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Autore: Lady_Iasmin    14/05/2011    3 recensioni
In una Londra ottocentesca dai toni dark, vi viene raccontata la storia una bambina maltrattata che una volta cresciuta, tormentata dai ricordi, decide di vendicarsi senza pietà...
"Una strage assurda ed irrisolta, due inquirenti incapaci, uno zio distratto, una bambina con un trauma incancellabile, una direttrice crudele, quattro perfide compagne, la sofferenza avvolta nel silenzio... questo è solo l'inizio di un'incubo."
Genere: Dark, Sentimentale, Thriller | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti
Capitoli:
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Londra, XIX secolo.


La pallida luce del sole nascente illuminava la capitale inglese. Un altro giorno era iniziato, ma per niente bene...
Gli abitanti del quartiere borghese si erano radunati, ancora in vestaglia, vicino a una casa. Erano sconvolti per la scoperta.
Una donna piange tra le braccia del marito, due signori in cappello a cilindro commettano l'accaduto. Un uomo che teneva le mani dei suoi due figlioli (un maschio e una femmina) chiese il motivo di tutto quel trambusto. Ma  un poliziotto gli disse allontanandolo: "Signore, allontanate la vostra prole da qui".
Dalla porta principale dell'abitazione, uscirono due inquirenti che trasportavano un corpo...

In quella casa era passato un mostro... un mostro che si è divorato un uomo e sua moglie.

Le vittime si chiamavano Gustave e Susan Sbury, trentasette anni lui e trentacinque lei, felicemente sposati da ben dieci anni. Sono stati trovati nel pavimento del salotto, crivellati di proiettili. Si pensa a un delitto passionale, a una rapina finita male, oppure… a una punizione. Infatti, Gustave aveva tantissimi nemici… le sue serate le trascorreva al pub a giocare d’azzardo. Vinceva spesso ma rispettava poco i debiti.

Una figura di una bambina vista da dietro guardava fuori dalla finestra, con le piccole dita che afferravano la stoffa delle tende scarlatte. Ma il silenzio venne squarciato da una voce maschile che diceva “Non capisci niente!”.                                                           
Incuriosita, andò a vedere. Mentre i suoi piedini nudi percorrevano ogni gradino delle scale, si sentiva discutere.         
Guardò a destra e notò che l’ispettore e un agente stavano litigando per il movente del delitto, mentre il fratello di Gustave, Francis, stava lì fermo infastidito da quel ragionamento. La calma ritornò quando loro si accorsero che c’era un altro presente nella sala…
…una bambina di circa nove anni. Era bellissima: aveva i lineamenti del viso che sembravano tracciati con un pennello, la pelle color porcellana, i capelli lunghi e neri come l’inchiostro e due grandi occhi grigio-perla orlati da lunghissime ciglia nere.
<< Chi è quella bambina? >> chiese l’ispettore.
<< È la figlia di Gustave e Susan, ovvero è mia nipote >> rispose Francis << è stata lei a lanciare l’allarme… >>
Lo zio ordinò a lei di raggiungerlo, ma quest’ultima, buttandosi nelle sue braccia, iniziò a singhiozzare.                                                         
<< Su, non piangere… ora mamma e papà sono in Cielo… >>
<< Povera piccola, >> commetta  l’agente << ha soltanto nove anni e il destino ha voluto che lei perdesse i genitori prematuramente… e che lei stessa li trovasse… >>
L’ispettore, commosso da quella scena, domandò alla bambina come si chiamasse.
<< Jane. Mi chiamo Jane Sbury. >>
<< Jane, ti giuro che noi troveremo il colpevole e lo puniremo come merita. >> concluse accarezzandole i capelli.
 
Passarono due settimane da quel giorno.
Jane era al cimitero, a depositare sulle tombe dei genitori dei fiori da lei stessa raccolti. Il vento autunnale, oltre a far svolazzare le foglie ramate, le sconvolgeva i capelli. Mentre osservava le lapidi, la sua piccola mente era invasa da molti pensieri. Si chiedeva, chi voleva la morte dei suoi genitori? Chi li odiava al punto di ucciderli? Sapeva solo che il suo papà aveva molte persone che gli stavano antipatiche, la mamma che gli diceva sempre di rispettare i debiti… quali debiti? Aveva anche i sensi di colpa di non aver sbirciato il volto dell’assassino… ma se in quel momento notte fosse uscita dalla sua stanza, avrebbe rimesso la pelle anche lei.                                                                                                                                       
Alzando lo sguardo verso il cielo, mormorò: << Spero che la polizia arresti il colpevole. Papà, mamma, un giorno avrete giustizia… >>                                                                                                                                                                                                    
All’improvviso, sentii  una voce che la chiamava: era lo zio che la attendeva davanti al cancello del cimitero in ferro abbattuto.                                                                                                                                                                                                                 
<< Jane, sbrigati, dobbiamo andare via! >>                                                                                                                                                              
La bambina sollevando la gonna del vestitino verde, lo raggiunse saltellando. Quando si fermò, chiese se ritornavano a casa. La risposta fu no. Ma dove dovevano andare, allora?       
Egli disse: << Ho deciso di portarti in collegio >>.                                                                                                                                          
Jane spalancò i suoi occhi chiari.                                  
<< Ma come zio… >> disse dubbiosa << perché vuoi mandarmi via? Non mi vuoi più in casa? >>  Lo zio si girò verso di lei e la tranquillizzò con un sorriso.                      << No, è per la tua educazione… ti troverai bene lì… >>                                                                                                                                        
Jane non doveva preoccuparsi: Zio Francis aveva deciso di mandarla in collegio per il suo bene… oppure no.

Il collegio era un edificio a due piani rettangolare con il tetto a forma di trapezio, recintato da un cancello in ferro a due ante.
Zio Francis accompagnò Jane lì, la salutò e la lasciò.                                                                                                                     
La direttrice del collegio, Mrs. Wanda Wrighton, una donna sulla quarantina, secca, capelli color miele raccolti in un chignon, orecchini d’ametista appesi alle orecchie e dall’aspetto autoritario, la condusse verso la camera delle altre collegiali. Mentre attraversavano il labirintico corridoio, le parole della direttrice riempivano l’aria immobile:                                                                      
<< Bene, Jane… questo collegio femminile è stato costruito per educare le ragazzine ed a trasformarle in giovani donne… come puoi notare, abbiamo molte stanze, ma per ora le ragazze sono poche. La “mia” educazione consiste in metodi più o meno severi…  ah, i tuoi sono morti, come mi spiace… >>.                                                                                                             
Mentre disse quest’ultima frase, trattenne un sorrisetto. Nel frattempo la bambina che teneva in mano la sua valigia osservava la carta da parati di un colore porpora molto malinconico a righe bianche e i quadri appesi ai muri.                                                                                                                                                
Quando si avvicinarono alla camera, Mrs. Wrighton chiese a lei: << Ci sono domande? >>                                                                      
<< No >>                
 La direttrice aprì la porta: << Bongiorno, ragazze >>                                                                                                                   
<< Bongiorno, Mrs. Wrighton >> dissero le presenti in coro.                                                                                                                                     
<< Come sapete, oggi doveva arrivare la vostra nuova compagna… ed è arrivata. Non proviene dall’aristocrazia come voi, quindi niente pregiudizi se potete… ah, dimenticavo: è rimasta orfana, cercate di essere gentili con lei… ragazze, vi presento Jane. >>                                                                                                                                                                                                                   
Detto questo, fece entrare Jane nella stanza. Lei si sentiva imbarazzata e osservò le collegiali: erano quattro ragazzine dai nove ai undici anni. La prima aveva i capelli biondo-castano e lisci con la frangia, un fiocco rosa in testa e le braccia conserte. La seconda era grassottella, coi capelli castani con lo sguardo da dura. La terza, che pareva la leader del gruppetto, aveva i capelli color ruggine, gli occhi nocciola e due nei vicino all’occhio sinistro, che la distinguevano dalle altre. L’ultima aveva i capelli raccolti in una coda da cavallo ed era nascosta dietro alla rossa. Tutte e quattro erano vestite con abiti eleganti. Soprattutto, non sembravano contente.                                                                                                                           
Quando Mrs. Wrighton le lasciò sole, le loro vere nature si misero allo scoperto.                                                                                                   

Jane, decise di rompere il ghiaccio: ingoiò la saliva, accennò un sorriso e tentò di presentarsi. Ma ricevette una spinta da parte della rossa. Quest’ultima disse in tono superbo mentre le altre ridacchiavano: << Zitta. La direttrice ha già detto abbastanza. Non ci siamo presentate noi: io sono Florence e loro sono Agnes, Beatrix e Paula. >>                                                                                                     
<< Tu vieni da una famiglia borghese? >> aggiunse Agnes (la ragazzina col fiocco) << Chissà come avrà pagato tuo zio! >>                                                                                 << I tuoi sono morti? Oh poverina… >> esclamò Beatrix (quella cicciottella) << Ma tu non ci impietosisci con questa storiella! >>                                                                                                                                                                                                                  
Tocca a Paula a dire la sua: << Ehm… hai una valigia di un brutto colore. >>                                      
<< Sta zitta Paula! >> la rimproverò Florence << Dici sempre delle frasi ridicole, come al solito… ragazze, diamo il benvenuto alla nostra cara nuova compagna… >>                                                                                                                                                    
Pronunciate quelle parole, le compagne circondarono Jane…
E’ scoccata l’ora di cena. Le compagne, sedute nella tavola della sala da pranzo, ridacchiavano sulla novellina.                                              
Mrs. Wrighton aspettava prima di dar il permesso di mangiare la zuppa. Si voltò e gridò: << Jane! >>                                                           
La novellina era arrivata con cinque minuti di ritardo. Lei iniziò a sgridarla: << Sei in ritardo per la cena! Cosa c’è, non hai il senso dell’ora? Un momento… >>                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                  
 Jane aveva dipinto in faccia un occhio nero. Mrs. Wrighton le chiese: << Cosa tu è successo all’occhio destro? >>                                   
Lei stava per aprire bocca, ma percepì lo sguardo minaccioso di Beatrix.                                                                                         
<< Niente, >> rispose << ho solo sbattuto contro la porta… >>                                                                                                                                 
<< Ora siediti! >> ordinò la donna.             
Jane si sedette in tavola con lo sguardo rivolto verso il basso, mentre le compagne ridevano nella sua zuppa raffreddata, era caduta una lacrima.
La vita al collegio divenne un incubo per lei. Le compagne le avevano puntato il dito contro decidendo che non era una di loro: la aggredivano, la insultavano, le facevano scherzi maligni, la umiliavano nei momenti di debolezza.                                                                                                     
Era Florence la vera “streghetta”, mentre Agnes e Beatrix erano le sue complici. E Paula? Era solo una semplice testimone. Dipendeva da Florence ed era sottomessa dalla “leader”.                                                                                                                  
Inoltre, Mrs. Wrighton si rivelò una donna crudele: le piaceva punire Jane per qualsiasi motivo con metodi brutali.
Il motivo? La ragazzina le ricordava una persona… Susan Spire, ovvero la signora Sbury. Era la sua rivale in amore, ma alla fine Gustave scelse la seconda… Jane assomigliava tantissimo alla madre e per questo, anche Mrs. Wrighton iniziò a maltrattarla.
Immaginate una scena dove la direttrice la punisce...
<< Ti sei comportata davvero male! >> le diceva mentre la colpiva con la chinghia.               
E le compagne ridacchiavano.
<< Che volete?? Volete assaggiare anche voi? >>
<< No... >>                  
La povera Jane subiva tutto, non si ribellava alle cattiverie che riceveva ogni santo giorno.

Sopportava e soffriva in silenzio.

Da quei maltrattamenti… nacque una ragazza nuova.
 
Un duplice omicidio assurdo ed irrisolto, due inquirenti incapaci, una bambina con un trauma incancellabile, uno zio distratto, una direttrice crudele, quattro perfide compagne, la sofferenza nascosta nel silenzio. Questo era soltanto...


 

L'inizio di un incubo

   
 
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