Non gli basta
averti scaraventato al muro e continuare a infierire su di te con
bastoni e
fruste, ti sputano addosso quelle orribili parole con un tale disprezzo
e
ribrezzo che mi sembra quasi impossibile che un uomo possa provare
verso un suo
simile.
Ombra, ti
chiamano. Copia,
Secondo arrivato.
Perchè non reagisci? Se
solo volessi,
potresti atterrare tutti e cinque quei cavalieri da solo in meno di un
batter
di ciglia, perchè non tiri fuori la forza che hai?
Perchè lo so che ce l'hai,
sei suo gemello, d'altronde. Avete lo stesso identico aspetto, la
stessa
costellazione, e anche lo stesso cosmo, ne sono sicura.
E' come se quella
maschera non ti nasconda soltanto il viso, ma tenga segregato anche
l'universo
dentro di te, che scalcia ininterrottamente, protestando per uscire.
Posso
capirlo dallo sguardo arrabbiato, frustrato, che rivolgi a quegli
idioti, posso
vederci il tumulto che ti sconquassa l'anima e il corpo... Rendilo
libero,
perchè lasci che ti distrugga da dentro? Te ne stai
lì, immobile, limitandoti a
stringere i pugni con decisione, a sfidarli con quegli occhi, a
prenderti tutte
quelle botte e quelle brutte parole.
E questa
minaccia è la tua salvezza, perchè dopo averla
pronunciata, i cavalieri si
allontanano, lasciandoti in pace. Non so perchè non sono
uscita prima dal mio
nascondiglio ad aiutarti, ma non di certo per codardia; probabilmente
volevo
osservarti da lontano, senza intervenire, curiosa di quello che avresti
fatto,
di come avresti reagito, sperando fino all'ultimo di poter vedere di
quale
forza puoi essere capace, ma dopo non aver assistito a niente di tutto
ciò, è
il senso di colpa che mi pervade, inducendomi a raggiungerti di
slancio, per
cercare di aiutarti almeno adesso.
Tu non ti
muovi, caduto in ginocchio tutto ammaccato, ansimante per il dolore e
con una
mano a tenerti la spalla sanguinante per il colpo di frusta di poco
prima. Gli
ultimi metri che mi separano da te li percorro lentamente, con cautela,
come
per paura di spaventarti e di farti scappar via. In realtà
sei tu che spaventi
me, con tutta quella forza che ti vortica dentro e di cui posso
percepire solo
l’eco confuso dei suoi ruggiti.
Una
volta da te, mi ti inginocchio dinanzi,
cercando di incontrare il tuo sguardo.
-Ti fa male?-
Te lo chiedo
allungando delicatamente la mano, per sfiorarti il braccio e donarti
così quel
contatto che voglio ti trasmetta il conforto di non essere
più da solo, ora. La
cosa non va a buon fine, perchè tu scuoti energicamente il
capo in risposta
alla mia domanda e dai un piccolo strattone all'indietro con la spalla
sana,
rifiutando il mio gesto; però finalmente mi guardi, e lo fai
con rabbia, rabbia
che non è per me, lo so. Così non mi allontano,
ti rimango vicina, a un soffio
dal viso, provando a toccarti una seconda volta, e sorrido dolcemente
vedendo
che stavolta non mi neghi di poggiare la mano sulla tua, delicatamente.
-Perchè non
reagivi?- E' come se quel gesto all'apparenza insulso abbia abbattuto
quella
barriera invisibile che si pone tra due persone sconosciute: sento che
posso
entrare davvero in contatto con te, ora, posso parlarti in confidenza,
posso
ascoltare con apprensione: c'è
un filo
che mi tiene allacciata a te, nel tempo che la mia mano permane sulla
tua.
Tu per tutta
risposta abbassi lo sguardo, senza pronunciare parola, ma io non mi
arrendo
mica: voglio aiutarti e ti aiuterò. Per questo insisto,
piegando il collo per
venirti dietro col viso, a cercare di nuovo quegli occhi tanto
tormentati,
unica cosa che quella brutta maschera mi lascia vedere della tua faccia.
-Ti lasci
picchiare ogni volta rimanendo immobile, perchè?-
-Perchè hanno
ragione.-
Finalmente
sento la tua voce, anche se tremolante e ovattata dalla maschera. Ma
quello che
raggiunge le mie orecchie non mi piace neanche un po', e stringo la tua
mano,
di rimando.
-Come, hanno
ragione?! Nessuno ha ragione quando picchia in quel modo noi ragazzini!-
Il tuo viso
scatta su, e mi fissi con un'intensità che trapassa anche la
coltre di lacrime
che stai cercando di trattenere.
-Hanno ragione
perchè è contro le regole che io assista agli
allenamenti di Aspro.-
-Ma è tuo
fratello! Perchè mai non potresti?-
Ho urlato e ho
posto fine al contatto tra le nostre mani senza accorgermene, causando
la
rottura del filo.
Così urli
anche tu, adesso, e qualche lacrima sfugge dal recinto dei tuoi occhi
arrossati:
-Perchè io non
sono come lui, sono nato sotto la stella del caos! E...
ahn…- non riesci a
concludere perchè torni a stringerti la spalla, che
probabilmente s'è fatta
sentire con una fitta più forte dovuta allo sforzo. E un po'
mi sento in colpa,
ti faccio arrabbiare, anzichè far star meglio, ma
è più forte di me: è ingiusto
che tu viva così, quando non hai fatto niente di male verso
niente e nessuno.
Porto il mio viso più vicino al tuo, voglio riuscire ad
allacciarmi di nuovo a
te con quel filo.
-Ch..che stai
facendo?- c'è la paura, nelle parole che hai appena
pronunciato, e non ne capisco
il motivo, dato che ho solo sollevato le mani verso le fasce di ferro
laterali
della tua maschera. Le analizzo con le dita, cercando una chiusura o
roba
simile.
-F..ferma, non
devi...- scuoti debolmente la testa, cercando di liberarti della mia
presa, che
però io già ho lasciato scorrere a
livello della tua nuca, cercando anche lì.
-E perchè non
dovrei, mh?- Tengo le sopracciglia corrugate di concentrazione, le
labbra tra i
denti, e quello che nelle mie parole potrebbe sembrare un tono di
dispetto, è
in realtà determinazione.
Ora so che per
aiutarti, devo toglierti quella cosa. E' lei la causa di tutto,
è lei che tiene
imbrigliato il tuo cosmo, che ti fa essere triste e tiene la gente
lontana da
te.
-S-sei proprio
sicura di volerlo fare?-
Finalmente trovo
l'incastro e lo forzo richiamando sulle dita solo un poco di cosmo,
trattengo
il respiro.
*Tlack*
Finalmente ti
vedo, vedo che sei tale e quale a tuo fratello, tranne che per un
particolare:
ora che non c'è quel pezzo di ferro ad ombrarli, scorgo in
quegli occhi blu
liquido qualcosa che quelli di Aspro non hanno. E' diverso dal suo, il
cosmo
che brucia in te, mi sbagliavo a pensare che fosse lo stesso. Stessa
potenza,
sì, ma si potrebbe pensare come un colore della medesima
densità, ma situato all'opposto
della scala percettiva. Siete il fuoco e il ghiaccio, il giorno e la
notte. C'è
la ribellione delle fiamme, nei tuoi occhi, che, dapprima remissive, aspettano solo di
attecchire per mostrarsi in
tutta la loro indomabilità. E c'è il tormento
della notte, con le sue paure e
il suo mistero.
Ma il fuoco è calore
indispensabile, e
la notte è madre di tranquillità e dolcezza. E io
sento proprio questo, mentre
te ne stai lì a fissarmi impaurito, con le gote arrossate:
nessuna ferocia,
nessun timore.
-Come ti chiami?-
-Deftero-
-Hai veramente degli occhi splendidi, Deftero.-