Fanfic su artisti musicali > Beatles
Ricorda la storia  |      
Autore: silent cloud    11/05/2011    4 recensioni
Scritta su misura per un batterista dagli occhi blu, e una ragazza senza l'anello matrimoniale.
Seduta sulla panchina di legno c'è una vecchietta dai capelli bianchi, di quelle che non esitano a conficcarti un ombrello tra le costole pur di riuscire a salire per prime su un autobus.
In piedi in un angolo, invece, c'è una giovane con due bambini che le corrono intorno urlando "Tu tuuuu, arriva il treeeno!!!" , mentre lei li guarda sconfortata.
Genere: Fluff | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Nuovo personaggio, Ringo Starr
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
 

 

 

Yes, I'm certain that it happens all the time
 

 

Beh, prendere la metro non mi è mai piaciuto.
Innanzi tutto là, sotto terra, non c'è verso di capire se sia giorno o notte, se piova o ci sia il sole.
Solo l'odore te lo fa intuire, l'odore delle persone appena scese, l'odore di caldo o di pioggia che si portano dietro.
Ecco, un'altra cosa che detesto della metro è l'odore. Quell'odore forte, che spesso ti rimane appiccicato addosso fino a qualche minuto dopo che sei riemerso in superficie, non saprei bene come definirlo.
E' odore di stantio, di umido... di provvisorio, ecco.
Già, perché più che nelle stazioni o che negli aeroporti nella metropolitana si sente, si percepisce l'andirivieni di corpi concentrati nelle loro stupide riflessioni, che passano sulle stesse mattonelle consumate tutti i santi giorni, senza chiedersi il perché delle loro azioni.

La metropolitana è un aborto, uno stupido aborto, figlio menomato di un autobus e di un treno.
Gli autobus rossi di Londra hanno un modo tutto loro di muoversi, arrancano placidamente lungo le vie affollate della città, così come i treni ti cullano grazie alla loro confortante velocità.
La metro invece non ha né la tranquillità degli autobus, né la rapidità dei treni. E' inutile.
Come se non bastasse, ogni volta che la prendo, ho il maledetto terrore di cascare dal marciapiede e di non riuscire a risalire in tempo...
Senza contare poi che ormai ovunque vada, anche se indossassi una parrucca bionda, verrei subito riconosciuto da tutte le ragazze nel raggio di un chilometro.
E non posso certo permettermi che questo accada, almeno non là sotto, NO! Ci vuole così poco a inciampare e scivolare sulle rotaie!
"Sarà che il mio naso non rischia di sbilanciarmi ad ogni passo che faccio, ma io mi sento perfettamente a mio agio!"
Stupido John. Va bene, il mio naso è un po' grande ma poi ci si abitu... oh, al diavolo! Gliela faccio vedere io, a John!

Il ricordo del sorrisetto strafottente del mio amico mi riscuote un poco e, accorgendomi di essere ancora fermo davanti al grande cartello con scritto UNDERGROUND, mi convinco a sollevare, seppur con riluttanza, la valigia.
In un modo o nell'altro a Liverpool ci dovrò pur arrivare, no? E se perdessi il treno, dovrei tornare indietro.
Con la metro.
Quest'ultimo pensiero mi scaccia ogni incertezza, mi decido a scendere quelle maledette scalette.

Non appena arrivo in fondo storco il naso, stizzito di essere là, preferirei essere ancora nel mio letto caldo, ma devo darmi una mossa, o addio treno. Quindi mi incammino lungo i corridoi affollati verso la linea 8, quella che, se Dio vuole, mi porterà il prima possibile alla stazione di King's Cross.
Oltre a me, ad aspettare il metrò, ci sono altre cinque persone.
Sbuffo, mi sistemo meglio la sciarpa sul naso e alzo il bavero del cappotto.
Lancio un'occhiata in giro: una di queste cinque persone è un giovane uomo in giacca e cravatta, dalle labbra sottili, uno di quei classici tipi che potrebbero benissimo avere un nome banale come "Mr. Wilson".
Seduta sulla panchina di legno c'è una vecchietta dai capelli bianchi, di quelle che non esitano a conficcarti un ombrello tra le costole pur di riuscire a salire per prime su un autobus.
In piedi in un angolo, invece, c'è una giovane con due bambini che le corrono intorno urlando "Tu tuuuu, arriva il treeeno!!!" , mentre lei li guarda sconfortata.

Il metrò arriva sferragliando.
Gli lancio un'occhiata sconsolata. Definirlo stra-pieno sarebbe un eufemismo. La vecchietta non si smentisce, mi spinge con forza per riuscire ad arrampicarsi sul il vagone prima di me, borbottando qualcosa a proposito della maleducazione dei giovani d'oggi.
La giovane donna con i due bambini è in piedi accanto a me, o per meglio dire contro di me, tanto poco è lo spazio a disposizione.
Adesso ha preso in braccio il bambino più piccolo, di due anni circa, mentre l'altro, che avrà più o meno l'età del piccolo Julian, è aggrappato alla sua gonna.
Il suo viso è vicinissimo al mio, e questo mi dà modo di osservarla attentamente.
In effetti è veramente molto giovane, poco più che una ragazza. Non deve avere più di venticinque anni, anche se ha due accenni di rughe agli angoli della bocca. I suoi capelli sono di un castano ramato, lunghi e ondulati, gli occhi sono verdi e grandi, controlla i figli con un sorriso d'amore spossato.
E' indubbiamente molto, molto bella.

Mi accorgo, osservandole le mani affusolate, che non porta la fede matrimoniale.
Divorziata? Vedova? Ragazza madre di due figli avuti da padri diversi?

Sotto la sciarpa, mi mordo un labbro.
Ripensandoci bene, una cosa che mi piace dei metrò c'è: gli innamoramenti fugaci.
Vorrei tanto poter chiedere la sua storia a quella giovane e bella madre, e se fosse sola, non esiterei un attimo a rivolgerle la parola. Ma ha due figli da controllare, non si metterebbe certo a perdere tempo con me.
Ecco, a proposito dei figli, entrambi le somigliano molto.
Il più grandicello, quello che suppergiù ha tre anni, ha grandi occhi verdi e i capelli castani, l'altro è biondo e con gli occhi neri, ma ha lo stesso profilo della madre, con la punta del naso leggermente all'insù e la bocca "a cuore".

Ridacchio, coperto dalla sciarpa. Proprio stamattina Paul, nel sonno, ha mugugnato: "Ma non puoi lasciarmi! Insomma, ho la bocca a cuore!"
Il bimbo mi guarda con i suoi occhi profondi, forse si sta chiedendo se sono stato io a sghignazzare.
All'improvviso, con un sorrisone di denti di latte, allunga una manina verso di me.

NO, BIMBO, NO! Ti prego, ti prego, ti prego, non lo fare!

Troppo tardi. Gorgogliando, il piccolo si aggrappa alla mia sciarpa e la tira giù.
Cazzo.

La ragazza si volta dalla mia parte, mi lancia uno sguardo interrogativo.
Poi, scoppia a ridere, con la bocca aperta in sorriso in tutto e per tutto simile a quello del figlio minore.
Qualche testa qua e là si gira.
Impacciato, cerco di coprirmi nuovamente il viso, e allo stesso tempo sussurro "Ssssssh" alla giovane mamma, che ha perfettamente capito cosa intendessi dirle, e adesso sorride e basta, con uno sguardo di una dolcezza inaudita.

Rimango immobile, a guardarla negli occhi, a respirare il suo profumo di sapone e bambino. Giuro sulla mia testa che non scambierei questo momento con nessun altro.

"RINGOOOOOOOO!!!!"

O cazzo. Sono fottuto, letteralmente. Una stupida ragazzina, una di quelle tipette tutte codini e chewing-gum mi sta indicando, dall'altra parte del vagone.
Terrorizzato mi guardo intorno.
Si sta facendo strada, e con lei ce ne sono altre tre o quattro, fatte con lo stampino.
Ok, se riescono a prendermi è la fine. Non me le tolgo più di dosso, mi lasceranno in mutande in mezzo alla gente.
Sono in preda al panico. Mi guardo intorno, guardo la ragazza dagli occhi verdi.
Mi immagino di baciarla e poi fuggire da una finestra, come in quei vecchi film degli anni Quaranta.
Peccato che sia su uno schifoso metrò nel cuore di Londra, che non conosca minimamente la giovane in questione, e che se non mi sbrigo, quelle marmocchie mi faranno a pezzi.
Ad un tratto le porte del vagone si aprono.
E' l'ultima speranza. Afferro la valigia e esco fuori sul marciapiede. Le porte si richiudono di scatto, e vedo le ragazzine spiaccicarsi contro il vetro, come noi quattro Beatles nella scena di A Hard Day's Night.
Guardo tristemente il metrò che si allontana, con la giovane mamma che tanto avrei voluto conoscere che si dirige verso non so dove.
Mi avvio lentamente verso l'uscita, ormai è inutile cercare di arrivare al treno per Liverpool in tempo.
La valigia sembra essersi fatta molto più pesante, sarà la tristezza che mi sta invadendo sempre di più.
Certo però che la tristezza sta rendendo la valigia un po' troppo pesante.
Mi giro a guardarla.

Cristo Santo. Questa non è la mia valigia. E' la sua, la sua! Chissà che non ci sia scritto il suo nome dentro, così potrei riportarla alla proprietaria e conoscere lei e i due bambini, e vedere la sua casa. Sono sicuro che quella ragazza ha una casa bellissima, da qualche parte nella campagna londinese, con dei fiori alle finestre, e un giardinetto...



Non l'ho più rivista.
Dentro la valigia solo vestiti, alcune foto. Una lettera, senza indirizzo. Consegnata a mano, e datata 1963.
Nella lettera, che indiscretamente ho letto, un certo Anthony si scusava con una certa Susan, e adduceva le motivazioni della sua prossima partenza, e diceva di crescere bene Sean e Reece.
E quindi lei, lei si chiamava Susan. E aveva i capelli castani ondulati, e grandi occhi verdi.
Per circa un mese, tutte le volte che mettevo il naso fuori di casa mi guardavo intorno speranzoso, immaginando di vederla sbucare da qualche negozio, e di correrle incontro.
Poi ho smesso, e ho ricominciato a vivere nella realtà.

Ogni tanto, ancora adesso che sono passati tre anni, mi piace fermarmi un attimo, accendermi una sigaretta e pensare come sarebbe stata la mia vita se le avessi parlato prima, o se nella valigia ci fosse stato un documento, un indirizzo, qualcosa.
Non riesco mai a trovare una risposta. Dovrei vivere due volte per saperlo.

 

Ma alla fine, va bene così.
Perché l'immaginazione è sempre meglio della realtà, è questa l'unica vera lezione che va imparata nella vita.

E anche solo il ricordo di quella sua risata scrosciante, cristallina e infantile, mi fa credere di conoscerla meglio che se ci avessi fatto all'amore un milione di volte.



----

Ringrazio chiunque per la lettura, io me ne torno nell'oscurità.
Adieu, GP.

   
 
Leggi le 4 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Fanfic su artisti musicali > Beatles / Vai alla pagina dell'autore: silent cloud