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Autore: CowgirlSara    15/02/2006    4 recensioni
Il ragazzo aveva riconosciuto la canzone, era un vecchio pezzo e la domanda che si poneva fu proprio la stessa che si fece lui quando vide una ragazza seduta esattamente nel suo angolo preferito: chi diavolo era quella tipa?!
Genere: Commedia, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Hanamichi Sakuragi, Kaede Rukawa
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Uh

Uh, la mia prima ff su Slam Dunk! Non sarà lunghissima, né molto elaborata, solo una piccola storia su come nasce un amore tra due adolescenti un po’ strambi… Spero comunque di aver fatto un buon lavoro, ma starà a voi dirlo! Aspetto i vostri commenti.

Gli splendidi e divertentissimi personaggi di Slam Dunk sono di proprietà del Signor Inoue, ma ce ne sono almeno due o tre di cui m’impossesserei volentieri… ^__- Tutte le canzoni usate sono di proprietà dei loro legittimi autori. Questa storia è scritta senza scopo di lucro.

Avvertenza: questa storia è scritta con un linguaggio classico da scuola superiore, quindi compreso d’insulti, volgarità, riferimenti sessuali e colorite parolacce. Chi si ritenesse offeso da questo tipo d’espressioni, prego, si esima dal leggere o, per lo meno, dal lasciare commenti inopportuni. 

Buon divertimento!


          = 1 =
= The Occasion =



Well, who are you? 
I really wanna know 
Tell me, who are you? 
'Cause I really wanna know 
Who are you? 
(Who are you? – The Who)


Il ragazzo allungò le braccia verso il cielo azzurro di quell’assolato pomeriggio, stiracchiandosi in un lungo sbadiglio; pregustava già il piacere di stendersi nel suo angolo preferito e saltare la prossima ora a favore di un pisolino. Ben presto, però, si accorse di un’interferenza esterna sulla musica che proveniva dalle cuffie del suo walkman; se ne sfilò una, infastidito.
La musica veniva da dietro la torretta delle scale. L’aggirò. Il ragazzo aveva riconosciuto la canzone, era un vecchio pezzo degli Who e la domanda che si poneva il gruppo fu proprio la stessa che si fece lui quando vide una ragazza seduta esattamente nel suo angolo preferito: chi diavolo era quella tipa?!
Lei era seduta con le ginocchia piegate e leggeva assorta, mentre il suo piccolo registratore sputava la canzone; batteva il ritmo col piede e, visto che la gonna della divisa le si era arrotolata, s’intravedevano chiaramente le sue mutandine nere. Kaede non poté fare a meno di dare un’occhiata più attenta in quella direzione; in fondo, se non voleva farsi vedere il sedere, poteva stare più attenta. 
La sua attenzione fu poi catturata da un particolare più in alto. Aveva i capelli di un colore violetto… decisamente violetto, ed un paio d’occhiali da sole con le lenti bordeaux.
Lui le stava davanti, ad una ventina di metri, la cuffietta ancora in mano e l’espressione più scocciata che si fosse mai vista. I rompimenti di coglioni non finivano mai e se c’era una cosa che odiava era cambiare le sue abitudini!
“Che hai da guardare, faccia di culo?” Gli domandò all’improvviso la ragazza, senza alzare gli occhi dal libro.
“Umpf…” Sbuffò lui, poi le diede le spalle e si avviò verso le scale.
“Hey!” Lo richiamò la ragazza alzandosi; l’altro mugolò di disapprovazione, ma, per qualche misterioso motivo, decise di non ignorarla, quindi si voltò.
Lei era abbastanza alta, per la media delle ragazze giapponesi, ma piuttosto secca, aveva un viso risoluto e occhi nocciola; sembrava che qualcuno le avesse gettato senza attenzione una manciata di lentiggini chiare sul naso dispettoso. Lo guardava senza timore, con le mani sui fianchi.
Lui, beh… lui era un ragazzo carino; preferiva non mentire a se stessa e confessare che lo aveva richiamato per guardarlo meglio. Uno spilungone, certo, ma proporzionato. Bel viso, anche se con un’espressione a metà tra lo strafottente e l’annoiato. Occhi blu… un punto in più!
“Hai visto le mie mutande…” Riprese la ragazza. “…almeno dimmi cosa stai ascoltando!”
Lui roteò gli occhi con aria scocciata, quindi, riluttante come se dovesse andare alla guerra, rispose. “Pink Floyd… gli Who non sono adatti al tetto…”
Lei spalancò gli occhi sorpresa. “Cavolo… non credevo che qualcun altro conoscesse certa roba, nella scuola…” Affermò stupita. “Quelli della nostra età, di solito… Hey! Aspetta!”
Ma il ragazzo non aspettò, si diresse verso la porta senza degnarla più di uno sguardo e lei rimase a fissare la sua schiena incredula.
“Per lo meno dimmi…” Fece, mentre lui spariva nella tromba delle scale. “…come ti chiami…”

Every little boy wants to learn to play guitar
So he can pick up all the chicks
And be a rock-n-roll star
(Blame it on the love of rock&roll – Bon Jovi)


Natsumi camminava spedita verso la palestra; quelle stramaledette pulizie del cavolo l’avevano ritardata troppo. Non che volesse far sembrare di tenerci più del necessario, a quel provino, ma odiava arrivare tardi. Quando spalancò con forza la porta della palestra, vide i ragazzi della band riporre gli strumenti. Si avvicinò comunque.
“Tu sei Mito?” Domandò ad un ragazzo coi capelli corti; gli altri la guardavano incuriositi.
Lui si girò, era carino, indossava l’uniforme della scuola. “Sì.” Le rispose.
“Ho saputo che cercate una cantante per la band.” Affermò.
“Beh… sì…” Fece lui, grattandosi la nuca. “Però, vedi…” Continuò imbarazzato. “…adesso è tardi, tra cinque minuti arriva la squadra di basket per gli allenamenti…”
“Avete trovato la cantante?” Chiese la ragazza.
“Ecco… no…” Rispose Mito, mentre osservava i capelli viola e gli strani occhiali della tipa in divisa scolastica.
“Allora cinque minuti sono sufficienti per un provino.” Replicò decisa lei, spiazzandolo.
“Ok…” Fece il ragazzo, annuendo intimorito.
“Questa è la base.” Fece Natsumi porgendogli un cd, poi si spostò verso il microfono.
Non è una che mette tempo in mezzo… pensò Mito, mentre inseriva il dischetto; la ragazza, nel frattempo si era sciolta la coda, ora si vedeva che le punte dei capelli erano nero pece. 
Partì la musica. Era un pezzo rock e questo rallegrò Mito, era il primo che sentiva in tutto il pomeriggio; un ‘altra canzoncina da idol e si sarebbe sparato un colpo. La canzone era tosta, con una batteria piuttosto muscolosa di base. 
Fin da come la ragazza aveva afferrato il microfono, lui aveva capito la differenza con le ragazzine passate fino ad ora, ma fu il ritornello a dargli la rivelazione. Questa ragazza magra dai capelli viola aveva la grinta di una vera rockstar e una voce aggressiva, graffiante e potente degna di un gruppo professionista. Sapeva cantare, cazzo!
Kaede Rukawa, appoggiato con indolenza allo stipite aperto della porta, aveva assistito a tutta la scena; inutile dire che l’aveva riconosciuta subito: era la pazza coi capelli viola che ascoltava gli Who sul tetto. Cresciuta a buona musica, a quanto pare.
“Mito non si è ancora tolto dalle scatole?!” Domandò sguaiatamente Sakuragi, piombando alle sue spalle; Rukawa roteò gli occhi infastidito, poi si girò verso di lui.
“Shhh!” Gli sibilò sul viso, con l’indice davanti alle labbra.
“Senti, brutto…” Reagì subito il compagno di squadra, ma l’altro gl’indicò col pollice l’audizione in corso; Hanamici si mise ad ascoltare e, poco dopo, si ritrovò rapito.
“Oh, ma non hanno finito?!” Tuonò Akagi, che quel giorno, nonostante gli impegni universitari, dirigeva gli allenamenti, infilando la testa dentro la palestra; fu zittito dagli “Shhh!” contemporanei di Rukawa e Sakuragi. Tacque, ma solo perché sconvolto dal fatto che quei due imbecilli avessero fatto qualcosa insieme senza prendersi a patelle.
La canzone finì in quel momento e Mito saltò su, avvicinandosi subito alla ragazza; sorrideva con occhi luccicanti e le tendeva la mano.
“Come hai detto che ti chiami?” Le chiese subito.
“Natsumi Hayashibara.” Rispose lei, stringendogli la mano.
“Benvenuta nella band, Hayashibara!” Si congratulò il ragazzo. “Noi proviamo tutti i martedì e giovedì prima degli allenamenti del club di basket.”
“Allora…” Fece lei, con un sorrisetto sbieco e divertito. “…ci vediamo giovedì.”
“Andiamo, sfaticati, negli spogliatoi!” Urlava nel frattempo Akagi. “È ora di cominciare, sbrigatevi fannulloni!” Continuò, spingendo dentro Rukawa, Sakuragi ed i compagni che si erano aggiunti. 
Natsumi raccolse la sua borsa e la cartella e, dopo aver salutato quelli della band, si diresse verso l’uscita. Passò accanto a Sakuragi, che guardò strano i suoi capelli viola, guadagnandosi un’occhiata acida della ragazza, prima che si rimettesse gli occhiali. 
Sulla porta, Natsumi sfiorò il braccio di Rukawa. Si guardarono. Continuarono a guardarsi. Non dissero nulla. Finché non furono lei fuori e lui dentro.

CONTINUA

   
 
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