Buon Compleanno!
Con
le spalle appoggiate alla parete umida e fredda della grotta,
osservai inespressiva la mia stessa immagine riflessa
nell’acqua.
C’era aria di festa, ad Ebanopoli, allegria e
gioia nel vento. Nel cielo, oltre alle stelle luccicanti, numerosi
fuochi artificiali scoppiavano frequentemente, suscitando stupore e
felicità in tutti gli abitanti.
Avrei dovuto essere anche io, là
fuori, con loro. Sarei dovuta essere lì, in mezzo ai miei
compaesani, per festeggiare assieme. Invece mi trovavo lì, con aria
sconsolata, da sola, in un angolo della Tana del Drago.
Sospirai,
chiudendo gli occhi. Se fossi stata una brava e diligente
Capopalestra, avrei raggiunto gli altri anche solamente per
salvaguardare la sicurezza degli infanti: era mio dovere garantire la
loro incolumità.
Se fosse successo qualcosa durante la mia
assenza, non me lo sarei mai perdonato. Eppure non riuscivo a muovere
le gambe, a fare semplicemente un passo, a tornare in piazza.
Anche
se ne avessi avuto l’intenzione, non ero nello stato di farlo: ero
ancora vestita da Domadraghi, neppure in abito elegante, e il mio
umore non era dei migliori.
L’unica mia consolazione era che,
almeno, non ero completamente abbandonata a me stessa. Dragonite
svolazzava qua e là e Kingdra nuotava gioiosamente. Almeno loro
potevano dire di aver passato una bella giornata. Io, invece, non
avrei potuto farlo neppure mentendo.
Fuori, nel frattempo,
risuonavano le assordanti grida e urla delle persone. Stavano
cantando, danzando, si stavano divertendo. In teoria per questo avrei
dovuto rallegrarmi un minimo.
Il freddo di quel posto penetrava
nelle mie ossa, facendomi provare un dolore acuto. Non era un clima
normale, quello: di notte tutto diventava più umido del solito. Per
questo risultava masochistico e difficile allenarsi in quegli orari.
Solitamente a me non faceva nessun effetto, ma solo perché non stavo
mai ferma. Mentre ora potevo sentirla chiaramente e provarla sulla
mia pelle, quella sensazione fastidiosa. Non era neppure tanto
salutare. Non mi stupivo affatto delle lamentazioni di mio nonno
riguardo i suoi reumatismi. Lui ci dormiva anche, a volte, nel
tempio. E quel posto era proprio al centro del lago.
Pazzo.
Avrebbe fatto meglio a pensare un po’ più alla sua salute che ad
altro.
Forse era questo che mi mancava, che mi impediva di
ottenere l’approvazione dei saggi: quello spirito di sacrificio che
a me pareva follia. Cominciai a pensare di essere troppo egoista. In
effetti il comportamento di adesso testimoniava tale
pensiero.
Seccata, feci un cenno ai miei Pokémon e tutti assieme
ci avviammo verso l’uscita.
Avevamo un compito da svolgere, un
luogo da proteggere anche se contro la nostra volontà.
Non appena
ci trovammo fuori, ebbi un giramento di testa dovuto a tutta quella
confusione improvvisa, alla vista di quel caos totale, al pensiero di
dover affrontare una delle mie più tristi e peggiori nottate di
tutta la mia vita.
«Lo sapevo…» mugugnai, salendo in groppa
alla mia Dragonite per attraversare in volo il paese. «Sarei dovuta
restare dov’ero e ignorare tutto questo».
“Come
sei pessimista”
rispose lei. “Dopotutto,
non è così male! Ehi, guarda, Charizard sta danzando con gli
altri!”.
Avevo
mandato il resto della squadra a fare un controllo mentre mi
crogiolavo nel dolore.
Non avrei fatto una bella figura davanti a
tutti facendo l’asociale e ignorando i miei doveri. Perciò avevo
protetto la mia terra natale in qualche modo, anche se
indirettamente.
Dall’alto, scorsi tutti i compaesani. Erano
divisi in vari gruppetti, diversi l’uno dall’altro, eppure tutti
accomunati dall’euforia provata durante quella sera. C’era chi
brindava ad una nuova e lunga annata, chi mangiava a volontà e
chiacchierava allegramente col vicino di tavolo, chi danzava al
chiaro di luna accompagnato dalla melodia dolce dell’orchestra
paesana e chi, come da tradizione, dichiarava il proprio amore alla
persona amata stando accanto alla cascata dove venivano svolti i riti
sacerdotali.
Notai anche i miei genitori, mano nella mano, seduti
su una panchina mentre ammiravano il cielo farcito di stelle. Avevano
un sorriso sereno dipinto sulle labbra, felice.
Nonostante la
gioia provata nel vedere il mio popolo così allegro, artigli gelidi
afferrarono il mio cuore, ghermendolo.
Provai una dolorosa fitta
al cuore, mi mozzò il respiro, mi fece girare la testa. Il sangue
nelle mie vene gelò completamente e un brivido freddo attraversò la
mia spina dorsale. Sapevo di cosa si trattava: tristezza, dolore.
Si
erano tutti dimenticati di cosa ricorreva, oltre all’anniversario
di fondazione di Ebanopoli, quel giorno. Avevano scordato tutto,
completamente.
Tutto questo stava solamente succedendo per colpa
di un semplice cambio di date, di uno spostamento dovuto ad
imprevisti. Se questo non fosse mai successo, forse qualcuno mi
avrebbe degnato di uno sguardo.
Allora ciò che riguardava me in
particolare contava così poco da essere dimenticato da tutto e
tutti?
Una lacrima scorse lungo il mio viso, solcandolo e
bruciandomi le guance.
Quel sentimento che stavo provando era
davvero una brutta cosa. Era capace di farti sentir male per giorni,
di rovinare qualunque cosa si veda, di osservare ogni cosa sotto un
punto di vista pessimo. A volte portava perfino alla follia.
«Portami
a terra, ti prego» supplicai il mio Pokémon, passandomi una mano
nei capelli. «Non mi sento molto bene».
“Sandra…?
Cos’hai?” domandò
lei per risposta, irritandomi alquanto. Era a modo suo gentile
domandarmi questo, però in quel momento non ero proprio in vena di
spiegazioni.
«Desidero solo scendere» risposi pacatamente,
cercando di nascondere il nervosismo. «Non riesco a gradire molto
questo volo. Ho mal d’aria».
Sicuramente aveva scoperto la mia
menzogna. Sono sempre andata in groppa ad ogni essere dotato di ali
senza mai stare male in vita mia. Anzi, adoravo viaggiare volando.
Era il mio passatempo.
Fortunatamente, capendo il mio disagio,
obbedì senza esitazione. Mi lasciò esattamente davanti a casa mia,
proprio sulla soglia della porta.
“Io
vado a dar man forte agli altri con i controlli”
mormorò lei, stando sospesa a mezz’aria. “Avvertirò
anche Kingdra… così tutto sarà sotto controllo”.
Nelle
sue parole, c’era sottintesa l’intenzione di lasciarmi da sola
per sfogarmi, per permettermi di riflettere su ciò che stava
accadendo intorno a me.
Mi conosceva a fondo e sapeva di ciò di
cui avevo bisogno. Era davvero una vera amica, capace di capirmi
senza bisogno di parole. Le bastava solo guardarmi per un attimo,
leggere il mio sguardo e agire a seconda di ciò che vedeva. Adoravo
questo suo modo di fare.
Sospirai, fissando la mia baita. Mi era
passata totalmente la voglia di entrare e dirigermi in camera mia,
per sdraiarmi sul letto e addormentarmi beatamente. Non era più
un’esigenza così grande come appariva inizialmente.
Mi
stropicciai gli occhi, cercando di togliere quella sensazione
sgradevole si solitudine e sonnolenza. Sarei andata nella taverna di
mia nonna e mi sarei fatta di nascosto un bel caffè, piuttosto che
addormentarmi e lasciarmi andare in balia di ciò che non era realtà
o peggio, degli incubi.
A passo svelto, sgattaiolando nelle zone
buie del paese per cercare di non farmi notare, m’incamminai verso
la mia nuova destinazione.
L’aria di festa era così palpabile
da darmi la nausea. Tutta quella baldoria, quegli odori di vino misti
a prodotti tipici delle nostre zone, quel sapore di euforia che
l’aria aveva e quelle urla mi facevano venire il voltastomaco.
In
fretta e furia mi richiusi il portone d’accesso alle spalle,
sbuffando. Cercai di riprendere fiato, inspirando a fondo l’odore
di legna arsa e di dolci, di casa. Quel posto sì che mi faceva
sentir bene, sul serio.
Accesi una lanterna, per evitare che
qualcuno potesse notare la mia presenza, e mi diressi al retro del
bancone proprio dove vi erano gli ingredienti e le varie
macchine.
Preparai il mio espresso e rimasi lì, seduta su uno
sgabello, a fissare la caffettiera lambita dalle fiamme del fornello.
Il fuoco del camino, nel frattempo, scoppiettava allegro e la sua
luce fioca e morbida descriveva i bordi di ogni oggetto, creando un
gioco mistico di luci ed ombre capace di lasciar senza fiato. Quel
luogo avrebbe fatto la gioia di un pittore in cerca di un soggetto da
ritrarre.
Cercando come al solito di non farmi male, tolsi
delicatamente l’elastico della mia coda e lasciai che quella
cascata azzurra di capelli scivolasse lungo le mie spalle e sulla
schiena. Lasciarli liberi mi faceva stare meglio, come se mi
liberassi di un peso.
Mi sbarazzai anche il mantello e i guanti,
rimanendo semplicemente col mio abito aderente, la mia collana con la
perla di Dragonair e gli stivali alti fino al ginocchio.
Mi
guardai allo specchio delle vetrine della credenza e mi parve di
scorgere una persona diversa dalla solita me stessa Domadraghi
combattente. Era il volto di una normalissima ragazza, di una donna,
di una persona semplice con una vita tutt’altro che movimentata.
Sorrisi amaramente mentre sorseggiavo la mia bevanda. Chissà come
sarebbe stato se fossi nata in un luogo diverso o se non fossi
esistita affatto.
A quanto pareva non sarebbe cambiato nulla di
quanto fosse già.
Sì… perché tutti si erano dimenticati di
che giorno fosse oggi.
Era il mio compleanno.
Ironicamente
alzai al cielo la tazzina. «Buon compleanno a te, Sandra!» esclamai
a bassa voce, tristemente.
«Sinceramente non mi sembra un bel
posto per festeggiare, sai?» sussurrò una voce alle mie spalle,
facendomi sobbalzare dallo spavento.
«Dannazione, Lance…»
mormorai, non voltandomi neppure per guardarlo in faccia. «Vuoi
farmi venire un infarto?».
Mio cugino, per tutta risposta,
accarezzò la mia chioma, rigirandosi tra le dita una ciocca dei miei
lunghi capelli. Sorrideva, ne ero certa. Lo conoscevo così tanto
bene da poter prevedere ogni sua parola e mossa.
La gente ci
considerava fratelli da come riuscivamo a comunicare in modo semplice
ma ricco di affetto. Eravamo legati da qualcosa di speciale che
andava oltre a qualsiasi altro tipo di parentela.
Si sedette
accanto a me, guardandomi negli occhi. Ricambiai il suo sguardo,
restando inespressiva.
Era così carino quando si interessava così
tanto a me, quando era così premuroso nei miei confronti. Era
davvero raro trovare gente così disponibile nel starti accanto in
ogni momento di difficoltà. Infatti adoravo Lance. Era davvero un
bravo ragazzo, pieno di carisma e di buona volontà.
Parlare con
lui si dimostrava sempre utile ed era una soddisfazione ascoltare le
sue risposte e discorsi. Nonostante fosse un campione non era
spavaldo, anzi. Sempre disponibile ad aiutare il prossimo, non
considerava nessuno come un essere inferiore tanto meno me.
Era
l’unico che poteva capirmi. Lo sapevo e lo sentivo nel mio
cuore.
«Sandra… cosa ci fai qui? La festa è là fuori» disse,
appoggiando la sua mano sulla mia.
«Diciamo che non è quella
giusta per me» risposi pacatamente. Mi piaceva il contatto della sua
pelle sulla mia. Mi donava calma e serenità. «Non è il mio posto,
là fuori».
«Si tratta della tua Ebanopoli» replicò. «Sebbene
si siano dimenticati di che giorno sia oggi, rimane sempre il tuo
popolo».
«Se ti riferisci alla sicurezza, tutta la mia squadra
sta pattugliando».
Restammo in silenzio per un bel po’,
abbassando lo sguardo e fissando il lucente bancone sul quale eravamo
appoggiati. Era inutile discutere, tanto nessuno dei due si sarebbe
arreso all’altro. Avremmo finito col litigare e questo entrambi non
lo volevamo.
Sentii, però, l’esigenza di confessargli tutto ciò
che stavo provando in quel momento.
Dovevo farlo, volevo
mostrargli tutti i miei sentimenti. Soprattutto fare tutto questo con
mio cugino sarebbe stato ancor più giusto. Ero certa che, dopo tutto
ciò, mi sarei sentita molto meglio e lui avrebbe potuto dirmi
esattamente cosa fare, darmi dei consigli, consolarmi.
«Giuro che
non me lo sarei mai aspettato» sussurrai infatti. «Credevo che
almeno qualcuno si sarebbe ricordato di quale altra ricorrenza cadeva
oggi».
Come previsto, Lance non proferì alcuna parola. Mi
avrebbe lasciata finire, senza interrompermi, e solo dopo sarebbe
intervenuto per dire qualcosa.
Come un fiume in piena, le
sensazioni e le emozioni provate precedentemente mi travolsero
completamente, sommergendomi e trasformandosi in frasi che, ad ogni
respiro fatto e lacrima versata, scivolavano al di fuori delle mie
labbra.
«Ogni persona a me cara, ognuno al quale tengo con tutta
e più di me stessa, mi ha voltato le spalle!» singhiozzai, serrano
occhi e pugni per permettere al buio di avvolgermi completamente, di
accogliermi in quella silenziosa e piatta calma. «Nonostante tutto
quello che faccio, dopo ogni giorno che passo nel dolore e nelle
tribolazioni pur di garantire il loro benessere e felicità, si sono
perfino scordati del giorno in cui sono nata!».
Ripensai
amaramente a tutta la mia infanzia, passata tra allenamenti e
tristezze, pur di veder un giorno dipingersi sul volto delle persone
che mi circondavano un sorriso generato da me, dalle mie azioni e dai
miei gesti. Avrei tanto desiderato che la mia presenza fosse fonte
della gioia altrui.
Eppure mai avrei immaginato che sarebbe andata
a finire in quel modo, che tutti approfittassero di questa mia buona
volontà per benessere proprio, trascurando me e ciò che sentivo nel
mio cuore.
Davvero mi avevano voltato le spalle?
«Nessuno mi è
venuto a cercare, nessuno si è posto domande riguardo la mia
mancanza! Ho visto perfino i miei genitori con un’espressione di
gaudio sul volto…» sussurrai con voce spezzata dal pianto,
rievocando quel momento al quale avevo assistito poco tempo prima.
«Così contenti senza di me!».
Nonostante avessi accanto il
Campione, in quell’attimo mi parve di instaurare un dialogo con me
stessa, con la mia anima, auto-interrogandomi su quello che mi
circondava.
Tante domande corrodevano la mia mente, lacerandomi il
cuore come se una lama arrugginita ferisse la mia carne con un dolore
acuto provocando un’infezione che si sarebbe sparsa in tutto il mio
corpo, tante questioni mi ponevo con timore, cominciando a dubitare
perfino di ciò che ero io.
«A volte mi chiedo… ha senso tutto
quello che sto facendo?!» urlai, picchiando un pugno sul bancone,
mentre sentivo ogni parte di me scossa da un tremito interminabile.
«Ha senso il fatto stesso della mia esistenza?! Oppure la gente
farebbe volentieri a meno di me?!».
Schiusi le labbra in una
smorfia di disgusto provato verso ciò che ero, ripiegando la testa
all’indietro, mentre poggiavo le mie mani sul volto oramai rigato
dalle lacrime.
Forse, se fossi stata una ragazza normale come
tutte le mie coetanee, avrei trascurato questa piccola dimenticanza.
Invece, dato il fatto che avevo deciso di mia volontà di dedicare la
mia vita al bene altrui, questi gesti mi ferivano
profondamente.
Sembrava quasi che ogni cosa da me fatta fosse
inutile, che ogni mio sacrificio fosse vano.
Nella mia mente
cominciarono a scorrere vorticosamente le immagini di tutta la mia
vita, di ciò che avevo fatto durante essa, di come mi ero comportata
e di come avevo agito.
C’era qualcosa di sbagliato? Avevo
commesso qualche errore durante la mia vita? No.
Allora perché
tutti mi avevano scordata? Ognuno di loro mi stava voltando le spalle
e non ne conoscevo neppure il motivo.
Fu in quel preciso istante
che sentii la mano di Lance accarezzarmi la fronte con dolcezza,
attraverso un tocco leggerlo e morbido, rassicurante.
Come per
magia, ogni mio pensiero malsano riguardo la mia vita, ogni
sensazione triste provata prima evaporarono, lasciandosi poi
trasportare dal vento lontane da me.
«Non devi dirlo neanche per
scherzo, capito?» sussurrò lui, affettuosamente.
Istintivamente,
colta da un desiderio improvviso di affetto e consolazione, mi
fiondai tra le sue braccia, cominciando a singhiozzare sommessamente
fino ad inzuppargli la divisa da Domadraghi con le mie
lacrime.
Sentivo il bisogno di sfogarmi, di piangere, di sentire
vicina la presenza del mio adorato cugino. Avevo necessità di farmi
capire da qualcuno, di comunicare chiaramente le mie emozioni ad una
persona in grado di capirle senza difficoltà, senza inutili e futili
spiegazioni.
«Nel mondo non si è mai soli, Sandra» mormorò,
accarezzandomi i capelli. «Ognuno di noi ha un ruolo, in questo
mondo, e nessuno viene mai dimenticato. Il nostro compito può essere
di rilievo o invisibile agli occhi altrui, però sentono che noi ci
siamo ed esistiamo. Forse non se ne accorgono immediatamente, oppure
sottovalutano ciò che facciamo. Ma lo sanno. Lo sanno che qualcosa
si sta rivolgendo a loro e che sta facendo qualcosa di bello nei suoi
confronti».
Alzai leggermente il capo, quel poco che mi bastava
per poterlo guardare negli occhi. Stava sorridendo.
In quel
preciso istante cominciai a ripensare a come davvero loro tenessero a
me, in modo sempre diverso da persona a persona, di quanto mi
aiutassero nel momento del bisogno, a tutti i loro “Grazie”
che pronunciavano quando davo loro un mano, agli allievi della Tana
del Drago che mi ascoltavano seguendo passo a passo i miei ordini, ai
bambini che si divertivano ogni volta che giocano con me, agli occhi
di quegli infanti illuminati di gioia pura ogni volta che insegnavo
loro qualcosa riguardo i Pokémon… solo dopo aver rievocato quei
bei momenti delle mie giornate compresi davvero le parole di
Lance.
Scossi leggermente la testa. «Hai ragione… comportarsi
in questo modo è inutile!».
Mi allontanai da lui, sorridendo
radiosamente. Era giunto il momento di riscattarmi, di uscire dal
baratro della tristezza e di gioire assieme a coloro che mi volevano
bene.
Appoggiai la mano sulla maniglia della porta, girandola,
pronta ad entrare nella festa che mi attendeva là fuori.
Prima di
lasciarmi alle spalle ogni momento tragico di quella serata, afferrai
bruscamente mio cugino per un braccio, trascinandolo vicino a me per
invitarlo a seguirmi e a divertirsi assieme a tutti noi.
«Grazie»
sussurrai in ultimo, cominciando a correre verso coloro che
aspettavano la Capopalestra e il Campione per festeggiare con loro
quel giorno così magico e speciale, unico nel suo genere.
Questo
è stato il mio primo tentativo di scrittura nel campo dei Pokémon.
Non essendo abituata a scrivere storie basate su lotte, per ora mi
sto concentrando su momenti significativi della vita dei vari
personaggi.
Questa storia l'avevo già pubblicata in passato su un
forum, ma ho deciso di riproporvela per permettervi di recensire e
commentare.
Spero sinceramente possa essere di vostro
gradimento!
Akemi_Kaires