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Autore: Atem    18/02/2006    5 recensioni
Lui, un ragazzo che ha perso memoria di sé, vive e convive in un corpo che in qualche modo gli appartiene ma che poco a poco sembra rifiutarlo.
Lei, una giovane egiziana giunta a Domino per trovare il pezzo mancante di un puzzle di ricordi, sogni e desideri…
Loro… Amici e nemici, dagli sguardi di ghiaccio, dai sorrisi mascherati e dalle parole velenose che si sfidano in un gioco pericoloso di cui a fatica comprendono le regole…
Narrava di cose strane Sephireja quando, sedute nell’immenso giardino del Palazzo, ci raccontavamo favole e ridevamo di un futuro che né io né lei avremmo mai visto. Si parlava di giorni che mai sarebbero venuti per noi, di mondi avanti millenni e più… di vite che invece sono state destinate ad incrociarsi ancora…
Genere: Avventura, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Shonen-ai
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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-Lo specchio dell’Anima-

Note dell’autrice: E’ la prima fic su yuugioh che scrivo, l’ho scritta con il prezioso aiuto di Toy-chan che si è offerto di darmi suggerimenti per la storia, praticamente a grandi linee la trama l’ha creata quasi tutta lui (Grazie koibito, dirò a Julias-kun che ormai non lo ami più e che puoi metterti con me^__-! È destino visto che ora sei diventato anche il mio Priest.).

La trama si rifà un pò ad una storia scritta da Toy sul nostro blog ed ambientata nell’antico Egitto, per cui i due personaggi originali appartengono a lui.

Penso che ci saranno parti sia shonen ai che etero.


Capitolo 1° L’inizio…

La calura estiva non era mai parsa così fastidiosa come in quel momento e correre di certo non aiutava.

Il ragazzo soffocava nel suo stesso respiro bollente mentre le Nike Air nere pestavano l’asfalto e le braccia si agitavano convulsamente per farsi notare.

Era sicuro che quell’uomo l’avesse visto ed anche che l’avesse palesemente ignorato.

“Dannato autista…” ringhiò a denti stretti non dandosi per vinto, infatti aumentò il passo, almeno per quanto poteva e le boccate d’aria si sprecarono, esattamente come il fiato e l’ossigeno nei polmoni che ormai stava terminando.

“Aspettami. Aspettami. Aspettami. Se non mi aspetti giuro che ti uccido. Aspettami. Aspettami. Aspettami o ti uccido.” Continuava a cantilenare il ragazzo senza smettere di correre.

“Bastardo…”

Di certo non si poteva dire che non era un tipo testardo.

Di certo però era un tipo poco allenato… Stava soffocando infatti, da un momento all’altro gli sarebbe venuto un infarto per tutto quel correre, mentre la pressione sanguigna si abbassava vertiginosamente e la vista iniziava ad appannarsi.

Dallo specchietto retrovisore dell’autobus l’autista lo vide persino vacillare, ondeggiare pericolosamente da un ciglio all’altro della strada, mentre le macchine gli svettavano affianco, e poi cadere svenuto.

Spalancò gli occhi quando lo vide steso sull’asfalto ed inchiodò l’autobus frenando mentre i passeggeri venivano sbatacchiati contro i sedili davanti o, quelli in piedi, finivano in terra.

L’autista corse velocemente giù dalla vettura, indietro, verso il corpo del ragazzo che non si era mosso dalla strada.

La gente l’aveva già circondato e una folla di curiosi si era piazzata a fermare il traffico borbottando e cercando di comprendere se lui si fosse fatto male o se ancora respirasse, cosa difficile con tutte quelle persone intorno.

“Permesso, fatemi passare, permesso.” Bofonchiò l’autista preoccupato.

Arrivò al ragazzo.

I capelli erano neri e corti e la pelle del colore della porcellana, morbida al tatto, liscia come velluto. A guardarlo bene però sorgeva un dubbio, poteva davvero essere un ragazzo quello? Con quel viso dai lineamenti delicati?

L’uomo scosse il capo concentrandosi sul poveretto steso.

“Ehm, ragazzo ti senti bene?”

Non ebbe risposta e la cosa non lo stupì più di tanto, la gente svenuta solitamente non risponde alle domande… oppure invece sì?

Il sopracciglio scuro si inarcò quando vide la mano del ragazzo compiere un movimento quasi impercettibile. Si era poi alzata e spostata alla manica della giacca dell’autista e la stringeva, persino gli occhi, due scurissimi tizzoni di carbone neri come la notte più oscura, lo puntavano guardandolo.

“La… la prego… non mi lasci… a piedi…” supplicò a fatica.

“M-Ma no… certo che no, figliolo, ora ti aiuto a salire sull’autobus.” Disse l’autista abbozzando un sorriso sforzato e pure intimorito.

Il ragazzo sorrise debolmente aiutato dall’uomo ad alzarsi e pian piano si mossero verso la vettura salendo gradino per gradino.

Soltanto quando lui venne aiutato a sedersi nel fondo dell’autobus e la vettura ripartì uno strano sorriso incurvò le labbra sottili del ragazzo. Un sorriso inquietante che ebbe persino il potere di terrorizzare la vecchietta che sedeva al suo fianco.

“Sei fortunato stupido autista, ho deciso di risparmiarti.” Mormorò alla fine mentre l’autobus ripartiva con lui a bordo che si rigirava tra le mani un pacchetto sigillato e gonfio. Il mittente non si leggeva molto bene, anzi il suo nome sembrava scritto in caratteri che non rientravano nell’alfabeto giapponese, né in quello inglese… Il destinatario invece era molto più leggibile, con le sue dita che coprivano parte delle lettere era possibile notare la lettera S, la E, la T e poi più distanti la B e una A.

Un nome che sarebbe stato intuibile per molte persone: Seto Kaiba.

L’autobus proseguì con il ragazzo a bordo fino al capolinea dove lì finalmente scese.

Era arrivato alla sua meta: la Kaiba Corporation.

“Desidera?” domandò l’uomo alla reception guardandolo entrare con la coda dell’occhio.

“Posta.”

L’uomo alzò completamente lo sguardo sul ragazzo.

“Come scusi?”

“Ho della posta.” Rispose mettendo bene in vista il pacco che reggeva in mano, guardandolo egli stesso e leggendo ad alta voce il nome scritto sopra, come se già lui non lo conoscesse: “E’ per Kaiba Seto.” poi tornò a guardare l’uomo al bancone della reception “E’ qui che si trova vero?”

L’altro annuì.

“Allora a lei, e stia attento, è fragile.”

Il ragazzo si avvicinò al bancone appoggiando il pacco sulla superficie di marmo colorato e spingendolo verso l’altro, dopodiché si voltò e uscì dall’edificio fischiettando tranquillamente mentre si schermiva gli occhi scuri con un paio di occhiali da sole.

Quando il pacco arrivò tra le mani di Seto Kaiba lui lo guardò con cipiglio, ricordando di non star aspettando nessun pacco da nessuno.

“E questo che diavolo è?” domandò all’uomo che gli avevano mandato su nel suo ufficio e che lui già si pentiva di aver fatto entrare.

“E’ un pacco per lei signor Kaiba.”

“Questo lo vedo già da me, ma chi lo ha mandato?”

L’uomo fece spallucce.

“Non lo sapete?”

“No signore. Il ragazzo che l’ha portato qui se ne è andato prima che potessimo chiedergli spiegazioni.”

“Ragazzo? Non è venuto il postino?”

Seto iniziava a non capirci molto di quella storia, guardava il pacco e si chiedeva se non fosse pericoloso aprire una cosa del genere, ma quegli strani ideogrammi che comparivano sul retro lo incuriosivano ancora di più. Forse era arabo… ma sembrava quasi più uno scarabocchio…

“Se scopro che è uno scherzo…” borbottò prendendo in mano il pacco ed iniziandolo a scartare finchè del cartone non rimase poco o niente, e gran parte fu distrutto.

“Uhm? E questo da dove arriva…?”

Seto sorrise stringendo l’oggetto tra le mani e osservandolo per bene.

Chiunque glielo avesse mandato doveva essere un pazzo a privarsi di una cosa tanto antica e preziosa, ma quelli non erano problemi suoi.

“Puoi andare.” Fece rivolto all’uomo che si stava sicuramente chiedendo di che si trattasse ciò che teneva in mano.

“E se vedete di nuovo quel ragazza, fermatelo e portatelo da me.” aggiunse sedendosi e infilando con cura l’oggetto in uno dei cassetti della scrivania.

“Anche se dubito che tornerà…”


FINE 1° CAPITOLO


Capitolo cortissimo non c’è che dire^^… Ma pazientate, infondo non è che l’inizio.

Spero vi piaccia, intanto lascio un bacio al mio amore Kaiba-kun^.^.

-Atemu-

  
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