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Autore: crimsontriforce    12/05/2011    1 recensioni
I nomi degli eroi che sconfissero Sin sono scavati come un mantra nella pietra dei templi: Yunalesca, Gandof, Ohalland, Yocun, Braska, Yuna. Degli altri pellegrini restano solo orme erose dal tempo.
Ultima tappa per un evocatore e il suo guardiano, una possibilità inesplorata fra tante.
Le storie di Spira finiscono sempre allo stesso modo.
3.3: Sotto una coltre di stelle. Così finisce.
Genere: Avventura, Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altro Personaggio, Yuna, Yunalesca
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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...un po' mi mancheranno i sensi di colpa ogni volta che la vedevo in cima alla cartella. Ci avevo quasi fatto amicizia, va'.





Sotto una coltre di stelle



Corse con tutta la forza che gli era rimasta in corpo, con l'aria che bruciava nei polmoni, aria troppo fredda, troppo morta, corse sentendo le ultime ferite riaprirsi e sanguinare appiccicandosi alla tunica strappata, corse fra edifici diroccati e stradine, sotto archi e sopra la polvere di dieci secoli. Corse con salti affannati e deviazioni improvvise, per confondere le tracce e presto confondendosi lui stesso. Corse fino a quando la vista si oscurò e inciampò fra le macerie e la notte di Zanarkand trapuntata di stelle gli pesò addosso intrappolandolo a terra. Tossì. Prese fiato.

Dov'era la strada che riportava fra i vivi? Era il Gagazet quello che torreggiava alla sua sinistra o una montagna più selvaggia, che aveva perso il suo nome? Sentì la frustrazione scendergli nelle vene: non sarebbe mai riuscito a tornare alla civiltà, non da solo, non sotto il peso di quel fallimento. Eppure proprio quello lo obbligava ad agire. Discendere fino alle terre dei Ronso senza provviste e senza guardia era impresa degna di un folle, ma non aveva scelta (e, quando la morte l'avesse colto, avrebbe saputo proseguire – l'esempio di Grion l'avrebbe mantenuto sulla strada) . Non c'era più 'Sert' ma solo un mucchietto logoro di obblighi, un'informazione da consegnare. Era più facile considerarsi così, senza dover fissare lo sguardo – ancora – sull'orrore da cui era fuggito. Un'informazione scomposta e confusa, ma ci avrebbe ragionato più tardi. Per il momento...

Sembrava aver seminato i suoi inseguitori, se mai ne aveva avuti alle calcagna. Si costrinse in piedi, appoggiandosi a dei resti metallici al centro della strada, e barcollò fino alla piccola piazza in cui quella confluiva, circondata da poco più che sagome tracciate al suolo dei palazzi di un tempo. Si poteva vedere, in lontananza, la linea buia del mare. Respirò a fondo mentre il silenzio della città gli premeva sui timpani.

Alle sue spalle giunse una voce marmorea.
“Da bambina correvo per queste strade.”
Raggelò.
“Diedi il mio primo bacio sotto quel portico. Da oltre l'angolo giungeva un profumo di dolci appena sfornati.” Yunalesca avanzava a piedi nudi, avvolta nei capelli con la stessa grazia con cui si era mostrata nel cuore del suo dominio. La sua pelle risplendeva sotto la luce delle stelle come lo spettro di un passato lontano; le lunghe ciocche candide toccavano terra dischiudendosi come radici ad assorbire l'essenza stessa di Zanarkand. Era l'essenza stessa di Zanarkand.
E lui aveva pensato di sfuggirle.

Gli parlò del passato, indicando spazi vuoti con le mani affusolate, di come conoscesse ogni vicolo e ogni percorso della città natale cui aveva donato il cuore. La vedeva inseguire fantasmi vecchi mille anni come se, ai suoi occhi, quella notte fosse ancora inondata dalla luce dei grattacieli. Soffriva. Era un mostro e non avrebbe smesso di vederla come tale, mentre faticava per reggersi in piedi e affrontarla da pari a pari, ma sentiva la solitudine che risuonava in ogni sua parola, riescheggiando fra le strade vuote con nessuno altro che lui ad ascoltarla, e si disgustò di se stesso nel sentirsi morbosamente affascinato dallo spiraglio che gli veniva mostrato su vite lontane e perdute.

“Comprendi il perché di questo racconto?”
Si avvicinò di pochi passi, seguita da un manto di luci danzanti e colori, frastuono vitale, riflessi. Ma era tutto morto da secoli. Sert cadde in ginocchio su una terra fredda e dura, la terra dell'oggi, dei fatti, che aveva da tempo perso la sua anima. Quello che Yunalesca invocava era scomparso per sempre.
“Perché?”, chiese con le lacrime agli occhi, senza trovare le forze di aggiungere che no, non capiva, perché insisteva sul passato? Perché non poteva lasciarlo andare – perché non aveva potuto lasciarli andare entrambi? Perché non si poteva conoscere tutto alla partenza e si rinchiudevano invece i segreti in quella tela di ragno distesa all'estremo delle mappe?
“Così tramando la speranza. Evocatore. Dovresti capire.”
“Con la richiesta di un sacrificio ignaro?”, si oppose con una voce flebile. “Posso portarla fra la gente, la speranza. Posso tornare fra loro, col Suo permesso. Sapere qual è il vincolo che sconfigge Sin sarebbe...” Sarebbe stato inutile, perché non aveva realmente capito quale fosse il senso e quale l'origine di tutta la sofferenza della sua terra, inutile salvo che per rinforzare fin da principio quel legame cui proprio in quel momento non doveva pensare o si sarebbe spezzato – Sert resta nel presente, si intimò, qui e ora, da solo, piangersi addosso può aspettare. Era sicuro, da qualche parte in fondo ai suoi pensieri, di aver ascoltato e osservato più di quanto riuscisse a collegare in un unico fascio di idee e che applicarvi della razionalità vi avrebbe gettato tutt'altra luce. Non lì, però, non in quel momento.
“Ma il sapere è crudele, evocatore. Uccide l'illusione. Ciò che dono a Spira non è la Calma, è quel che vi conduce. La speranza della morte di Sin culla le vostre vite; quella della sua vita, l'esistenza di Zanarkand.”
L'esistenza di Zanarkand? Sert corrugò la fronte. Un altro tassello inutile a macerare fra le sue conoscenze, soppiantato da altro, più urgente: l'ineluttabilità della voce di Yunalesca non lasciava spazio ad altrenative, non parlava di peccato e redenzione ultima, non prevedeva la fine di un ciclo. Rinnovava la speranza come valore autonomo, non essendoci di meglio cui aspirare.

“È davvero eterno, allora.” Rise piano.
“Non ha importanza per te.” I suoi capelli si mossero come sospinti dal vento, sollevandosi nell'aria notturna, ma non c'era vento: le ciocche serpeggiavano minacciose come pungiglioni, acquistando consistenza e tingendosi in punta di un nero malato.
Sert deglutì e alzò la testa, guardandola negli occhi. In ginocchio, con le spalle aperte e il collo scoperto, si vide infine come una vittima sacrificale di fronte al suo carnefice. Lo era sempre stato, fin da prima di cedere alle lusinghe della partenza, e come unica possibile conseguenza al termine del suo viaggio si trovava solo, esausto, di fronte ai resti ben più che umani di colei che già in vita aveva sconfitto Sin (come aveva pensato di poter riuscire nella stessa impresa?). E lui non era nemmeno un guerriero, solo un vasaio di Kilika che si era cullato in illusioni troppo grandi. Estrasse il pugnale che portava alla cintura, la sua unica arma, lo alzò puntandolo contro l'Alta Evocatrice e lo gettò ai suoi piedi con un gesto molle e sottomesso. Aveva lottato troppo. Restò in attesa con le palpebre socchiuse, mettendo a tacere tutti i sensi che gli urlavano di fuggire, reagire, fare.

Il colpo non giunse. Yunalesca avanzò fino a toccargli la fronte con due dita e accennare una carezza. La sua mano era gelida, vecchia e morta quanto le rovine che li circondavano, e Sert rabbrividì al contatto. Si morse un labbro, cercando il sapore del proprio sangue. Il tocco si trasformò in un richiamo e sentì la sua vita scorrervi attraverso, risucchiata fino a lasciarlo accasciare a terra senza forze.

Lasciò scoppiare una breve risata fra i respiri affannosi. “Avevo ragione. Non c'è un senso.” Un ultimo sforzo, Sert. Solo un ultimo sforzo.
L'evocatrice lo osservava dall'alto, senza lasciar scivolare la maschera d'impassibilità che si era incrostata sui suoi lineamenti artefatti. Negli ultimi istanti si chinò a sorreggerlo, con una fluidità che poteva sembrare dolcezza.
“Mi prenderò cura del tuo rancore”, gli sussurrò, tornando a sfiorarlo in viso. “Sei parte di Zanarkand, ora. Custode eterno dei suoi segreti.” Gli chiuse le palpebre
“Solo colori così nitidi... da accecarti...”

Si lasciò andare al suo abbraccio, all'aria fredda della notte, al vuoto, lasciandosi scorrere addosso tutta l'inutilità e l'ingiustizia e la solitudine e il fallimento e anche gli affetti, che non aveva più ragione di invidiare ai vivi. Sentì dei filamenti dolorosi legarlo ancora a terra ed erano l'immagine di Sin indifferente e vivo, l'incapacità di comprendere quella città dei morti, saluti mancati, parole da rivolgere, la guida austera di Yunalesca che rimescolava le sue ambizioni fino a renderle dense e mostruose.
Ti piacerebbe.
Sentì di essere in bilico, trascinato verso il basso da tutto ciò che di brutto aveva in corpo. Una massa scura di zanne e artigli serrava braccia e gambe, graffiandogli la schiena, ma Sert si era dato un turno di vantaggio e aveva deciso che sarebbe stato sconfitto secondo le sue regole. La ignorò fino a che non perse la sua presa.
Si lasciò andare ma c'era coerenza nel suo abbandono, guidata con l'intento ferreo di anni di pratica. Un ultimo sforzo, come aveva fatto tante volte per aiutare gli altri nel passaggio. Il mondo si scompose alle sue spalle in frammenti sempre più piccoli, sempre più lontani e insignificanti, fino a svanire in un bianco scintillante.

“È un tuo privilegio, evocatore”, disse Yunalesca sentendolo scivolare dalla sua presa. Piegò le labbra perfette in una smorfia. “Hai scelto bene. Porta i miei omaggi a Zaon”, aggiunse con una nota di tristezza, “ricordagli che il mio amore è eterno come il sogno del Nord.”
Era rimasta di nuovo sola. Il ciclo continuava immutato.

Eppure.









Interludio: la speranza è qui, ora, inizia, nulla è più vano


In quel momento, in acque fredde e non mappate, un blitzer cercava di distanziare ogni goccia d'alcool che avesse in corpo inseguendo furiosamente una palla nelle profondità dell'oceano. Il mare aperto era il suo ultimo rifugio, silenzioso e immutabile.
Non quel giorno.
L'onda cadde. L'acqua ribollì e si rovesciò e lo spinse verso il fondo, mentre la luce che filtrava dalla superficie veniva coperta da una sagoma scura. Persa ogni concezione di luce o buio, alto o basso, l'uomo trattenne l'aria che aveva nei polmoni, lasciò che il mare si calmasse e con movimenti controllati nuotò nella direzione in cui la spinta dell'acqua lo guidava. Ma non trovò la superficie che si aspettava, con aria fresca di cui riempirsi i polmoni. Non aveva nuotato verso l'alto. Ogni singola particella del suo corpo era attratta dalla massa nera al centro dell'onda, irresistibilmente, fino a che sentì la pelle staccarsi dai muscoli e i muscoli dalle ossa fino a diventare una cosa sola con quell'apparizione impossibile. Considerò l'ipotesi di essere ancora ubriaco, molto ubriaco.
Si passò una mano davanti agli occhi e la vide svanire in un frullio di luci colorate.
Sbronzo perso e solo oltre il litorale, ma che importava? Scoppiò a ridere, spargendo bolle d'ossigeno e inspirando un fluido denso che non era più acqua né nulla di reale. Se la sarebbe cavata. Se la cavava sempre. Non per nulla, era la stella degli Zanarkand Abes.

Grion sedeva su un tappeto di fiori sotto un sole nero, che era anche un mare caldo e accogliente e forse il nulla prima di un nuovo ignoto. Osservava attento ogni cambiamento, ogni fluttuazione. Osservava per sé e osservava per due, in attesa. L'onda giunse e lo colpì come uno schiaffo.
Quando sentì una serie di passi avvicinarsi la indicò senza voltarsi, facendo cenno con la testa al ritardatario di accomodarsi al suo fianco. Al di sotto, nel mondo concreto, l'onda si ritirava portando con sé il suo prigioniero. Il mondo si fermò col fiato sospeso, allineandosi tutto verso quell'unico punto imprevisto. Un cambiamento, l'inizio che non erano riusciti a donare a chi viveva di speranza. Un inizio che giaceva ben oltre la loro portata, come scoprirono contemplando l'altra città, sfavillante di luci e di segreti, ma che ebbero il privilegio di vedere svolgersi fino alla sua conclusione, quando una nave nel cielo guidò tutte le voci di Spira unite in un'unica canzone.
Augurarono buon viaggio a quel pellegrino. Da oltre un velo di luci fatue, restarono a osservare. Li attendevano tempi interessanti.
























Ghh... finite le revisioni. Scusate ancora i ritardi, sono stata pessima e sconterò la pena a suon di oneshot. :( Spero che il finale non abbia rovinato tutto, io e i tempi narrativi siamo... ancora in fase di convenevoli. Note:
@ invocare: il senso è sempre quello... ...trololololol...
@ attacco di Yunalesca: o hai Absorb. Comunque 'sta donna è una delusione, non ha un cappio di attacchi fisici, nella mia testa la scena era un po' diversa...
@ Jecht: Ogni tanto lo odio. Ho circa cinque versioni di questa scena, ognuna più densa e significativa e tutto dell'altra, ma non mi convincevano. Alla fine l'ho lasciato fare e CI HA RISO SOPRA e l'ha chiusa lì. ...ogni tanto lo odio. *va via mugugnando*
   
 
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