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Autore: Deirdre_Alton    09/05/2011    2 recensioni
Galahad ripensa alla sua vita. Quando fu chiamato a Camelot da Re Artù e dovette abbandorare il monastero in cui è cresciuto, lontano dalla madre e dal padre che non gli hanno mai mostrato l'amore di cui aveva bisogno.
(Il titolo del racconto deriva da un pezzo dei Placebo "I'll Be Yours")
Genere: Avventura, Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Altri, Bedivere, Mordred
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 34

Il prato che scendeva fino alle acque del lago era rosso, cosparso di uomini caduti in battaglia. Trattenni a stento un conato di vomito di fronte a quei corpi mutilati, i corvi già stavano studiando il campo.
Vedevo corpi tumefatti, che riconoscevo come amici e conoscenti, tutti erano passati per Camelot, non c'erano sassoni, stranieri. Alcuni di loro li riconoscevo solo tramite i colori del casato.
Cosa aveva fatto scattare quella carneficina? Come aveva potuto l'amico uccidere l'amico? Caddi in ginocchio, serrando gli occhi di fronte a tutto questo. Non potevo credere che fosse vero.
Dovevo essere pazzo.
La mia mente vaneggiava ancora nelle ombre della malattia data dalla fame, dal freddo, che mi aveva portato a trovare uno stupido vaso sanguinante. Quella cosa pesava come un macigno tra le mie mani tremanti.
Poi lo sentii.
Il rumore, come di un grosso sasso gettato nell'acqua.
Aprendo gli occhi vidi un cavaliere, Bedivere, che sorreggeva un uomo. Entrambi guardavano le onde del lago, lì dove il capitano aveva gettato qualcosa. Seppi che era Excalibur, che se ne andava da questo terribile mondo di morte e gemiti strazianti.
Gettai a terra i cocci, mio pesante fardello, caddero con un tonfo sulla terra scivolosa per il sangue.
«Gala... had...» vidi Gawain alla mia destra, fissava il cielo, il suo sguardo vacuo era ormai proteso alla vita dopo la morte. Mi chinai su di lui, gli scostai i capelli dal viso, cercai di pulirgli il volto.
«Vai... è... è... là...» mosse per un istante gli occhi verso l'alto, nella direzione dov'era Bedivere.
«Ma tu, Gawain hai bisogno di aiuto! Ci sarà qualcuno che...», lui riuscì a muovere un braccio e mi mise la mano sulla bocca.
«Taci. Vai.» Gli uscì del sangue dalla bocca, un tempo così sensuale ed ora piegata in una smorfia di dolore. Mi alzai a fatica, inciampai nel mio maledetto e sacro tesoro. Decisi di riprenderlo con me.
Bedivere aveva deposto l'uomo che aveva aiutato ad alzarsi, sentì i miei passi e sul suo volto disperato si disegnò lo stupore.
«Galahad! Mio signore è Galahad!»
Compresi che l'uomo a cui si rivolgeva era Artù. Ma mi fermai, non li raggiunsi. Quando il capitano aveva pronunciato il mio nome un gemito aveva sovrastato tutti gli altri.
Lui era lì.
Ed io avrei dovuto combattere al suo fianco, non cercare me stesso lontano da lui. Perchè io ero vivo solo dove lui viveva.
Mordred era a non più di cinque passi da Artù, caddi in ginocchio vicino a lui, era ferito ad un fianco ad alla testa.
Cosa dovevo fare? Cosa dovevo fare?
«Galahad...» parlare gli costava troppa fatica. Mi strappai la tunica e feci pressione sul suo fianco, gli si mozzò il fiato. Mi chinai e premetti le labbra sulla sua fronte fredda.
«Ci vorrà... ben altro che...» tossì sputando sangue, sentivo la mia mano umida del sangue che non smetteva di uscire.
«Mordred io-io sono con te ora. Andrà tutto bene. Tutto bene. Sono tornato, no?»
«Sei un... pessimo... bugiardo Galahad.» Sentii una sorta di fischio nella sua voce, gli spostai la mano che teneva sul petto, era ferito anche lì. Mi girava la testa. Non stava accadendo veramente, era solo un brutto sogno, un brutto sogno.
Lui tossì, mi guardò, gli vidi muovere le labbra.
«Sei tornato...» lo scosse un tremito.
In quel momento sentii lo sciabordare di un'imbarcazione. Era Nimue su una piccola barca a remi, c'erano due sacerdotesse con lei. Mi guardò in un modo così triste, i suoi occhi racchiudevano tutto il dispiacere del mondo. Scese con i piedi nell'acqua e mi raggiunse, tra i suoi capelli non c'erano più i bei fiori della primavera ma fili d'argento.
«Galahad io...» la sua voce era così giovane e titubante.
«Lo so» dissi io.
Guardò Mordred e scosse la testa. «Non posso fare nulla per lui. Portalo in un posto... migliore di questo. Sono venuta a prendere Artù.» Piangeva. Per quanto sapesse già, per quanto avesse già visto, piangeva. Bedivere mise il Sommo Re sulla barca. Lei e le sacerdotesse se ne andarono.
Io mi sedetti vicino a Mordred, respirava piano, gli strinsi la mano. Non c'era nulla che potessi fare ormai?
Bedivere si fermò dietro di me. «Hai trovato…?»
«Sì.»
Nessuno dei due sapeva cosa dire.
«Lancillotto…»
«No, Galahad devi sapere. Questo... tutto questo è stato un gran... malinteso.»
«Un malinteso? Mordred sta morendo e mi parli di un malinteso?» Ero furioso, sarei stato capace di uccidere il mio maestro a mani nude in quel momento.
Attese prima di parlare ancora.
«Ti spiegherò quando ti sarai calmato. Tuo padre ha avuto l'ordine da parte di Mordred di portare la Regina in un posto sicuro, all'abazia dove vive Loholt.» Guardavo solo Mordred, non volevo sapere nulla della Regina. «E con lei anche Amr, Melou e Melehan. Alcuni uomini del Duca Costantino li hanno seguiti. La Regina è salva all'abazia... Lancillotto è gravemente ferito, è qui da qualche parte... i bambini...» era incapace di proseguire.
«I bambini?» urlai. Mordred si mosse.
«Morti» disse in un singhiozzo.
«Morti» ripetei.
Era colpa mia. Avevo portato io Amr a palazzo, avevo convinto Mordred a dare una vita migliore ai suoi figli. Li avevo uccisi io. Fui scosso dal un pianto irrefrenabile. Mi stesi di fianco a Mordred e pregai, pregai per la salvezza delle anime dei caduti in quella guerra. Pregai per la mia anima impura.


Note: grazie infinite a chi legge e segue questa storia. Il prossimo capitolo sarà l'ultimo, spero che sebbene sia triste e sanguinolenta la seguirete fino alla fine. Grazie di cuore!

   
 
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