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Autore: purplebowties    28/04/2011    3 recensioni
Dover osservare quel damerino parigino cingere la vita di Blair con dolcezza, dover sorbire i loro sorrisi sciocchi e sereni stampati su tutti i giornali, vedere quell'anello tremendo appesantire l'anulare della donna che amava era già abbastanza fastidioso.
Genere: Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Blair Waldorf, Chuck Bass, Louis Grimaldi | Coppie: Blair Waldorf/Chuck Bass
Note: nessuna | Avvertimenti: Triangolo | Contesto: Quarta stagione
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Timeline: Immaginario confronto tra Chuck e Louis in un punto indeterminato della storyline tra l'episodio 4x19 e l'episodio 4X21
Paring: Chuck\Blair, Blair\Louis
Summary: ...dover osservare quel damerino parigino cingere la vita di Blair con dolcezza, dover sorbire i loro sorrisi sciocchi e sereni stampati su tutti i giornali, vedere quell'anello tremendo appesantire l'anulare della donna che amava era già abbastanza fastidioso.

 

Have you ever…?



"Tu devi essere Chuck Bass."

C'era qualcosa di paradossale nel tono schietto ed assai poco riverente con cui la frase era stata pronunciata, sebbene l'accento morbido avesse comunque conferito alle parole una delicatezza che difficilmente avrebbe corrisposto il tipo di approccio.

Nessuno gli rivolgeva parola in quel modo: era Chuck Bass e, per quanto per anni avesse odiato profondamente il sangue che gli scorreva nelle vene, portare quel cognome era una grazia di timore, rispetto ed ammirazione.


Chuck rimase girato di spalle per una manciata di secondi, accarezzando con la punta del pollice la superficie liscia e fredda del suo bicchiere di scotch, un ghigno vagamente indignato a piegargli le labbra sottili, nel chiaro ntento di far comprendere al suo sgradito interlocutore che non aveva nessuna intenzione di sostenere quella conversazione.

Sospirò con palese tedio e una folata di colonia francese gli solleticò le narici, costringendolo ad arricciare il naso disgustato: il solo fatto di immaginare quell'odore dolciastro sulla pelle di Blair - un profumo tanto diverso da quello che era solito indossare lui - gli diede il sentore che le sue viscere stessero letteralmente andando in fiamme.

Serrò le labbra nervosamente, sempre senza accennare a voltarsi. Dover osservare quel damerino parigino cingere la vita di Blair con dolcezza, dover sorbire i loro sorrisi sciocchi e sereni stampati su tutti i giornali, vedere quell'anello tremendo appesantire l'anulare della donna che amava era già abbastanza fastidioso.

Quando infine si voltò, tuttavia, fu ben attento a non mostrare nulla se non un'espressione annoiata, che non lasciava in alcun modo trasparire la rabbia repellente che Chuck provava in quel momento. "Domando scusa," cominciò con fare casuale, la voce strascicata leggermente velata di interrogativo, gettando uno sguardo di superiorità all'abito dal taglio classico dell'uomo che aveva davanti. "Ci conosciamo?"


L'ironia intenzionale della domanda fece ridere Louis Grimaldi. La risata leggera e controllata si dissolse nel bar del tutto vuoto dell'Empire. Il suo orologio Cartier segnava le 3:20. "Non personalmente. Ma sono sicuro che avrai sentito parlare di me," rispose.

Chuck assunse un'espressione dura e prese un altro sorso del suo scotch. Il liquido gli scese giù per l'esofago bruciando come fuoco. "Più di quanto sperassi, in effetti," commentò acidamente, attendendo con falsa pazienza che Louis gli spiegasse il motivo per cui era venuto a parlargli.

Il francese, tuttavia, si limitò a dare un'occhiata fugace tutt'intorno, con un sorrisetto compiaciuto a cui Chuck non sapeva proprio dare un senso. Era un uomo piuttosto comune a suo parere, ma non era di certo difficile capire quali fossero le cose che avevano attratto Blair: era elegante senza essere vistoso, posato e, soprattutto, nobile. Il fatto che il suo sangue fosse blu era talmente lampante da risultare quasi fastidioso: la schiena dritta, il mento portato in alto, quella camminata sciolta ma sicura, l'espressione non troppo snob da risultare ostentata, ma che non mancava di provocare soggezione.

"Curioso," mormorò infine Louis, "vale lo stesso pour moi."

Chuck alzò un sopracciglio, infastidito: la conversazione lo stava innervosendo tanto quanto quel ridicolo accento francese. "E' comprensibile," sospirò con fare teatrale, abile nel fingersi quasi esasperato dalla fama che precedeva il suo nome. 
"Vedi..." cominciò Chuck, per poi bloccarsi con le labbra dischiuse, scuotendo leggermente il capo. "Non ricordo il tuo nome," disse con tono leggero, ordinando al barista un altro giro.

Per un secondo, Louis parve sorpreso e vagamente offeso da quell'affermazione, gli occhi sgranati a fissare un punto impreciso davanti a lui. Probabilmente, pensò Chuck con ardente soddisfazione, il Petit Prince non era abituato a persone che dimenticavano il suo blasonato nome. Questo piccolo particolare era di sicuro qualcosa che li accumunava.

"E' Louis," rispose l'altro a denti stretti. "Louis Grimaldi," precisò, nel chiaro tentativo di risultare intimidatorio nella pronuncia del suo cognome.

Chuck si mostrò del tutto indifferente a quella precisazione, continuando a dare sfoggio di un'espressione di tedio assoluto. "Louis. Vedi, Louis, in questa città non c'è nessuno che non conosca il mio nome. Questo posto è mio. Gran parte di New York è mia, a dire la verità. Invece, tra un mese o due, quando sarai tornato in Francia, nessuno si ricorderà di te." 
Chuck si fermò un momento, solo per godere dell'espressione risentita che infuocava le gote del giovane francese. Sorrise. "Sei qualcosa di passeggero per questa città," terminò, alzando noncurante le spalle. "E non solo per questa città."

L'ostentata sicurezza non vacillò nemmeno per un momento e Chuck fu del tutto felice che l'alcol avesse contribuito a renderlo più spavaldo: l'allusione a Blair ferì entrambi come una lama troppo affilata e lo stesso Chuck prese ancora una volta coscienza di quanto disperatamente volesse che Louis fosse per Blair null'altro che l'ennesimo bambolotto di rappresentanza.


"E' sempre un piacere constatare che i soldi non possano comprare la nobiltà," rispose a tono Louis.

Chuck rise amaramente, facendo roteare lo scotch nel bicchiere con una lentezza disarmante. Avrebbe volentieri assestato un bel pugno sul volto pallido e levigato di Louis, ma una vita passata a scansare rivali (era inevitabile quando eri il rampollo più ricco di una sterminata metropoli) gli aveva insegnato che mettere in chiaro le cose senza sporcarsi le mani era decisamente il modo migliore per affermarsi: puliti, eleganti, intelligenti. L'essere maneschi era appannaggio di gente come Dan Humprhrey e lui poco aveva a che fare con un arrampicatore sociale sciattamente vestito che viveva davanti al ponte di Brooklyn.

"Affermazione illuminante," mormorò, sporgendosi leggermente verso Louis, che nel mentre si era accomodato sullo sgabello affianco e aveva ordinato del Bellini. Fece una pausa piuttosto lunga prima di ricominciare a parlare, assicurandosi di ottenere tutta l'attenzione del suo interlocutore. "Ed ingenua. Siamo a New York, Louis: qui gli unici titoli che contano sono quelli della borsa."

Chuck prese un sorso dal suo bicchiere, prima di appoggiare di nuovo il cristallo sul bancone del bar.

Louis aveva un'espressione indecifrabile. Non c'era segno di cedimento negli occhi chiari, ne alcuna nota di soddisfazione: parve essere una maschera inespressiva, fino a quando non comparve un sorriso compiaciuto sul suo volto elegante. "Non per Blair."

Quel nome, pronunciato con quel fastidioso accento, con quella noncuranza pacata, gli fece tremare letteralmente le mani di rabbia e non fu di certo difficile immaginare quante volte quel ragazzo francese lo avesse sussurrato dolcemente nelle orecchie di Blair, quante volte l'aveva chiamata dal fondo delle scale, attendendo i suoi interminabili quindici canonici minuti di ritardo, quante volte aveva utilizzato quel nome che per lui era davvero sacro per presentarla a qualche nobile parente francese, quante volte l'aveva invocata tra le lenzuola di un letto rivestito di seta. Per un attimo tutto fu buio: la gelosia lo accecò e ci volle tutto l'autocontrollo del mondo per non scagliarsi contro Louis, per non gridargli in faccia che non aveva il permesso di pronunciare quel nome, perchè Blair Waldorf era qualcosa di suo, lo era sempre stata, da quando all'asilo si divertiva a tormentarla solo per il gusto di vedere le sue gote rosse accaldate. Blair era una sua prerogativa, la sua ossessione, la sua più grande dipendenza, era la gioia e il dolore più acuto che avesse mai provato: era presente, passato e futuro. Era il suo destino.

"Che cosa vuoi?" chiese allora Chuck a Luois in un soffio nervoso, fissandolo negli occhi con furia.

Louis rise di nuovo, scostando per un momento gli occhi. "Voglio che tu ti faccia da parte, mi pare ovvio," affermò in tutta tranquillità, tamburellando la punta delle dita sul bancone.

Chuck si appoggiò meglio allo sgabello, facendo scivolare un braccio sullo schienale. "Ma tu e Blair siete fidanzati. E' il tuo anello quello che porta al dito, è con tua madre che pranza la Domenica mattina. Non dovresti preoccuparti di me: sono lontano dall'essere una minaccia," rispose, scoprendosi del tutto capace di recuperare un tono di pacata sufficienza, sebbene l'inferno gli si stesse scatenando nel petto e la voglia di lanciare il bicchiere contro il muro era quasi incontrastabile. "Ma allora, perchè mi temi?" chiese infine.


Louis rimase zitto, osservando Chuck quasi fosse un complicato enigma, qualcosa di incredibilmente criptico e difficile da comprendere.

"Lasciami indovinare. A volte la guardi e ti da l'impressione di essere in un altro posto, non è vero? Tu le chiedi se va tutto bene e lei ti sorride. Immagino che tu intuisca qualcosa di tirato in quel sorriso. Questo succede perchè non l'hai mai vista sorridere davvero, tu non sai nulla di come le fossette sulle guance le diventino evidenti e di come le si arrossino le gote, quando è felice. Tu non hai mai visto i suoi occhi allungarsi e brillare, tu non sai che suono hanno le sue risate sincere, quelle che fa solo quando è veramente emozionata."

Chuck fece una pausa, in tempo per osservare Louis dischiudere le labbra stupito, come se tutta la tracotanza fosse improvvisamente sparita. Decise che avrebbe proseguito.

"E l'hai mai osservata dormire? Ti sei mai fermato a contare i boccoli sul cuscino? Hai mai notato come si avvicina lentamente nel sonno, come diventa impossibile liberarsi della sua stretta senza svegliarla? L'hai mai svegliata, Louis? Perchè lei si indispettisce da morire quando succede. E ti ha mai detto a cosa pensa ogni volta che guarda da lontano l'edificio in cui ti trovi ora? Perchè lo fa, ne sono certo. Ti ha mai costretto a rifugiarti nel camerino di un negozio per fare l'amore? L'hai mai spogliata? Hai mai notato che la sua pelle freme se le baci il collo? Hai..."

"Basta così."

Louis era scattato in piedi e guardava Chuck con un misto di rancore e timore. Era come se qualcosa si fosse irrimediabilmente rotto dello smalto nobile di quel ragazzo, come se la furia delle parole lo avesse lasciato tramortito e senza nulla da dire. Per un momento, Chuck sperò che Louis lo avrebbe picchiato. Se lo meritava infondo. Eppure, il suo rivale pareva semplicemente troppo sconvolto per reagire adeguatamente.

Chuck chiuse gli occhi e sospirò. Si sentiva stanchissimo, quasi avesse corso per chilometri. In qualche modo, lasciare che tutto quel misto di ricordi e sensazioni scivolasse via al suo labile autocontrollo lo aveva letteralmente sfiancato. Per la prima volta da giorni, tutttavia, si sentì incredibilmente libero.

"Non scomodarti," mormorò a Louis alzandosi a sua volta, lasciando una banconota da cinquanta dollari sul bancone. "Offro io."

Senza indugiare un momento di più, Chuck si voltò e, senza dare
 a Louis alcuna possibilità di ribattere, se ne andò.

Sì, Blair Waldorf era sua. E avrebbe fatto di tutto per farla tornare da lui.
   
 
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