Titolo: Primula Note: Una
fanfic pessima è una fanfic pessima. Questa cosa
è stata scritta nel giro di poche ore - tecnicamente ha tre
giorni di vita, ma l'ho "scritta" per
circa 15 minuti il primo giorno, l'ho aperta e fissata per 2 minuti il
secondo e finita solo stasera xD. Disclaimer: Loro
due, come al solito, non mi appartengono. Nemmeno se oggi è
il Rapture Day.
Personaggi: Battler,
Beatrice.
Pairing: BatoBea.
Rating: Verde.
Genere: Fluff,
slice of life.
Avvertimenti: One-shot.
La cosa... mh, "bella", è che so già che a
qualcuno piacerà, nonostante io non ci trovi nulla di
speciale o particolare. E' così... blah.
Ma mi contraddiranno, e io non avrò voce in capitolo,
già lo so.
Vabbeh, leggete pure e ci vediamo alla prossima! :3
Ah! Questa voleva essere la fanfic che aveva richiesto hika... peccato che non sono riuscita a metterci l'angst come si deve.
Primula
C'era
un piatto con un solo biscotto al centro del tavolo a cui erano seduti.
Un
solo biscotto... e Ronove non era da nessuna parte. Nessuno avrebbe
potuto far
tornare quel piatto pieno – tranne qualcuno in grado di usare
la magia,
magari... tranne Beatrice, magari, ma farli apparire dal nulla non
avrebbe
suscitato in loro lo stesso effetto che sentivano quando Ronove
s'avvicinava
con il piatto fumante fra le mani.
Battler
fissò la ragazzina davanti a sé, gli occhi blu
come il mare coperti da pochi
ciuffi biondi che spuntavano appena dal bordo del tavolo da tea.
Intravedeva
appena le gote rosate sotto gli occhi grandi ed ingenui.
“Su,
prendilo te, mocciosa~”
“Non
chiamarmi mocciosa, Battler! Sono ancora Beatrice, la strega dorata! La
strega
senza limiti che ha vissuto per mille anni! La padrona della notte su
Rokkenjima-”
“Sì,
sì. Comunque prendilo, dico sul serio”, spinse il
piatto verso di lei,
chiudendo gli occhi e alzando il capo per non vederla in volto,
“non ho più
fame. Sono pieno.”
“Bugiardo.”
“Senti
chi parla.”
Seguì
il silenzio, quando le piccole dita si strinsero attorno al biscotto
– un lieve
broncio sul viso dai tratti dolci e leggeri.
“Io
mantengo sempre le mie promesse. Non sono una bugiarda.”
“Ne
hai appena detta una~” canticchiò il ragazzo,
lasciandosi andare nella sedia,
scivolando lentamente indietro e portando le braccia dietro alla testa,
“ricorda che le bugie hanno le gambe corte~! ”
“Non
è vero”, fu la risposta della bambina che
iniziò a far ciondolare le gambette
sotto al tavolo, “altrimenti tu ora saresti più
basso di me!”
Lo
fissò con aria imbronciata e poi, dopo qualche secondo, come
se avesse
riflettuto attentamente prima di fare quel gesto, gli mostrò
la lingua.
“Eeeh~
Seriamente, Beato. Ora che hai anche l'aspetto di una bambina, il tuo
comportamento mi sembra più adatto, ihihi~!”
“Ba-Battleeeer!!”
Il
ragazzo continuò a ridere, incurante del volto completamente
arrossato della
ragazzina che aveva davanti, incurante del fatto che quel biscotto
solitario
fosse già scomparso fra le fauci del famelico scoiattolo che
era Beatrice –
anche se ora era più... piccola.
“Comunque,
Beato”, un largo sorriso sul volto da sciocco ingenuo,
“perché sembri... una
bambina? Non me lo hai ancora spiegato...”
“Non
lo so, davvero. Mi sono svegliata così stamattina. Ho aperto
gli occhi e quando
ho cercato di scendere dal letto sono caduta – e mi sono
fatta male, ma nulla
di serio. Pensavo fosse perché non avevo appoggiato bene il
piede a terra,
invece poi ho capito che il mio piede non aveva nemmeno sfiorato il
pavimento.
Scommetto che c'entrano qualcosa Ronove, Gaap e la maestra, dato che
non sono
ancora riuscita a trovarli. Ma appena li troverò... me la
pagheranno,
soprattutto Gaap – sono sicura che l'idea sia partita da lei.
La maestra era
sicuramente d'accordo con tutto, e Ronove deve averle aiutate. E... ora
che ci
penso, non ho ancora visto nemmeno le Sette Sorelle. Sono sicuramente
tutti
nascosti da qualche parte, ridendo della situazione in cui mi hanno
cacciata! Aaaah,
me la pagheranno!! Avete sentito!? Pagherete per questo! Pagherete per
aver
fatto diventare la Grande Strega Dorata, Beatrice,
così!!”
“...
Certo che per essere una bambina così piccola parli un
sacco! O forse parli un
sacco proprio perché sei una bambina.”
Beatrice
tacque e si pulì con le ora piccole manine la bocca, usando
i lembi delle
maniche per tirar via le briciole che si erano fermate sull'abito che
indossava
– un abito molto piccolo, che non vedeva da tempo ormai.
Fissò gli occhi
innocenti – o almeno, così sembravano –
sui piedi scalzi che ancora
ciondolavano sotto al tavolo e appoggiò il capo contro il
bordo di
quest'ultimo, continuando a guardare le proprie gambe ora
così piccole, ma
sempre pallide.
“C-che
stai facendo ora...?”
Nessuna
risposta seguì la sua domanda.
“Beato...?”
“Zitto.
Sto cercando di pensare.”
“...
A cosa?”
“Ho detto zitto.”
E
Battler attese, perplesso. Rimase in silenzio per lunghi attimi,
cercando di
capire cosa stesse pensando l'avversaria e si sporse sul tavolo,
guardandola
con sguardo dubbioso.
Non
parlava, ma almeno era ancora viva – la sentiva respirare.
“Beato...?”
Nessuna
risposta. Ancora.
Picchiettò
le dita sul tavolo sperando d'attirare la sua attenzione, ma lei non si
mosse.
Rimase lì, ferma, come se nulla fosse.
“Ehi,
Beato...?”, posò una mano sulla sua spalla - e gli
parve fosse particolarmente
piccola e fragile sotto le sue dita enormi. La scosse appena, sperando
d'attirare la sua attenzione, ma lei rimase muta e, quando
s'alzò dalla sedia e
si inginocchiò accanto a lei, notò che
– contro ogni sua aspettativa ed ogni
sua fantasia – Beato stava dormendo. Le passò una
mano fra i capelli,
spostandole appena la frangia, e quando notò il livido che
aveva in fronte
sorrise.
“Che
idiota.”
Una
delle manine era stretta ancora attorno all'orlo dell'abito e Battler
l'afferrò
delicatamente, guadagnando un basso lamento da parte della bionda ora
non più
così formosa.
“Su,
ti porto a dormire.”
E,
con un braccio dietro alla schiena e uno sotto le gambe, la
levò lentamente
dalla sedia, cercando di non svegliarla e di conseguenza causare l'ira
della
piccola strega.
“S-sia
chiaro che ti porto in camera tua solo perché sei ridotta in
questo stato...
a-altrimenti non lo farei! Puoi starne certa!”
Un
sospiro stanco fu l'unica risposta che ricevette. Sentì una
mano afferrare
saldamente la sua giacca e il sorriso che aveva in volto
s'allargò teneramente.
Quell'idiota...
Dov'era
finita la strega cattiva? Dov'era finita la strega crudele che aveva
ucciso più
e più volte la sua famiglia? Dov'era finita la sua
avversaria agguerrita che
mascherava la verità sotto ad una fitta nebbia di menzogne
che adorava chiamare
magia?
Non
riusciva più a vedere quella persona –
quell'essere che probabilmente esisteva
solo nella sua fantasia. Non riusciva ad identificarla nella piccola
creatura
che stringeva fra le braccia e respirava ritmicamente contro il suo
petto, le
ciocche bionde che ricadevano spettinate sul volto dai tratti morbidi e
leggeri.
E
quando, imbarazzato e tremendamente impacciato, entrò nella
stanza della donna
e l'adagiò tranquillamente fra le coperte, non
poté fare a meno di pensare
che infondo gli mancava la risata stridula che quella bambina non gli
sapeva
dare. Fu in quell'istante che, per la prima volta da quando era
iniziato quello
strano gioco, si chiese cosa avrebbe fatto una volta tornato a casa.
Avrebbe
dimenticato Beatrice? E se l'avesse ricordata... come avrebbe potuto
riprendere
a vivere una vita tranquilla, una vita senza enigmi che lo sfidavano
con fare
incalzante e senza quel sorriso a trentadue denti pronto a deriderlo?
“Sei
la solita idiota, Beato...”
Svegliandosi,
la prima cosa che gli occhi di Beatrice scorsero furono delle ciocche
rossastre
fra le coperte che, normalmente, non sarebbero dovute trovarsi
lì.
“Ba-Battler...?”
sussurrò, sbattendo le palpebre più volte e
cercando di mettere meglio a
fuoco.
Era
già pronta a svegliarlo a suon di calci quando
notò il pezzo di carta che il
ragazzo stringeva in una mano.
Attenta
a scendere dal letto,
diceva.
“Il
solito idiota, eh, Battler...?”