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Autore: Shichan    18/05/2011    5 recensioni
[Mukuro centric]
«Grazie.» aveva risposto con un sorriso cortese quanto falso.
Tsuna l’aveva avvertito, Chrome percependolo aveva abbassato lo sguardo.
Sasagawa Kyoko aveva sorriso, invece.
Mukuro l’aveva istantaneamente etichettata come una donna stupida.

[TsunaKyoko implicito][6927 onesided][Death!Character]
Genere: Introspettivo, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Kyoko Sasagawa, Mukuro Rokudo, Tsunayoshi Sawada
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Disclaimer: i personaggi sono copyright della sensei Amano Akira.
Prompt: 74. Questa storia riguarda il lato oscuro di un amore non corrisposto. Innamorarsi non porta solo felicità e grandi emozioni, ma credo che produca frustrazioni e anche molti altri sentimenti. (Tabella)
Note: …sto trattando la TsunaKyoko. Cioè, è implicita, è solo di contorno, ma… *piange*

 

Questa storia riguarda il lato oscuro di un amore non corrisposto.
Innamorarsi non porta solo felicità e grandi emozioni,
ma credo che produca frustrazioni
e anche molti altri sentimenti.

 

La morte è triste.
Presa come concetto astratto o di disquisizione filosofica ma, ancor di più, quando colpisce da vicino.
“Di persona”, quasi.
Non è vero che ti ci abitui: puoi renderla più sopportabile, meno dolorosa, oppure erigere un muro, quello classico che dovrebbe non lasciar trapelare le tue emozioni – o far sì che quelle degli altri non ti raggiungano.
Ma non importa quanto a lungo o quante volte tu stia a contatto con essa: ci sarà sempre quella persona la cui scomparsa ti lascerà il cosiddetto “vuoto dentro”.
Nemmeno Rokudo Mukuro, che di vite ne ha spezzate tante senza mai provare rimorso, faceva eccezione.
Si guardava bene dal dirlo, certo, o dal dimostrarlo – naturalmente – ma persino uno come lui viveva nell’angoscia di vederlo scomparire.
Sawada Tsunayoshi.
Non è vero, che ti ci abitui.
Alla morte non ci si abitua mai.


Alla magione Vongola in quei giorni si era respirata l’aria tesa tipica di un’imminente battaglia, mista a quella satura di medicinali propria degli ospedali.
Non c’era davvero odore di disinfettante, o cose simili, ma c’era quell’atmosfera opprimente di quando qualcuno sta male e non puoi fare altro che aspettare che quel qualcuno si spenga.
Un principio di disperazione si mescolava ad una speranza forzata.
Lo stesso era stato per quei giorni: una tacita angoscia aveva caratterizzato i subordinati, i Guardiani e il Boss, fino a tradursi in una temuta realtà.
Era stato qualcosa da aspettarsi, scontato in un ambiente come il loro: colpire l’anello debole della catena, o il cuore di un’organizzazione per farla sfaldare e crollare su se stessa.
Tutti continuavano ad incolparsi in qualche modo, chiedendosi l’un l’altro: “perché nessuno di noi è rimasto all’erta?”, “Perché non siamo stati più cauti?”, oppure ancora “Perché non ce lo siamo aspettato?”.
Mukuro vi aveva risposto facilmente: il motivo per cui Sasagawa Kyoko era morta al posto di Sawada Tsunayoshi era chiaro.
Più debole, vicina al Boss dei Vongola in quanto sua compagna di vita e per questo importante; ma non la priorità.
Importante, certo, ma non quanto il Boss stesso.
C’erano voluti Gokudera e Lambo, per evitare che Sasagawa Ryohei a quelle parole si lanciasse sul Guardiano della Nebbia. E quando erano riusciti a farlo uscire dalla stanza, Yamamoto Takeshi – seppur compostamente – lo aveva ripreso.
«Per favore, Mukuro, fai più attenzione a quello che dici.» aveva pronunciato, il tono appena meno fermo dal solito per il peso della perdita di un’amica.
«Perché da ora, per Tsuna sarà ancora più dura.» aveva aggiunto prima di sparire oltre la porta.
…Come se avesse davvero avuto bisogno di sentirglielo dire.

Lo aveva osservato per anni.
Quello sguardo mai rivolto completamente verso di lui.

 

Per diversi giorni a seguire, con gentilezza Tsunayoshi aveva chiesto di essere lasciato solo.
Al Guardiano della Nuvola di certo non c’era stato bisogno di chiederlo una seconda volta, e Ryohei era già volontariamente isolato; quanto agli altri, non era difficile immaginare che per Lambo o Gokudera “lasciarlo stare” fosse stato quasi fuori discussione. Tuttavia, inaspettatamente, proprio il braccio destro aveva convinto il più giovane, aiutato da Yamamoto.
Anche Mukuro – da ormai tre giorni – si guardava bene dal rientrare in un raggio d’azione potenzialmente vicino alla stanza da cui Tsuna usciva solo per gli obblighi giornalieri.
Ma non era vero, che non lo osservava.
Un’illusionista poteva trovare mille modi, dopotutto, di spiare qualcuno senza essere visto o percepito. Nonostante questo, lo aveva fatto solo quando era stato certo che l’altro stesse dormendo.
Gli faceva rabbia, e non si vergognava affatto di quei sentimenti.
Chrome aveva pianto non sapeva nemmeno lui quanto a lungo, e Sawada Tsunayoshi non era nemmeno da considerarsi cosciente di essere vivo.
Mukuro non capiva: non cosa li dilaniasse a tal punto – cara amica per lei, compagna di vita per lui, era chiaro che la sua morte portasse a quelle reazioni.
Quello che l’illusionista non riusciva in alcun modo a comprendere era cosa avesse di tanto speciale Sasagawa Kyoko; da morta tanto quanto da viva.
Superficiale, assolutamente banale: attraverso gli occhi di Chrome l’aveva osservata, e in lei di buono aveva scorto solo la gentilezza rivolta alla Guardiana stessa.
Ma poi? Poi non c’era altro.
Egoista nella sua pretesa di immischiarsi in cose in cui sarebbe stata solo d’intralcio, l’arroganza nel voler essere al corrente delle cose come se tutto le fosse dovuto, e la presunzione di chi crede di aver capito tutto, e invece non ha capito un bel niente.
Una ragazzina debole e inutile, con un poco di gentilezza ed un barlume di coraggio che sfociava però spesso nella stupida imprudenza.
Cos’aveva mai, di così bello, Sasagawa Kyoko?
Per cosa, concretamente, ci si disperava a tal punto?

Non l’aveva mai potuta soffrire.
Fin da quella volta.

Ricordava il primo incontro con lei fuori da Vindice, con un proprio corpo.
Aveva accompagnato Chrome.
Mukuro l’aveva guardata – sapendo bene chi fosse – chiedendosi perché mai fosse lì; o meglio perché, supponendo che il suo compito fosse solo accompagnare l’amica, non fosse già andata via.
Ma lei gli aveva sorriso e aveva detto con tutta la tranquillità del mondo: «Bentornato, Rokudo-kun.»
Era rimasto perplesso: si aspettava cosa, un altrettanto amichevole “sono tornato” come se la considerasse abbastanza importante da meritare una risposta?
E Sawada Tsunayoshi, che dietro di lei osservava entrambi un po’ a disagio, un po’ sulle spine, cosa si aspettava da lui?
«Grazie.» aveva risposto con un sorriso cortese quanto falso.
Tsuna l’aveva avvertito, Chrome percependolo aveva abbassato lo sguardo.
Sasagawa Kyoko aveva sorriso, invece.
Mukuro l’aveva istantaneamente etichettata come una donna stupida.

 

Tsuna sospirò, nella penombra della stanza: «Oggi sei insolitamente in anticipo, Mukuro.» mormorò, senza voltarsi verso un punto in particolare.
«Dunque, come supponevo, te ne eri già accorto.» osservò l’illusionista per nulla sorpreso, palesando la propria presenza ma rimanendo accanto alla finestra.
Il castano si limitò ad annuire.
«Credevo non gradissi compagnia, perciò dal momento che non mi hai cacciato ero arrivato a pensare che non mi avessi notato.» continuò in un’osservazione casuale.
«Tu e Hibari-san siete gli unici due che non avrei motivo di mandar via.»
«Oya, oya, che pessimi gusti.» commentò «Gokudera Hayato si sentirebbe offeso e tradito da queste tue preferenze, sai?» insinuò.
Tsuna si concesse un incurvarsi di labbra leggero, alzando quindi lo sguardo sull’altro: «Tu e Hibari-san siete gli unici due che non tenterebbero di consolarmi.» chiarì, l’espressione ferita che come sempre si nascondeva dietro quel sorriso debole.
Mukuro tacque per qualche istante: francamente proprio non voleva addentrarsi in un discorso su Sasagawa Kyoko, men che meno con lui.
«Tu non vuoi essere consolato, quindi va bene, no?» lo incalzò retoricamente.
«È vero.» convenne il castano, concedendosi un altro sospiro: «Ed in ogni caso, chiedere a te di farlo non sarebbe corretto.» aggiunse criptico, ma Mukuro sembrò capire fin troppo bene a cosa si riferisse. D’altra parte, la differenza tra lui e Hibari Kyouya nel reagire al recente lutto era stata a dir poco evidente.
Nessuno dei due teneva la ragazza in particolare considerazione: ma mentre il Guardiano della Nuvola rimaneva in un silenzioso rispetto per il dolore altrui, sebbene non condiviso, Mukuro era semplicemente… indifferente. In un’accezione anche abbastanza negativa del termine, per essere esatti.
«Ti stai addentrando in un argomento che, fidati, non vuoi trattare con me, Sawada Tsunayoshi.» fece presente, lo sguardo che comunque non lo abbandonava.
«Vorrei avere la tua freddezza. È molto più adatta ad un Boss.» mormorò.
«È molto più adatta agli assassini, e agli uomini senza scrupoli.» lo corresse, il tono come quello che potrebbe avere un adulto nei confronti di un bambino ancora troppo piccolo per capire.
Cadde il silenzio, ed invase la stanza per un intervallo di tempo abbastanza lungo.
Fu Tsuna a romperlo, nel modo peggiore possibile per l’illusionista.
«Non ti piaceva affatto, vero? Fin da quando sei uscito da Vindice.» pronunciò, ma il tono non era d’accusa.
«Per niente.» replicò impietoso; non sapeva se per ferire lui assecondando un istinto inconscio, o se per brutale e crudele sincerità che – in fondo – lo aveva sempre contraddistinto.
Che fosse un pregio o un difetto, era opinabile.
«Lo immaginavo. Mi dispiace, credo che sia in parte a causa mia.» disse solamente.
Mukuro strinse i pugni nervosamente: lui era sempre, sempre, sempre così.
Non era nemmeno certo che Tsunayoshi avesse capito, che si fosse reso conto del perché di tutto quell’odio – oltre alla concreta antipatia che aveva provato verso quella ragazza, ma che l’illusionista rivolgeva anche alla maggior parte delle persone che entravano a contatto con lui.
Pur non sapendo di quante e quali cose il castano avesse davvero preso coscienza, nulla cambiava in lui: per quanto crudele fosse Mukuro nei suoi confronti… non lo biasimava mai davvero, mai altrettanto crudelmente.
«Vorrei chiederti un favore.» riprese poi, guardandosi le mani, le dita intrecciate fra loro: «Vorrei che ci fossi anche tu, domani.» concluse.
Ah. Il funerale.
Sospirò: «È un ordine?» chiese senza esitazioni, che giunsero però quando il castano alzò lo sguardo su di lui.
Mukuro deglutì a vuoto, impercettibilmente, con la sensazione di avere di fronte un bambino ferito che sta per scoppiare in lacrime; e, tuttavia, ancora quel debole tentativo di sorriso.
«È… solo un mio desiderio.» mormorò: «Vorrei che ci fossi, ma… non voglio ordinartelo.»
Strinse i pugni, ancora una volta, e non visto si morse appena il labbro inferiore.
«Va a dormire. Oppure piangi fino a sentirti male, ma domani non voglio assistere anche alla tua disperazione.» replicò secco, muovendosi verso la porta – in un insolito abbandonare la stanza normalmente anziché sparendo semplicemente alla vista – senza voltarsi.
«Dammi tregua.»

Non c’era alcuna tregua,
nel saperlo solo a sprofondare nel dolore
e in un immotivato senso di colpa.

 

Quel funerale, che si era appena concluso, era stato un supplizio.
L’aria era stata appesantita dal dolore e dalle lacrime, somigliando a quella che accompagna le nuvole cariche di pioggia poco prima di un temporale.
Sawada Tsunayoshi, come c’era da aspettarsi, non ha pianto: forse lo ha fatto la notte prima, e forse lo farà quelle a seguire.
Nessuno dei Guardiani, tranne Lambo e Chrome, ha pianto: le espressioni addolorate, oppure il silenzio rispettoso del dolore altrui, sono state le uniche cose con cui hanno potuto provare ad essere la forza del Boss.
Tutti hanno donato almeno un fiore.
Tutti tranne lui; il Guardiano della Nebbia ha solo osservato.
Si è detto che, quantomeno per rispetto a Sawada Tsunayoshi, forse si sarebbe dovuto adeguare.
Ma poi si è detto che un fiore non sentito somiglia più ad un insulto che ad un concordato e fittizio rispetto; e che in fondo, per fingere di essere gentile non aveva motivo.
«Non potevi adeguarti, immagino, vero?» gli ha sibilato contro Gokudera Hayato passandogli accanto, accusatorio.
«Sono qui su richiesta di Sawada Tsunayoshi. Nient’altro.»
Il Guardiano della Nebbia non ha pianto: non vede perché dovrebbe, dopotutto.

 

Note finali prive di utilità
Francamente non so se l’idea di partenza si sia poi riflessa sul risultato finale °_°” *grosse perplessità*
Avrei voluto mostrare un Mukuro che non dimostra dispiacere perché è innamorato di Tsuna (che però è compagno/fidanzato/sposato con Kyoko): e dal momento che Mukuro non è esattamente il tipo di persona che si dispera per la morte della “concorrenza” – concetto un po’ cinico, ma detto terra terra è così XD – avrei voluto riflettere quel modo diverso di metabolizzare una situazione che per tutti quelli che lo circondano è dolorosa, ma che in lui non si riflette allo stesso modo.
Non so se ci sono riuscita, però :°

 

 

   
 
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