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Autore: Grugi    13/05/2011    0 recensioni
Le migliori decisioni sono quelle prese al momento, senza pensarci troppo.
"Oh – penso – ecco come mi sento.
Sono un pesce, ottimo. Sono rinchiusa in questo squallore di città, sono triste ed ora sono anche un pesce."
Genere: Commedia, Generale, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 1 – I binari.
 
Lugano.
Se vi state chiedendo cos’è la riposta è “una città”. Non spaventatevi, non siete voi ignoranti, è lei ad essere timida.
Si trova in Svizzera. Sì, esatto, la patria del cioccolato, degli orologi e del paradiso finanziario e niente di meno che la patria dello Stronzo.
 
Lugano è una città strana; è piccola, ma allo stesso tempo grande. E’ noiosa, ma allo stesso tempo divertente. Potrei descriverla come un quieto posto in cui vivere, che ti sorprende esattamente nel momento in cui tu lo vorresti lasciare.
Lei è così, fa finta che di te non le importi nulla, ma alla fine ti fa affezionare a sé, alla sua gente, al suo lago e alle sue montagne. Lugano è niente e tutto come avrete capito.
Non so cosa mi fece scegliere questa città come meta, avevo semplicemente bisogno di andare via da Milano per qualche tempo.
Quella Milano che iniziava ad asfissiarmi insieme al suo grigiore, Milano che non era stata capace di tenermi legata.
Forse però non sono abbastanza chiara, forse dovrei raccontarvi bene cosa mi ha spinto a prendere la decisione che ha cambiato la mia vita..
 
Ancora una volta il 57 era in ritardo.
Non solo ero uscita dal lavoro in ritardo, non solo avevo litigato con una vecchietta che pretendeva di leggere un libro senza averlo pagato, ma il 57 era ancora in ritardo. Assurdo!
Le sfighe della vita, praticamente.
Sto odiando questa giornata con tutta me stessa, ogni mio neurone lancia epiteti poco carini (fidatevi, sono peggio di uno scaricatore di porto, cazzo!) contro chiunque ed ancora una volta quel dannato bus è in ritardo!

Sbuffando tiro fuori il mio tabacco dalla borsetta ed inizio a rollarmi una sigaretta.
“Mh-mh”
Un colpetto di tosse attira la mia attenzione, proprio mentre sto leccando la cartina; con la lingua ancora a penzoloni mi giro alla mia sinistra, dove noto un signore guardarmi con tanto affetto.
“Signorina, lo sa che certe cose non si fanno?”
Rotolo la lingua riponendola in bocca (l’immagine è dannatamente carina, lo so) e – con una faccia molto intelligente - prendo fiato per rispondere.
“Eh?”
Il signore (e ci faccio caso ora, sembra la vecchietta del lavoro in versione maschile, dannazione) alza gli occhi al cielo.
“Ho detto che certe cose non si fanno, signorina”
Punto primo: signorina? Smettiamola per favore, chiamami ragazza, no? Non chiedetemi perché, ma signorina.. oddio, odio questo termine. Detto da certa gente sembra un dispregiativo, e non lo è! (vero?)
Punto secondo: non sono sorda, questo l’avevo già sentito, ma cosa non si fa?
Di nuovo, faccia intelligente
“Scusi, ma non credo di capire a cosa si riferisce”
Il signore (sembra che io stia parlando di Dio, vero? Beh, non è così, lui mi avrebbe chiamata “ragazza”, ne sono sicura) storce le labbra in quello che dovrebbe essere un ghigno
“Ha capito perfettamente invece, quelle cose là, come li chiamate voi.. ah si, gli spinelli! Ecco signorina, non deve, non si può..”
Ah, ora si che è tutto chiaro, non devo farmi le canne, certo. Aspetta, ma io non mi sto facendo una canna, secondo me quello un po’ fumato è lui.
Lo guardo fisso negli occhi ed in un nanosecondo trasformo la mia di bocca in una smorfia che vorrei dicesse “Si, nonno, okay. Le canne si, ma non bucarti”.
Non rispondo comunque e finisco di leccare la cart..
Ah, ora si che è tutto chiaro. Il tabacco, la canna.
Cioè, la canna è il tabacco. Nono, non ci siamo ancora.
Il signorino ha scambiato il mio drum con una canna, bene!
Non m’arrabbio, non è la prima volta che capita e capisco che per alcuni la differenza tra un drum e una canna non sia così evidente.
Mi alzo, decidendo di andare a fare un giro fumando in tranquillità la mia sigaretta.
“Idiota” dico a bassa voce. L’ho detto che non mi arrabbio, giusto?
Non ho una meta, ma la fermata del bus è vicina alla stazione centrale, così decido di perdere un po’ di tempo osservando la gente che arriva e che parte.
Questo mi è sempre piaciuto, sapete? Osservare le reazioni dei viaggiatori, guardare coppie che si riuniscono o figli che partono, cercare di leggere le emozioni delle persone dal loro viso.
Non prendetemi per psicopatica, ma quando frequentavo il liceo io e quella che definivo la mia migliore amica avevamo ideato le “Missioni Malpensa” (o “Missioni Centrale” quando c’era poco tempo): partivamo – chiaramente saltando scuola – ed arrivavamo in aeroporto, dove ci sedevamo tranquillamente a mangiare una pizza guardando tutti. I miei migliori pomeriggi sono stati all’interno di un aeroporto. Patetico, lo so.
Anzi, il fatto patetico è che io lo faccia ancora adesso, a venticinque anni.
Il lupo perde il pelo, ma non il vizio, si sa.
Salgo le scale schivando valigie, persone e piccioni e mi dirigo verso i binari.
Altro fatto curioso: amo leggere le varie destinazioni ed immaginare di partire, ma credo che alla fine questo sia abbastanza comune. Nel caso in cui non lo sia.. assecondatemi per favore. Grazie.
Sono davanti al binario 12: Torino. Noiosa.
Ne salto qualcuno, binario 7: Genova. L’acquario, per favore no! E’ stato il mio incubo sin dalle elementari. Probabilmente già all’epoca avevo uno spirito animalista; mentre i miei compagni sbattevano (letteralmente, quante risate) il loro tenero faccino contro il vetro delle vasche, io pensavo a quanto quei pesci dovessero essere tristi, rinchiusi sempre nei soliti metri quadrati, senza possibilità di uscita.
Oh – penso – ecco come mi sento.
Sono un pesce, ottimo. Sono rinchiusa in questo squallore di città, sono triste ed ora sono anche un pesce. Forse però io ho una possibilità per evadere, basterebbe scappare e .. e vivere.
Mi fermo, accorgendomi di essermi allontanata dal binario Genova e decido.
La mia prossima città sarà quella segnata sul tabellone che mi ritroverò davanti, prometto.
Tre…
Due..
Uno.
Uno! Si, so che l’ho già detto, intendo binario 1: Lugano.

Lugano? Bella merda, ma una promessa è una promessa.






NdA:
First of all: ciao a tutti!
Se siete arrivati fino a qua: complimenti, io probabilmente non lo avrei fatto.
Visto che oramai avete fatto 30.. possiamo passare al 31 con un paio di precisazioni.
Questa storia nasce così, senza pretese. Potrebbe essere banale o potrebbe farvi emozionare.
E’ scritta di getto, in una delle mie tante notti insonni. Premetto che sono sotto esami, quindi perdonatemi il tutto xD.
Ecco i punti salienti:
1. Lugano. Sono italiana, nata e cresciuta nel Bel Paese. Sono anche terrona se proprio lo volete sapere. Da qualche anno però la mia casa è questo pezzo del Canton Ticino, Lugano. Io in questa città sono nata una seconda volta, ho conosciuto gente speciale e nonostante abbia ancora una casa in Italia, quando penso a “home sweet home” è Lugano a venirmi in mente. Per questo ho deciso di ambientare la mia storia qua, per condividerla con voi. Lugano è come l’ho descritta, è tutto e niente.
2. Il titolo viene da una strofa di un gruppo hip hop ticinese, i Metrostars (uno dei due rapper è Maxi B, magari l’avete anche sentito nominare). Vi metto il link per ascoltarla comunque; anche loro si sono affezionati a questa città:
http://www.youtube.com/watch?v=Yfy2Vgk6Wdc
3. Maledizione, non ho un 3.
Ah si, ecco: spero che non vi pentiate di aver perso qualche minuto leggendo questo capitolo!

Sono molto ironica, vi avviso, anche i miei personaggi lo saranno.
Il sarcasmo è il vero profumo della vita!
Chiedo anche scusa se il capitolo risulta corto, ma vorrei prima tastare le vostre opinioni!
So.. enjoy!

  
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