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Autore: Chibi Tantei    04/05/2011    5 recensioni
Scuola.
Un luogo d’incontro e di scontro.
Un luogo dove persone laureate insegnano a ancora ignoranti studenti, ciò che li aspetta nella vita.
Un luogo dove tra queste persone posso crearsi con il tempo rispetto, odio, simpatie ed antipatie.
Genere: Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Scuola.
Un luogo d’incontro e di scontro.
Un luogo dove persone laureate insegnano a ancora ignoranti studenti, ciò che li aspetta nella vita.
Un luogo dove tra queste persone posso crearsi con il tempo rispetto, odio, simpatie ed antipatie.
Scuola.
Un luogo d’incontro e di scontro.
Un luogo dove confrontarsi apertamente e non, spiando con vigliacca curiosità i voti altrui.
Un luogo dove “parlare” e “sparlare” diventano quasi la stessa cosa.
Un luogo di conforto o di disprezzo profondo, con chi arranca faticosamente e chi invece sembri scivolare sul pelo dell’acqua.
Un luogo dove poter fare nuove amicizie e continuarne altre vecchie, o rompere i ponti con il mondo.
Un luogo, forse l’unico, con cui poter parlare con gli amici, disperarsi e mandare tutto in malora con un sorriso sulla bocca.
L’unico luogo dove vorrei avere una conversazione con te, invece di ricorrere sempre a sporchi trucchi serali, che con il tempo utilizziamo sempre meno.


Ritornando alla realtà, dopo una scena discutibile, me ne torno a posto. Ma la mia sedia non è capace di reggere il peso della conoscenza.
Almeno non di mercoledì.
La trovo a terra. Faccio per rialzarla, che questa ricade subito. La storia va avanti per un paio di volte, fino a che non inizio a imprecare di brutto, minacciando la sedia di un’orrida fine. La mia compagna di banco mi guarda con gli occhi sbarrati: non è da me comportarmi così.
Quando capisco che le imprecazioni non servono a niente, e oltre a quelle ci sono le bestemmie, rinuncio, schifata dall’increscioso pensiero che mi ha attraversato solo l’anticamera del cervello. Per fortuna.
Mi siedo scocciata, incrocio le braccia e ci poggio sopra la testa, voltandola verso la finestra che mi offre sempre il suo stesso, squallido, triste, grigio panorama: questo maledetto tetto della palestra che copre la vista, e lascia libero solo uno spicchio di cielo. Guardando meglio in fondo, vedo il campetto da calcio della mia scuola media…
Non pensavo mi potesse mai mancare.
Sperando che la mia coinquilina di banco non si accorga di niente, sprofondo nel mio braccio e lascio uscire le lacrime che fino a poco prima spingevano violente per uscire. Uscire fuori.
La loro volontà era mostrare il mio stato d’animo, ma io che me ne vergognavo, le trattenevo. Ed ora, ora che la lezione va avanti anche senza di me, ora che sono riuscita ad escludermi dal mondo, ora che ti vedo nell’oscurità del teatro vicino al tuo pensiero principale, che ti immagino arrossire, mentre la fissi con la coda dell’occhio, ora, proprio ora so che posso lasciare il guinzaglio e scatenare la tempesta che m’imperversa dentro, sotto forma di piccole, silenziose lacrime.

  
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