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Autore: Rota    15/05/2011    2 recensioni
-Matt! Ehi, Matt! Svegliati! Matt, svegliati!-
Fu la voce di Alfred a rubarlo, con forza e prepotenza, al mondo dei sogni. Dovette stroppicciarsi più volte gli occhi, colpa anche del notevole male al cranio che gli intontiva completamente i sensi e la posizione innaturale che aveva assunto e mai più cambiato nel cadere come un masso sul proprio letto.
Il fratello lo aiutò nel processo, cominciando a scuoterlo come uno straccio sporco. Matt non ebbe neanche la forza di insultarlo o pregarlo, semplicemente, di smetterla.
Alfred aveva la pessima abitudine di trattarlo come gli pareva, senza avere molta cura di qualcosa che fosse al di là della sua persona. Matt aveva sempre pensato a lui come un bambino troppo cresciuto – e per questo impossibile da colpevolizzare – ma c’erano certe volte che avrebbe tanto voluto prendere la propria mazza da hockey e spaccargliela in testa, conservando sempre tutta la ragione possibile.
Quello era uno di quei momenti.
Genere: Introspettivo, Romantico, Song-fic | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: America/Alfred F. Jones, Canada/Matthew Williams, Francia/Francis Bonnefoy, Russia/Ivan Braginski, Un po' tutti
Note: AU, What if? | Avvertimenti: nessuno
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compagnia da gay bar 2

Cap. 2





I'm worse at what I do best
And for this gift I feel blessed
Our little group has always been
And always will until the end
Hello, hello, hello, hello, how low? (1)



La palla fu lanciata con un unico, ampio e preciso gesto di tutto il braccio, rotolando ad una velocità sostenuta in aria e arrivando, con precisione ineluttabile, al guantone aperto del ricevitore, sua meta ultima, accompagnata subito dopo da un coro eccitato di esclamazioni gioiose. Il battitore, impotente, guardava gli avversari rotolarsi nella polvere del campo, con una smorfia ancora indefinita.
Matt era sulla sua piccola duna, con la schiena ancora ingobbita per il lancio appena effettuato. Sorrideva, guardando il proprio compagno davanti a sé, ormai in piedi ed esultante. Avevano semplicemente vinto, stracciato la squadra avversaria come se nulla fosse. Ora, come pegno, toccava a loro pagare da bere al bar.
Un ragazzone grande e corpulento, dalla capigliatura e dai piercing improbabili, gli si avvicinò di soppiatto per dargli una forte e sonora pacca sulla spalla.
-Bravo Williams!-
Era Bruce, compagno di giochi e di studi, buono d’animo quanto poco trattabile di carattere. Matt era più che sicuro di essere uno dei pochi capaci davvero di stargli vicino abbastanza da non causare una lite sanguinolenta e parecchio dolorosa. D’altronde, Matt era sempre stato un tipo particolarmente paziente e accomodante.
Così, quando Bruce lo prese con un braccio e lo trascinò via, senza dargli quasi il tempo di festeggiare a dovere la vittoria appena ottenuta, lui si limitò a sorridere con piacevolezza, godendo dei salti festanti degli altri e delle loro grida.
-Ora si va a bere qualcosa tutti assieme! Tanto, pagano i perdenti!-
Bruce fece uno strano gesto con la mano, alzando il braccio libero in aria. Probabilmente, voleva solo rimarcare la propria posizione di superiorità. Anche in quel caso, Matt preferì tacere, forse troppo intento a cercare di non inciampare nei piedi dell’altro e a sostenersi in piedi senza ruzzolare a terra – un grande sforzo, considerata la posizione in cui era costretto.
Volente o nolente, si ritrovò a passare la serata in un bar, tracannando più birra che altro liquido, col pessimo risultato di un fortissimo mal di testa e il desiderio immutato di sparire da qualche parte nelle viscere della terra. Possibilmente, facendo il meno rumore possibile.

-Matt! Ehi, Matt! Svegliati! Matt, svegliati!-
Fu la voce di Alfred a rubarlo, con forza e prepotenza, al mondo dei sogni. Dovette strofinarsi più volte gli occhi, colpa anche del notevole male al cranio che gli intontiva completamente i sensi e la posizione innaturale che aveva assunto e mai più cambiato nel cadere come un masso sul proprio letto.
Il fratello lo aiutò nel processo, cominciando a scuoterlo come uno straccio sporco. Matt non ebbe neanche la forza di insultarlo o pregarlo, semplicemente, di smetterla.
Alfred aveva la pessima abitudine di trattarlo come gli pareva, senza avere molta cura di qualcosa che fosse al di là della sua persona. Matt aveva sempre pensato a lui come un bambino troppo cresciuto – e per questo impossibile da colpevolizzare – ma c’erano certe volte che avrebbe tanto voluto prendere la propria mazza da hockey e spaccargliela in testa, conservando sempre tutta la ragione possibile.
Quello era uno di quei momenti.
Alla fine sbadigliò, coprendosi la bocca con una mano indolenzita.
-Cosa vuoi, Alfred?-
Il ragazzo si sistemò sul suo materasso, sorridendogli apertamente e col viso illuminato di infantile gaiezza: ora che aveva ottenuto quello che, giustamente, pretendeva, non poteva che esserne felice e richiedere quanto dovuto.
-Stanno arrivando i miei amici e mi serve che mi prepari la colazione, Matt!-
Matt lo guardò male, pur con un occhio solo e a malapena totalmente aperto, constatando come anche lui fosse ancora in pigiama. Con ogni probabilità, Alfred si era appena svegliato e si era accorto di quanto fosse in ritardo, pensando bene al proprio fratello come soluzione a ogni possibile problema.
Matt tentò di lamentarsi, prendendo fiato nei polmoni e cercando di pensare a qualcosa di razionale e logico, ma l’altro tornò a scuoterlo tutto e prese a lagnarsi in maniera preventiva, con quella vocetta che a Matt dava tanto fastidio – che specie in quel momento avrebbe fatto proprio di tutto per non sentirla più.
-Dai Matt, fammi questo piacere! Io non sono bravo a cucinare e tu sei sicuramente più veloce! Non farmi storie! Non puoi abbandonarmi proprio adesso, che mi serve il tuo aiuto!-
Prese anche a saltellare sul materasso, giusto perché da solo non era abbastanza fastidioso.
Matt, in tutto quello, fu preso da un’altra fitta del dopo- sbornia e, come fa un disperato, allungò entrambe le braccia in alto, chiedendo la resa incondizionata.
-Va bene Alfred! Va bene! Dammi cinque minuti e sarò in cucina da te!-.
Lo sentì ridere ad alta voce – e per fortuna anche fermarsi – prima di rivolgersi nuovamente a lui con la sua solita voce tonante e vittoriosa.
-Sapevo di poter contare su di te, Matt!-
Poi Alfred con un balzo fu di nuovo a terra, per poi sparire dalla sua vista con la consueta grazia di un elefante zoppo.
Matt sospirò, affondando la testa nel proprio cuscino.

In realtà, gli amici di Alfred non erano malvagi – sicuramente, molto meglio della compagnia con cui lui si intratteneva.
Erano chiassosi, certo. Un po’ volgarotti e senza una buona educazione alle spalle. Trasandati e poco fini. Ma almeno, in tutta quella umanità che trasudava dai loro sguardi, c’era calore e intesa.
-Ehi Alfred, non dirmi che hai cucinato tu questa roba!-
Quel ragazzo smilzo dal fortissimo accento straniero era quello che più si faceva notare, specialmente per la risata tipica in cui ogni tanto scoppiava, senza davvero un motivo apparente. Matt ricordava qualcosa, a suo proposito: Alfred, in un moto di educazione spontaneo quanto raro, glielo doveva aver presentato.
Ricordava il suo nome, Gilbert, ma il resto era una nebulosa opaca e iridescente.
Lui era stato quello che si era avventato subito sulla colazione che il ragazzo aveva preparato con tanta cura, senza dimenticare di fare i dovuti complimenti al cuoco – certo, a modo suo.
Alfred, in compenso, con la bocca piena di cibo, gli rispose subito.
-È stato mio fratello Matt a preparare la colazione!-
Gilbert lo guardò male, facendo la domanda per l’intero gruppo dei presenti.
-Chi?-
Alfred indicò Matt, esattamente a qualche metro da lui, in piedi e vicino alla tazza del caffé, pronto a servire come un perfetto cameriere. Lo guardarono tutti, chi più sorpreso e chi meno – solo uno gli sorrise, facendogli un piccolo cenno come per ringraziarlo per il cibo preparato – poi tornarono come lupi alla propria preda, famelici.
Matt accennò un mezzo sorriso, senza però trattenere un sospiro un poco rassegnato. Era sempre stato così, con tutti. Vicino a suo fratello Alfred – rumoroso, evidente, fin troppo appariscente – lui diveniva più invisibile di un fantasma. Ormai ci aveva fatto l’abitudine, ma era sempre seccante dover constatare questa triste verità.
Alla fine, fu un uomo dall’aria diligente e pulita ad alzarsi per primo, come se avesse fretta addosso e non potesse fare a meno di comportarsi di conseguenza. Visti i tratti del viso e l’accento del tono, Matt intuì che fosse il fratello di Gilbert.
-Direi che è ora di iniziare a fare le prove!-
L’altro uomo gliene diede subito conferma: con un gesto della mano che forse voleva dettare disinvoltura, riprese il più giovane con una nota dolente e un poco saccente nella voce.
-Ludwig, fratellino, devi rilassarti! Non ci corre dietro nessuno! Tranquillo e mangia!-
L’espressione dell’altro si dipinse di leggera rassegnazione, come se non volesse rinunciare ai suoi propositi ma avesse scelto, inevitabilmente, la persona peggiore con cui confrontarsi. Gilbert, agli occhi di Matt, si fece carico quasi improvvisamente di un’autorevolezza senza ragione.
Fu però un altro, dal viso gentile ma dall’aspetto più trasandato degli altri, a dare man forte a Ludwig. E benché la sua voce era acuta e poco virile, si poteva notare nella sua calma quanto fosse sicuro di avere un certo peso, all’interno del gruppo.
-In realtà ha ragione lui. Sono quasi le dieci, sarebbe ora di cominciare…-
Anche lui aveva un accento straniero, ma decisamente meno marcato degli altri due. Anche nei lineamenti si poteva comprendere che non fosse di origini americane.
Matt scavò nella propria memoria, trovandovi un episodio molto particolare: si ricordava quell’uomo nudo nella propria vasca da bagno, immerso nell’acqua calda e nella schiuma bianca. Si ricordava anche che quando aveva chiesto a suo fratello spiegazioni questo se n’era uscito con una grassa risata, aveva detto che quel barbone non si lavava da più di due settimane e un bagno gli era necessario se non voleva continuare ad appestare lui e i suoi amici.
Ivan Braginski. Quel nome era stampato a fuoco nella sua memoria.
Il gruppo, alla fine, decise di dare ragione a Ivan e Ludwig.

La particolarità più piacevole di casa Jones era che, nonostante non avesse così tante stanze per gli ospiti, aveva in compenso dei locali ampi dove piazzare con comodità l’intero arsenale per una band musicale che si rispettasse.
Batteria, chitarre, microfoni, impianti stereo e amplificatori. Ogni cosa era stata depositata al giusto posto e con ordine – probabilmente più per merito degli amici di Alfred più del il ragazzo in sé. Eppure, ogni volta che Matt scendeva nella lavanderia, non poteva che ammirare tutti gli oggetti ivi riposti.
Sapeva che il fratello aveva un gruppo di amici con i quali faceva musica – spesso, molto spesso, si erano ritrovati a casa sua a esercitarsi – ma poche volte era riuscito vederli in faccia, ancora di meno ad assistere alle loro prove. Un po’ per timidezza, un po’ per i suoi impegni, un po’ perché aveva timore di mescolarsi nella vita privata di suo fratello Alfred. Però nessuno gli disse nulla quando, silenzioso e discreto, si mise in un angolino a guardare e ascoltare, incrociando le braccia al petto.
-Ti piace come suonano?-
Non si era neanche accorto di essere stato avvicinato da uno di loro: era lo stesso tizio biondo che gli aveva sorriso, a colazione. - 
Lui farfugliò imbarazzato, preso alla sprovvista. Guardò Alfred e Ivan che stavano discutendo in maniera più o meno ordinata sulla coordinazione di un dato accordo – pareva proprio che Alfred avesse totalmente sbagliato entrata e l’altro glielo stesse facendo notare nel modo più delicato possibile. Tentò persino di sorridere, con scarsi risultati.
-Non sono male, davvero…-
L’uomo gli sorrise, incoraggiante.
-Se ti va di venire ad ascoltarci più spesso, penso che ne sarebbero solo felici!-
Il ragazzo fece qualche tentativo prima di riuscire a guardarlo in viso per più di due millisecondi, sorridente a sua volta e balbettante in maniera quasi vergognosa.
-Grazie, lo terrò a mente…-
Tornarono a guardare il gruppo, mentre i componenti si sistemavano al proprio posto in procinto di ripartire daccapo.
Ludwig, alla batteria, diede il tempo, e la musica ripartì forte.
A quel punto, coperto da un breve assolo della chitarra e poi da tutta la melodia, l’uomo tese la mano a Matt, con lo stesso sorriso gentile precedente. 
-Non so se Alfred ci ha presentati. Mi chiamo Francis!-
Dopo qualche istante, quella mano fu presa e stretta.
-Piacere, sono Matthew!-
   
 
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