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Autore: Maracuja    03/05/2011    1 recensioni
"Non mi erano mai piaciuti i proverbi, frasi fatte create per farti sembrare intelligente, questo è ciò che sono. Eppure in quel momento, mentre restavo immobile con gli occhi sgranati a guardare Jaden battere in duello quell'inetto di Syrus, ce n'era uno in particolare che riecheggiava nella mia mente".
Genere: Comico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Chazz Princeton/Jun Manjoume, Jaden/Judai Yuki
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Salve a tutti!
Sono lieta che abbiate scelto di leggere questa fanfiction (come direbbe il caro Ojama giallo, "Ohh, gioia e gaudio!").
Questa è la prima storia che scrivo su "Yu-Gi-Oh!", credo sia nata perchè mi piacciono estremamente entrambi i personaggi dello slash, ovvero Chazz Princestone e Jaden Yuki, e anche perchè è da parecchio tempo che sono fissata con il gioco del Duel Monsters, per cui mi sembrava giusto rendere onore a qualcuno, non so cosa c'entra.
Bene, ho finito la mia introduzione cretina.
Enjoy it!
 

 

Non mi erano mai piaciuti i proverbi, frasi fatte create per farti sembrare intelligente, questo è ciò che sono. Eppure in quel momento, mentre restavo immobile con gli occhi sgranati a guardare Jaden battere in duello quell'inetto di Syrus, ce n'era uno in particolare che riecheggiava nella mia mente.
Non c'è peggior cieco di chi non vuol vedere.
E, sì, mi sentii veramente stupido. Stupido per essermi preso una patetica cotta per uno Slifer rosso e stupido per non essermene accorto in tempo, quando forse avrei potuto porvi rimedio.
La rivelazione era arrivata improvvisamente, come un tuono che squarcia il buio, in quell'esatto istante.
Sospirai e abbassai lo sguardo, sentendomi in qualche modo colpevole per l'improvvisa stretta allo stomaco, giunta appena lo vidi ridere, tentando di consolare il suo amico.
Per quanto potesse essere fastidioso ammetterlo, il suo sorriso era una delle cose più belle che avessi mai visto.
Mi alzai e m'incamminai verso il dormitorio senza essere notato dal gruppo di Slifer da cui Jaden era accerchiato. Gli lanciai un'ultima occhiata e mi trovai a fissare quegli occhi castani che mi guardavano di rimando, le labbra distese nello spettro di una risata. Volsi la testa di scatto e proseguii senza voltarmi.
Appena raggiunsi la mia stanza chiusi la porta alle mie spalle e vi scivolai contro, accasciandomi sul pavimento. Mi passai una mano sulla faccia, tentando di scacciare il bruciore che sentivo alle guance.
Com'era possibile che quel perdente mi facesse quell'effetto? Era solo uno Slifer, solo uno stupido Slifer rosso. Dovevo essere impazzito per pensare a lui come a qualcosa di più. Certo, se la cavava nei duelli e probabilmente aveva un bel sorriso, forse i suoi capelli perennemente spettinati sembravano invitarmi a scorrere le dita tra di loro per testarne la sericità, magari le sue labbra mi facevano venire voglia di baciarlo. Ma questo doveva essere normale.
Decisi di smettere di prendermi in giro e sbattei forte la testa contro la porta senza un motivo preciso, forse solo per distrarmi da quei pensieri diventati troppo frequenti. Me ne pentii subito, imprecai e portai le mani al punto dolente, un fischio sordo nelle orecchie.
Passai il resto del pomeriggio da solo, riorganizzando il mio deck e, malgrado i buoni propositi, pensando a Jaden e a quel suo stupido sorriso ebete.
Dopotutto è vero: chi disprezza compra.
Dovevo avere davvero una brutta cera, perchè gli spiriti dei fratelli Ojama decisero, per una volta, di restare nelle proprie carte e di non infastidirmi. Non ero mai stato una persona fredda e impassibile, però in quel momento sentivo di sfiorare il ridicolo.
Uscii dalla mia stanza solo per cenare, e anche allora mi isolai dal resto del gruppo per evitare di dover parlare con lui, e magari di fare qualcosa di stupido come arrossire alla stregua di una dodicenne innamorata. Per tutta la durata del pasto avvertii il suo sguardo su di me. E' solo suggestione, mi dissi, perchè le poche volte in cui guardavo nella sua direzione era sempre impegnato in una discussione animata con uno dei suoi amici.
"Dimmi con chi vai e ti dirò chi sei", diceva l'ennesimo proverbio comparso galleggiando pigramente nella mia testa.
Finii rapidamente l'ultima porzione di cibo e feci per andarmene, ma non appena mi alzai mi accorsi che il passaggio era sbarrato da Jaden. Mi fissava con uno strano cipiglio, inarcai un sopracciglio e attesi spiegazioni.
«Hey, Chazz, va tutto bene? Oggi mi sembri più strano del solito» disse.
Capii che la sua doveva essere un'espressione preoccupata.
«Non sono affari tuoi» risposi meccanicamente «mi fai passare?».
Spostò il peso da un piede all'altro, come a soppesare le alternative, poi si spostò, permettendomi di andare via.
L'emisfero destro del mio cervello, quello meno razionale, mi insultò pesantemente per la poca gentilezza mostrata nei suoi confronti, mentre quello sinistro si complimentò per aver mantenuto il sangue freddo.
Una volta uscito dalla sala ero in procinto di tirare un sospiro di sollievo, quando sentii la porta aprirsi e richiudersi e, ancora prima di girarmi, sapevo chi mi sarei trovato di fronte.
«Ho detto che la cosa non ti riguarda, Jaden» sospirai.
«Ok, ma magari vuoi parlarmene lo stesso» sorrise. «Sai, forse tu non mi consideri tuo amico ma io sì, per cui se posso fare qualcosa per aiutarti... beh, basta chiedere».
Inarcai le sopracciglia e socchiusi la bocca quasi senza rendermene conto, colpito e anche un po' ammirato dalla caparbietà di quel sorriso ambulante.
«Non credo che tu possa farlo» biascicai.
Si strinse nelle spalle e rispose: «Posso provarci».
Mossi un passo incerto nella sua direzione, lo stomaco e il cuore ridotti ad un unico agglomerato dolente.
«Tu...» mormorai.
La porta si spalancò, e una fiotta di studenti con la giacca rossa interruppe ciò che stava succedendo, o che almeno avrebbe potuto.
Sorrisi tra me e me, come a volermi prendere in giro da solo. Cosa pensavo di fare?
Seguii l'orda di persone, confondendomi tra la massa e lasciando che Jaden mi perdesse di vista, per poi raggiungere la mia stanza e chiudermici nuovamente dentro.
Mi sedetti sul letto e lasciai cadere la testa tra le mani, arrendendomi a tutte quelle sensazioni che ogni volta prendevano il sopravvento sulla mia volontà e, sentendomi anche abbastanza stupido e ossessionato dal Duel Monsters, non potevo fare a meno di paragonare alle carte trappola.
Poi la porta si aprì, ed entrò quel ragazzo.
Aveva il respiro accelerato, aveva corso. I capelli sembravano più scompigliati del solito, e i jeans erano macchiati di erba all'altezza delle ginocchia. Tuttavia fu il suo sguardo ad attirare la mia attenzione, potevo leggervi la stessa determinazione che lo portava alla vittoria in un duello.
«Non abbiamo finito di parlare» ansimò.
Lo guardai cercando di capire cosa l'aveva spinto a seguirmi, la ragione per cui era così ostinato nel volermi aiutare pur non sapendo qual'era il problema.
Probabilmente, pensai, se l'avesse saputo non sarebbe stato così ansioso di darmi una mano.
Ma a litigare col muro ci si rompe la testa.
«Lascia perdere, Jaden, dico davvero. Non puoi aiutarmi, ed è meglio se non ci provi nemmeno».
«Sai che sono testardo, assecondami» rispose.
Improvvisamente tutte le mie energie, tutte le emozioni e le sensazioni, confluirono in un unico impeto di rabbia, forse perchè Jaden era così deciso a risolvere un problema che aveva inconsapevolmente creato lui stesso, perchè insisteva così o perchè non si rendeva conto di quello che a me sembrava ormai palese. Mi alzai di scatto e coprii la distanza tra noi in poche rapide falcate, presi il suo viso tra le mani e lo baciai.
Mi ritrassi dopo pochi secondi, d'un tratto consapevole di cosa avrebbe comportato quel bacio.
Jaden boccheggiò, lo vidi inarcare le sopracciglia e sgranare leggermente gli occhi, e desiderai baciarlo di nuovo.
Avrei voluto andarmene, fuggire in un posto che non fosse quello, ma il mio corpo non rispondeva ai comandi e i miei occhi erano incastrati nei suoi.
Restammo immobili a fissarci per quella che sembrò essere un'eternità, al punto che sentii di dover giustificare le mie azioni in qualche modo, in qualsiasi modo, ma fu lui a parlare.
«Mi hai baciato» constatò.
Annuii, incapace di proferire parola.
Annuì anche lui, e poi aggiunse in modo puerile: «Perchè mi hai baciato?».
Mi trattenni dal rispondere con una battuta sarcastica e biascicai, forse con una punta di isteria: «Perchè... io... non lo so».
Mi morsi un labbro. La sorpresa comparsa sul suo viso aveva lasciato il posto ad un'espressione indecifrabile.
Per la prima volta nella mia vita sperai che qualcuno entrasse nella mia stanza, interrompendo quel silenzio opprimente.
«Perchè tu mi piaci, Jaden» sbottai, prima di decidere che sarebbe stato stupido dirgli una cosa del genere.
Sembrò di nuovo sul punto di chiedere perchè, ma non lo fece e gliene fui grato. Alla fine si passò una mano tra i capelli, ridendo. Non sapevo decidere quale fosse la cosa peggiore, avere una cotta per uno Slifer o essere deriso da lui nel momento più desolante della mia vita.
«Era questo il problema?» mi domandò.
Abbassai lo sguardo e annuii di nuovo.
«Anche tu mi piaci» disse imbarazzato.
Sgranai gli occhi e tornai a guardarlo.
«Accidenti, non avevo mai baciato nessuno prima d'ora!» continuò ridendo.
«Aspetta, fammi capire... io ti piaccio?» domandai incredulo.
Ero certo che sarebbe corso via disgustato, eppure era ancora lì, e sosteneva di provare qualcosa per me. Evidentemente doveva esserci qualcosa di molto sbagliato in quella situazione.
«Tu mi piaci, Chazz» disse, tornando serio «Mi piaci. Sono serio, e spero che il tuo non fosse uno scherzo, perchè altrimenti farei proprio una pessima figura!» sorrise.
Chi dice male, l'indovina quasi sempre.
Quasi, per l'appunto.
Annotai mentalmente di aggiungere la meravigliosa facoltà di dire sempre la cosa giusta al momento giusto alla lista degli aspetti positivi di quel sorriso ambulante, poi me ne dimenticai totalmente e lo spinsi contro al muro, facendo collimare ancora una volta le nostre labbra.
  
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