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Autore: rei22688    15/05/2011    0 recensioni
Quando il tuo cuore e la tua coscienza morale ingaggiano una battaglia all'ultimo sangue. Il ragazzo di cui tu sei perdutamente innamorata è proprio il tipo di persona che normalmente tu detesteresti: borioso, saccente e superficiale. Come fare in questi casi? Ovviamente ci si perde in un mare di pare mentali al limite dell'assurdo. Ecco la storia di una ragazza al centro di questa irritante esperienza...
Genere: Commedia, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Amore paranoico

Amore paranoico

Parte prima: Ma perché?!

Se avesse dovuto fare una classifica dei momenti più imbarazzanti della sua vita, quello sarebbe stato senz'altro il peggiore.
Non era certo da poco che lei e Ishida erano finiti per stare a contatto diretto, non era nemmeno da poco che si era accorta di essere ingenuamente, stupidamente e pericolosamente innamorata di lui.
E si trovava là, di fronte a lui, mentre entrambi si scervellavano per poter sistemare il lavoro che il professore aveva loro affidato.
Dentro di sé malediceva Naomi, che l'aveva abbandonata al suo triste destino per correre dietro a quel nerd di Nakagawa, manco fosse stato Mister Universo...
Malediceva anche Taro, che era corso a casa a fare ricerche sul nuovo treno super veloce di cui già da giorni si parlava in  televisione.
Malediceva Kyoko e Takeshi, il cui anniversario non poteva capitare in un giorno peggiore.
Malediceva se stessa, perché era cosciente del fatto che il ragazzo che si trovava di fronte a lei era uno dei più grandi stronzi egocentrici ed egoisti che la storia avesse conosciuto. Sapeva anche che lui, forse in parte, era consapevole di ciò che lei provava, del fatto che dietro alle figure ridicole che spesso e volentieri, anche a causa di una sorte avversa, si era trovata a fare di fronte a lui, ci fosse un qualcosa che le rendeva particolarmente patetiche, qualcosa che molto probabilmente avrebbe trovato incredibilmente comico una volta che ne fosse stato pienamente consapevole.
-Sarebbe apprezzabile se tu decidessi di mettere un po' di dedizione nel tuo lavoro... o almeno fingessi di farlo, invece di ammirare il circondario.-
Si riscosse dalle sue fantasie, incontrando il suo sguardo. Insopportabile! Quel sorriso scarsamente accennato, quegli occhi che ti guardano dall'altro al basso, dandoti la sensazione di essere almeno dieci gradini indietro rispetto a lui nella scala evolutiva. Odioso, borioso, irritante! Eppure così irresistibile...
Era frustrante notare come ogni volta che le rivolgeva la parola con quel tono da principino viziato il suo cuore avesse dei balzi pazzeschi, mentre le sue gote si tingevano di un imbarazzante rossore e la consapevolezza dei suoi sentimenti finiva immancabilmente per scavalcare l'istintiva antipatia che razionalmente provava per lui.
Sospirò: -Scusa... stavo pensando...-
Il suo sguardo scorreva veloce su quella pila di schede da riordinare: -Non ne dubitavo. Comunque ti sarei grato se ti rendessi partecipe dell'attività invece che passare il tempo a struggerti per la tua triste sorte.-
Già, la sua triste sorte. Quel coglione, con la sua parlata da professore pensionato vanaglorioso, aveva dato la definizione più giusta.
Non l'aveva mai detto neanche a Naomi, cercando invece di mettere l'accento su quanto gli atteggiamenti di lui fossero irritanti e ridicoli, passando la maggior parte del tempo ad insultarlo o a sfotterlo e rifugiandosi dietro un preteso odio nei suoi confronti.
Ma Naomi non era stupida. Più di una volta le aveva fatto frecciatine ambigue sul fatto che ne parlasse sorprendentemente spesso, per quanto si trattasse per il 90% di turpiloquio, lasciando bene ad intendere quali fossero i suoi sospetti sulla natura del suo interesse. Doveva essere grave la situazione, se era talmente evidente che persino Kyouko, da sempre impegnata a tempo pieno nella sua intensa cotta per Nakagawa, era arrivata ad accorgersene.
Fece una smorfia irritata; per quanto le piacesse, quel borioso secchioncello figlio di papà era incredibilmente irritante. Si sarebbe seppellita viva piuttosto che far sapere in giro della sua cotta per lui.
-Si, si... adesso mi rendo partecipe “professore”!-
L'aveva vista! Eccome se l'aveva vista! Quella smorfia di compiacimento, mentre si sistemava gli occhialetti da Harry Potter sul naso. La stava prendendo in giro, di nuovo.
Era sicuramente forte di una superiorità certificata, considerando il fatto che era da sempre uno degli studenti migliori dell'istituto e, pensò maledicendosi, anche uno di quelli più belli, con quella sua linea slanciata da principino delle favole e quel viso dalla bellezza efebica, in cui gli occhiali mettevano una giusta nota di virilità.
Sospirò. Come avrebbe mai potuto lei, piccola, rotondetta e paranoica studentessa, non particolarmente eccellente negli studi, sempre impiccata dallo studio durante le sessioni d'esame, poter ambire anche solo ad immaginare di poter stare con lui? Lui, che è sempre imperturbabile e brillante, di fronte alla sua goffaggine e fallibilità. Come aveva già da tempo deciso, se la sarebbe messa da parte e avrebbe dimenticato. Ma dimenticare era davvero difficile... Diede un altro sospiro.
-Qual'è il tuo problema?-
Ebbe un fremito, alzò lo sguardo, incrociando quello di lui, composto e sprezzante come al solito, con una nota di curiosità questa volta: -Cosa?-
Cogliendo l'ennesimo fallo di distrazione da parte di lei, lui sospirò: -Ti ho appena chiesto che problema hai Matsumoto...-
Sentire il suo nome pronunciato con quel suo tono cantilenoso, così tipico di lui, le diede un inspiegabile fremito. Strinse la mano che aveva appoggiato al tavolo, fatto che, per sua fortuna, il ragazzo non notò: -Ah... cos'ho? Beh non è carino fare certe domande ad una ragazza, non ti pare? Soprattutto in certi periodi...- finse un preteso rossore sul volto, cosa che non le fu molto difficile, considerando con chi si trovava.
Ishida alzò un sopracciglio, senza scomporsi minimamente: -Ah, capisco. Strano però... non avrei mai detto che fosse quello il tuo problema. Ti vedevo più che altro abbacchiata...- dopodiché riabbassò lo sguardo, aspettando comunque una risposta.
Un po' irritata da quell'insistenza, nonostante la scusa che gli aveva piazzato non ammettesse ulteriori repliche, la ragazza roteò gli occhi con aria vaga: -Beh sai... i giri di ormoni...-
Sistemato un altro plico, rialzò momentaneamente lo sguardo su di lei: -Ormoni?-
La piccola Ran dentro di lei si mise a gridare di furia: possibile che fosse così deficiente? Ma la mamma non gli aveva insegnato a non fare domande su certi argomenti ad una ragazza?
Già, ragazza... Dio solo sa se lui davvero la considerava tale. In fondo loro a scuola non facevano parte degli stessi giri. Lui faceva parte del gruppo dei “bravi”, dei principini di successo con le strade già ampiamente spianate dalla loro infallibilità e dai genitori danarosi. Lo vedeva sempre a parlare con studenti gli studenti migliori, spesso l'aveva visto conversare amabilmente con quell'inguaribile secchione di Nakagawa, o con quelli dell'ultimo anno, che avevano già una notevole considerazione per lui, nonostante fosse solo al secondo. Molto probabilmente quell'essere che si trovava di fronte a lui non doveva sembrare altro che un grottesco mammifero sgraziato dotato di capacità pseudo-conoscitive non superiori a quelle di un bradipo. Cosa che non si distanziava molto dalla realtà, senza offesa per i bradipi...
Avrebbe tanto voluto che la sua mente smettesse di torturarla con immagini e pensieri così scoraggianti rispetto alla sua autostima, eppure non riusciva ad uscire da quell'insopportabile spirale di inferiorità in cui la sua presenza la gettava ogni volta.
Sentì distintamente un groppo estendersi con violenza nella sua gola: -I-io...- deglutì a vuoto -.... n-non mi sento molto bene... Ti infastidisci se vado un attimo in bagno?-
Senza alzare lo sguardo dai fogli, che continuava a riordinare con celerità: -Ovviamente mi infastidisce! Prepara il tuo campione. Lo sfido a duello per l'alba di domattina...-
Non potè fare a meno di sorridere. Quella sua particolare comicità, malriuscito e imbranato tentativo di battuta colta, nato chiaramente dell'eccesso di lettura pedissequa di classici dei secoli scorsi, le aveva sempre dato un certo calore famigliare nel cuore, quasi il momento in cui lui pronunciava quelle battute nei suoi confronti diventasse un attimo intimo, puramente loro, in cui lui pareva tenderle una mano attraverso quel muro di superiorità.
Basta! Doveva smetterla di lasciarsi andare a tali fantasie!
Non poteva nemmeno permettersi, a causa della scarsa confidenza, di dargli del deficiente come avrebbe voluto fare, si limitò ad un: -Grazie mille capo...- e fece per alzarsi dalla sedia.
Ma... si era già detto che Ran è un goffo mammifero? Non appena si fu alzata dalla sedia, non fece in tempo a fare il primo passo che, per ragioni sconosciute, molto probabilmente legate al nervosismo che tentava pateticamente di celare al suo temibile intrelocutore, finì per inciampare sulla gamba del banco e cadere rovinosamente a terra, tirando anche una tremenda zuccata contro qualcosa di appuntito. Forse lo spigolo di un banco.
“Porca puttana troia infame!” mentre la piccola Ran imprecava dentro di lei, cercando di riprendersi dalla tremenda botta ricevuta, si morse un labbro dalla rabbia. Possibile che non le riuscisse mai di farne una giusta, nemmeno per sbaglio? Sentiva le lacrime che di nuovo premevano per uscire, un po' per il dolore atroce, un po' per la colossale figura pietosa che aveva appena fatto di fronte all'amore della sua vita. Eh si, non c'era altro modo per definirlo.
Mentre tentava inutilmente di lottare contro le lacrime che già scorrevano fluide, cercò di rialzarsi piano, sperando di recuperare almeno in parte un'aria dignitosa.
-Santo cielo Matsumoto! Comprendo che tu possa avere qualche grave incombenza nella tua vita, ma cerca di sopprimere i tuoi desideri suicidi; hai ancora tutta una vita davanti...-
L'ennesimo commento sarcastico. Questa era la buona volta che glielo diceva davvero quanto era cretino! Ma non riuscì nemmeno a formulare la prima sillaba, che una mano si posò sulla sua spalla: -Ce la fai ad alzarti?-
Le porse poi una mano, che lei fissò per un minuto buono, prima di prenderla per aiutarsi ad alzarsi in piedi, sibilando un grazie che ben poco sapeva di gratitudine, sostituita da una distinta porzione di rabbia e imbarazzo, dati dalla consapevolezza che, se persino lui si era letteralmente abbassato ad aiutarla, doveva essere in condizioni veramente patetiche.
Si trovò faccia a faccia col nodo della sua cravatta, dato che lui era alto quasi due spanne più di lei. Solo in quel momento si accorse di un neo che lui aveva sul collo. Cercò di volgere lo sguardo da un'altra parte, sopraffatta da certi pensieri poco puliti che le erano venuti in mente.
Intanto l'altro la scrutava attento: -Guarda quanto sanguini... Credo che tu sia l'unica al mondo capace di ridursi in queste condizioni per fatti di così poco conto.-
I pensieri poco puliti vennero spazzati via da un'irritazione crescente, mentre si tastava la fronte, verificando che effettivamente sanguinava: -Umpfh! Scusami se sono un'imbranata....-
-Oh, di nulla...- risposta scontata, quanto patetica. Tipica di uno come lui.
“Ma vattene a fare in culo razza di idiota!” le sue mani prudevano intensamente dalla voglia di picchiarlo, ma doveva  cercare di raggiungere l'infermeria il prima possibile; almeno si sarebbe messa un cerotto su quell'imbarazzante taglio sulla fronte: -Vado a cercare di rimediare a questo disastro...-
Con la vista ancora leggermente annebbiata per il colpo, tentò di farsi strada fra i banchi per raggiungere la porta della classe, intanto la fronte già pulsava di dolore, mentre a sua volta il cuore pulsava di vergogna e di imbarazzo.
Uscì dalla classe, cercando di mettere a fuoco come meglio poteva il corridoio, maledicendo se stessa e la sua pressione perennemente bassa, che di sicuro in quel momento non l'aiutava, intensificando a livelli insopportabili il senso di vertigine e il mal di testa che la stavano tormentando. Fu allora, mentre cercava il muro a tentoni, che sentì una presenza al suo fianco; voltandosi si trovò faccia a faccia con la sfocata ma ben riconoscibile figura di Ishida: -M-ma-ma... Che ci fai?-
Scrollando leggermente le spalle, il giovane le porse un braccio: -Cerco di evitarti di andare a sbattere di nuovo la tua fragile cervice.-
Lei stette a fissare incerta il braccio che lui le porgeva: -E... che cosa si suppone che io faccia ora?- pregando che il sospetto che le era venuto in mente non si avverasse.
L'altro sospirò: -Beh le tue scelte sono generalmente due. Prendere il mio braccio e lasciarti accompagnare in infermeria o prendermi a testate per sfogare la tua vergogna, peggiorando ulteriormente la tua situazione, e vagare per la scuola come un'ubriaca alla ricerca della suddetta.-
E fu così che il sospetto si avverò, come mai sarebbe riuscita ad affrontare con raziocinio una situazione del genere? Comunque le parole di quel ragazzo avevano sempre l'assurdo effetto di lasciarla perplessa, per non parlare delle sue azioni: -Ma... come mai?- cosa volesse chiedere, nemmeno lei lo sapeva, se la domanda fosse “Come mai mi stai aiutando, dato che non è qualcosa che io credevo potessi  mai essere in grado di fare?” oppure “Come mai sei riuscito a capire che in questo momento io mi sto vergognando come una ladra e ho tanto bisogno d'appoggio?”
Per tutta risposta, l'altro annuì, con quel suo sorriso  ironico dipinto sul volto: -Sono solidale col tuo momento di confusione.- una risposta criptica quanto la domanda.
La perplessità divenne una voragine “Ma come cavolo parli?”, ma un'occasione come quella, poter parlare con lui con addirittura uno straccio di contatto fisico, era un'occasione troppo ghiotta per poter essere lasciata perdere. Chissà che cosa avrebbero detto Naomi e Kyouko se l'avessero saputo?
Ancora titubante, come un cucciolo che non sa bene come rapportarsi al nuovo padrone, passò il suo braccio sotto quello di lui e insieme procedettero piano verso l'infermeria.
-Se hai bisogno di ristorarti un attimo non esitare a dirmelo... Non c'è alcuna fretta. A parte il fatto che abbiamo un incarico da portare a termine per domani, naturalmente. Ma spero che i professori capiscano che la tua incolumità è un attimino più importante.-
Dal canto suo, Ran ancora si chiedeva come fosse possibile essersi presa una cotta per un tipo come quello. Bello sì, anche colto e abbastanza intelligente se vogliamo... Ma quanto se la tirava! Anche quella parlata da tomo di biblioteca. E le sue battute che non facevano ridere nessuno. Che tristezza di uomo.
Eppure più stava con lui, più si accorgeva che lui le piaceva da morire. Sentiva che lui era quanto di più giusto al mondo potesse esistere per lei. In fondo, caso disperato lei, pazzoide vanaglorioso lui, sarebbero sicuramente stati una coppia interessante; su questo non c'è alcun dubbio.
Anche Naomi, più di una volta, le aveva detto che sarebbero stati una bella coppia. Forse per prenderla in giro, ma l'aveva detto.
E intanto lei si faceva docilmente trascinare dal suo braccio e da quella parlata che non sapeva più se amare o odiare: -Stai tranquillo... giusto il tempo di mettermi un cerotto, recuperare tutti i miei decimi, che già son pochini, e poi arrivo subito. Comunque basta che mi lasci in infermeria, poi puoi tornare in classe a finire il lavoro.-
Non sapeva bene come, dato che non lo vedeva in viso, e ben se ne guardava dal farlo, ma percepì distintamente il fatto che lui stesse sorridendo:-E abbandonarti al tuo triste destino? Ma che uomo sarei? Tanto più che una pausa fa bene anche al sottoscritto.-
La voglia di tirargli un pugno crebbe nel suo petto “E allora dilla tutta che avevi voglia di fare una pausa, dannato imbecille!”, ma la sua natura cortese e docile le impedì di dare voce al suo animo: -Capisco... Grazie.-
Il silenzio calò su di loro, mentre già prendevano le scale per andare al piano inferiore, dove si trovava l'infermeria. Ran sentì la sua stretta farsi leggermente più salda, mentre scendevano gli scalini con una lentezza che le parve esasperante.
-Ma, dimmi un po'... Come va col tuo amato Ryuzaki?-
La ragazza temette di perdere lo scalino ed inciampare un'altra volta. Cosa le aveva appena chiesto? Per l'ennesima volta in quella mattina, il suo viso arrivò a toni tendenti al bordeaux: -S-scusa?-
Senza tradire il minimo turbamento, Ishida continuava a guidarla per le scale: -Ma si... quel mio compagno di classe a cui hai regalato i cioccolatini a San Valentino. Da quel che ho capito ne è rimasto decisamente lusingato.-
A questo punto è doverosa una precisazione. Circa due mesi prima, nella fatidica giornata degli innamorati, la nostra affezionatissima, guidata non si sa bene da quale spirito, aveva deciso di preparare, addirittura a mano, uno di quei coreografici cuori di cioccolato che le ragazze sono solite regalare alla persona del cuore. Inutile che vi dica a chi voleva regalarlo...
Si era imposta di andare a darglielo durante la pausa pranzo, decidendosi finalmente a confessargli i sentimenti che provava per lui. Era piena di decisione, la notte precedente non aveva nemmeno dormito per imporsi il giusto training autogeno per riuscire a fronteggiarlo senza esitazioni o vergogne, ma era comunque carica come una molla. Se glielo avrebbero messo davanti, avrebbe ridotto un muro in briciole.
Camminava decisa per il cortile della scuola, nemmeno sentiva i discorsi di Naomi e Kyouko che, dalla sua destra e dalla sua sinistra, continuavano rispettivamente a denunciare, una la difficoltà di dare il cioccolato a Nakagawa, una il fatto che trovava immensamente stupido che due persone, come lei e Taro, dovessero dare inutili conferme al loro amore attraverso azioni stupide come il regalare del cioccolato.
Anche le lezioni erano passate piuttosto velocemente e, in men che non si dica, era arrivata la pausa pranzo.
Come un fulmine, aveva già fiondato la mano nella borsa, alla ricerca del pacchetto a carta blu con fiocco dorato, che tanta cura e fatica le era costato. Prendendo un bel respiro, stava già alzandosi dal banco, quando una voce famigliare la richiamò: -Ehi Ran! Vieni a mangiare con me? Ho bisogno di supporto morale, dato che so che non riuscirò mai a consegnare il mio cioccolato a Nakagawa...-
La chioma corvina e fluente di Naomi fece capolino dalla sua spalla destra. Ran si maledì per non aver pensato a questa evenienza, mentre nella sua mente tentava di partorire una scusa decente. Intanto l'altra continuava ad attendere risposta: -Allora? Vieni? Per favore...-
Per tutta risposta la ragazza, trovata una soluzione di compromesso, le porse un vivace sorriso: -Ma certo! Ora devo solo andare un attimo a consegnare una cosa...- e, con molta nonchalance, tirò fuori il pacchetto, sperando che l'altra arrivasse dove la voleva portare.
Gli occhi di Naomi si illuminarono, forse ci era riuscita: -Wah, Ran! Ma questo è cioccolato! Non mi dire che è per quel tuo compagno del club di kendo! Come si chiama?...-
Raggiante, il suo piano era riuscito alla perfezione, Ran annuì: -Ryuzaki! Se mi va bene glielo vado a consegnare ora!-
Cascata in pieno nella trappola, Naomi batté le mani eccitata: -Ommamma! Sono troppo orgogliosa di te! Tu si che sei brava, altro che me!-
Eccola, la solita Naomi, così intelligente e dolce, ma anche così insicura, soprattutto per quanto riguardava Nakagawa, il ragazzo per cui aveva una cotta sin dalla terza media. Ran ben sapeva quanto le stesse a cuore e allo stesso tempo quanto fosse difficile per lei, che già si dava per vinta, considerando il livello di eccellenza del ragazzo che, con Ishida e Taro, aveva una delle medie più alte di tutto l'istituto e oltretutto era anche uno sportivo di ottimo livello.
Spesso Ran si era trovata a confrontare la sua cotta per Ishida con quella di Naomi per Nakagawa, rendendosi conto che in realtà le possibilità di Naomi, in ragione del suo ottimo rendimento e della sua bellezza, entrambi superiori ai suoi, erano decisamente maggiori delle proprie. Si sentiva ridicola a sperare di ottenere qualcosa, quando una ragazza come lei continuava a porsi dubbi e ad auto-convincersi di lasciare perdere. Eppure, non era nella sua natura abbandonare la partita in quel modo e avrebbe voluto che nemmeno Naomi mollasse il tiro. Lei, almeno lei avrebbe potuto farcela a coronare il suo sogno d'amore.
Sorridendo cordiale, Ran le batté una mano sulla spalla: -Tu sei sempre stata bravissima tesoro. È solo che devi riuscire a trovare il coraggio di portarglielo. Adesso prendi il coraggio a quattro mani, vai da lui e glielo porti!- e, con un cenno della testa, le indicò la porta della classe.
L'altra scosse la testa: -Ma sei impazzita?! Assolutamente no! Comunque tu vai, sennò perderai la tua occasione!- e le diede una spinta verso la porta.
Voltandosi un'ultima volta verso la sua migliore amica, Ran rimase a fissarla incredula, mentre l'altra ancora la esortava: -Avanti su! Corri dal tuo amato Ryuzaki!-
Sorrise, grata a Naomi per la sua gentilezza, nel consentirle di dare la priorità al suo problema. Ciò comunque non avrebbe significato che si sarebbe dimenticata di lei: -Dopo ne riparliamo per bene, eh?- e, dopo un cenno d'assenso dell'altra, corse via stringendo il pacchetto.
Mentre correva, una sensazione particolare si faceva man mano strada dentro di lei. Sentiva lo stomaco contrarsi, come nei momenti in cui si sta facendo la coda al Luna Park per un'attrazione particolarmente adrenalitica. Quello si stava trasformando in un momento cruciale della sua vita: il ragazzo per cui spasimava da  quasi un anno intero avrebbe ricevuto il suo cioccolato e con quello la sua coraggiosa dichiarazione d'amore. L'emozione le faceva battere forte il cuore, più correva, più batteva intensamente. E intanto la contrazione allo stomaco aumentava. Certo che era davvero intensa come emozione...
No aspetta un secondo, il suo cuore batteva troppo intensamente, il suo stomaco si stava contraendo troppo e quelle mani erano decisamente troppo sudate e tremolanti...
“Oddio, altro che emozione, è tensione! Sto crepando di nervosismo!”
Era ormai a pochi passi dalla porta della classe di lui, c'era ormai arrivata di fronte, si era proprio piazzata sulla soglia, creando problemi all'eventuale uscita dei pochi rimasti in classe.
Non aveva più nemmeno il coraggio di guardare dentro se lui ci fosse o meno, tanta era la tensione “Porca miseria! Ma perché proprio ora?”
Non fece in tempo a pensarlo che, proprio in quel momento, si ritrovò di fronte una familiare figura slanciata: -Oh, ma guarda chi si vede! Scusa Matsumoto, potresti farmi passare?-
Si pietrificò. Niente popò di meno che Ishida Tetsuya, colui che era diventato ormai delizia e tormento della sua vita, stava di fronte a lei, guardandola intensamente. Questo perché si chiedeva come mai lei stesse ferma impalata impedendogli l'uscita dalla classe, ma questo è un fattore secondario.
Nel vedere Ran completamente votata al mutismo, la perplessità iniziò a farsi strada nel petto di lui:-Ma... Hai bisogno di qualcosa? Va tutto bene?-
Il mutismo di lei stava iniziando a preoccuparlo seriamente; dal canto suo Ran avrebbe potuto ricevere una sprangata in pieno volto senza tradire la minima emozione, a parte la bocca aperta da pesce lesso: -E-ecco... io...-
Non sapeva bene nemmeno lei cosa dire. Il suo cervello non riusciva nemmeno a carburare, figuriamoci a formulare parole. Eppure il suo lato più istintivo, forse per una sorta di horror vacui, le diceva che non poteva starsene in silenzio, quindi, come nella peggiore delle figuracce, si era messa a farfugliare parole senza senso: -I-io-io...-
E, dato che le disgrazie non vengono mai sole, una voce “amica” la richiamò dal suo confuso torpore: -Buon giorno Matsumoto! Come stai?-
Si irrigidì, non era ancora pronta ad una entrata in scena come quella: Ryuzaki Toshio, in tutto il suo splendore da principe delle favole di biondo chiomato, era comparso dal nulla alle sue spalle. Pur avendo ben altro al centro delle sue attenzioni, Ran non poté fare a mento di farsi attrarre da quel sorriso da copertina; eppure tutto ciò che riuscì a fuoriuscire dalla sua bocca non fu altro che: -B-bu-buon...- ormai era decisamente diventata vittima delle circostanze. Da una parte Ishida, il motivo per cui stava andando letteralmente fuori di testa dall'imbarazzo, dall'altro Ryuzaki, che di sicuro, col suo fascino da perdita del senno, non collaborava a stabilizzare la sua sanità mentale.
In tutto questo, la goccia che fa traboccare il vaso: -Ran! Mi sono dimenticata di dirti che...- Naomi, che evidentemente era stata mandata da qualche divinità immensamente irritata nei suoi confrontii, o che semplicemente aveva una gran voglia di farsi due risate.
Tutto troppo veloce, troppo incontrollato. Lei, Ishida, Ryuzaki, Naomi e quella stupida scatoletta blu. Che accidenti ne avrebbe fatto ora? Mica poteva darla a Ishida, sotto gli occhi di Naomi, mentre c'era Ryuzaki nei paraggi, assolutamente no.
Scosse la testa. Non poteva rinunciare proprio ora: doveva far fronte a tutto ciò che stava succedendo e prendere il coraggio a quattro mani: aveva raccontato qualche balla? Chi se ne frega! Il suo amore era la cosa più importante, doveva portarlo avanti con coraggio e determinazione.
Solo una era la cosa giusta da fare: dare il cioccolato ad Ishida.
E lei l'avrebbe fatto: lei era forte, lei era invincibile. Ormai era ad un passo dal coronare il suo sogno d'amore.
Ignorando per un momento il mondo intorno a lei, alzò la scatoletta che teneva in mano e la fissò con decisione “Fallo Ran! Fallo!”
Si mise a mordicchiare il labbro inferiore: ora l'avrebbe fatto. Si, l'avrebbe fatto!
Alzò lo sguardo con determinazione verso Ishida e... il buio!
Potè quantificare esattamente l'attimo in cui, dato che i suoi occhi avevano incrociato quelli del ragazzo, era andata letteralmente in tilt. Nessuna risposta sensata dalle sue sinapsi, nessun segno di vita tra i suoi neuroni ormai al collasso.
Si voltò, dando le spalle a tutto ciò in cui aveva creduto: -Ryuzaki... Ho fatto questo per te! Buon San Valentino!-
Fu uno dei momenti più tragici della sua vita.
Sospirò al solo ricordo: ben si ricordava anche di come Ishida se n'era andato con un'alzata di spalle, probabilmente pensando di non avere nulla a che fare con quella faccenda, e di come Naomi, ironia della sorte, battesse le mani felice e le facesse da lontano il segno della vittoria. Che ricordo irritante!
-Che sospiri... Non ha forse proceduto in maniera adeguata fra voi due?-
Quella maledetta voce cantilenosa! Un giorno l'avrebbe strangolato, lo giurava! Ma come avrebbe mai fatto a prendersela con lui? Se ben riusciva a pensarci, alla fine dei conti era sempre stato gentile con lei, come in quel momento, in cui la stava accompagnando in infermeria. Spesso, tra le sue davvero pessime battute, le aveva rivolto parole gentili e incoraggianti, che avevano ottenuto su di lei l'effetto di donarle grande forza.
E anche di farla innamorare, ma ciò al momento è ormai ampiamente assodato.
Qualcosa doveva provare a rispondere, almeno per gratitudine: -Non è che non abbia proceduto... non è mai partita!-
Percepì un lievissimo scatto delle spalle di lui, probabilmente era sconcertato per il fatto che non ci fosse stata alcuna evoluzione nel suo ipotetico rapporto: -Ma come? Sembrava così contento del tuo omaggio. Ma non vi siete ancora visti da allora?-
Che deduzione stupida, come avrebbero mai potuto non essersi visti, dato che lui era il presidente del club di kendo, di cui lei era un'assidua partecipante: -Beh... mi sembra un po' difficile! Lui è il presidente del mio club...-
Senza scomporsi minimamente, Ishida annuì: -E quindi... che cosa è successo fra voi?-
Ma che accidenti gliene importava? Dannazione! Mica gli poteva raccontare che aveva chiesto al suo compagno di classe Kimura, anche lui membro del club di kendo, di aiutarla a tenersi adeguatamente lontana dal capitano per poter evitare il più possibile di dover discutere a proposito di ciò che era successo a San Valentino, arrivando a farsi prendere
allegramente a mazzate da lui a ogni sacrosanto allenamento e attirando le ire della sua gelosa fidanzata. Che situazione del cavolo la sua!
Cercò di riportare l'attenzione sulla risposta giusta da dare, cosa che al momento le riusciva davvero difficile da partorire. Che cosa mai avrebbe potuto dirgli? Magari “Beh sai... Quello per cui impazzisco da sempre sei tu, quindi che me ne importa di chiarire eventuali situazioni imbarazzanti con quello là? È bellissimo ma non ha neanche la metà del tuo carisma. E poi il solo starti vicino mi emoziona talmente tanto che mi metto a tremare come una foglia...”
Sarebbe stata la verità, ma come avrebbe mai potuto rivelarla, se non aveva mai avuto nemmeno il coraggio di confidarsi con le sue migliori amiche? Soprattutto considerando che si trattava proprio di lui...
Eppure una piccola parte di lei avrebbe tanto voluto farlo. Buttarsi piangente tra le sue braccia, gridandogli tutto ciò che provava, sperando ardentemente che lui non solo potesse capirla, ma che l'ascoltasse con benevolenza. Magari anche rivelandole di ricambiarla, perché no?
Ma non diciamo cazzate! In quale dimensione sconosciuta uno come Ishida Tetsuya avrebbe mai potuto ricambiare i sentimenti di una come lei, così lontana dal suo mondo fatto di bellezza, ricchezza e perfezione?
Sospirò, la parte razionale di lei, per fortuna o sfortuna che fosse, aveva preso il sopravvento. Decise di limitarsi a tacere, sperando che lui, deducendo di averla messa a disagio con le sue domande imbarazzanti, non andasse oltre con quella sua inspiegabile e irritante curiosità.
Dal canto suo Ishida non diceva una parola, nemmeno dava segno di aver inteso o no il fatto che lei avrebbe preferito concludere il più presto possibile quella conversazione.
Ran considerò quel silenzio come la presa di coscienza dell'imbarazzo che le aveva creato. Ovviamente non avrebbe mai potuto comprendere fino in fondo quale fosse il suo stato in quel momento, ma almeno aveva avuto la buona creanza di comprendere che fosse meglio non procedere oltre con domande inutili.
-Se mi è concesso essere franco, secondo me non sareste una bella coppia.-
Ran per un attimo credette fosse stato uno scherzo della sua immaginazione. Che il suo cervello avesse erroneamente interpretato un qualche suono proveniente da qualche angolo misterioso della scuola come un'ipotetica quanto curiosa frase pronunciata da colui che stava al suo fianco.
Si, decisamente un errore di percezione.
-Più che altro, non credo che lui sarebbe il tipo giusto per te. Avete dei caratteri che mi paiono incompatibili per una relazione.-
Uscendo dal suo fantastico mondo di ipotetiche illusioni uditive, Ran prese tragicamente coscienza del fatto che chi aveva appena prodotto suoni, dagli effetti terrificanti tra l'altro, era effettivamente quel maledetto di Ishida.
Era totalmente allibita, tanto da non riuscire a dire una parola. Comunque ci pensava già abbastanza l'altro a produrre suoni per entrambi: -Lui è sicuramente un bravo ragazzo, ma è così tonto... e poi non è certo il tipo da conversazione. È così noioso! Tu, a mio modesto parere, avresti bisogno di qualcuno che sia una persona dallo spirito più vivace.-
Le gambe di lei si bloccarono di colpo, tanta era la sorpresa, così all'improvviso che Ishida ebbe un leggero sbalzo all'indietro.
Nello stesso attimo, entrambi fissarono i propri occhi gli uni negli altri. Ran notò con lieve soddisfazione che ora anche nell'espressione di lui c'era una lieve traccia di perplessità. “Ben ti sta! Così impari a dire cose strane!”
Aveva comunque bisogno di chiarimenti rispetto a quelle sue strane parole, quindi non esitò troppo a chiedere: -Che cosa intendi dire?- per la prima volta guardandolo negli occhi e senza balbettii: roba da applauso.
Ishida ebbe un attimo di incertezza nell'udire la sua domanda, dopodiché voltò lo sguardo, scuotendo la testa: -Ah lasciamo perdere. Senza volere sono risultato indiscreto. Dopotutto non è giusto che io mi invischi nei tuoi affari. Soprattutto senza essere stato interpellato.- e, senza aggiungere altro, ricominciò a camminare verso l'infermeria.
Dal canto suo, Ran non poté fare altro che farsi pacificamente trainare senza proferire parola, ancora cercando di trovare un senso a ciò che era appena successo. Scosse la testa, semplicemente doveva essere stata la sua indole da “So tutto io, perciò mi ritengo libero di dire e fare ciò che mi pare a proposito delle vite degli altri”
I pochi passi che li separavano dall'infermeria li fecero senza proferire alcun suono, ormai evidentemente chiusi in un imbarazzante silenzio, rotto da un: -Eccoci qui!- uscito dalla bocca di Ishida. Fece muovere la porta scorrevole, dopodiché condusse all'interno la povera inferma.
Data l'ora tarda, la dottoressa, terminato il turno, aveva già da tempo lasciato la stanza. Nel vederla deserta, Ishida arricciò il naso: -Maledizione. Speravo in un colpo di fortuna.-
Ran si guardò intorno a sua volta: -Eh già, non c'è! In effetti è tardi.- si morse la lingua: ma che diamine di constatazioni inutili le uscivano? Sospirò, molto meglio tacere.
Ishida liberò il suo braccio, indicandole il letto al centro della stanza: -Siediti lì, intanto io cerco di che medicarti.-
La ragazza scosse la testa: -Ma figurati! Faccio da sola!- e fece per andare ad aprire l'anta dell'armadio dei medicinali, ma lui prontamente la fermò: -Altolà! Ho detto che ci penso io.-
Ran lo scrutò esitante: -M-ma-ma...-
Lui spostò definitivamente il suo braccio: -Insisto. Guarda che, anche se può non sembrare, io divento pericoloso quando mi arrabbio.-
Per tutta risposta, Ran si mise a ridacchiare: -Pericoloso?-
Aprendo l'anta e iniziando a fare una cernita di ciò che era al suo interno, Ishida rispose: -Certo. Guarda che sono primo dan di jujitsu, già in via per arrivare al secondo. E ora per cortesia siediti sul letto.-
Ancora sorridendo, Ran si mise a sedere: -Non sapevo di questa tua capacità...-
Ishida prese una bottiglietta contenente un misterioso liquido ambrato e ne lesse l'etichetta: -Beh non è una cosa che sono solito dire in giro. Uhm, sciroppo per la tosse. Non credo che faccia al caso nostro...- e la rimise al suo posto.
“Strano che uno come lui, a cui piace da morire vantarsi di ogni cosa, non sia andato in giro a raccontare una cosa del genere.” E intanto, approfittando di quella rara possibilità, si mise ad osservarlo: lui, i suoi movimenti, le sue espressioni. E intanto pensava... Se avesse dovuto dare una forma al suo amore certamente sarebbe stato una sorta di esserino piccolo e verde, senza gambe, coi piedi direttamente attaccati al corpo tondo e grassoccio, senza orecchie ma con delle belle antenne lunghe, un unico ciuffo di capelli arancioni e l'espressione imbronciata. Si, era decisamente quella l'immagine giusta: un qualcosa che visto la prima volta appare decisamente grottesco e sgradevole e poi, man mano che inizi ad averci a che fare, la sua particolarità diventa famigliare, addirittura tenero, e quella che all'inizio poteva essere una convivenza forzata e irritante, diventa un affetto dolce e nostalgico, cui si è giunti proprio malgrado, di cui non si potrà più fare a meno.
-Eccolo!- non fece in tempo ad uscire dal suo mondo di fantasie surreali, che già l'altro era di fronte a lei con una bottiglietta di quello che lesse essere disinfettante: -Bene, qui abbiamo anche delle garze. Posso iniziare con la medicazione.- e, preso uno sgabello, si mise di fronte a lei.
Ran sorrise ironica: -Ti ricordo che se mi ritrovo delle forbici nello stomaco la responsabilità sarà tutta tua...-
Mentre versava qualche goccia di disinfettante sulla garza, stando attento a non farne cadere, Ishida senza scomporsi rispose: -Beh si suppone che io non debba andare così a fondo...- alzò poi lo sguardo verso di lei: -Comunque è anche vero che non si può mai sapere con certezza dove si andrà a finire.-
Ran si trovò suo malgrado ad arrossire leggermente: quello sguardo, mentre pronunciava quella frase, le era sembrato incredibilmente intenso. Guardò meglio. No, doveva essere stata una sua impressione.
-Allora, dedichiamoci a questa medicazione!- e, prima che lei potesse rendersene effettivamente conto, si era già allungato verso di lei.
Gli occhi annebbiati, le orecchie che fischiano, il cuore che batte a mille. Ran, per un attimo, credette che il mondo intorno a lei si fosse congelato in quell'istante, incastonandosi in una nuova dimensione onirica in cui non esistevano altro che loro due, i loro visi a pochi centimetri l'uno dall'altro, l'odore del suo respiro, quello del suo profumo, che tanto le ricordava un qualcosa di marittimo, di estivo.
Tentò di riprendersi. Per quanto piacevole, quella sensazione non era altro che un falso. Prima se la fosse tolta dalla testa, meglio sarebbe stato.
Come se fosse stata all'interno di un sogno, fu richiamata dalla voce di lui: -Se ti faccio male dimmelo. Non c'è alcun bisogno che tu soffra in silenzio...- e, con molta delicatezza, iniziò a tamponare la fronte di lei.
-Ahi!- in effetti, per quanto delicata fosse la pressione, quel disinfettante era decisamente doloroso: bastava che la sfiorasse che sentiva la pelle bruciare.
Ishida, ritraendo la mano, sospirò: -Eh, mi dispiace. Non sono riuscito a trovarne uno che non fosse a base d'alcool.- e tentò di nuovo di premere, optando per l'idea di dare prima una pulita alle zone insanguinate, per poi ritornare sulla ferita vera e propria.
La povera Ran sentì di nuovo una fitta di bruciore: -Mhn!- fece, strizzando gli occhi.
Alzando l'altra mano per tenere il più possibile fermo il viso che lei aveva iniziato involontariamente a ritrarre, Ishida pensò bene di provare a farle forza: -Dai coraggio. Cerca di resistere con lo spirito del samurai che alberga dentro di te.-
Cercando di tener fede all'invito, la ragazza tentò il più possibile di mantenersi ferma, aiutata anche dal crescente grado di sopportazione rispetto a quel maledetto disinfettante. Man mano che si abituava, riuscì anche ad aprire gli occhi e a guardarlo. Non poté fare a meno di rimanere colpita dalla sua espressione concentrata mentre, con la massima attenzione, si industriava a curarle la ferita.
Pensò bene fosse giusto dire qualcosa, anche solo in segno di riconoscenza: -Non mi sarei mai immaginata di vederti in questa veste sai? Non hai l'aria di chi si sia mai messo a curare ferite...- decisamente una frase poco adatta al suo obiettivo.
Senza abbassare lo sguardo dalla sua fronte, che ancora stava ripulendo dal sangue uscito, Ishida rispose: -Beh sicuramente non posso annoverarlo tra i miei hobbies preferiti... però sai, essendo maschio, è capitato anche a me di farmi male ogni tanto.-
Ran non comprese al cento per cento quale fosse il nesso tra l'essere maschio e il farsi male, ma non ci fece più di tanto caso. Comunque, dato che ormai era, più o meno, a suo agio, pensò bene di porgergli una domanda che le frullava nella testa sin da poco prima: -Mi spieghi come mai prima hai detto quelle cose? Come mai ti sei preso tanto a cuore la questione mia e di Ryuzaki?-
In quel momento, la mano di Ishida si bloccò. Ran, che un attimo prima aveva chiuso gli occhi a causa della medicazione, li riaprì perplessa.
Rimase colpita ancora una volta dallo sguardo di lui: perso nel vuoto ma estremamente concentrato. Cosa gli frullava per la testa in quel momento?
Stette per un minuto buono a fissare il vuoto, mentre lei ancora aspettava una risposta, che ancora non arrivava. Quindi pensò bene di provare ad aggiungere altro: -Ehi ma... ho forse fatto una domanda indiscreta?- una lieve tensione aveva iniziato a prendere vita nel suo stomaco. Possibile che avesse sbagliato a fare quella domanda?
-Tu ricordi la prima volta in cui ci siamo parlati?-

Ciao, se siete arrivati a leggere fino a questo punto tanti complimenti! Questa storia è il classico delirio nato da un periodo un tantino incasinato (per quanto non in maniera eccessivamente grave) della mia vita. Ho voluto trattare un tema classico, come quello dell'innamoramento di una ragazza ufficialmente qualificabile come un impiastro, per un ragazzo il cui ego è di proporzioni gigantesche, in una maniera un tantino più originale. L'ambientazione simil-giapponese non è per uno sbocco di otaku-bimbominkismo, ma, dato che io sono una nipponista in erba, una sorta di sfida con me stessa. Spero vi piaccia. Baci!

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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