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Autore: UnintendedChoice    16/05/2011    4 recensioni
Matt percorse l’ultimo tratto di strada correndo; spalancò la porta della cantina, illuminata dalla luce d’emergenza, e se la chiuse alle spalle, scoppiando a ridere silenziosamente.
Ce l’aveva fatta. Dom era terrorizzato.
Genere: Parodia, Romantico, Suspence | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Christopher Wolstenholme, Dominic Howard, Matthew Bellamy
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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You will be the death of me.

 
 
 
 
 

17.46
 
 
 
«Io propongo Shrooms
«No, Dom, quello dicono che è brutto.»
«È fighissimo invece! Funghi allucinogeni, dai!» ghignò.
«Proprio per questo, meglio evitare. Non vorrei toccare tasti dolenti.»
«Ah, bene.». Dom incrociò le braccia. «Hai paura del tuo passato, Bells?»
«Non ho paura di niente» ribatté Matt, affilando gli occhi. «Sei tu qui il cagasotto che non vuole prendere Venerdì 13.»
«Cretino, quello t’ho detto che l’ho visto tre volte. Non è perché ho paura.»
«Certo, certo.». Matt sorrise malvagiamente. «Ca-ga-sot-to.».
«Coglione.». Dom si voltò, offeso, cosa che provocò le risate di Matt.
«Ridi pure? Stronzo.»
«Deficiente.», esclamò il frontman, che non rideva più.
«Pezzo di…»
«Bambini.» proruppe Chris a calmare le acque. «Sono stanco delle vostre stupide chiacchiere. Il film lo scelgo io.».
Dinanzi all’inconsueta perdita di pazienza di Chris Wolstenholme, anche quei due ammutolirono.
Mentre il bassista si accingeva a decidere tra due o tre dvd presi a caso dal ripiano, Dom iniziò a flirtare con la commessa, con scarsissimi risultati vista l’incapacità di capirsi a vicenda, mentre Matt fece un giro per il reparto Articoli per fanatici.
Lì i suoi occhi caddero casualmente su uno di quelli, un po’ nascosto perché passato di moda: una maschera bianca, quella di Ghostface, e un coltello di gomma, avvolti insieme nella stessa confezione trasparente.
Matt assunse l’espressione di quando qualcosa di folle gli passava per la testa. E se accadeva, era difficile dissuaderlo da quell’idea.

 
 
 
 


22.03
 
 
 
La cena era appena terminata, a Villa Bellini. Ottima, come tutte quelle che preparava Dom.
Matt approfittava sempre di lui, quando vi era l’occasione.
L’aria, però, non era delle migliori.
Dopo il piccolo battibecco di qualche ora prima, in videoteca, i due non avevano fatto altro che punzecchiarsi tutto il giorno, certo sempre scherzosamente; ma Dom dopo un po’ era secco di queste sciocchezze e iniziava a rimanerci male, mettendo il broncio ogni tanto.
Matt, che ovviamente se n’era accorto, decise di usare la sua arma più forte, quella della dolcezza, per ingraziarselo.
Niente avrebbe dovuto rovinare il suo piano.
Preparò la sua faccia più incantevole, e così cominciò: «Dom, sei arrabbiato con me?» disse la canaglia, con un tono falsamente triste.
Dom sbuffò.
«No, Matt. È che sono stanco, sembriamo davvero due mocciosi, a volte. Potremmo anche piantarla.». Lo guardava, implorante.
Matt, intenerito, per un millesimo di secondo pensò seriamente di annullare tutto. Ma solo per un millesimo di secondo.
In fondo, era davvero un bambino.
 
 
«Uffa, Chris ancora non arriva.» sbottò Matt.
I due erano già in postazione, alias sofà enorme con di fronte tavolino provvisto di birra e patatine e plasma da 42” a completare il tutto.
«Non so nemmeno che film ha scelto, poi.» disse Dom.
Matt prese la custodia  da sopra il lettore e finse di dover leggere il titolo per poter dire: «Uhm, Scream, un classico.». Alla fine l’aveva scelto lui.
«Carino. Ma mi pare di averlo già visto. È quello in cui Sidney si confina da sola in montagna, no?».
«Quello è il terzo. Hai bisogno di rinfrescarti la memoria, direi che la scelta è stata buona.»
«Okay, ma quando arriva Chris?! Ora gli telefono.».
Dom si allungò dal divano e afferrò il cellulare. Dopo un minuto Chris rispose.
«Chris, ciao. Ma dove sei? È mezz’ora che t’aspettiamo.».
Matt vedeva la faccia di Dom farsi da interrogatoria a comprensiva, e indovinò.
«Ah, capito. Be’, vi auguro passi in fretta allora. Noi ci arrangeremo. Sì, ciao. Salutami Kelly.». Riattaccò.
Matt alzò le spalle.
«Deve rimanere con Kelly, dice che Ernie ha preso la febbre e non fa che piangere.»
«Ah, peccato.» commentò Matt. In pochi secondi però poté constatare che l’entusiasmo di Dom era improvvisamente e inspiegabilmente aumentato. Che bastardo, pensò, non perde mai l’occasione per stare solo con me.
«Bene!» esclamò. «Direi che allora possiamo iniziare.».
Inserì il dvd nel lettore e si piazzò accanto all’amico.
Che il gioco abbia inizio, Howard.
 
 
Mancavano dieci minuti alla fine del film. Matt, di sottecchi, guardò l’orologio - di Dom ovviamente, perché lui non portava mai.
Mezzanotte e otto. Era quasi l’ora.
Sidney era impegnata nello scontro finale con l’assassino, e Dom, con fare concitato, spesso si ritrovava a parlarle tramite il televisore dandole consigli che non avrebbe mai seguito.
Matt fissò la lancetta dei secondi, sempre più vicina alla stanghetta dorata che stava ad indicare il numero dodici, e un misto di eccitazione e agitazione lo pervase.
Mezzanotte e dieci.
Buio.
Buio totale.
Lo schermo era nero, la lampada alle loro spalle spenta.
Perfetto.
«Che cazz…?». Dom spostava lo sguardo dal televisore a Matt, di cui dopo un po’ riuscì a distinguere solo un parte del profilo illuminato dalla debole luce lunare, lontana.
Matt simulò benissimo.
«Merda, dev’essere saltata la corrente.» disse, alzandosi dal divano e muovendosi a tentoni nel buio del salotto.
«Che palle, era quasi finito!» sbuffò Dom, che pure si alzò senza un motivo preciso.
Matt notò il sottile nervosismo dell’amico. Il momento che aveva scelto era perfetto: la tensione era alta, nonostante lui cercasse di non darlo a vedere. In effetti Matt stesso s’era un po’ spaventato.
«Vado a controllare il contatore, tu resta qua e non muoverti. Vorrei evitare danni alla casa.»
«Io non mi muovo. Tu, piuttosto, fa’ presto.»
«Dom, non preoccuparti» disse sardonico Matt, «non arriverà Ghostface a squartarti; ho un potente sistema di sicurezza, io.». Strizzò l’occhio, come se Dom potesse vederlo.
«Divertente. Ora va’, muoviti.».
«Torno subito.» disse con un’incolpevolezza tutta sua, scomparendo dietro le scale.
Dom rimase in piedi accanto al divano, senza sapere che fare. Spezzò quell’angosciante silenzio cominciando a fischiettare una canzonetta, non riuscendo a stare fermo.
 
 
Matt percorse l’ultimo tratto di strada correndo; spalancò la porta della cantina, illuminata dalla luce d’emergenza, e se la chiuse alle spalle, scoppiando a ridere silenziosamente.
Ce l’aveva fatta. Dom era terrorizzato.
Si avvicinò al contatore e baciò il timer, quella grande invenzione mai così tanto apprezzata. Lo riattivò per i prossimi venti minuti.
Contò a mente due, tre, quattro, cinque minuti, in trepida attesa. Poi afferrò la maschera che aveva nascosto là sotto e provò il laringofono attaccato alla parte della bocca. Pronunciò qualche parola a caso: la sua voce parve irriconoscibile anche a se stesso. Perfetto, perfetto, perfetto!
Si sfilò il telefonino dalla tasca, preparandosi alla telefonata.
Mentre componeva il numero di Dom, s’impose di non ridere, assolutamente.
 
 
Erano passati dieci minuti, dieci minuti buoni.
Dove sei?
Matt ancora non tornava, e Dom era ancora in piedi nel salotto, stanco di fischiettare e di aspettare. Gli occhi gli si erano ormai all’oscurità, e riusciva a distinguere più o meno tutto, ma nonostante ciò non si azzardò ad uscire da quel metro quadro in cui si rigirava continuamente.
Che palle. Che palle. Che rottura di coglioni.
Okay, pensiamo a qualcosa. Cosa farai domani, Dom? Allora, prima di tutto andrò a vedere in lavanderia se quel maledetto jeans è pronto. Poi dovrò cercare quel cd che mi ha detto Matt, com’è che si chiamano? Munford and Sons, mi pare. Poi…
Sussultò. Tacque.
Il suo cellulare iniziò a squillare, illuminando la zona intorno al tavolino.
La prima cosa che Dom pensò fu perché non aveva pensato prima a servirsi di quello per fare luce.
Lo afferrò e guardò il display.
Chiamata esterna, diceva.
Chi è ora questo?
Rispose. «Pronto?»
«Pronto, chi è?».
Dom allontanò appena il telefono dall’orecchio, confuso da quella voce greve e metallica che gli parlava.
«Pronto, qui è Dom. Chi è che parla?»
«Ciao, Dom.». La voce era inquietante, e gli ricordava terribilmente qualcosa. «Dimmi, ti piacciono i film horror?»
«C-cosa? Chi sei?».
«Qual è il tuo film horror preferito?».
Dom si guardò attorno. «Chi sei? Matt, sei tu, vero? Dai…»
«Non sono Matt.»
«Sì che lo sei, smettila… Non è divertente.»
«Io non sono Matt, e posso dimostrarlo. So tante cose di te. Come, per esempio, che ami il rosa. O che ti piace dormire fino a tardi.»
«Seh, certo. Quelle sono cose che sanno tutti. Matt, davvero, finiscila…»
« So anche un’altra cosa» l’interruppe la voce metallica «e questo Matt non lo sa. Non lo sa nessuno.»
«Ah sì? E cosa sarebbe?» lo sfidò Dom.
Matt si giocò la sua ultima carta, quella vincente.
«Si tratta del tuo migliore amico, Matthew. Tu per lui provi qualcosa di più, oltre alla semplice amicizia. Non è vero, Dom?».
Dom deglutì saliva. Si guardò ancora tutt’intorno.
«Che stronzate dici? Chi cazzo sei?»
«Sono l’ultima persona che vedrai prima di morire.».
Forse era la cosiddetta “realtà percettiva” che dava a Dom l’impressione che qualcosa si stesse muovendo attorno a lui.
«Il gioco è bello quando dura poco. M-». Stava per pronunciare il suo nome, poi si bloccò pensando a quello che la voce aveva detto. «Esci fuori, bastardo.».
La preoccupazione era ormai manifesta in Dom. Prese a camminare, velocemente, cercando di raggiungere Matt.
La testa lo aiutava ben poco, prima si diresse da una parte, poi dall’altra.
Dove cazzo è il contatore in questa casa? Dove devo andare?
La voce metallica continuò. «Avrei voluto uccidere prima te. Sai, di solito nel film horror è sempre la bionda bella e stupida a tirare le cuoia per prima.».
Dom correva.
«Però il tuo amico stava per rovinare i miei piani, e quindi…».
Dom trovò finalmente la strada giusta; prese a correre le scale due alla volta, con il cuore a mille.
Non può essere vero. È solo uno scherzo, un fottutissimo scherzo di Matt che vuole farti cagare sotto.
«Devo farti i miei complimenti.» continuò la voce. «La bionda stupida è diventata per la prima volta protagonista. Ah, è inutile che ti affanni tanto, il tuo amichetto è già morto stecchito da un po’.».
Proprio in quel momento la luce invase improvvisamente il corridoio. Così Dom riuscì ad avvistare la porta della cantina.
Raggiunse la maniglia con un balzo, quasi buttò giù la porta.
Vuota.
La stanza era vuota.
Sul pavimento, vi erano ovunque scie di sangue.
Matt non c’era.
Si rimise in ascolto al telefonino: la chiamata era terminata.
 
 
Tutto andava esattamente come aveva previsto. Un accenno di senso di colpa nacque in Matt, mentre dalla scorciatoia che aveva preso finì in cucina.
Con poche difficoltà nel buio, aprì uno dei cassetti e da lì tirò fuori il coltello di gomma, già macchiato con il sangue finto.
Poi s’infilò la maschera, pronto all’atto finale.
 
 
Dom corse all’indietro per la strada che aveva fatto, nell’agitazione non aveva affatto notato l’altra porta nella cantina.
La testa non riusciva più a pensare, a ragionare, a capire cosa stesse realmente accadendo.
Gli importava solo di Matt, di dove cazzo fosse, di come cazzo stesse.
Rientrò nel salone, girandosi attorno con gli occhi sbarrati. Nonostante il respiro affannato cominciò a chiamare: «Matt? Matt! Dove sei?».
Nessuna risposta.
«Maaatt! Rispondi, cazzo, rispondi!».
Sudava freddo.
Dopo nemmeno un minuto la luce saltò di nuovo. Di nuovo buio, di nuovo i suoi occhi che dovevano abituarsi, di nuovo Dom disorientato.
Un rumore, lieve.
Si voltò. Una sagoma scura emergeva contro la cucina.
La luce della luna, fuori, rischiarava appena la maschera marmorea, deforme, inquietante. Quando la sagoma alzò un braccio, poi, rischiarò appena anche il coltello che la mano manteneva, sulla cui lama scintillava il rosso intenso del sangue.
Dom indietreggiò, lentamente, poiché la sagoma non sembrava volersi muovere.
Passò almeno mezzo minuto.
Poi la maschera si piegò leggermente di lato.
«Sei realmente una bionda stupida, allora.» disse con la sua voce greve.
L’uomo di sfilò piano la maschera. Dom, a poco a poco, poté distinguere i tratti somatici di Matt, il cui volto era altrettanto cereo e visibile, nell’oscurità.
Quando gli occhi gli si spalancarono ancora di più, insieme alla bocca, Matt non resistette oltre. Scoppiò in una grossa risata, mantenendosi allo stipite della porta.
«Oh Dio, Dom! Dovresti vederti! Che faccia!» esclamò, tra le risate isteriche che lo piegavano in due.
Il volto di Dom aveva cambiato più espressioni - e colori - in quei pochi secondi che in tutta la giornata.
L’irritazione, però, prevalse.
«Matt, vaffanculo.».
Matt continuava a ridere.
«Vaffanculo, te lo dico col cuore.»
«Ahahah, scusa Dom, ma - AHAHAH- non hai idea…».
Dom, amareggiato, anzi incazzato e basta, gli diede le spalle. Incrociò le braccia, respirando, cercando di mantenere la calma.
Matt continuò a ridere per un po’, poi le urla si attenuarono. Solo a quel punto si accorse di come Dom ci fosse rimasto.
Il senso di colpa che prima era sorto si fece risentire, più forte.
«Dom, dai… Scusa…»
«Scusa un corno.» l’interruppe Dom, senza smuoversi. «Ti rendi… ti rendi conto… No, ma che dico, non ti rendi affattoconto.».
Matt mosse qualche passo verso di lui.
«No, Dom, ora mi rendo conto. È stato uno scherzo esagerato.»
«Non esagerato. È stato stupido e basta.»
«Sì, è vero, è stato stupido, molto stupido…»
«E tu sei ancora più stupido. Sei uno stronzo bastardo cretino.»
«È… è vero, sì, sono… tutto quello che hai detto.». Si avvicinò ancora.
«E soprattutto, sei un bambino, anzi peggio.».
Dom si voltò finalmente, sicuro che la vista di Matt non avrebbe trasformato lui in Ghostface.
La sua visione, invece, gli provocò tutt’altro.
D’improvviso Matt si ritrovò tra le braccia di Dom. Lo strinse, forte, come se non lo vedesse da anni, come non faceva da tempo.
«Sei uno stronzo» sussurrò, stavolta. «Ho creduto il peggio, quando ho visto tutto quel sangue…».
Matt lo strinse anche lui.
«Scusami, Dom. Davvero. Mi perdonerai, un giorno?», disse, con la testa piantata nell’incavo della spalla dell’altro.
Dom espirò, più rilassato.
«Un giorno tu mi ammazzerai.» pronunciò piano, all’orecchio di Matt.
Matt sentiva il suo respiro caldo sul collo.
Chissà chi dei due morirà prima, di questo passo, pensò.

 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Reduce da Scream 4 XD Scusate, davvero, per questo “horrore”. Ma m’è uscita così (non volevo farla BellDom, ma è più forte di me!).
Lasciatemi una recensione, dai! Farete felice una povera pazza.
Un bacione a tutte! :D
   
 
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