Le luci e i colori illuminano la notte, le insegne
e le luminarie scintillanti fanno brillare tutto l’atmosfera e la dolce aria
annunciatrice di primavera solletica i volti dei passanti. È una di quelle
notti speciali, di quelle notti che cantava Ligabue; sono notti che sotto sotto sono anche incantesimo, una magia che si può ripetere
uguale solo ogni centocinquanta anni: sono le notti dei miracoli.
Tutta la città è per le vie, a respirare
l’atmosfera d’incanto che ricorda tanto le favole, non c’è un solo ragazzo che
sia rimasto a casa. Una gran folla affolla i marciapiedi, si accalca per
guardare le vetrine o superare un gruppo particolarmente lento; Isabella ama la
sensazione di esserci persa dentro, come fluttuante in un universo senza tempo.
Fin da bambina ha adorato questa sensazione: essere parte del tutto e allo
stesso tempo solo lasciarsi trascinare dagli altri, centro e cornice nel
medesimo istante. Perfino lei, che ultimamente non ha molta voglia d’uscire,
non ha saputo resistere al richiamo di vivere una notte speciale, nel corso
della quale la sua città non sembra neanche più a stessa. Cammina in mezzo a
due sue amiche, molto più attente alla vetrine e ai ragazzi che passano loro
accanto. Non camminano senza meta: sotto l’imponente e severa statua nella
piazza principale tre giovani le aspettano. Luca le piace, davvero, ma
nonostante questo non ha fretta di arrivare, tutt’altro: non vuole farlo stare
male con l’ennesimo rifiuto. Gli vuole bene ma non può dirgli di si, nonostante
lui sembri non capirlo: lo fa proprio per lui, anche se lui non ci ha creduto
quando ha cercato di spiegarglielo. In questo momento non sarebbe davvero sua:
questo l’ha solo pensato, però, e non glielo ha voluto dire perché sa quanto
sia brutto. Isabella non è senza cuore,
anzi, forse ne ha un po’ troppo: è stata capace di mettersi dopo ogni altra
cosa e a donarsi con tutta sé stessa. Ora, a malapena vent’anni, si sente
sconfitta e ferita dalla vita come molte persone adulte non hanno mai
sperimentato. E non crede nelle seconde possibilità, o scelte.
E poi è un lampo, un istante, un secondo, un
momento passato così velocemente che potrebbe addirittura pensare di averlo
solo immaginato se non fosse che sa benissimo che la sua mente non potrebbe
mai. Non che la sua fantasia non le avesse già giocato questi scherzi negli
ultimi mesi ma non sarebbe stata in grado di farle questo: non avrebbe potuto
dalle un’immagine diversa da quella del suo ultimo ricordo. Eppure lui è lì, un
po’ diverso ma sempre lo stesso, a pochi passi da lei: si muove nel flusso di
gente che andava nel verso opposto a lei. Isabella sente qualcosa d
indefinibile dall’altezza dello stomaco e un fastidio dagli occhi: non sa
neanche dire se sta respirando oppure no. Ha i capelli un po’ più lunghi, una
giacca che non ha mai visto e non è da solo: stringe la mano a una ragazza. È
lei: non l’ha mai vista, non l’ha mai cercata per sua scelta ma lo sa, o sente
che è lei. È proprio vero che le assomiglia, come spesso aveva pensato.
È
uscita con suo fratello, una delle poche volte che lui ha acconsentito. Lo sa
benissimo che non ha accettato solo per farla contenta :è stato invitato da un
suo amico a uscire con altri ragazzi che non conosce e Isabella conosce
abbastanza Mattia da sapere che si trova spesso a disagio quando deve fare
nuove amicizie. Sebbene Isabella sia più piccola di quattro anni, è una specie di
ancora di salvezza per Mattia: lo spinge, lo sostiene e lo sprona. Per questo
ha accettato di portarsela dietro: così anche lui è più tranquillo. I ragazzi
sono tutti universitari: la maggior parte di loro non sono originari di qui ma
sono solo qui per studiare. Diverso di loro vengono dal Lazio, dalla Campania,
qualcuno dalla Toscana. La serata procede velocemente: l’atmosfera è rilassata,
i ragazzi si conoscono. Sebbene gli altri sia tutti almeno ventiduenni come
Mattia, Isabella non si trova a disagio: certo, come sempre trova più facile
parlare con i ragazzi che con le ragazze, ma sembrano tutto molto simpatici.
Uno, in particolare: si chiamava Simone, capelli biondo scuro, occhi azzurri,
non molto alto ma con fisico da fare invidia a molti dei presenti in sala.
Durante la serata chiacchierano molto: lei scopre che lui gioca a calcio e che è
originario di Assisi, lui che lei ama la pallavolo e sogna di trasferirsi a
Roma per studiare. Quando ormai gli alcolici cominciano a girare (per quanto
Isabella avesse il divieto tassativo di assaggiarli), visto che per la maggior
parte erano ragazzi che si era incontrati per la prima volta in quella
situazione, si comincia con le domande personali. Una delle prime domande, o meglio richieste,è:”alzi la mano chi è
fidanzato”. Simone alza la mano.
È lì, davanti a lei, e cammina nella sua
direzione. È troppo: il fastidio agli occhi diventa bruciore e la voglia di
scappare si fa strada. Un altro passo di lui, di lei, di loro due: sente che la
sensazione indefinibile si sta espandendo, andando ad avvolgere tutto il corpo
in un'unica morsa. Ancora pochi passi e saranno alla sua stessa altezza: lo
sguardo di lui, prima rivolto alla ragazza, cambia obiettivo e si rivolge al
flusso che si sta muovendo alla sua sinistra. Isabella non può resistere oltre:
borbotta qualcosa alle sue amiche, anche se sa che non hanno capito che cosa ha
detto ma hanno solo visto lo stato in cui era, si fa largo fra la gente ed
entra nel primo locale che le si para davanti, rifugiandosi le bagno. Una volta
chiusa lì dentro, non ha la forza di respingere ancora i ricordi.
“beh, anche se
è fidanzato: cosa c’è di male se gli do il mio numero?” si chiede a fine serata
quando Simone glielo chiede.
“cosa c’è di male se usciamo da amici?” si
chiede quando lui, pochi giorni dopo le chiede se ha voglia di fargli fare un
giro turistico.
Si conoscono,
parlano di tutto: anche di Carola, non il quale lui è in crisi da quando lei
,qualche mese prima lo aveva tradito. La distanza non fa che peggiorare le
cose, diceva. E lei ci crede. E si convince che non c’è niente di male se si
sentono tutto il giorno anche ad orari assurdi. Che non c’è nulla di male se si
abbracciano o lui le mette una mano sul fianco. Che non c’è nulla di male se
vanno in giro per la città mano nella mano. Che non c’è nulla di male se lui si
è autoinvitato a dormire da lei, una notte che lei era rimasta a casa da sola.
“è fidanzato da quasi 3 anni, sa sicuramente come comportarsi: non succederà
nulla” pensa lei mentre aspetta che lui
arrivi.
Le lacrime cominciano a scendere, solleticandole
le guance. Non riesce a trattenere oltre i singhiozzi. Le manca quel rapporto,
che non ha avuto pari nella vita, le manca il suo migliore amico, anche se per
certi versi quello che ha avuto dopo è stato ancora meglio. Anche se
terribilmente sbagliato. Anche se riprovevole sotto ogni aspetto. Ma comunque
innegabilmente stupendo.
Due settimane.
Urla, lacrime, pianti. Isabella non ci può credere.
“Ripetimelo,
ripetimelo!! Io ho accettato tutto: che nessuno sapesse di noi, che tu non
lasciassi la tua ex per telefono dopo “quello che avevate passato insieme” e
altre stronzate del genere. E adesso? Perché non me lo hai detto che
partecipavi a uno scambio e che saresti stato qui così poco?”
Lui le prende
le mani, la guarda fissa negli occhi e le parla con calma e dolcezza.
“Isa, lo sai
che non vorrei ma non dipende da me: è una cosa programmata da mesi, da molto
prima che io ti conoscessi e potessi anche solo immaginare che avrei provato
qualcosa di così forte per una persona che non fosse Carola. Ti amo, posso
dirtelo?”
Le lacrime
riprendono a scendere copiose. Si limita a fare un cenno di assenso con la
testa: forse diciotto anni sono abbastanza per sentire questo sentimento così
forte ma non sempre c’è la forza
necessaria per dire ad alta voce quelle due parole.
Le loro labbra
si avvicinano e si uniscono in un dolce bacio.
“quando
parti?”
“domani … Ma ci stiamo salutando adesso, Isa: non
riuscirei mai a partire con te all’aeroporto. Scusami per tutto quello che ti
ho fatto passare: l’unica cosa che ti posso promettere è che appena vedrò
Carola le dirò la verità.”
“cosa ne sarà
di noi?”
“Isa, non
voglio perderti ma, vista la distanza, non me la sento di dire che saremo
qualcosa di più che amici .. Vedremo come andrà .. ora devo andare .. “
Ancora una
volta non riesce proprio a frenare le lacrime.
“è così che
finisce tutto? È un addio?”.
Lui sorride: “Non credo che sia ancora tempo
per un addio; è solo un arrivederci.”
Ma
il momento giusto per dirsi addio sembrava non essere mai arrivato: tornato a
casa si sono sentiti spesso ma presto qualcosa si è spezzato e ognuno ha
ripreso la sua vita. O meglio lui ha ripreso la sua vita, tornando con la
ragazza che aveva lasciato per lei e mettendo fine ad ogni loro rapporto, anche
solo di cortesia, per questo. A Isa era rimasto un vuoto dentro: aveva perso un
confidente, il suo migliore amico e il ragazzo di cui si era innamorata in un
sol colpo. Erano passati solo pochi mesi ma lei era certa, per quanto questa
consapevolezza la uccidesse, che Simone non sarebbe mai più tornato a far parte
della sua vita. Senza che un finale fosse stato scritto: come un bel romanzo a
cui sia stata brutalmente strappata via l’ultima pagina.
Chiusa
in un bagno sporco e pieno di scritte volgari, Isabella piange, piange, come se
prosciugando sé stessa potesse prosciugare la fonte stessa del suo dolore. Il
suo è un pianto composto, da cui ultimamente si è trovato presa vittima dei
propri sentimenti: non urla, non singhiozza, a malapena il petto si muove al
ritmo del suo respiro, solo un po’ più affannato del solito.
Solo
quando sente qualcuno bussare alla porta prende coscienza di dove si trovi e
della situazione: è chiusa in un bagno di un locale, deve uscire di lì, tornare
dalle sue amiche, fingere che si sia trattato di un incubo e convincere
quest’ultime che non sia accaduto nulla di grave.
Punto
primo: aprire la porta. Si avvicina alla maniglia, gira la chiave e poi si
gira, dandole le spalle, per controllare allo specchio quanto siano evidenti i
segni delle sue lacrime. Che appena si gira, o meglio alla vista di ciò che si
trovano davanti, riprendono a scendere con maggior vigore. Non è possibile,
come ci è finito lui lì? Si ritrova ad indietreggiare, fino a finire spalle al
muro, e a stringere le braccia al corpo, in posizione di difesa. Lui non è
sorpresa di vederla: non ci vuole molto a capire che abbia varcato della soglia
solo per lei.
Isabella
è incredula: ha finto per troppi mesi che lui non esistesse per non esserne
shoccata, per non doversi accertare che lui non sia solo un perverso frutto
della sua mente. Quasi inconsciamente si avvicina a lui, scioglie le braccia.
Si avvicina ancora, i suoi occhi azzurri la scrutano. Si avvicina ancora, lui
allarga le sue braccia e in un istante lei è stretta tra queste, tornando a
respirare un profumo che credeva ormai perduto. Si stringe a lui, non può
neanche pensare di fare qualcos’altro, come allontanarsi: inimmaginabile. Lui è
lì, lei è lì: tutto quello che serve al suo mondo è presente in quel locale,
per quanto squallido e maleodorante. Le cose da dire sarebbero tante, troppe,
ma lascerebbero un segno troppo profondo, una nuova ferita da aggiungere dalle
altre. Nella loro stretta senza tempo, loro non sono né amanti, né ex, né
nulla: solo due ragazzi che per qualche mese sono stati l’uno l’universo
dell’altra. Non c’è spazio per troppe parole in un momento del genere, in un
istante che sa di miracolo: solo le più urgenti trovano la via per raggiungere
la bocca e uscire. E sanno entrambi di cosa hanno bisogno: l’unica parola che
entrambi hanno aspettato per forse troppi mesi. Sciolgono l’abbraccio, lei lo
scioglie: il loro tempo è finito.
“Addio,
Simone.”
“Addio,
Isabella”. Un casto bacio sulla fronte e la saluta per sempre.
Le
luci sembrano più luminose di prima, forse perché il cielo è ancora più scuro,
e l’aria sembra più dolce. Isabella è più felice, o meno triste: questioni di
punti di vista. Non si guarda indietro: non ha più motivo per farlo. Forse
questa notte può essere l’inizio di un nuovo amore. Queste sono le notti da
ricordare, da segnare, da evidenziare: le notti dove tutto è possibile. Le
notti dei miracoli.
NOTE:
Non so che la storia che ho scritto piacerà
a meno ma volevo solo dirvi che per me è stato molto difficile perché in
Isabella c’è molto di me, forse un po’ troppo. Le nostre storie non sono
identiche ma le sensazioni e gli stati d’animo sono miei quanto suoi. Spero che
la lettura vi faccia venire voglia di lasciare un commento, anche solo due
parole. Un saluto a tutti! Vorrei lasciarvi con una frase che sintetizza la mia
concezione di miracolo:
I miracoli esistono e sono miracoli
perché capitano una volta ogni tanto, perché sono qualcosa di insolito,
qualcosa che non capiamo, perché sono un'eccezione alla regola del non-miracolo.
-- Tiziano Terzani