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Autore: G u i l l o t i n e    27/04/2011    2 recensioni
Andrò avanti? Un giorno mi riprenderò?
No, sento che sarà peggio di giorno in giorno e convivere con una maledizione del genere è impossibile.
Genere: Drammatico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Max Green , Ronnie Radke
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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No.
Non è nulla di eclatante, nulla di così speciale, nulla che meriti particolare attenzione.
Perché la posto? Sono sotto tortura, ecco perché. Una stronzetta mi ha gentilmente costretto a condividere ciò, ecco tutto.
Chi arriva vivo alla fine è immortale.
Sì, alla fine potrete picchiarmi, ma non in faccia: è anti estetico.


Without you I'm nothing.



-Signor Radke? Dobbiamo informarla che il signor Green è appena entrato in coma. Le possibilità che si risvegli non sono buone, mi dispiace.
Un dottore in camice bianco, occhiali scuri appoggiati sul naso e una cartella clinica in mano, mi dice che gli dispiace che il signor Green sia in coma. Che cazzo ne può sapere lui? Odio la gentilezza gratuita di certe persone. E poi lui non era lì, non può capire quello che ho provato quando l'hanno colpito. E' stato come se avessero colpito anche me.
Avevo portato Max a mangiare in un ristorante un po' caro, giusto per passare una serata romantica. Avevo pianificato tutto nei minimi dettagli, sarebbe stato bellissimo. Durante la cena ci siamo scambiati qualche effusione - forse più di qualche -, ma non sembrava dessimo particolare fastidio a qualcuno, quindi ce ne siamo preoccupati poco.
- Ehi, guarda. Quel tipo mi fissa. Mi sa che non gli vanno a genio i gay.- Mentre lo diceva aveva riso e mostrato i suoi denti bianchi e allineati, producendo un suono stupendo.
- Già. Però se ci guarda non gli facciamo poi così schifo, no? - Mi sono avvicinato a lui con la testa e l'ho baciato in modo spinto, per provocare quell'uomo. Lui, in tutta risposta, si è alzata e se n'è andato.
Soddisfatti, abbiamo continuato la cena ridendo e scherzando, amandoci.
Fuori dal ristorante ho detto a Max di aspettarmi davanti all'entrata mentre io andavo a prendere l'auto. Svoltato l'angolo, ho percorso ancora qualche metro e poi sono saltato in macchina.
Una volta arrivato all'entrata vedo solo un corpo gracile, minuto, pieno di sangue che viene ancora percosso da quel bastardo omofobo del cazzo. Lo prende a calci nelle costole, lo insulta. Qualcuno cerca di tirare via l'uomo e ne sono felice.
Mi avvicino a un Max pieno di sangue e ferite sul viso, probabilmente aveva un coltellino con cui ha osato sfregiare il suo magnifico volto. Forse ha anche preso una botta in testa. Cerco di farlo risvegliare, lo chiamo. Arriva un'ambulanza chiamata da non so chi, lo caricano e lo portano via. Non mi fanno salire con loro, ma non perdo tempo a discutere, c'è la vita di Max in mezzo e non mi sognerei mai una cosa del genere, e li seguo con la macchina.
E ora è in una stanza bianca asettica, con dei macchinari che scandiscono la sua vita e dei tubi che gli escono dalla bocca. Polmoni perforati, costole rotte, trauma cranico.
- Ronnie.- E' Nason. Mi mette una mano sulla spalla, prova a confortarmi, a farmi stare meglio.
- E' colpa mia, cazzo.- Sono in lacrime, non voglio farmi vedere debole, ma non riesco a trattenermi.
- Non dire minchiate.- Mi stringe in un abbraccio forte, affondo il mio viso e le mie lacrime nella sua maglia.
- Se non lo avessi lasciato lì, se fosse venuto con me...-
- Se, se, se. Non autocommiserarti, non serve a nulla. Devi stargli vicino adesso e aiutarlo.-
- Nason, l'ho quasi fatto uccidere! Dovrei sparire.- Un rumore sordo e la guancia inizia a bruciarmi lievemente.
- Dillo un'altra volta e giuro che ti apro in culo in quattro.
Mi avvicino al vetro della stanza, guardo l'uomo che amo che lotta per la vita. Non posso fare altro che piangere, come una checca isterica del cazzo, e pregare che quel fottuto Dio non mi odi. Vorrei entrare e tenergli la mano, parlargli, rassicurarlo, dirgli che mi dispiace, ma non so se posso. Non voglio fare nulla che i dottori non approvino. Cerco lo stesso dottore che mi ha parlato poco fa, ma non lo trovo. Chiedo a un'infermiera che sta dietro a un bancone. Mi guarda con occhi compassionevoli, vorrei prenderla a schiaffi. Mi dice che nella stanza non possono stare più di due persone e subito mi precipito da lui.
La stanza è piena di macchine collegate al suo petto, un bi-bip insistente mi accerta che il suo cuore batte ancora. La cosa più brutta è il respiratore: fa un suono sinistro, come se al posto di aiutarlo a respirare gli togliesse quel poco d'aria che gli rimane. Prendo la sedia che giace in un angolo e la porto vicino al letto sedendomi. Gli prendo la mano, la stringo piano, gli accarezzo il viso dolcemente.
- Ehi.- Inizio esitante. Tutto quello che avevo in mente di dire sembra essersi volatilizzato nel nulla. -Amore, svegliati presto. Dobbiamo fare tante di quelle cose, che nemmeno immagini.- Una lacrima cade sulle lenzuola bianche.- Dobbiamo fare tour mondiali, ricordi? E' il tuo sogno. E spaccare i culi i a tutti. Cazzo, poi mica vuoi lasciarmi da solo con Brian, vero? Quello, quando inizia a saltare non lo reggo proprio.- Una risata amara, con un singhiozzo soffocato, m'interrompe.- E poi da solo cosa farei? Chi mi darebbe le melodie per le canzoni, chi si ubriacherebbe con me? Chi mi aiuterebbe? - Gli scosto i capelli e glieli metto dietro l'orecchio. Anche con tutte quelle ferite in faccia, con quei lividi violacei, è l'uomo più bello di sempre.
Bi-bip.
Bi-bip.
Bi-bip.
Biiiiiiiiiiiip.
La macchina inizia a produrre un suono forte, stridente. Il cuore non batte. Mi alzo di scatto, faccio cadere la sedia. Nason, che è rimasto fuori dalla stanza, vedendomi agitato mi chiede cosa sia successo. Non riesco a parlare, gli dico solo di cercare un dottore, qualcuno che lo possa aiutare. In poco tempo dei medici hanno riempito la sua stanza, non  mi permettono di entrare. Vedo che trafficano con un defibrillatore, con delle siringhe, gli fanno anche un massaggio cardiaco. La macchina, però, non cambia il suo suono.
I medici si fermano, non capisco il perché. La rabbia s'impossessa di me e, mentre vedo che tolgono i tubi da Max, entro come una furia urlando. Voglio sapere perché hanno smesso, perché non salvano la vita all'uomo che da sempre ho amato.
- Signor Radke..-
- Signor Radke, un cazzo!
- Ron calmati! - Nason mi tiene per le spalle, mi trascina fuori, mi sbatte contro il muro e aspetta che la mia rabbia sbollisca. Mi accascio a terra, mi stringo la testa che sembra mi debba esplodere da un momento all'altro. Non so se piango, ma sento gli occhi bruciare forte. Un dolore mai provato prima mi attanaglia in petto, non vuole sapere di affievolirsi, vuole divorarmi dall'interno. Nason è l'unico che sa cosa è successo, agli altri non voglio nemmeno pensarci, confido nel fatto che glielo dirà Nason stesso. Non voglio pensare a nulla, voglio solo di nuovo Max tra le mie braccia, le sue labbra sulle mie, la sua risata nelle mie orecchie.
- Cazzo, cazzo, cazzo! - Urlo, però vorrei alzarmi, correre via, ma so che se ci provo probabilmente non avrò successo. Non sento più il mio corpo, non sento niente.





Una settimana, una fottuta settimana. Mi sento perso, il dolore che ho iniziato a sentire in ospedale non si è dissolto nemmeno un po'.
Non esco di casa da quando sono tornato dall'ospedale, ho anche staccato il telefono e il cellulare non so neanche più dove sia. Ho tutt'attorno foto e oggetti vari di Max, voglio sentire la sua presenza, ma non funziona, anzi.
Ogni cosa ha un preciso significato e un preciso ricordo che mi brucia dentro, che non fa altro che aumentare il dolore.
- Porca puttana! - Prendo una foto incorniciata e la scaglio contro il muro accorgendomi solo più tardi che si tratta della nostra foto. La foto dove io e lui camminiamo, ci teniamo per mano. A lui piacevano questo tipo di immagini, le riteneva artistiche.
Andrò avanti? Un giorno mi riprenderò?
No, sento che sarà peggio di giorno in giorno e convivere con una maledizione del genere è impossibile.
Sbam.
   
 
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