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Autore: TheWhiteFool    01/05/2011    3 recensioni
Quando un affascinante sconosciuto si presenta alla porta di Glenn Brennan dicendole che è una strega, lei lo prende per matto. Peccato solo che sia tutto vero, e che la realista Glenn si ritrovi catapultata nel bel mezzo di una lotta millenaria fra i maghi del Sole e maghi della Luna... e non è detto che lei stia dalla parte dei buoni.
E, come se non bastasse, ci si mettono anche il misterioso Nathan e il dolce Anthon a confonderle le idee...
Genere: Dark, Mistero, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: Lemon | Avvertimenti: nessuno
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Ai bambini le streghe fanno paura. Non sto parlando di quelle streghette buone, protagoniste di libri e di film, come Hermione o Sabrina. No... non mi sto certo riferendo a quel tipo di streghe.

Parlo delle streghe delle notti d'inverno, quelle notti dove ogni sussurro o cigolio ha un significato nefasto. Delle streghe di cui vostra nonna vi raccontava, per convincervi a non uscire di casa dopo il calar del sole. Delle streghe protagoniste di quelle storie del terrore che vi lasciavano come un rivolo gelido lungo la spina dorsale, rendendovi incapaci di dormire la notte.

Ma le streghe non esistono, direte voi. E tanto meno quelle cattive.

Anch'io credevo così, un tempo. E lo crederei ancora, ma ormai è troppo tardi per dimenticare la verità.

 

*

 

-Ancora un po' di caffè?-

Alzo lo sguardo e vedo Dotty china verso di me, con un enorme sorriso in faccia e una caraffa piena di caffè profumato in mano. Dotty è la cameriera del “White Frog”, il bar di fronte a casa mia, e la conosco da una vita. È una donna sulla trentina, con un viso a forma di cuore incorniciato da capelli rosso fuoco, ed è sempre pronta a fare quattro chiacchiere con i clienti che sembrano averne bisogno.

Le sorrido, porgendole la tazza -sì, grazie- mentre Dotty inclina la brocca, l'aroma del caffè danza salendo fino alle mie narici. Sospiro soddisfatta: non c'è davvero niente che profumi così.

Quando ha finito, Dotty sorride e si sistema il grembiule da cameriera, quello che porta sempre, a strisce bianche e rosa -Ehi, Glenn- mi dice -quando finisco di servire i clienti, ti va di parlare un po?- mi fa l'occhiolino. Oh oh. Quando Dotty fa l'occhiolino significa che c'è sempre di mezzo un ragazzo.

-Certo- rispondo, sorseggiando il caffè bollente e guardandola di sottecchi. Speriamo bene. L'ultima volta che abbiamo parlato di ragazzi Dotty mi ha convinto a pedinare Mark, quel postino biondo che le piaceva. Sono dovuta andare in giro imbaccuccata in un passamontagna per non farmi riconoscere, nascondendomi dietro ogni albero, modello Mission Impossible. Alla fine abbiamo scoperto che Mark era gay, e che viveva con il suo ragazzo e un paio di gatti soriani in una viletta nel centro strorico.

-Torno subito, allora.- Dotty sventola il blocchetto degli appunti a mò di saluto, poi si allontana verso una coppia seduta al bancone, per prendere le ordinazioni.

Sospiro, intrecciandomi una ciocca color paglia intorno al dito. Il “White Frog” è uno dei pochi bar decenti di Roven Lake, la cittadina di diecimila abitanti dove vivo. È piuttosto piccolo, ma le enormi finestre che danno sulla strada lo fanno sembrare più grande. I mobili e in pavimento sono in legno, e alle pareti sono affisse vecchie foto in bianco e nero, risalenti all'inizio dello scorso secolo, che mostrano il bar com'era allora e i suoi vecchi proprietari. Il nome “White frog”, rana bianca, deriva dal piccolo salvadanaio a forma di ranocchia sul bancone, che sembra guardare gli avventori del locale con i suoi occhi buffi. Il personale del bar la considera una specie di portafortuna.

Mi piace il White Frog. Mi ricorda quando mia nonna mi portava a fare colazione con brioches e caffè qui ogni mattina. All'epoca ero molto piccola.

-Allora- Dotty scivola nella sedia difronte a me -c'è aria di nuovo in città!-

La guardo alzando un sopracciglio -che vuoi dire?-

Lei si sporge sopra il tavolo, protesa verso di me, con un aria vagamente cospiratoria -sai che il paese è piccolo e la gente parla...- inizia, e io le faccio segno di non farla tanto lunga e di andare dritta al punto. Dotty ride: sa bene che non sopporto i giri di parole.

-Ok.- dice -hai presente quella casa mezza distrutta vicino al fiume? Quella con l'edera rampicante. Ecco, vi si è appena trasferito un uomo.- trattiene il fiato come se mi avesse fatto la rivelazione del secolo e ora io dovrei cominciare a ballare per l'eccitazione. Dotty è sempre così, pronta a imbizzarrirsi per una cosa da niente. Ma è proprio questo suo carattere solare ad avermela resa cara: io sono sempre stata timida e solitaria. È stata lei, una sera piovosa di chissà quanti anni fa, ad aver fatto quello che sarebbe stato il primo passo della nostra amicizia, semplicemente venendo da me e offrendomi uno smarties. Poi si è presentata e ha iniziato a parlare. E da allora, di parlare, non ha mai smesso.

-pronto?- mi schiocca le unghie color rosa cicca davanti al naso -terra chiama Glenn! Ragazza, non ti sarai persa di nuovo nelle tue fantasticherie, spero.-

Apro una bustina di zucchero di canna e la verso nel mio caffè. Mescolo lentamente, prima in verso orario poi in verso anti orario, tanto per farla sbuffare spazientita. Sorrido quando la vedo incrociare le braccia con la coda dell'occhio. È nostra abitudine prenderci bonariamente in giro.

-E allora, un uomo è andato a vivere nella casa diroccata.- dico alla fine -non mi sembra poi una grande storia, Dotty, senza offesa.-

Lei mi rivolge un sorriso a trentadue denti, e sventola un dito come chi sta per rivelare un segreto di stato -ed è qui che ti sbagli, tesoro. Perchè il nostro nuovo compaesano non è un semplice uomo, è un figo pazzesco.- sospira con sguardo sognante.

Guardandola non posso fare a meno di ridacchiare -dovresti vedere la tua faccia, Dotty. Hai proprio l'aria di aver preso una bella cotta.-

-L'avresti presa anche tu, se lo avessi visto- si sventola l'aria col menù dei gelati, usandolo a mò di ventaglio, come se il pensiero del nuovo arrivato fosse troppo sexy da sopportare.

-Non so il suo vero nome, ma l'ho soprannominato Mister Dark. È venuto qui a prendere un caffè, martedì scorso. Amaro, senza zucchero né latte. L'ha bevuto in un sorso solo.- spalanca gli occhi -ah, che uomo!-

Non posso farci niente: vederla in questo stato mi fa venire da ridere. E questo significa che Dotty è messa male, perchè io non sono una che ride spesso.

Lei mi lancia un' occhiataccia, facendo finta di essersi offesa dalle mia risate, ma in un secondo torna subito a sorridermi -forse tornerà, sai. È da martedì che tengo pronto il cellulare, se lo vedo gli faccio una foto di nascosto e poi te la mostro. Mister Dark non ha fatto quest'effetto solo a me, sai- aggiunge pensierosa -anche a Mary Smith. Eravamo le uniche nel locale, quando è entrato-

Inarco un sopracciglio -Dotty, Mary Smith ha ottant'anni. Come può averle fatto effetto?-

-Ah, non ne ho idea, ma ti giuro che sembrava una gatta in calore.- alza le spalle.

-Quanti anni ha?- le chiedo un po' incuriosita. Comincio a chiedermi chi sia questo benedetto uomo che ha fatto perdere la bussola a quella vecchia carampana della signora Smith. In genere non sono il tipo che offende le vecchiette, ma dire “vecchia carampana” a Mary Smith è come farle un complimento. Ha fatto la maestra elementare fino a settant'anni e passa, e l'ho avuta come insegnante io stessa. Quando alla mensa mi rifiutavo di mangiare il pesce o lo stracchino (che fra parentesi era una roba giallognola, unticcia e puzzolente), mi obbligava a starmene seduta in un angolo per tutta la ricreazione mentre i miei compagni andavano in giardino a giocare. Stronza.

-Boh, Mister Dark sarà di sicuro più giovane di me...- dice Dolly pensierosa -ma decisamente più vecchio di te. A occhio avrà ventisei, o forse venticinque anni- le brillano gli occhi -ehi, potrebbe essere il mio toy boy!-

Scoppiamo a ridere entrambe. Abbiamo ancora le lacrime agli occhi quando uno dei clienti chiama la cameriera con fare scocciato. Dotty si alza lanciandomi un ultimo sguardo -scusami Glenn, devo scappare-

-non ti preoccupare, tanto stavo per andare anch'io. Fra un po incomincia il mio turno alla libreria.-

-Va bene, allora. Spero di vederti, domani, così ti finisco di raccontare!- mi scocca un bacio sulla guancia, poi scatta verso il cliente, un uomo robusto che la guarda a metà fra lo spazientito e il disgustato. È incredibile quanti clienti trattino male Dotty, quasi come se fosse uno zerbino o la loro schiava personale. Naturalmente lei deve sempre sorridere ai clienti scortesi e non rispondere agli insulti degli uomini ubriachi che frequentano il locale verso la sera tardi. Per fortuna in genere si tratta solo di qualche idiota, non di qualcuno veramente pericoloso: del resto, difficilmente esiste una cittadina più tranquilla di Roven Lake.

Lascio i soldi per il caffè sul tavolo ed esco nella stradina secondaria dove ha sede il White Frog. Un soffio di vento improvviso mi investe, facendomi quasi volare via la sciarpa grigia, e sono costretta a fare una piroletta su me stessa per afferrarla al volo. Per fortuna sono in una zona poco trafficata e nessuno può aver visto la mia goffa acrobazia: non sono mai stata un asso in educazione fisica, sarebbe imbarazzante se qualcuno mi vedesse contorcermi per rincorrere una stupida sciarpa.

Mi avvio per la stradina, con le mani sprofondate nelle tasche del cappotto e ogni respiro che si condensa in nuvolette di fumo davanti ai miei occhi. È l'inizio di settembre, e alcuni direbbero che il lato negativo di vivere in una cittadina del nord è che la brutta stagione arriva fin troppo presto. Ma a me piacciono l'inverno e l'autunno: mi piace starmene a guardare la pioggia fredda da dietro una finestra, o andare a pattinare sul lago ghiacciato durante i giorni grigi di dicembre. Dotty non riesce a capire questa mia passione per i luoghi che lei chiama “buoni solo per deprimersi e per inumidirsi le mutande”, e dice che se l'inverno a Roven Lake mi piace così tanto forse ho preso una botta in testa da piccola. Lei, d'altronde, ha sempre amato l'estate, ma non so se è per il caldo o per i ragazzi che vanno a farsi il bagno a torso nudo.

Passo per una strada decorata da alti abeti ai lati, e sono arrivata a destinazione: la vecchia libreria “Kevin's and March” è dove lavoro part time come comessa, sei pomeriggi a settimana. Non vengo pagata molto, ma è il mio lavoro ideale: adoro i libri. Quando non ci sono clienti, mi perdo nei meandri di quelle pagine di carta, e mi diverto a vagare da scaffale in scaffale per scegliere il genere che mi ispira di più sul momento. Leggo di tutto: romanzi fantasy, romantici, horror o mitologici, basta che la trama non sia banale o mal scritta. Inoltre, il mio capo, il signor March, è sempre stato molto gentile con me. Conosceva mia nonna e mi ha offerto un lavoro quando ho finalmente finito il liceo, appena tre mesi fa. Al solo pensiero che non studierò più fisica per tutta la mia vita sento come un calore soddisfatto invadere il mio corpo.

Sono quasi le tre e la libreria deve aprire. Tirò fuori le chiavi e traffico con la serratura della saracinesca. Una volta che l'ho tirata su e sto per aprire la porta a vetri, mi si spezza il respiro. Voglio urlare ma tutto quello che mi esce dalla gola è un gemito indistinto. Arretro confusamente di qualche passo e inciampo sui miei stessi piedi, ma non me ne rendo conto: la mia mente è come svuotata.

Mi fisso la punta degli anfibi, troppo spaventata per alzare lo sguardo. No: calma, devo stare calma. Porto una mano tremante alla bocca. Sento la prima goccia d'acqua fredda toccarmi il viso: sta iniziando a piovere.

Diavolo, Glenn” mi dico “non fare l'idiota: avrai visto male. Anzi, sicuramente hai visto male. Alzati ed entra nel negozio, se non vuoi prenderti la pioggia”.

Lentamente, mentre l'acqua comincia ad inumidirmi i lunghi capelli, mi alzo in piedi e lancio uno sguardo alla porta finestra: lancio un lungo sospiro di sollievo.

niente, hai visto?” penso, mentre riprendo le chiami che mi erano sfuggite di mano con dita incerte “è tutto normale: dev'essere stata la tua immaginazione.”

Apro la porta della libreria e mi fiondo dentro, chiudendola dietro di me e appoggiando la schiena al muro. Sento il rumore della pioggia che batte sul tetto del negozio.

non c'era davvero niente. Eppure...”

per un istante, per un solo istante, quando ho visto il mio riflesso nella porta finestra mi era sembrato il riflesso di un altra donna... no. Nel riflesso ero sempre io, Glenn Brennan, una pallida ragazza di diciannove anni, ma i miei occhi erano diversi, la mia espressione era diversa. Malvagia.

Sì, malvagia. Non avrei potuto trovare un appellativo migliore. Le mie guancie erano più incavate, i miei occhi erano cerchiati da ombre scure, come quelle dei matti in un manicomio, e il mio viso... era senza espressione. Uno sguardo strano, folle, cattivo. La ragazza del riflesso ero e non ero io.

-è stata solo un'impressione.- dissi, a voce alta, come se volessi convincere anche me stessa -solo una veloce impressione.-

-Cosa è stata solo una veloce impressione?- mi chiede una voce roca. Sobbalzo, allontanandomi dal muro, e vedo un uomo che sta richiudendo la porta del negozio dietro di se. La sua giacca di pelle è bagnata dalla pioggia e così sono i suoi capelli, aderenti alla nuca e resi ancora più scuri dall' acqua. Lui alza lo sguardo, e due iridi più azzurre di una cascata d'inverno mi fissano. I nostri occhi si intrecciano per un attimo solo, prima che io mi metta a guardare il pavimento: non riesco a sostenere lo sguardo dello sconosciuto. Se possibile, ho il fiato ancora più mozzo di prima, ma per una ragione completamente diversa.

È lui Mister Dark. Ne sono sicura, è lo straniero di cui parlava Dotty. Devo dire che il nomignolo è azzeccato. È diverso da qualsiasi altro uomo che io abbia mai visto prima, anche se non saprei dire come. Di certo me lo ricorderei, se lo avessi già incontrato: Roven Lake è una città troppo piccola per non notare un uomo del genere in tutti gli anni in cui vi ho vissuto.

Lo sconosciuto si avvicina: sento ogni suo singolo passo e lo vedo togliersi i guanti, anch'essi di pelle come la giacca, sfilandoseli dito per dito -è questa la libreria Kevin's and March, vero?- chiese, con la sua voce profonda, roca, da fumatore.

-Sì. Desidera?- chiedo, guardando dappertutto se non dalla sua parte, con una voce più fredda di quel che mi aspettavo: qualcosa mi sussurra di non dargli troppa confidenza. È come un istinto, una vocina interiore che mi dice che quell'uomo è pericoloso. Pericoloso.

-Cercavo qualcosa- mi dice lui, fermandosi a pochi passi da me. La sua voce è fredda, ma tradisce qualche sorta di emozione mentre mi guarda. Come chi ha aspettato un momento per lungo tempo.

-cercava un libro?- chiedo, incrociando le braccia e assumendo l'espressione più sostenuta che posso. Mi accorgo che è incredibilmente difficile fingere di essere sostenuta, davanti allo sconosciuto dagli occhi chiari.

-una ragazza.- risponde lui, misurando bene le parole -e a quanto pare ti ho trovata, Glenn Brennan.-

 

 

Ed eccomi qua! Spero che questa storia vi sia piaciuta. È partito tutto da un idea che mi è venuta tempo fa: vedete, a me non piacciono molto le protagoniste buone e perfettine, e quindi mi sono detta: perchè non scrivo qualcosa dove la protagonista ha la parte della strega cattiva?

Oh, beh, Glenn non è proprio cattiva. Ma non è neanche la classica ragazza dolce che passa il suo tempo salvando i gattini dagli alberi. Spero di riuscire a caratterizzarla meglio nei prossimi capitoli, trasmettendo l'idea che ho di lei: di una ragazza schiva, solitaria ma con pochi amici fidati, e che si ritrova di colpo in una situazione e in un ruolo che non vuole.

Comunque, questa storia è principalmente romantica, (e no, non è detto che sia proprio Mister Dark il protagonista maschile, anche se di certo avrà un ruolo importante) ma con elementi di azione e di magia.

Commentate, e mi raccomando, siate spietati! XD

E sopratutto, grazie se vi siete fermati a leggere fin qua =)

 

TheWhiteFool.

   
 
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