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Autore: Betti    10/05/2011    6 recensioni
E' il gran giorno.
Il matrimonio dell'anno.
Quello di Ziva... con Michael Rivkin.
Tony sta male al solo pensiero di queste nozze ma sa che ora è troppo tardi per poter sistemare tutto.
O forse...
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Anthony DiNozzo, Ziva David
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Ti farò vedere Tel Aviv

Ti farò vedere Tel Aviv

 

 
- E così domani è il gran giorno. –
- Già. –
- Sai? Non mi sembra affatto vero che una come te arrivi a… -
- Sposarsi? Neanche a me. –
Mi alzai dalla comoda poltroncina di velluto bordeaux e così lei, dopo aver finito il suo drink. Era il suo addio al nubilato e dopo che Abby e McGee se ne erano andati per preparare lettere e filmati commoventi alla sposa Ziva aveva deciso di rimanere con me nella hall del nostro hotel a Tel Aviv.
Noi due, soli.
Mentre la guardavo nel suo tubino nero mi tornò in mente come un flashback quella missione sotto copertura, molto tempo prima: il nostro primo e unico bacio era stato fantastico, poi eravamo finiti a letto insieme ma questo nessuno al lavoro lo sapeva. Tutta finzione, ci era bastato dire, e loro se l’erano bevuta senza fare domande.
Solo io e lei sapevamo che cos’era successo veramente, anche se la questione non era mai più stata tirata fuori.
Forse perché tenere segreta una relazione all’NCIS non era così facile, forse perché era la scappatella da una notte e via. Il problema però era il fatto che io avevo iniziato a vedere Ziva come qualcos’altro che una collega.
Per dimenticarla andai a letto con un’infinità di altre donne, mi fidanzai con Jeanne, ma lei era sempre lì tutti i giorni, al lavoro e nella mia testa; ed ognuna delle ragazze con cui ero stato doveva subire un muto confronto con lei.
Osservai ancora  una volta, come avevo fatto in tre lunghi anni, i suoi occhi, i suoi lineamenti perfetti e lo stomaco mi si strinse in un nodo che voleva ricordarmi che non era mia e non lo sarebbe mai stata.
Michael Rivkin, ecco chi aveva avuto il coraggio di portarmela via.
Ricordo ancora il giorno in cui Ziva e lui ci annunciarono la data delle nozze.
Era un caldo pomeriggio d’Aprile e lei era raggiante: indossava un vestito blu che le fasciava i fianchi e al suo anulare sinistro portava un anello. Quell’anello. Era una piccola fede d’oro bianco con un diamante azzurro chiaro incastonato al suo interno. Dire che le stava bene era banale; le sue graziose mani lo portavano con disinvoltura e ci giocherellavano ogni tanto. Quando i suoi occhi incontravano quel piccolo cerchietto d’oro si poteva notare una luce in quello sguardo da cerbiatta.
Stetti male quella domenica sera, dopo aver ricevuto la notizia. Non riuscii a dormire, così me ne andai in un pub per bere e cercare di dimenticare quell’orribile verità. Non riuscivo a digerire il fatto che lei e… lui si sarebbero sposati. Non si torna indietro, continuavo a ripetermi.
I giorni successivi furono normali, almeno all’apparenza: le giornate erano scandite da lentissimi minuti e la mia rabbia, o gelosia non saprei dire, cresceva sempre di più ogni ora che la data del matrimonio si avvicinava.
Passai i mesi a rimpiangere tutto quello che non avevo potuto, o semplicemente voluto, fare; ma il Destino mi aveva dato una possibilità lunga tre anni e io l’avevo bruciata. Ora il mio turno era finito, il gioco doveva continuare.
Mi sfogai con Gibbs una sera, a casa sua. Arrivai a piangere davanti al mio Capo, a mostrarmi debole per amore. Come al solito lui non parlò molto ma si limitò ad offrirmi una birra e a darmi una pacca sulla spalla. Forse non sapeva come reagire alle lacrime del suo agente anziano.
Non sapevo che fare, così non feci nulla. Aspettai che i giorni passassero e accettai la situazione, più o meno.
Tutti al lavoro si erano accorti che qualcosa non andava ma McGee, Ducky e Abby non mi chiesero nulla; forse per ordine di Gibbs, forse perché erano così perspicaci per capire da soli il mio stato d’animo.

 

***

 
Entrammo in ascensore in silenzio, la stavo accompagnando nella sua camera in quell’ultima notte in cui lei era libera, prima di legarsi per sempre al suo uomo.
Non sapevo se sarei andato all’evento, non sapevo in che modo avrei mandato giù l’ennesimo di una lunga serie di amari bocconi.
Il classico dlin ci annunciò l’arrivo al piano ed uscimmo da quella scatola rivestita da elegante moquette prima di incamminarci fianco a fianco verso la stanza 308.
Respirai profondamente prima di vederla strisciare la carta magnetica nella piccola fessura sulla porta della stanza; da quel momento davvero non sarei più potuto tornare indietro.
Lei si voltò, bellissima come sempre, e mi disse con un sorriso:- Allora, buonanotte. –
- Buonanotte. – Sospirai, cercando di sciogliere quel gigante groppo in gola.
Mi voltai  a testa bassa per attraversare il corridoio che portava alla mia camera il più in fretta possibile, quando mi dissi che non era vero che non potevo tornare indietro, che finchè lei non fosse stata la signora Rivkin tutto poteva essere cambiato.
Mi voltai di scatto ed alzai la testa: sapevo che cosa fare, meglio tardi che mai, mi dissi. Ripercorsi tutto il corridoio fino a che non mi fermai davanti alla porta della camera di Ziva; presi fiato e bussai: tre colpi. Né uno di più, né uno di meno.
Attesi qualche istante prima di sentire scattare la serratura e vederla materializzarsi con l’accappatoio in mano davanti a me, sorpresa:- Hai dimenticato qualcosa? –
- Forse. – Le risposi. Non sapevo se avevo dimenticato qualcosa che non mi ero mai preso, così le chiesi:- Posso entrare? –
- Certo. – Lei si scostò per farmi passare e sentii il suo profumo mentre entravo nella stanza.
- Allora… non so da dove iniziare. – Avevo troppi pensieri che mi affollavano la testa.
- Parti dall’inizio, sono sicura che potresti farcela. – Si mise a ridere: mi ricordava i tempi in cui flirtavamo senza ritegno in qualsiasi momento della giornata.
- Ecco… - misi in ordine le idee ed iniziai:- credo tu stia sbagliando. – Sputai velocemente. Appena ebbi pronunciato quelle parole notai il viso della mia collega impallidire e la vidi spalancare gli occhi, prima di sedersi sulle lenzuola bianche di seta.
- Che cosa? Di che cosa stai parlando? –
- Della tua vita. Ed io ho sbagliato prima di te. Ho sbagliato perché non ti ho mai detto quello che provo veramente e perché sono stato un vigliacco.
Insomma, ho lasciato che tu ti fidanzassi con qualcuno che non ti merita… -
- Tony, io… -
- Aspetta, lasciami finire. Diavolo credevo si chiamasse Bruce! Non ha la faccia da Michael e se lo sposi per far felice tuo padre sappi che non c’è alcun problema. Ti porterò in salvo, proverò a parlare con lui, gli farò capire che lui non è fatto per te. Ho sbagliato Ziva. Perdonami e dammi un’altra possibilità. Fammi tornare indietro. –
- Ma io voglio bene a Michael! Non posso mollare tutto, non posso ora! Sai per quanto tempo ti ho aspettato? Sai quanto ho sofferto quando ti vedevo telefonare di nascosto a Jeanne? Sai quante volte, vedendoti felice, avrei voluto essere io la causa della tua felicità? E ora arrivi tu, il giorno prima del mio matrimonio, a chiedermi di tornare indietro? –
- Ziva, perdonami. Ti prego. Scusa se mi sono accorto solo ora che ti amo. –
Afferrai la maniglia della porta ed uscii richiudendomela alle spalle. Ora sì che non si sarebbe più potuto tornare indietro. Una lacrima mi scese lungo la guancia mentre avanzai verso la mia stanza e mi ci chiusi dentro.
Presi a pugni il muro e mi sedetti sul mio letto prendendomi la testa tra le mani doloranti, consapevole anche questa volta di aver fallito.
Il tempo passò velocemente ed io ero ancora in quella posizione. Guardai la sveglia: erano le due del mattino. Chissà che cosa stava facendo Ziva. Probabilmente stava dormendo, doveva essere riposata se voleva essere perfetta il giorno più bello della sua vita.
Dopo qualche minuto sentii bussare e mi alzai, infilai un paio di pantaloni della tuta per rendermi presentabile poi aprii la porta: Ziva era davanti a me, gli occhi stanchi di una che non ha dormito, una canotta bianca e un paio di pantaloni blu del pigiama.
- Sei venuta per finire di insultarmi? –
- No. –
- Hai dimenticato qualcosa? –
- Non lo so. –
- E allora a che devo la tua visita in piena notte? –
- Stavi dormendo? –
- No, affatto. –
- Allora mi lasci entrare? –
- Certo. – Questa volta mi scostai io per farla passare e lei entrò. Sembrava tesa.
- Vuoi sederti? –
- No, va bene così. –
- Come preferisci. – Mi avvicinai al mobile bar e presi uno scotch. Tanto non avrei comunque dormito quella notte:- Vuoi qualcosa da bere? –
-  No, grazie. –
- Wow. O sei agitata e non vuoi farmelo vedere o, al massimo, hai fretta. Anche se non capisco perché tu ti sia scomodata a venire fin qui. Domani ti sposi, inizierai una nuova vita, ti lascerai il passato alle spalle. Potrai sorridere perché ti legherai per sempre all’uomo che ami. Insomma… -
- Tony, smettila. Sai benissimo che non sarà così quindi finiscila di recitare e lascia che ti spieghi. –
- Mi sembra che tu abbia già illustrato bene i tuoi motivi. Non c’è bisogno che tu…-
- Insomma la vuoi piantare? Ho sbagliato, lo so. Ma tu sai anche che io non ammetto mai i miei errori. –
- Non c’è bisogno che tu me lo dica ma… sbagliato su che cosa? Non su quello che ti ho detto prima… eri così dannatamente determinata.–
- Su l’uomo che amo. Non sai quante volte in questi ultimi mesi pensando al mio matrimonio collegavo automaticamente il viso di colui che avrei sposato con il tuo. Non sai quante volte avrei voluto tornare indietro. Ma non posso deludere tutti così è… troppo tardi. Tutti quelli che si sono fidati di me che vedono mandare in frantumi le loro speranze. –
- Non puoi rinunciare alla tua vita per far felici gli altri e comunque io mi fido di te; e anche Gibbs, Abby, Palmer e il resto della squadra. Quindi smetti di caricarti sulle spalle scelte che non ti appartengono, okay? –
- Non posso. –
- Oh, si che puoi. Puoi eccome… o forse non lo vuoi tu? –
- Io sono stanca di vivere per altri! –
- Lo ami? –
- Chi? –
- Rivkin. –
- Lo conosco bene. –
- Non hai risposto alla mia domanda; lo ami? Si o no? –
- Io, io non lo so. –
- E perché lo sposi? –
- Perché non dipende da me. –
- Sì che dipende da te. –
Mi avvicinai a lei di un passo, lei rimase però immobile.
- Che pensi di fare adesso? –
- Salirò su quell’altare e dirò si. È questo che devo fare. –
- Ma non è quello che vuoi. –
- A nessuno importa quello che voglio. –
- Avrei giurato che tu non ti saresti mai arresa, piccola ninja. –
- A quanto pare ti sbagliavi. –
Poggiai il mio bicchiere su un  tavolino accanto e me e feci un altro passo verso di lei.
- Tu che vuoi fare? – Mi chiese guardandomi con curiosità.
- Riguardo a? – Sapevo che si riferiva al giorno seguente ma volevo sentirglielo dire.
- A tutto. A te, a domani, a… noi. – Evitò di guardarmi negli occhi quando pronunciò quella parola.
Noi.
Tutto quello che potevano racchiudere tre semplici lettere. Tutto quello che avrei voluto scoprire racchiudesse quella sillaba. Noi. Una parola che non le avrei mai potuto dire.
- Sai come la penso. –
- Si può sapere perché devo sempre indovinare quello che ti passa per la testa? Domani sarò su quell’altare cazzo e l’unica cosa che potrebbe farmi tornare indietro sei… tu. –
- Non credo di venire domani, non so se riuscirei a sopportare la vista di te felice con qualcun altro che non sono io. –
- Non ho mai detto che sarò felice con Michael. –
- Andiamo, è la notte prima delle nozze e tra meno di sette ore ti sposerai. È l’incertezza finale, prima del “E vissero tutti felici e contenti”. O almeno quasi. Se domani non sarai felice te ne farai una ragione, imparerai a convivere con Rivkin, imparerai ad ovattare la sua presenza fino a quando non ti provocherà più fastidio e arriverai anche ad… Amarlo. –
- Non si amano le persone con cui si è abituati a stare. Quello non è amore. Si amano le persone che non smetterai mai di conoscere e implicitamente me la hai insegnata tu questa cosa. Spero non ti dimenticherai mai di me, Tony. –
- Come potrei anche solo provare a farlo? Sai che non accadrà. Tu pensa solo ad essere felice. – Sentivo gli occhi che bruciavano, sapevo che quella
sarebbe stata l’ultima opportunità mandata in fumo da troppo orgoglio.
- Credo di non potercela fare. –
- Sei forte, ci riuscirai. –
- No, Tony. No. Non lo sarò perché tu non sarai con me. –
Dopo queste parole mi si avvicinò e appoggiò le sue labbra calde e morbide sulle mie. Finalmente, mi dissi. Forse una piccola opportunità per tornare indietro ci sarebbe potuta essere.
La strinsi tra le braccia sentendola viva, mia. Capii che lei, solo lei mi sarebbe stata quella perfetta. Quella che non avrebbe dovuto subire confronti con nessun’altra. Lei, l’unica.
Le nostre lingue si intrecciarono, lei mi accarezzò i capelli, io le infilai una mano tra quei riccioli scuri sfumati di color cioccolato.
Mi sfilò la t-shirt, io feci altrettanto con la sua canotta a costine. Ci togliemmo i pantaloni della tuta a vicenda: eravamo in intimo io e lei, sul mio letto, la notte di un addio al nubilato. Quello della donna che mi guardava negli occhi e che stava per fare l’amore con me.
Inspirai profondamente il suo dolce profumo: Alien mi pareva si chiamasse, me lo aveva raccontato una mattina.. Ma non era il momento di pensare al nome del suo profumo, mi limitai ad inspirarlo e godermelo; Ziva poggiò le sue labbra sull’incavo del mio collo e vi lasciò un bacio che scottava sulla pelle.
Facemmo l’amore per ore, poi Ziva si addormentò abbracciata a me, alle sei del mattino: io e lei, nient’altro. Solo il rumore del traffico giù in strada, le prime luci che si accendevano, il sole che sorgeva sopra di noi.
Poi chiusi gli occhi.

 

* * *

 
Mi svegliai rilassata per la prima volta da una settimana a questa parte anche se sapevo di non poterlo essere. Aprii gli occhi e mi resi conto in che razza di situazione mi ero cacciata la notte precedente: avevo fatto l’amore con Tony. Era semplicemente una cosa impensabile, specialmente la sera prima delle mie nozze con Michael.
Non potevo averlo fatto.
Avevo due scelte, anche se entrambe avrebbero portato qualcuno a soffrire, ed io odiavo scegliere per gli altri: la prima era andare al matrimonio e fingere che tutto andasse bene; confermare la scelta che avevo fatto mesi prima e sposare Michael anche se avrei fatto soffrire l’uomo che amavo. La seconda era rimanere con Tony, essere felice, farmi ripudiare da mio padre e creare scompiglio nel Mossad.
La scelta con il cuore l’avevo già fatta, quella con la ragione però mi indusse ad alzarmi da quel letto caldo, a staccarmi da quel corpo che combaciava così bene con il mio, a rinunciare ancora una volta alla mia felicità per appagare un padre che non mi considerava… Sarei dovuta andare su quell’altare e dire sì. Nient’altro.
Scostai le lenzuola e mi alzai controvoglia, una piccola e impertinente lacrima scivolò lungo la mia guancia senza che io potessi trattenerla. Presi i miei vestiti, li infilai come un automa e detti un bacio a Tony prima di salutarlo:- Promettimi che non ti scorderai mai di me, ti prego. – Sussurrai sulla sua fronte prima di voltarmi e raggiungere la porta della stanza.
- Sai che non posso farlo. – Sentii bisbigliare.
La impastata dal sonno di Tony mi fece voltare e lo guardai con le lacrime agli occhi… Perché la vita doveva essere così ingiusta con me?
- Non te ne andare, ti prego. Sistemeremo tutto. –
Si alzò anche lui e mi raggiunse, per cingermi tra le sue braccia.
- Non voglio che tu te ne vada, non ora. Nessuno potrà farti del male, te lo prometto. Parlerò io con tuo padre ma, per favore, non andartene. So che
non saresti felice con lui. Ti prego Ziva, segui il tuo cuore una buona volta. –
- Hanno ragione quando dicono che mi sono rammollita. –
- A me vai benissimo così, piccola ninja. –
Mi sedetti sul pavimento e Tony vicino a me. Poggiai la testa sulla sua spalla e respirai quel suo profumo così inconfondibile.
- Promettilo. –
- Che cosa? – Gli chiesi.
- Che non proverai mai più a lasciarmi così. Dimmelo prima, semmai. –
- D’accordo. E tu dovrai smetterla di ciondolare dietro a ogni sottanella che ti passerà davanti. –
- Gonnella. –
- Cosa? –
- Si dice gonnella. –
- Oh, sì, dai è uguale. –
- Credo tu debba avvisare qualcuno della tua assenza. Ti staranno aspettando da almeno mezz’ora e non è carino, soprattutto se all’appello manco anch’io. Basterà fare due più due. –
- Giusto. Chi chiamo?-
- Gibbs… Abby… McGee… No, Abby. Lei capirà sicuramente. –
- D’accordo, vada per Abby. – Composi il numero e dopo tre squilli la voce inconfondibile della nostra scienziata irruppe nel mio orecchio.
- ZIVA! Si può sapere dive cavolo sei finita? E per di più manca anche Tony! Non so che cosa vi sia successo ma qui è il caos: tuo padre che non la smette di ciondolare avanti e indietro in preda all’ansia, io che sono agitatissima perché temevo ti fosse successo qualcosa, McGee con quel suo vestito scuro sta sudando come una fontana e Rivkin è furioso. Insomma, crede che tu sia con Tony! Io gli ho spiegato che non può essere affatto così, che tu saresti arrivata da un momento all’altro e che qualche minuto di ritardo era la consuetudine! Mio Dio non ci capisco più niente, dimmi che sarai qui tra poco. –
Le urla si sentivano talmente bene che Tony non poté fare a meno di sorridere darmi un bacio sul collo. Sorrisi anch’io.
- Abby, Abby… No, mi dispiace. Non ho intenzione di venire, oggi. Non sono pronta a sposarmi, tanto meno con Michael. –
- Coosa? Sei invitata a darmi delle spiegazioni, signorina! –
- Ecco… Vedi… Io e Tony. Diciamo che… questa notte abbiamo avuto modo di chiarire un po’ di cose. –
- SIETE ANDATI A LETTO ASSIEME? –
- Non urlare, Abby! Mio padre potrebbe ucciderti! Comunque, sì. Ti prego non ammazzarmi quando ci rivedremo ma avevo bisogno di schiarirmi le idee prima di sposare qualcuno e non poter più tornare indietro. –
- Oddio ma è fantastico! Ziva, finalmente, finalmente! Gibbs… vieni qui! –
- No! Non dirlo a Gibbs!  -
- Il Capo mi ucciderà a suon di scappellotti! – Tony si mise una mano sulla nuca e io non potei fare a meno di mettermi a ridere mentre ascoltavo Abby che scongiurava il Capo di sistemare la situazione.
- E va bene. – Sentii bofonchiare prima di dire a Abby:- Ascolta, sistema un po’ la questione. Grazie, ci vediamo. –
Chiusi il cellulare prima di voltarmi verso Tony.
- Che si fa? -  Chiese divertito.
- Adesso ci sistemiamo, sentiamo come è andata con Michael e poi… Ti farò vedere Tel Aviv. –


Sara's corner:

Tadà! Sono tornata! Avevo promesso che non vi avrei mollato.
Uh, questa volta non so dire bene come mi è venuta. Anche se sono abbastanza soddisfatta del mio lavoro. ^^
Come vi sembra? Un po' OOC? Non lo so, non riesco a capirlo. fatemi sapere per favore.
La stanza 308 è voluta... Puntata 3x08 "Assassini", la mia preferita e Tony credeva davvero che Michael si chiamasse Bruce. Se non vi ricordate ve lo assicuro io. :)
Non so più che dire... Potrei andare a nascondermi fino a che non avrò una vostra risposta...
Vi aspetto.
Un bacio giga a tutti quelli che mi seguono sempre,
Sara. ^^
  
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