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Autore: bice_94    18/05/2011    8 recensioni
un piccolo sguardo a come vorrei la quarta stagione. SPOILER 3x24
Genere: Drammatico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Si dice che i ricordi vadano affievolendosi con il tempo, ma dubito che questo momento potrà mai sbiadirsi nella mia mente.
Ho visto quel maledetto bagliore in lontananza, ma non sono stato abbastanza veloce.
E ora sei qui a terra, vicino a me.
Sto tremando, come non ho mai fatto nella mia vita.
Ogni mio movimento mi sembra a rallentatore.
Mi inginocchio accanto a te, mentre il panico si impadronisce di ogni singola cellula del mio corpo, perché non riesco a credere a ciò che ho visto, a ciò che è successo.
Il tuo respiro è veloce, troppo veloce e nelle mie orecchie diventa un rumore insopportabile.
Ogni movimento irregolare del tuo petto è una coltellata alla mia anima.
Frenesia.
Ecco cosa sento, solo una frenesia incontrollabile.
Quella tua mano è rosse di sangue e io non posso fare altro che sostituirla con la mia, lasciando che quel liquido rosso e caldo vada a intingere anche le mie dita.
Vorrei solo accarezzarti, vorrei tranquillizzarti, dirti che tutto andrà bene, ma sappiamo benissimo che non possiamo saperlo.
Vorrei semplicemente dare la mia vita per la tua.
Ti prendo tra le mie braccia e, con la voce di chi non è più capace a parlare, mi avvicino al tuo viso.
C: resta con me, resta con me ti prego.
I tuoi occhi non abbandonano i miei, ma quelle gocce di giada si stanno allontanando dalla realtà, posso vederlo benissimo.
Cerco di accarezzarti, darti un po’ di calore che sembra scivolare via da quel tuo piccolo corpo, diventato troppo fragile.
E poi non riesco a resistere.
Voglio liberare il mio cuore.
C: ti amo, ti amo Kate.
Lo dico con dolcezza, sperando che quelle parole possano farti rimanere con me.
Vedo i tuoi occhi che si allargano leggermente, un sorriso leggerissimo spunta sulle tue labbra e poi quella lacrima.
È lei che dilania il mio cuore.
Stai combattendo per rimanere qui, ma non ce la fai e ti abbandoni a quella quiete che ti invita troppo languidamente.
C: no, Kate, ti prego.
Mi sento privato di una parte del mio corpo, mi sento come un uomo a metà.
Le lacrime escono ormai dai miei occhi e non ho intenzione di fermarle.
L’unica cosa che faccio è stringerti tra le mie braccia.
Ti cullo contro di me e ti abbraccio.
Ti abbraccio perché voglio farti rimanere con me, perché voglio poter sentire il tuo corpo con il mio, perché voglio poterti amare.
Tu devi vivere per me.
Il tuo corpo molle è stretto tra le mie braccia e io non voglio lasciarti andare.
Poi attorno a me inizio a sentire voci confuse e una mano che si appoggia alla mia spalla.
Prima con delicatezza e poi mi stacca da te.
Il freddo che ha lasciato il tuo copro assomiglia al vuoto della mia anima.
Io rimango in silenzio, incapace di parlare, mentre ti guardo allontanarti con l’ambulanza, con le lacrime che continuano a scivolare sulle mie guance, marcate a fuoco dopo ogni passaggio di quelle gocce salate.
 
“ti sto raggiungendo, amore mio”
Corriamo con quella macchina, che questa volta mi appare lenta come forse non lo è mai stata.
Nessuno fuori da quella macchina, si accorge né del mio dolore, né del tuo.
 
Nell’ospedale c’è trepidazione.
Siamo tutti in sala d’apetto, ma io continuo a fissare il pavimento.
Mi sento colpevole.
No, io sono colpevole.
Mi ero accorto, ma sono stato troppo lento.
Avrei dovuto proteggerti, ma non ne sono stato capace.
Mi alzo e riesco a trovare un posto dove sono da solo.
Quanto tempo è passato?
4 ore?
Non lo so, non ne sono sicuro.
Sento soltanto rabbia verso di me e verso la vita.
Come diceva il grande Shakespeare, io sono lo zimbello della sorte.
Io ti do il mio amore e tu.. e tu stai per morire.
Grido, grido con tutta la voce che ho e sfogo la mia forza contro il muro con un pugno.
Eccolo il dolore fisico che mi consola.
Mi fa sentire vicino e te, mi fa da culla nell’attesa.
Lanie mi raggiunge e mi guarda preoccupata.
Deve aver sentito il mio grido e con uno sguardo di terrore si avvicina a me.
Siamo scesi in pronto soccorso e mi hanno medicato la mano.
La fasciatura che stringe le mie nocchie sanguinanti e doloranti si colora di rosso e ti rivedo lì distesa a terra.
Prendo la testa fra le mani e piango.
Piango come un bambino, mentre spero che tu riapra quegli occhi, che mi guardi di nuovo.
Non posso ricordarti con una lacrima che scende sul tuo viso.
Non posso e non voglio.
 
Quando aprì gli occhi ancora pesanti e impastati, vide solo una sterile camera bianca, mentre dalla finestra si capiva che la notte aveva già coperto New York.
Beckett sentì lentamente risveglirsi anche il dolore nelle sue viscere, ma con un piccolo sforzo cercò di tirarsi su.
Tutto rispose tranne il suo braccio che le sembrava pesante e indolenzito.
Un attimo di panico la pervase, ma istintivamente abbassò lo sguardo e vide ciò che le impediva il movimento.
Castle si era addormentato sul suo braccio, la mano fasciata distesa sul letto e sul volto un’espressione dolorante.
Beckett non potè evitare di sentirsi scaldare da quella vista e con la mano libera si avvicinò lentamente al volto dell’uomo.
Una carezza, niente di più.
Qualcosa di insegnificante eppure così dolce.
E poi un flash :, lo sparo… stai con me… ti amo.. lacrime… il suo profumo.. e il buio.
Si voltò di scatto verso l’uomo che si era appena svegliato, mentre la fissava con un’espressione incredula.
C: Kate! Ti sei svegliata.
Beckett annuì, sorridendo sinceramente.
B: da quanto sei qui?
Si sbagliava o quelle erano enormi occhiaie?
Castle sorrise debolmente.
C: sono qui.. importa da qunto?
Beckett negò, scuotendo delicatamente il capo.
Castle era imbarazzato.
Che ricordasse?
C: vuoi che chiami tuo padre?
B: a quest’ora starà dormendo. Lasciamolo riposare.
C: come vuoi.
La sua mano sfiorava ancora quella donna, come una leggerissima carezza.
B: hai intezione di rimanere lì?
C: oh.. io.. se vuoi me ne vad-..
B: non intendevo questo. Non dormi da giorni e non credo che quella sedia sia così comoda. Vieni qui.
Battè leggermente la mano sul letto e si spostò lentamente, lasciando un piccolo spazio per lo scrittore.
C: oh, no. non preoccuparti. Credimi, ormai mi trovo a mio agio su questa sedia. E poi potrei.. bè si, potrei farti male.
La detective si limitò a battere di nuovo la mano.
Castle sorrise e decise di acconentarla.
Si mosse con una delicatezza infinita, quasi con la paura di romperla.
Si sdraiò accanto a lei e, senza alcun preavviso, Beckett appoggiò la sua guancia sul petto dello scrittore.
Castle sgranò gli occhi, incapace di formulare pensieri coerenti.
B: cosa hai fatto alla mano?
Beckett sembrò preoccupata e prese ad accarezzare quell’arto fasciato con dolcezza.
C: un incontro poco amichevole con la parete.
La detective sorrise e si fece cullare dalla presenza di quell’uomo che tanto amava.
B: stai con me, ti prego.
Castle sorrise e la accarezzò.
C: sempre, mia musa. 

   
 
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