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Autore: Mana Sputachu    16/05/2011    5 recensioni
Nel tuo piccolo mondo, tra piccole iene, anche il sole sorge solo se conviene. (Afterhours)
[Raccolta partecipante alla Tekken Challenge indetta sul forum da V a l y]
Genere: Angst, Dark, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Hwoarang, Jin Kazama, Jun Kazama, Lei Wulong, Ling Xiaoyu
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'All the Good Children Go to Hell'
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1. The Kill

Set: Oro
Prompt: School (Scuola)
Personaggio: Jin Kazama
Contesto: Un anno prima di Tekken 3
 
 
 
What if I wanted to break
Laugh it all off in your face
What would you do? (Oh, oh)

Quel corridoio sembrava non finire mai.
Aveva perso il conto del tempo passato a camminare in quel dedalo di passaggi e stanze che neanche conosceva. Corridoi eleganti e raffinati, ma altrettanto sinistri e silenziosi.
Si guardava attorno, osservava l’arredamento, sbirciava dentro le stanze. Ognuna di esse conteneva qualcosa di strano, qualcosa che puntualmente finiva per dimenticare, ma che gli faceva subito richiudere quella porta con l’intenzione di non riaprirla una seconda volta.
Non c’era nessuno in giro, eppure aveva la chiara,  inquietante sensazione di essere seguito e osservato. Da chi, non lo sapeva.
Continuò a camminare, girare angoli e attraversare altri corridoi che sembravano spuntare dal nulla aggiungendosi al suo percorso.
A un tratto, all’altra estremità del’andito in cui si trovava, vide una figura girare l’angolo. Subito si lanciò al suo inseguimento, ansioso di chiedergli chi fosse, cosa fosse quel posto, dove si trovasse.
Lo inseguì per diversi minuti finchè, arrivato all’ennesimo corridoio, lo vide.
 
What if I wanted to fight
Beg for the rest of my life
What would you do?
You say you wanted more
What are you waiting for?
I’m not running from you (from you)
 
L’altro sembrava lo stesse aspettando. Era ancora distante da lui, ma subito notò la loro impressionante somiglianza. E più avanzava, più si rendeva conto di quanto non fosse una cosa casuale. Erano identici, eccetto che per alcuni dettagli.
Aveva un colorito pallidissimo, molto più chiaro del suo già pallido incarnato. Sia le labbra che gli occhi sembravano truccate da un leggero strato di colore nero, che lo rendevano ancora più spettrale.
Gli occhi furono la cosa su cui si soffermò più a lungo. Erano di uno strano color argento, chiarissimi, quasi luminescenti.
Si ritrovarono infine faccia a faccia, a pochi passi l’uno dall’altro.
Lo osservava attentamente, sorridendo. Un sorriso mellifluo, così falso che era impossibile interpretarlo diversamente.
Quando si avvicinò di qualche altro passo, anche l’altro lo fece. Protese una mano verso di lui, e subito venne imitato, fino a sfiorarsi le dita. Si muoveva come fosse il suo riflesso in uno specchio, se non fosse stato per quell’espressione dannatamente sinistra.
“Chi sei?” si decise a chiedere. L’altro non rispose, ma si limitò a sorridere.
“Chi sei?” chiese di nuovo.
“Chi sono? Io sono te.” Rispose la sua nemesi.
Se da un lato la risposta non lo sorprese, data l’evidente somiglianza, d’altro canto non potè non sentirsi inquieto.
“Che vuol dire? In che senso saresti…me?” incalzò, in preda ai dubbi.
“Io sono te. Faccio parte di te, anche se ancora non lo sai. Ma avremo modo di…conoscerci presto” sussurrò l’altro.
Continuò a fissarlo, socchiudendo gli occhi sino a renderli due fessure.
“Perché ti stupisci tanto?” continuò l’altro, quasi a intuire i suoi pensieri. “In fondo l’hai sempre saputo che in te c’era qualcosa di strano…tutte le bugie, le cose non dette e che nessuno ha mai voluto rivelarti, nemmeno tua madre…” disse, avvicinandosi a lui e portando una mano ad accarezzargli il volto in una maniera inquietante…come se stesse accarezzando non una persona, bensì un oggetto prezioso. Qualcosa di importante ed irrinunciabile.
Un altro passo e quasi gli sussurrò le parole sulle labbra.
“Non ti sei mai chiesto perché tutti ti rispondevano evasivi, quando da bambino chiedevi chi era tuo padre? Non ti è mai sembrato strano che persino tua madre si rifiutasse di parlartene? Oh, ma io lo so che eri tormentato da questi dubbi. Lo so perché ero con te in quei momenti, ci sono sempre stato. So cosa ti affligge, so cosa ti spinge a rimanere sveglio quasi ogni notte alla ricerca di una risposta che sai non arriverà mai. Non in quel modo, perlomeno” disse con una risata gutturale che gli fece rizzare i capelli sulla nuca.
Iniziò a girargli attorno, quasi lo studiasse, e lui fece lo stesso.
“Hai sempre cercato una risposta, LA risposta. Quella che avrebbe fugato ogni tuo dubbio, che ti avrebbe svelato il tuo passato. Che ti avrebbe rivelato COSA sei realmente…” sussurrò.
Lui lo ascoltava attentamente. Non capiva chi fosse, né perché sapesse tante cose sul suo conto di cui lui stesso era all’oscuro. Non capiva e questo lo irritava e spaventava, ma al contempo voleva ascoltarlo, voleva carpire ogni più piccola informazione.
“Come fai a sapere così tante cose di me? Mi conosci più di quanto io conosca me stesso, sai cose sul mio conto che mi sono sconosciute…chi diamine sei? Perché sei uguale a me??”.
In risposta, l’altro rise.
“Sono tante le cose che ancora non sai. Ti è stato nascosto troppo e per troppo tempo, ma è quasi giunto il momento che tu sappia. Che tu capisca chi e cosa sei. E allora, saprai anche chi sono io.”
“Non…non avevi detto di essere me?” disse.
L’altro sorrise fino a scoprire i canini. “Esattamente.”
Rise, e il mondo iniziò a crollare. Le pareti del corridoio caddero pezzo per pezzo e così anche il pavimento, che inizò a disgregarsi e riempirsi di voragini.
Tutto venne avvolto dal buio, un’oscurità costellata di occhi che lo avevano osservato nel suo percorso, di quelle ombre che lo avevano seguito.
E urlò, con tutto il fiato che aveva in gola.
 
I tried to be someone else
But nothing seemed to change
I know now, this is who I really am inside.
Finally found myself
Fighting for a chance.
I know now, this is who I really am.
 
Si svegliò di soprassalto nel suo letto.
 
Di nuovo…ancora lo stesso sogno…
 
Quel sogno lo tormentava da mesi.
In realtà ricordava di averlo fatto anche in passato, quand’era bambino, ma mai così di frequente come nell’ultimo periodo. Inoltre, non era mai riuscito a trarne un significato che avesse senso.
Sapeva che, psicologicamente, sognare ombre aveva a che fare con gli aspetti oscuri della personalità, cose di cui non si è a conoscenza, e che indicava quindi la necessità di fare luce su quel qualcosa, di arrivare a una certa consapevolezza.
Sapeva anche che era una cosa che riguardava se stesso, nel senso più profondo del termine.
Quello che il suo doppio diceva nel sogno era vero: fin da bambino aveva fatto pressioni su sua madre per sapere chi fosse suo padre, ma lei non aveva mai voluto raccontargli nulla, dicendo che gliene avrebbe forse parlato quando sarebbe stato più grande. Ma se questa risposta gli era bastata da bambino, crescendo la curiosità e il bisogno di sapere si fecero più insistenti, così come le pressioni su sua madre. Che però non aveva mai ceduto.
Purtroppo sua madre era morta un paio d’anni prima in circostanze ancora poco chiare, di conseguenza da lei non avrebbe più saputo nulla.
Si voltò a guardare la sveglia, e vide che erano quasi le sette del mattino. Decise di alzarsi e iniziare a vestirsi per la scuola. Non che avesse particolarmente voglia di andarci…non aveva alcun problema negli studi, ma non riusciva – e non voleva – relazionarsi con nessuno. Dopo la morte della madre si era chiuso in se stesso, e aveva deciso di tenersi a distanza dalle persone, per evitare di affezionarsi ancora a qualcuno – per non dover soffrire mai più.
Si alzò e si diresse verso la camera di Xiaoyu per svegliarla.
Sorrise pensando alla cinesina. Ecco, lei era davvero l’unica eccezione alla sua regola.
Si era trasferita da loro, alla villa Mishima, alcuni mesi prima. Suo nonno l’aveva presa sotto la sua ala protettrice, offrendole alloggio in casa sua e permettendole di proseguire gli studi e gli allenamenti nelle arti marziali in Giappone. La cosa all’inizio lo insospettì, perché Heihachi Mishima non è il tipo di persona che accoglie qualcuno in casa per pura generosità. Se l’aveva fatto era per qualche tornaconto personale.
Comunque, Xiaoyu si era rivelata una persona degna di fiducia, l’unica alla quale raccontò il suo passato e perfino quel sogno. Purtroppo non era stata capace di aiutarlo a trovare una spiegazione, ma gli aveva promesso di dargli una mano a scoprirlo.
Quel pensiero lo mise inevitabilmente di buon umore, mentre entrava nella stanza pronto a schivare il cuscino che l’amica gli avrebbe lanciato, brontolando che era ancora troppo presto per alzarsi.
Si, quei pensieri l’avevano decisamente rasserenato.
Si diresse in bagno, e si fermò davanti al lavabo, fissando attentamente il suo riflesso nello specchio.
Sperò che le lezioni lo aiutassero a non pensare troppo a quel sogno, anche se, lo sapeva, quel pensiero avrebbe continuato ad arrovellargli il cervello per tutto il giorno. Rimanere concentrato sui libri sarebbe stato difficile.
Si osservò nello specchio, ripensando a lui, all’altro se stesso nel sogno. Ripensò a quell’espressione indecifrabile, a quel sorriso che metteva i brividi.
L’idea che potesse avere a che fare in qualche modo con se stesso, che fosse realmente una parte di se che non conosceva, lo metteva in agitazione. Quella figura lo inquietava, c’era qualcosa che gli diceva di stare attento, che era qualcosa di malvagio. Era abituato a fidarsi del suo sesto senso, ed era sicuro che nemmeno in quel caso mentiva.
E l’idea che quel qualcosa di malvagio fosse parte di se, lo spaventava a morte.
Lanciò un ultimo sguardo al suo riflesso nello specchio, prima di iniziare a prepararsi.
Un’altra giornata stava per iniziare.
Poi, la sera, l’incubo sarebbe tornato ad agitargli il sonno.
 
You say you wanted more
What are you waiting for?
 
The Kill – 30 seconds to Mars
 
 
 
 
 
 
 
***
Finalmente, tra un casino e l’altro, sono riuscita a partorire la prima fanfic per il Tekken Challenge!
Non dovrei fare ste cose quando dovrei occuparmi della miriade di tavole da inchiostrare entro un mese circa ma…non ho resistito. Sono debole ;_; *piagnucola*
By the way. E’ stata la prima volta che ho usato dei prompt, devo dire che la cosami ha ispirata parecchio *_* volevo usarli da parecchio, ma c’era sempre qualche community a cui iscriversi, ed essendo pigra ho sempre lasciato stare…
Ma torniamo alla fanfic. Primo prompt: school. Anche se la scuola ho finito per citarla solo alla fine...se si fosse intitolato dream sarebbe stato più adatto, mi sa -_- Ma d'altro canto, di ambientarla proprio a scuola non ne avevo tanta voglia (si, l'uso che faccio dei prompt è tutto particolare...), così è venuto fuori questo. Un dialogo tra Jin e la sua metà oscura, un dialogo in cui Jin non sa ancora nulla di se stesso ma che nutre già molti dubbi. Il tutto, credo si intuisca, ambientato circa un anno prima di Tekken 3. Per questa fic devo ringraziare i miei amati 30 seconds to Mars, in quanto l’idea dei corridoi e del doppio mi è balenata in mente dopo aver rivisto perl’ennesima volta il video di The Kill (a sua volta ispirato a Shining). Canzone che fa anche da sfondo alla storia (il pezzo affronta proprio la paura di confrontarsi con se stessi, con la propria parte oscura. Più adatta di così…XD).
Che dire, spero vi piaccia, e alla prossima!
 
Manasama
   
 
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