno tra noi che non fosse triste per la partenza. Quando gli altri se n’andarono, io e Karl rimanemmo un altro un po’.

-         …A che stai pensando? – gli domandai mentre giocherellava con un fazzolettino.

-         A niente.

-         Non mi va di separarmi da te per tanto tempo….

-         Verrei volentieri da te per un po’, ma tra allenamenti e Bundesliga questo periodo sarà pieno.

-         Nemmeno io posso restare da te; devo finire di studiare perché a Settembre ricomincia la scuola.

-         Devo vedere se riesco a fare una capatina in Italia verso le vacanze di Natale.

-         …Vacanze di Natale? – gli chiesi sconvolta.

-         Sì. Non penso di potermi muovere prima.

-         E’ troppo tempo…. – scossi il capo e mi misi a pensare per qualche secondo. - …E dopo Natale quando ci vedremo?

Ci pensò su senza distogliere lo sguardo da me – Non lo so. – mi disse infine.

Passammo parecchio tempo in silenzio. L’idea di non poter stare con Karl per diversi mesi mi rendeva triste. Ci eravamo messi insieme solo da pochi giorni e già dovevamo separarci.

Il primo pomeriggio lo passai a fare i bagagli e a sistemare tutto. Quando presi tra le mani quel giubbino e quell’ombrello che mi regalò Karl mi sentii pervadere ancora da quel senso di vuoto e di malinconia; ma allo stesso tempo ero contenta di stare insieme a una persona speciale come lui.

Intanto, Karl e Dieter erano usciti a fare delle compere.

-         Karl, è questo il negozio di computer?

-         Sì.

Dopo aver fatto un acquisto, presero la via per l’hotel poiché Dieter doveva finire di sistemare le ultime cose insieme a Jenny.

-         Stamattina ho visto Claudia molto giù per l’imminente distacco. Non so di quanto possa cambiare la situazione, ma penso che regalarle una webcam con un microfono sia una buona idea.

-         Sempre meglio di niente! – e gli sorrise.

Appena giunsero in albergo, Karl salì le scale e si diresse verso la mia camera. Bussò alla porta con i suoi due precisi tocchi inconfondibili.

-         Ciao! – lo salutai con un aperto sorriso.

-         Ciao. – mi porse una busta.

-         Eh? Cos’è? – gli domandai mentre mi accingevo a prenderla.

-         Un regalo.

-         Un regalo? – chiesi stupita mentre lo scartavo. Appena vidi cos’era rimasi in silenzio col capo chino su di esso, poi guardai Karl.

-         Potremo almeno vederci e sentirci tramite computer. – mi sorrise leggermente.

-         Grazie. – corsi ad abbracciarlo.

-         A che ora hai l’aereo domani?

-         Alle 07:00. Il taxi verrà a prendermi verso 04:00.

La sera andammo a cena tutti a casa di Genzo e si leggeva in viso che a tutti dispiaceva andarsene. Genzo aveva preparato tutto in maniera impeccabile, come sapeva far lui. Cibo eccelso, ornamenti raffinati e musica soft di sottofondo. Dopo aver finito di mangiare, Ryo mise una musica più movimentata e iniziò a ballare insieme agli altri, mentre io e Karl ci sedemmo su un divano.  Stavamo abbracciati, in silenzio. Io avevo lo sguardo perso nel vuoto, Karl la sua testa appoggiata sulla mia. Mentre la musica rimbombava tra le pareti della villa, noi sembravamo isolati e messi in tutt’altro contesto; mi sembrava di stare contemporaneamente dentro e fuori quella che era la realtà. Sembrava che la musica, in realtà assordante, fosse un fievole contorno di quel che stavamo vivendo.

-         Vai a ballare! – mi disse ad un tratto con un mezzo sorriso.

-         Eh? – gli chiesi stranita.

-         Dai, muoviti! – mi spinse verso gli altri.

Lo guardai senza capire, mentre continuava ad incitarmi ad andare a ballare; solo più tardi capii che voleva che quell’ultima sera la passassi anche con i miei amici.

La serata passò velocemente, senza che ce n’accorgemmo. Salutai Genzo e gli altri che non erano in albergo con noi, con la promessa di rivederci al più presto possibile.

In hotel salutai anche Jennifer, Dieter, Hermann e Franz; loro sarebbero partiti nella tarda mattinata. Mi stavo accingendo a salutare anche Karl quando mi bloccò – Vengo a bussarti verso le 03:45.

-         Ma…. – non mi fece finire di parlare: mi baciò la guancia delicatamente, si voltò e se ne salì in camera sua. Capii che oramai aveva deciso.

E infatti, la mattina seguente, venne a bussarmi puntuale come al solito. Io avevo gli occhi gonfi e stanchi, mentre lui era fresco come una rosa; io non facevo altro che sbadigliare e strofinarmi gli occhi, lui era sveglio e composto come sempre.

Quando scendemmo nella hall, i ragazzi mi fecero la più bella sorpresa che avessi mai potuto desiderare: erano lì fermi ad aspettarmi per salutarmi. Fu un qualcosa di magnifico: Dieter, Jenny, Franz e Hermann nel bel mezzo della hall alle quattro di mattina che mi aspettavano per salutarmi. Non riuscì a trattenere le lacrime: ero davvero commossa. Corsi ad abbracciarli e ci salutammo solo quando arrivò il taxi.

In meno di un’ora arrivammo all’aeroporto e sembrò che in un attimo si fecero le 07:00.

-         …Beh…. – iniziai sorridendo nervosamente – è arrivata l’ora di…di dirci “ciao”.

Vide che ero triste e provò a consolarmi pur rimanendo sempre coi piedi per terra – Vedi, non è un addio. Tra qualche mese sarò da te in Italia.

Lo abbracciai forte: non volevo più lasciarlo. Mi veniva da piangere; il solo pensiero di stare lontano da lui per mesi mi rattristava.

-         Ora vai, altrimenti perdi l’aereo. – mi diede uno schiaffetto dei suoi. – Ma prima… - disse dopo una breve pausa – …un bacio.

Era ora di andare; non potevo pensare che lo stare un minuto in più ferma davanti a lui potesse cambiare il corso degli eventi. E poi, lo stesso Karl disse che quello non era un addio; sarebbe venuto a trovarmi in Italia.

 

 

Grazie a tutti coloro che hanno letto questa prima parte della mia Fan Fiction! ^^

Spero di pubblicare la seconda al più presto!

Un grazie particolare a Miki e Ale!

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

  
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