E poi
~ through the desert on a horse with no name
Fake a smile, so he won’t see.
«
È davvero bella. »
Lo Spaventapasseri ruotò appena il busto
impagliato per guardare in viso la ragazzina. Aveva una voce strana. Certo, era
passato molto tempo dall’ultima volta che erano stati così vicini;
però lui ricordava bene ogni dettaglio, ogni espressione, ogni piccola
cosa di lei – eppure quella
voce non gliel’aveva proprio mai
sentita.
« Di chi stai parlando? »
Seduta alle sue spalle, le dita serrate sul
dorso spazioso del Cavalletto, Dorothy alzò gli occhi. Sorrideva, ma di
un sorriso diverso, un po’ incerto. Non aveva mai sorriso così, prima.
« Di Ozma.
È bellissima... E poi si vede quanto ti vuole bene. Quando ti guarda le
brillano gli occhi. »
Perplesso, lo Spaventapasseri tornò a
fissare dritto davanti a sé. Nel carro d’oro la regina bambina del
Paese di Oz dormiva tranquilla, cullata dal trotto
del Leone e della Tigre, i boccoli sparsi sulle spalle e l’ampia veste
che la circondava simile a una nuvola di velo. Era stato per non disturbare quel
sonno che Dorothy, zitta zitta, era scesa dal carro e
si era arrampicata sul Cavalletto con lo Spaventapasseri, salvo poi restare tanto
a lungo in quell’innaturale silenzio – rotto infine con quella voce
così strana.
Guardando Ozma, lo
Spaventapasseri fu pervaso da quella cosa che le creature che avevano un cuore
chiamavano tenerezza. Ricordò tutte le avventure vissute insieme: il
viaggio dalla Città di Smeraldo alle terre dell’Ovest, il volo sul
Gump, il nido delle taccole, l’esercito di Glinda schierato davanti ai cancelli della capitale, la
vecchia Mombi con le squame di grifone – quando
ancora non c’era una bambina ma un bambino, con la sua scatoletta di
polvere magica e la compagnia di un uomo con la testa di zucca che gli doveva
la vita, proprio come lui la doveva a
Dorothy.
Si voltò ancora una volta.
Alla luce delle prime stelle, Dorothy era bella
quanto Ozma; ed era lei l’avventura più
indimenticabile che avesse mai vissuto. E
poi c’era un’altra cosa.
« I tuoi brillano di più. »
Il Cavalletto incespicò sul terreno
sconnesso e dovette scalciare con le zampe posteriori per non perdere
l’equilibrio. Dorothy fu sbalzata in avanti, e si aggrappò allo
Spaventapasseri mentre l’animale di legno si ricomponeva e si scusava nel
solito tono burbero. Lo Spaventapasseri lo tranquillizzò con una pacca
gentile sulla testa.
Fu solo dopo qualche istante che si rese conto
che le mani di Dorothy erano rimaste lì, strette al suo petto impagliato.
Se avesse avuto un cuore come il suo amico Nick, probabilmente se lo sarebbe
sentito battere forte esattamente in quel punto, sotto le dita di lei.
E pensò che, se Dorothy avesse parlato o
sorriso in quel momento, non ci
sarebbe stato proprio niente di
strano.
[ 444 parole ]
Spazio
dell’autrice
Perché, oh, perché Dorothy deve attraversare
tutto il Paese di Ev sul carro reale di Ozma? Non sarebbe tanto più contenta di cavalcare il
Cavalletto dietro il suo Spaventapasseri? Sì, giusto?... Ok, con
questo credo di essere definitivamente uscita di senno.
Però, dai, un filino gelosa di Ozma deve esserlo.
(Anche se probabilmente la mia idea la rende un po’ OOC, poiché la
Dorothy di Baum non va tanto per il sottile e quando
ha qualcosa da dire non perde certo tempo a girarci intorno. Oh. Passatemela,
dai.) E lo Spaventapasseri alle prese con la gelosia... Aww. ♥
Il sottotitolo è
parte di un verso di A horse with no name
degli America, mentre la citazione in incipit è tratta da Teardrops on my guitar di Taylor Swift.
Aya ~