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Autore: Rei Ayanami    30/01/2004    2 recensioni
un'altra fic su Rei. a volte è difficile capire il proprio rapporto con un'altra persona... in modo particolare se non si capisce sè stessi.....
Genere: Romantico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Rei Ayanami, Shinji Ikari
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Una ragazza senza passato che vive minimizzando i suoi contatti con il prossimo

Dedicato a un essere che non è.

Dedicato a Rei Ayanami.

 

 

 

"Non devi dire… non devi dire più che tu non hai nient’altro. E non devi dire più arrivederci. Non devi salutarmi mai più in quel modo. Quella parola è così fredda… "

"Perché stai piangendo ?"

"Mi dispiace tanto. Il fatto è che in queste situazioni io non so come dovrei sentirmi…"

"Penso che dovresti sorridere…"

Il rumore del cantiere riecheggiava in tutto il vicinato scandendo il ritmo di ogni secondo, ogni singolo minuto di ogni maledetta giornata.

Un leggero raggio di luce entrò dalla finestra accanto al letto, illuminando il paio di occhiali rotti sul comodino; la luce filtrava dalla spaccatura della lente creando un riflesso abbagliante.

La ragazza sul letto socchiuse i grandi occhi rossi sbattendo le palpebre.

Ormai si era abituata a vivere nella penombra: quella del suo spoglio e freddo appartamento e, soprattutto, quella della sua anima.

Qualche secondo dopo il riflesso si attenuò fino a scomparire nella montatura, facendola brillare.

La ragazza guardò il cuscino sporco di sangue e fece una smorfia; poi lanciò un’occhiata allo scatolone pieno di bende sporche accanto al comodino e chiuse gli occhi.

Quelle immagini la rimandavano indietro, e ne richiamavano alla mente altre.

Una su tutte però appariva chiara e nitida, si sovrapponeva alle altre, le trasmetteva calore e sicurezza.

"Ikari", mormorò.

Il viso di Shinji la tormentava: ogni singola volta che chiudeva i grandi occhi rossi, lui era davanti a lei, e le sorrideva.

La prima volta che la toccò Shinji Ikari la strinse fra le braccia.

E lei non provò nulla.

La seconda volta che la toccò Shinji Ikari le cadde addosso.

E a lei non piacque molto.

Ma la terza volta… la terza volta la sfiorò appena.

Eppure, attraverso il plug suit, Rei Ayanami percepì il calore del ragazzo.

Era il calore di chi si preoccupava per lei, erano le lacrime di chi si era sentito il cuore sollevato nel vederla alzare la testa. Era successo anche un’altra volta, eppure lei non aveva provato quella sensazione nuova che l’aveva investita solo in quel momento.

Era successo anche un’altra volta, già. Sempre con un Ikari.

A dire la verità, con quello che fino a quel momento era stato l’unico Ikari.

Ma adesso non era più così.

Adesso il figlio aveva preso, senza che nemmeno lei sapesse quando, il posto del padre nell’animo di Rei Ayanami.

In quella cavità che hanno le bambole, ora sorrideva un ragazzo di nome Shinji.

Era una strana, piacevole sensazione.

Nella testa della ragazza risuonavano le parole che si erano detti quella volta, la terza.

Distingueva nitide nella mente le brevi immagini che le avevano aperto il cuore: le lacrime di Shinji, il suo caldo sorriso. Ed anche un altro sorriso… il suo. Rei Ayanami aveva sorriso ad una persona.

E non era il comandante Ikari.

Sapeva bene di non poter prendere la scusa di averlo visto, per un attimo, di aver sovrapposto il viso di Gendo con quello del figlio. Lei aveva sorriso a Shinji Ikari, tutto qui.

E adesso si stava convincendo che forse non c’era nulla di male.

Già, perché ora si sentiva bene, anche se le sensazioni che provava le stavano sconvolgendo il fragile animo.

Si sentiva confusa, rivedeva ogni attimo gli occhi di quel ragazzo che aveva pianto di fronte a lei, per lei.

Per quanto potesse ricordare, nessuno aveva mai pianto per lei.

"Nemmeno il comandante Ikari", pensò.

Il comandante Ikari… non sapeva più che cosa provava nei confronti di quell’uomo.

Quando la toccava, lei si sentiva a disagio; non le era mai successo prima. Il suo rispetto e, in qualche modo, il suo amore per l’uomo che le aveva dato la vita era sempre stato incondizionato.

Ma non inconsapevole.

Sapeva quello che provava per lui.

Sapeva che sarebbe stata legata a lui per sempre: bastava non chiedersi il perché.

Ora invece l’insignificante Shinji, il ragazzo insicuro e timoroso che non sembrava avere preso nulla dal padre, le sembrava più vicino… e le faceva male.

Quando si incontravano era come se il suo cuore riuscisse a sfiorare quello del third children, fino quasi a toccarsi.

Poi, però, la sua timidezza unita al carattere sfuggente di lui non permettevano mai che questo accadesse: e mentre Shinji non sembrava farci caso, la ragazza percepiva esattamente il vuoto enorme e incolmabile che c’era fra di loro.

E, insieme, percepiva che quel vuoto era occupato da qualcosa che il ragazzo sembrava non vedere.

Quel vuoto aveva un nome, e quel nome era Yui Ikari.

Rei non riusciva a comprendere, però, come anche quella strana sensazione che percepiva a volte, come se quel vuoto venisse momentaneamente occupato da qualcosa, potesse avere lo stesso nome.

Il vuoto… e chi riempiva quel vuoto, era sempre lei.

Yui Ikari.

Ma era come se fossero due donne diverse.

Shinji aveva vissuto la scomparsa della madre con rassegnazione; la morte della donna aveva lasciato dentro di lui un vuoto incolmabile.

Ed era questo che lui percepiva.

Rei, al contrario, aveva Yui Ikari dentro di lei.

Ma era la Yui dei tempi dell’università di Kyoto, la giovane donna che rivelava al professor Fuyutsuki che le sarebbe piaciuto metter su famiglia.

Come se fossero due entità diverse che, quando i due ragazzi si sfioravano, cercavano di riunirsi.

Un po’ come loro due, in fondo.

Sembravano tanto diversi, e invece erano così simili…

Era come se entrambi cercassero, anche se per motivi e vie diverse, di ottenere l’approvazione di quell’uomo con i guanti bianchi… come se, in fondo, i loro sentimenti non fossero poi così distanti.

Eppure Rei Ayanami era a conoscenza che questo non sarebbe bastato ad avvicinarli, anzi forse li avrebbe allontanati ancora.

Era una sensazione strana: non si era mai sentita vicina a nessuno tranne che a Gendo, ma non ne aveva mai sofferto.

Sapeva bene che non avrebbe mai potuto essere altrimenti, che non sarebbe mai stata vicina a nessuno.

Eppure, sapendo che il suo animo e quello di Shinji non si sarebbero mai toccati, la ragazza provava un sentimento che ancora non sapeva come descrivere; era come se sentisse il bisogno di avere accanto una persona che provava de sentimenti, una persona che potesse insegnarle… a vivere.

E quella persona non poteva essere Gendo Ikari.

Lui non ne era capace.

Rei si abbandonò stancamente sul letto e sospirò, scuotendo la testa.

Era inutile, non poteva non pensare che in fondo anche lei meritava di vivere… e di questo incolpava Shiinji.

Perché era così che doveva fare.

D’altra parte, se non lo avesse mai incontrato, o se lui si fosse comportato diversamente con lei, Rei non avrebbe avuto tutta quella confusione in testa, e non avrebbe fatto tutti quei pensieri pericolosi.

Perché per lei era impossibile pensare che un giorno il suo amore per Gendo si sarebbe trasformato in rabbia per non averle mai insegnato cosa volesse dire provare dei sentimenti, avere bisogno del calore umano, vivere insomma.

E invece…

I grandi occhi rossi si stavano chiudendo di nuovo.

Era stata una giornata dura, e cominciava a sentirne il peso.

Si portò le mani dietro la nuca e sospirò di nuovo, cercando con un ultimo sforzo di tenere gli occhi socchiusi ma invano.

Si mosse lentamente, girandosi su un fianco, e appena prima di abbandonarsi ad un sonno come di consueto senza sogni pensò che dovesse essere una fortuna vivere da sola.

In quel modo, avrebbe potuto piangere quando voleva, senza che nessuno potesse vederla.

Aveva pianto soltanto una volta prima, ma non poteva ricordarlo.

E per essere la prima volta che piangeva, pensò addormentandosi con una bianca guancia rigata da una piccola lacrima, non le sembrava poi tanto male.

 

 

 

 

 

  
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