LEAVING
La
guardo di nuovo, pensando a come sarebbe bello se fosse lei
a venire negli Hamptons con me.
Già,
mi vedo perfino la scena: io e lei, seduti
al tavolo nel patio, che correggiamo
le bozze di Naked Heat illuminati
dalla luce del tramonto sul mare, con un buon bicchiere di
vino… ok, forse è
meglio se freno la fantasia, perché altrimenti rischio di
farmi male.
Sì,
rischio di farmi male, perché lei sarà
con quel damerino di Demming e
io avrò Gina che mi ripeterà quanto è
importante per me finire quel libro. Ma…
non è vero. Quel libro non è importante, non
quanto lei, almeno. Oh,
maledizione, ma perché devono capitare tutte a me?
I ragazzi, nella
saletta accanto, stanno ridendo.
Esposito mi lancia un’occhiata divertita, alzando una
bottiglia di birra: non
sa quanta fatica mi costa fingere di essere felice, di sorridere
spensierato.
Mi sforzo e lo faccio, in nome della nostra amicizia, ma la mia mente
continua
a ripetersi che io e lei non ci
vedremo più, per tutta l’estate.
E
sarà davvero una lunghissima estate, senza di lei.
Beh, sapevo che
questo momento doveva arrivare,
giusto? Nulla dura in eterno, tantomeno la nostra relazione…
Cristo, l’ho
chiamata davvero relazione?
Ok, questa
non andava per niente. Lei sta con
Demming, accidenti, devo mettermelo in testa.
Però…
Beh, datemi
dello stupido, ma proprio non riesco a
rassegnarmi. Darei qualunque cosa per poter essere io
al posto di Demming, e invece sono costretto a guardarla
mentre
si incammina verso di me per un ultimo saluto prima della mia partenza
per gli
Hamptons.
Dio,
com’è bella, con quei capelli castani
pettinati in quel modo. E quegli occhi… Dire che mi sento
morire ogni volta che
li incrocio… beh, sono diventato uno scrittore piuttosto
scadente se mi abbasso
ad usare certe metafore. Forse Gina ha ragione, forse sto davvero
perdendo la
mano ed è meglio che mi metta a lavorare sul libro. Ma come
posso farlo se
continuo a pensare a lei.
Ecco, ora mi si
avvicina. È imbarazzata, chissà
perché. Di sicuro non per causa mia. Sta sorridendo, ma
è un sorriso di circostanza,
si vede: le manca quel… fascino che la rende così
fantastica quando ride
sinceramente. Mi guarda: vorrei poter evitare quello sguardo, ma
semplicemente
non posso. In effetti vorrei anche dirle quello che provo per lei,
quelle
sensazioni che mi prendono quando la guardo ma… non ci
riesco. Sto cominciando
ad avere dei dubbi sulla mia effettiva capacità di scrivere
best-sellers. Non
riesco neanche a dire cosa provo alla donna che amo, come posso sperare
di
emozionare i miei lettori?
«Allora…
è finita? » dice lei, quasi dispiaciuta.
Ma sono sicuro che è tutta scena. O almeno sto cercando di
convincermi che sia
così.
«Sì,
sembra di sì. » rispondo io, abbozzando un
sorriso dal sapore malinconico.
«Tornerai?
» Sembra quasi speranzosa. Mi illudo che
forse gliene freghi qualcosa di me, che in realtà Demming
non sia importante
per lei. Ma dentro di me… un momento, dentro di me non so se
è davvero così.
Dio, gli addii mi rendono sempre così confuso.
«Forse.
» replico, terribilmente vago. Dopo tutti
questi mesi assieme, si merita almeno una bugia decente come
spiegazione. Così
mi lancio dicendo: «Sai, il libro… Devo lavorarci
un po’, Gina dice che
vorrebbe pubblicarlo per la fine dell’estate e ho ancora
molto lavoro da fare,
correggere le bozze, rivedere la trama e… »
Non finisco la
frase, non ce n’è bisogno. Sappiamo
entrambi che non tornerò, non finché la
situazione non sarà cambiata. Mi si
spezza il cuore ogni volta che la guardo e io non ho un cuore forte. Il
mio
tende a rompersi, anche fin troppo facilmente quando si tratta di lei.
«Ok,
allora. » ribatte lei, gelida. Mi porge la
mano: mi faccio forza e la stringo. «Divertiti negli
Hamptons. » Lascia andare
la mano. Quel breve contatto è bastato per farmi venire i
brividi.
«Certo.
» la rassicuro io, sapendo perfettamente
che non è vero.
Il nostro addio
non è come quello dei miei
romanzi. E forse è meglio così. Ci voltiamo,
semplicemente, lei diretta verso il
suo ufficio, io verso l’ascensore. Lei torna
alla sua vita, io alla mia. Insieme abbiamo vissuto una stagione
intensa… beh,
almeno da parte mia, e ho provato tante emozioni che non provavo da un
bel po’
di tempo.
Premo il tasto
dell’ascensore sperando che si
sbrighi ad arrivare, perché tutto ad un tratto
l’aria si è fatta pesante. E
proprio mentre lo penso, alle mie spalle risuona la sua voce:
«Castle. »
Mi volto, mentre
il cuore mi si riempie di
speranza. Forse il finale da romanzo è vicino: lei mi corre
incontro, dicendomi
di amarmi, che mi ha sempre amato, fin dal primo momento in cui mi ha
visto, e
io trovo il coraggio di ribattere che sì, anche io la amo. Ma non è
così. Rimane ferma, l’espressione seria, lo
sguardo rivolto verso di me.
«Ci
vediamo in autunno. »
Vorrei
risponderle che sì, ci vedremo in autunno,
ma so che direi un’altra, l’ennesima bugia. Ma in
fondo non c’è modo migliore
per chiudere il legame che ci ha tenuto uniti per tutti questi mesi con
un’ultima
menzogna, come un lucchetto per chiudere una porta che conduce ad un
luogo
troppo lontano e troppo doloroso. Sorrido di nuovo, cercando di
sembrare
spontaneo; non so se ci sto riuscendo davvero oppure no, e neanche mi
importa
più di tanto. La guardo.
Ti
amo, Kate.
«Certo. Ci
vediamo in autunno. »
Castle * 2009-2011 © ABC Studios