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Autore: Sweet Milly    24/05/2011    0 recensioni
Aurora Manni aveva sempre guardato la propria quotidianità con noia, anche se cercava di viversela al meglio. Si ritroverà a sentirne la mancanza quando l'incontro con un giovane le cambierà completamente la vita. Una nuova casa, nuove persone e cercare di mantenere le vecchie amicizie. Scoprirà segreti di famiglia, capacità che prima non immaginava nemmeno di possedere. Conoscerà il sentimento dell'amore, il peso di una responsabilità per una guerra imminente. Un giorno una nuova magica vita le si era aperta davanti. Sarà in grado Aurora di gestire tutto?
Genere: Commedia, Fantasy, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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CAPITOLO 1
 
Lo straniero
 
Lui si fece di un passo più vicino. Mi sorrise e avvicinò il viso al mio. Il mio cuore accelerò quando le nostre labbra si sfiorarono.
Ma non si incontrarono mai.
Un rumore tremendamente fastidioso ci aveva distratti. Che diamine era stato?!
Aprii gli occhi nel buio della mia stanza e il suono della sveglia mi riempì le orecchie.
-Dannazione!- mugugnai – Stavo per baciare Jared Padalecki!-.
Mi sporsi sul comodino per spegnere quel malefico orologio, senza scendere dal letto.
Ci sarei riuscita facilmente se mi fossi alzata. Ma l’idea di abbandonare quel caldo rifugio non mi passava neanche per l’anticamera del cervello.
Dopo aver fatto abbastanza danni, riuscii nel suo intento.
Rimasi in ascolto. Ero sicura che, se avessi svegliato i miei genitori alle cinque di mattina perché io dovevo studiare latino, mi avrebbero strozzata.
Tirai un sospiro di sollievo quando capii che non avevano sentito niente.
 
-Tu sei pazza a svegliarti a quell’ora!- Martina scuoteva la testa in segno di disappunto. Era la mia migliore amica. Ci conoscevamo dalle elementari e da quando avevamo legato non ci eravamo mai separate. E grazie anche a un pizzico di fortuna perché eravamo sempre state in classe insieme.
In tutta risposta sbadigliai e dissi: - Lo so, ma ieri non ho proprio studiato niente. Ergo, almeno se mi interroga le so dire qualcosa!-
-Fai come me- rispose l’altra- non alzarti neanche!-.
Sebbene le vacanze natalizie fossero ormai terminate da più di due mesi, non avevamo ancora ripreso il ritmo dello studio.
Poi la ragazza ricordò qualcosa ben più interessante dell’interrogazione imminente di latino.
-Marty, domani arriva lo studente nuovo!-
La nostra professoressa di inglese ce lo aveva comunicato qualche tempo prima. Si trattava di un ragazzo americano che avrebbe trascorso nella nostra classe i restanti mesi di scuola. Doveva sicuramente essere uno scambio culturale, avevo pensato. Anche io voglio andare in America, avevo aggiunto. Ma ben sapevo che il mio papà iperprotettivo mi avrebbe lasciata andare dall’altra parte del mondo solo quando avessi superato i trent’anni.
Entrammo in classe e ci sedemmo ai nostri posti salutando i compagni già arrivati e intenti a copiare i compiti per la giornata.
-E’ vero, speriamo sia bello!- mi rispose.
-Martina!- la rimproverai ridendo sotto i baffi- Pensa a Marco invece!-
-Ecco, pensa a Marco che è meglio- . Il ragazzo in questione le sovrastava in piedi davanti ai nostri banchi, rivolgendo a Martina uno sguardo diffidente.
-Ma tesoro, sai che per me esisti solo tu!- cinguettò la ragazza.
-Si si certo-  rispose lui scettico.
La campanella d’inizio delle lezioni risuonò nell’edificio e i ragazzi si apprestarono a seguire la prima ora: latino.
L’insegnante entrò e, dopo aver compilato il registro, estrasse i numeri per l’interrogazione.
non mi accorsi neanche di non essere stata estratta.
Mi ero già persa chissà dove. Stavo riflettendo su cosa sarebbe potuto cambiare con uno nuovo compagno di classe. Magari assolutamente niente o forse tutto. Il che in effetti poteva essere un bene. Era sempre tutto così noioso e piatto ci voleva qualcosa per movim...
- Manni, stai attenta all’interrogazione che può servirti!- la professoressa cercò la mia attenzione.
-Si, certo mi scusi- risposi e quando la professoressa continuò a fare domande ai due poveri malcapitati mi  voltai verso Martina.
-Interrogazione? Di già?-
-Ohi, ma ci sei? Li ha chiamati quasi un quarto d’ora fa-
-Ah-
-Aurora, sei proprio fusa-
-Ma che ci posso fare se non mi sono neanche acc…- non finii la frase che venne interrotta dall’insegnante:
-Visto che proprio non ti riesce di interessarti a noi, va’ a farmi una commissione. Così magari un po’ d’aria ti sveglia. Fammi delle fotocopie per tutta la classe di queste pagine qui- mi indicò le pagine e mi porse il libro.
-Va bene , vado- e uscii dalla classe.
Mi dirigevo verso la scalinata centrale, le fotocopiatrici si trovavano al piano terra vicino alla bidelleria.
Aprii il libro che mi aveva dato la professoressa. Intanto cominciai a scendere.
- Vediamo quanti orribili compiti ci vuole assegnare questa volta, come se fossimo in un liceo classico!- . Osservai gli esercizi e rabbrividii.
-Ugh, quella donna è una sadica! Ma quanta roba…-
A metà della scalinata saltai un grandino e, prima che potessi accorgermene, ero finita ai piedi delle scale.
-Ahi, che dolore!- mi massaggiai il sedere che aveva attutito la caduta. Mi tolsi la cascata di ricci castani che mi era finita davanti agli occhi e mi impediva di vedere qualsiasi cosa.
Il libro e gli occhiali erano finiti ben lontani da me. Imprecai. Se gli occhiali si fossero rotti ero certa che mia madre si sarebbe messa a strillare, lo stesso valeva per il libro e l’insegnante.
- Tutto bene? Ti sei fatta male?-  Mentre ancora ero alle prese con il mio fondoschiena, avvertii la voce di qualcuno davanti a me. Quando alzai il viso per vedere chi fosse, sbiancai.
Deam Aalten mi stava guardando preoccupato mentre mi porgeva gli occhiali e il libro.
-Tutto okay? Aspetta, forse senza occhiali non vedi…- e cercò di infilarmeli.
-No no no. Ci vedo bene anche senza!- glieli presi dalle mani. – Li uso solo per scuola, lo studio o il computer  e la televisione…- mi fermai. Ma chi se ne frega della storia dei tuoi occhiali! Hai davanti il ragazzo che ti piace e gli racconti dei tuoi occhiali??
Sentivo il cuore battere all’impazzata.
- Capisco. Allora, niente di rotto?-
-Ehm, no. Niente- . Deam notò la mia mano sinistra ancora intenta a far passare il dolore al sedere e rise. In quel momento il mio viso diventò di un preoccupante color porpora.
-Dai, ti aiuto ad alzarti- ancora che sorrideva Deam mise un braccio intorno alla mia vita e mi tirò su.
In piedi la differenza tra lui e me era quasi imbarazzante. Io ero molto bassa e minuta, lui al contrario era alto e aveva un fisico snello e muscoloso.
-Avevi delle commissioni per caso…ehm…-
-Aurora- mi presentai- E sì, devo fare delle fotocopie- gli sorrisi.
-Io sono Deam, piacere. Ti accompagno se vuoi- continuò. Annuii incapace di dire altro.
 
-Bene. Ce l’abbiamo fatta in un tempo ragionevole.- Disse qualche minuto dopo quando raggiungemmo la mia aula. In effetti, ci avevamo messo fin troppo poco.
-Mi dispiace se ti ho fatto perdere tempo-
-Tranquilla! Tanto avevo l’ora buca-  fece l’occhiolino.
-Allora grazie- non potei fare a meno di sorridergli. Lui ricambiò e il mio viso tornò rosso.
-Ci vediamo, Aurora- . Lo osservai salire al piano superiore e poi svanire. Rientrai in classe proprio quando i suoi compagni avevano finito l’interrogazione.
Distribuii le fotocopie e infine tornai al posto a far finta di ascoltare la spiegazione.
Deam Aalten. Si era trasferito qui dall’Olanda qualche anno fa. Mi ero presa subito una cotta per lui quando lo avevo visto per la prima volta, camminare per i corridoi della scuola. Lui era un anno più grande e non ci eravamo mai rivolti la parola, almeno fino ad oggi.
-Si può sapere che ti è successo?!- sussurrò Martina.
-Eh?-
-Sei tutta scombussolata. Non è che sei caduta, vero?-  la fulminai con lo sguardo.
-Il fatto che sia spesso distratta non implica che cada per terra altrettanto spesso!-
-Oh. Capisco. Quindi sei caduta, ti sei fatta male?-  tratteneva le risate solo perché eravamo nel bel mezzo della spiegazione.
Mi stizzii: - No, e poi Deam Aalten mi ha aiutato e mi ha accompagnato a fare le fotocopie- ripensai alla brutta figura. Perché per una volta che parlavo con lui doveva trovarmi a terra che mi massaggiavo le chiappe?
-Wow, Deam! Non è quel biondino che ti piace?-
-Già…- e cadde il discorso. Notai che Marco era stato attento al loro discorso per tutto il tempo, probabilmente perchè aveva sentito Martina che parlava di un altro ragazzo con enfasi. Quando tornai a prestare attenzione alla lezione, mi voltai e vidi che anche Martina lo stavo fissando intensamente.
Sorrisi lievemente. Il loro era proprio un bel rapporto. Spesso sembravano in crisi, ma andava sempre tutto per il meglio. Si volevano un gran bene e questo aggiustava le cose.
-Sei molto fortunata- affermai sulla strada per casa.
Nonostante abitassimo lontano l’una dall’altra Martina mi accompagnava sempre fin sotto il mio portone, dove la mamma di Martina la veniva a prendere.
Questa mi guardò confusa: - Per cosa?-.
-Beh, per aver un ragazzo come Marco al tuo fianco. Tiene davvero molto a te-
-Se vuoi te lo cedo!- scherzò, poi si fece seria. - Lo so, ormai non riuscirei più a stare senza di lui. Almeno credo- rise. Poi si rivolse a me con lo sguardo infuocato di determinazione.
-Ora tocca a te trovarti un bel ragazzo! Hai capito!?- si mise davanti a me sovrastandola. Come quasi tutte le persone che conoscevo , era più alta di me.
-Okay, afferrato- balbettai.
-Brava, e farai meglio a fare come ti dico-. Riprendemmo a camminare.
Sospirai. Il problema era che non ero fortunata con i ragazzi. Nonostante fossi un tipo allegro non ero mai stata spigliata con i ragazzi che mi piacevano. Qualche minuto più tardi ero arrivata e stavo aprendo il portone di casa  voltandomi verso la mia amica che se ne andava. Senza guardare lo aprii di scatto e sentii qualcuno gemere.
-Oddio!- attraverso i vetri c’era un ragazzo che si massaggiava il naso. Fui molto tentata di scappare e tornare dopo. Ma cambiai idea ed entrai incerta.
-Tutto bene?-chiesi titubante. Il giovane si accorse di me e mi fulminò con lo sguardo facendomi sussultare. Aveva i capelli castani scompigliati sul viso che facevano contrasto con gli occhi blu. Mi  guardò furibondo e si alzò. Da seduto sembrava molto più minuto. Invece era imponente. Fisico snello e tonico.
-Scusa- tentai. Seconda figuraccia con un ragazzo nello stesso giorno, grande, Aurora, stai facendo progressi! Mi dissi.
-Sei forse rincretinita?!- mi ringhiò addosso. Mi irritai. Va bene che gli avevo appena dato il portone in faccia, ma non c’era ragione di trattarmi in quel modo!
-Ho chiesto scusa! Non l’ho fatto apposta!-
-Allora sei proprio una stupida-
-Ma insomma! Stavo guardando da un’altra parte!- mi infiammai, ma chi si credeva di essere?
Ghignò: -Questo conferma la mia teoria. Solo un’idiota può aprire il portone di scatto guardando altrove! Gli occhiali non ti servono a niente??!-
-Ehi, ti ho già chiesto scusa, mi sembra!- detto questo me ne andai prendendo l’ascensore.
-Non finisce qui!- lo sentii urlare.
-Ma tu guarda che tipo!- dissi sul pianerottolo dell’appartamento, poi entrai in casa.
Ancora nervosa percorsi il corridoio e arrivai in camera mia lanciando lo zaino sul divano.
-Cara, sei tornata?-
-Sì, mamma!-. Andai da lei in cucina. Come tutti i giorni era intenta a preparare il pranzo. Mi accolse  con un gran sorriso.
-Come è andata la giornata?-
Esitai un attimo, poi risposi: - Bene- .
Mentre mi accomodavo a tavola chiesi: -Papà?-
-Tuo padre rimarrà in ufficio fino a tardo pomeriggio-.
Miz madre era una casalinga, mentre papà faceva l’avvocato. Avevo anche una sorella più grande che frequentava il secondo anno all’università di medicina di Torino e che viveva lì. Anche se non abitavamo troppo lontano da lì, il suo trasloco era stato necessario a causa dell’obbligo di frequenza.
Finito di pranzare mi chiusi in camera e mi distesi sul divano ad ascoltare l’mp3.
 
La mattina dopo ero seduta al banco intenta a sbadigliare quando venni interrotta dalle mie compagne.
-Ehi, ma non sei eccitata di vedere il nuovo ragazzo?- mi chiese Gloria.
Risposi con un sorriso :- Non molto, almeno non ora,  ho troppo sonno-. Ero stata entusiasta per tutte e due le settimane precedenti e ora che era arrivato il momento pensavo solo al letto caldo che avevo abbandonato quella mattina, del quale sentivo una grande mancanza.
-Dai, svegliati, che tra poco suona e scopriamo chi è!- Martina mi punzecchiava allegra il braccio.
-Va bene, d’accordo. Ora sono attiva, contenta?-  in quel preciso momento suonò la campanella.
Tutti si misero ai loro posti, in silenzio.
L’aria si era riempita di un denso senso di attesa. Era assurdo che fossero tutti così tesi. In fondo era solo un compagno.
Dopo dieci minuti entrò la professoressa di inglese con il ragazzo. Ebbi un tuffo al cuore e per poco non svenni.
-Oh. Mio. Dio- sussurrai.
-E’ proprio carino, eh?- Martina quasi saltellava. Per me era quasi uno scherzo.  Il cuore prese a martellarmi in petto.
-Marty,- cominciai- ricordi il maleducato di cui ti ho parlato ieri al telefono?- fissavo il ragazzo attonita, con un nodo alla gola.
-Sì, che c’entra adesso?-
-E’ lui-. Lui si stava guardando in giro e , quando posò i suoi occhi su di me , serrò la mascella.
Martina mi guardava allibita. - Stai scherzando! Non può essere!-
-Ti dico che è così-. Non avrei mai potuto dimenticare quegli occhi di un blu così intenso da sentirsi affogare.
- Ragazzi, vi presento Kevin Harris. Viene da Boston e rimarrà con noi per un anno intero!- .
Nel frattempo nella classe si era alzato un brusio di voci che facevano commenti su Kevin.
Il ragazzo mi guardava ancora con occhi severi e mi sentii in soggezione. Avrei voluto gridargli di smettere di fissarmi in quel modo!
-Questa sarà una buona occasione per migliorare il vostro inglese! Non sprecatela!- continuò la professoressa.
Un momento, pensai, con me, lui aveva parlato un perfetto italiano. Anche se parlare era una parola grossa, visto che non aveva fatto altro che insultarmi. Il solo pensiero mi fece innervosire. Tutto questo sarebbe stato un incubo, ne ero più che certa.
-Prego Kevin, siediti pure vicino a Marco- disse l’insegnante in inglese e gli indicò il posto. Il ragazzo che prima era compagno di Marco si era già spostato vicino a un altro in modo da lasciare il banco vuoto.
Trasalii.
-Viene proprio qui davanti!- sussurrò allegra Martina. Io maledivo il giorno in cui avevo deciso di sedermi nei banchi dietro a Marco.
Quando Kevin si sedette la professoressa si rivolse a lui per l’ultima volta, sempre parlando in inglese: - Ora ti lascio alle tue lezioni. Buona fortuna! Ci vediamo dopo- e poi continuò in italiano – Ragazzi trattatelo bene, mi raccomando, ci vediamo - .
E uscì seguita da un coro di “Arrivederci” e di alunni che si alzavo per salutarla e prendevano a girare per la classe aspettando la lezione successiva.
Rimasi seduta. Kevin si voltò verso di me e sorrise in tono di sfida.
-Guarda chi c’è qui- disse- l’imbranata con gli occhiali. Il mondo è proprio piccolo-  Mi innervosii subito.
-Il maleducato! Ho fatto proprio bene a tirarti il portone in faccia! Cos’è, fai il finto straniero?- riferendomi al fatto che parlava molto bene l’italiano.
Lui allargò il sorriso e non potei fare a meno di notare che era molto carino. – Il mio non è uno scambio culturale, è un trasferimento. Per cui è più che normale che conosca la lingua!- detto questo, si alzò e subito venne circondato dal resto dei compagni.
-Insopportabile!- esclamai- Non poteva andare in un’altra classe?!-
-No- rispose tranquilla Martina - noi siamo la classe meno numerosa, per questo l’hanno messo qui- 
Guardai il gruppo che aveva accerchiato Kevin. Tutte le ragazze già gli saltavano tra le braccia.
-Marco, io sto dalla tua parte- gli dissi poco dopo. Lui mi guardò confuso e annuì senza sapere perché.
Ribollivo di rabbia. Quel suo atteggiamento da presuntuoso mi dava proprio sui nervi.
-Aurora, tu sei una persona calma e tranquilla-mi dissi- Adesso vai in bagno e ti calmi-.
Obbedii a me stessa e andai in bagno senza chiedere a nessuno perché l’insegnante tardava ancora ad arrivare.
 
-Ora sì che sto meglio- constatai dopo essermi sciacquata il viso. 
Corsi fuori dal bagno diretta verso la classe, non era il caso di farsi trovare fuori all’arrivo della professoressa.
Prima che potessi raggiungere l’aula vidi qualcuno comparire da dietro un angolo e andai a sbatterci contro.
-Sicura di vederci senza occhiali?- .
Alzai gli occhi al suono della voce e vidi Deam ridacchiare. Arrossii all’istante.
-Sì che ci vedo. Ma sei spuntato all’improvviso!-
-Okay, colpa mia- sorrise e il mio battito cardiaco aumentò di conseguenza-Dove stavi andando?-
Non risposi, ero rimasta incantata dal suo sorriso e dai suoi occhi castani. -Aurora?-
-Eh? Ah, sì… In classe-
-Stai bene?-
-Sì. E’ che il nuovo arrivato mi dà su i nervi- cominciammo a incamminarci verso l’ aula.
-Il ragazzo americano? Sì, ho sentito parlare del suo arrivo-.
In quel momento arrivammo davanti la porta della classe. Notai Kevin appoggiato allo stipite che parlava annoiato con un gruppo di compagni. Quando si accorse di noi, posò i suoi occhi su Deam.
Rimasero ad osservarsi per secondi che sembravano interminabili.
Kevin aveva uno sguardo scettico e freddo. Deam sembrava preoccupato.
- Deam?- tentai. Nessuna risposta..
Osservai gli strani sguardi che si lanciavano i due e ne rimasi confusa. Si era creato all’istante una sorta di connessione tra Deam e Kevin, una connessione molto intensa. Il tutto durò pochi secondi. Lo richiamai. Subito dopo l’attenzione di entrambi si rivolse altrove. Kevin tornò in classe dopo che una delle ragazze lo aveva chiamato, Deam invece ora mi guardava accennando un sorriso.
-Beh, io ora torno in classe- disse.
-Allora ciao- gli sorrisi. E il ragazzo se ne andò.
Rimasi ancora qualche momento ferma, cercando di capire cosa fosse successo.
Avevo la netta sensazione che ci fosse qualcosa di strano.
Alla fine rientrai in classe anche se l’insegnante non arrivò che l’ora dopo.
 
-Che giornata movimentata, non trovi?- Martina quel giorno si era divertita come una matta a fare ingelosire Marco guardando Kevin per tutto il giorno.
Io invece ero stata sempre innervosita dalla sua presenza. Ero così sollevata adesso che tornavo a casa, lo avrei rivisto solo l’indomani.
Salutai l’amica e salii a casa. Una volta entrata, mi tolse il giaccone e mi diressi stanca verso la mia camera. Passai davanti alla cucina.
-Ciao mamma, papà- li sentii chiacchierare, ma non li guardai e tirai dritto verso la mia dolce camera che ospitava il dolce letto.
Posai gli occhiali sulla libreria, lanciai via la pesante cartella, che scivolò lontano da lei, poi lanciai me stessa sul letto.
Non feci neanche in tempo a chiudere gli occhi che mi chiamarono: - Aurora! Vieni qui! Dobbiamo parlare!- . Mio padre non ce la faceva proprio a lasciarmi in pace.
Sbuffando li raggiunsi. – Non potevo riposare prima di…- per poco non mi misi ad urlare.
Mio padre era seduto a capotavola e alla sua destra sedeva Kevin con il suo sguardo da spaccone.
-Che diavolo ci fa lui qui?!- in effetti mi ritrovai a strillare, nonostante non ne avessi intenzione. Poi mi ricordai di ieri. Kevin stava uscendo da casa mia quando gli avevo quasi rotto il naso! Non ci avevo fatto caso!
-Ma come siamo cortesi, complimenti. Anche a me fa piacere vederti!- disse sprezzante Kevin.
-Zitto tu!- aveva un sorrisetto talmente irritante!
-Ehi, calma, Aurora.- mi zittì papà–E’ una cosa seria-
-Cosa è successo?-
-Siediti e ti spiego tutto-.
Erano tutti seduti intorno al tavolo. Mi stavano facendo agitare. L’attesa mi metteva ansia.
-Ditemi quello che dovete- ordinai. Cominciai a torturarsi una ciocca di capelli, lo facevo sempre quando ero nervosa.
-Okay, ma devi ascoltare tutto e stare calma, perché è una cosa molto importante-.
Capii che sarebbe stata una cosa un po’ lunga, così appoggiai il gomito al tavolo, così che il braccio non si stancava mentre mi pasticciavo la ciocca.
-Va bene- dissi infine.
Prese fiato e cominciò a parlare: - Devi sapere che in giro per il mondo ci sono delle famiglie speciali-.
-Speciali, cioè che hanno un sacco di soldi?-. Kevin quasi scoppiò a ridere, lo fulminai all’istante. Ora ero ancora più nervosa e aumentai la velocità della mano nei capelli.
-No, beh... come posso metterla…- continuò mio padre. E sbottai:
-Dai, papà arriva al sodo! Puoi dirlo chiaramente, per favore?- mi era sembrato che  stesse cercando di raccontare la vera storia della cicogna a una bambina.
Kevin intanto seguiva con gi occhi la mia povera ciocca di ricci.
-Sei un’Alchimista- rispose papà.
Mi bloccai e alzai un sopracciglio. Non capivo se mio padre mi stesse prendendo in giro o avesse detto qualcosa senza senso.
-Sarebbe a dire?-
-Che hai dei poteri- continuò lui.
-Poteri? Suvvia papà, che cosa stai dicendo?- Aveva drizzato la schiena.
-Poteri come una specie di magia, però puoi controllare solo un elemento-.
Ero stordita, poi pensai che fosse tutto uno scherzo. Mi alzai dandogli le spalle e mi diressi verso la porta mentre dicevo:
-So che sono una ragazza alla quale piace leggere romanzi fantasy, ma quando volete farmi scherzi del genere, per favore fatelo quando ho già dormit…-
All’improvviso vidi qualcosa di luminoso passarmi veloce di fianco e colpire il frigorifero causando un gran botto. Mi voltai sconvolta. Kevin teneva i palmi delle mani aperti rivolti verso di me. Ero sicura di vedere delle specie di scintille provenire dalle sue mani.
Ero sbalordita, il buco nel frigorifero fumava ancora.
-H-ha distrutto il frigo… -balbettai. Cos’era quella roba?
-Sono questi i poteri di cui ti parlavo, tesoro- continuò mio padre.
Dopo un po’ mi ripresi:-Ma, io cosa c’entro con tutto questo?- ero sempre più confusa – Non so fare queste cose!-
-Beh, perché devi imparare, cara- mi spiegò la mamma.
-Ed è a questo scopo che ti trasferirai-, finì il marito.
Fu come se fossi stata investita da una valanga.
-Come, scusa?- balbettai.
-Esatto, andrai in un posto dove ci sono altri Alchimisti come voi due, vivrai lì e svilupperai i tuoi poteri-
-Mi stai buttando fuori di casa?- chiesi incredula. Sempre così iperprotettivo e adesso mi mandava a vivere da un’altra parte prima del tempo? Erano tutti impazziti?!
-Ma no, tesoro, figurati. Il fatto è che in questo posto sarai affiancata da ragazzi come te e da persone che ti aiuteranno -. Mi suonava come la perfetta descrizione di un manicomio.
-In quanti dovremmo essere?- domandai. Non sapevo come reagire, se esultare, piangere o urlare e sgridarli per questo scherzo. Ma l’adrenalina mi impediva tutto ciò.
-Non molti. Sarà per te un’ottima occasione per imparare nuove lingue! Anche se lì hanno tutti già imparato l’italiano-.
Esitai un attimo: - Altre lingue?-
Questa volta fu la mamma a spiegare: -Sì, cara, quando papà ti stava spiegando che ci sono diverse famiglie con questi poteri, voleva dire che queste famiglie vengono da altri paesi del mondo-.
-Quindi è una cosa di famiglia?- Cercavo di fare chiarezza in una situazione così assurda.
Kevin nel frattempo era tornato immobile e ascoltava.
-Beh, diciamo che i poteri sono ereditari-
Ebbi un’illuminazione:- Allora anche mia sorella...?- . Magari la storia dell’università era tutta una farsa!
I miei genitori scossero la testa:- La trasmissione non è sempre uguale, ogni tanto capita che salti una generazione.-
Riflettei, poi mi rivolse di nuovo a loro:-Ah. Quindi chi dei due li ha?- .
-Io.- rispose il padre. Non ne rimasi sorpresa. Mia madre non era il tipo da strani poteri.
-E quale elemento dovremmo controllare?-, adesso cominciavo a incuriosirmi.
Mio padre sorrise: - Noi subiamo l’influenza del Sole- poi, alzatosi in piedi, allargò le braccia e dopo poco tutto il suo corpo prese fuoco.
Quasi urlai. Era una fiamma dorata ed emanava una forte luce.
Non riuscivo a capacitarmi del fatto che non urlasse dal dolore.
L’attimo dopo la fiamma era sparita.
-Anche tu imparerai a fare molte cose-
- E quando dovrei trasferirmi?-
-Domani. Verranno a prenderti nel tardo pomeriggio e ti porteranno alla residenza. Lì troverai tutti gli altri. Alcuni sono già lì da un po’, altri sono arrivati da una settimana-.
Vivere con un gruppo di persone sconosciute? Deglutii: l’idea non mi allettava per niente. Poi, pensai a qualcosa di molto peggio. - Non dirmi che ci sarai anche tu…- . Mi ero rivolta a Kevin, che mi guardava con ostilità.
-Non sei l’unica cui questa cosa non piaccia-.
Fantastico, mi dissi, andavo in un posto dove non conoscevo nessuno , ad allenare poteri che neanche sapevo di avere fino a poco fa e per di più avrei vissuto tutto questo con quel odioso, arrogante, maleducato...
-Papà, non puoi insegnarmi tu?- piagnucolai.
-No, tesoro, io oramai non pratico più. Lì troverai il giusto insegnamento, non ti preoccupare-.
Sbuffai. Mia mamma mi disse di cominciare a preparare le mie cose e che tra poco avrebbero pranzato.
Da lì a poco Kevin se ne andò e la famiglia si riunì per pranzo.
 
Dopo mangiato la mamma mi aiutò a fare i bagagli. Ero piuttosto preoccupata e in ansia. Non volevo andare via, tutto questo mi causava una strana sensazione. Si supponeva che io avesse chissà quale sorta di potere, che fossi una cosiddetta Alchimista. Avevo visto mio padre e Kevin usarli, eppure ancora mi sembrava una situazione irreale. Era successo tutto così in fretta. Non ci stavo capendo niente. Tra poco ti sveglierai e ti ritroverai nel bel mezzo di una lezione di storia, mi dicevo. Sì, ne ero sicura.
-Non posso parlarne ai miei amici, vero?- diedi voce ai miei pensieri.
Mia mamma sospirò mentre infilava un’altra T-shirt in valigia: - Temo proprio di no, tesoro-.
-E come frequento la scuola? Che cosa dovrei dire? Aspetta… Non andrò più a scuola? E i miei amici?-, sapevo che stavo andando nel panico. Mi ero sempre lamentata della quotidianità ma, ora che avrei perso quelle cose così normali per me, le rivolevo con tutta me stessa.
Lei cercò di tranquillizzarmi: - Potrai ancora andare a scuola, magari non tutti i giorni, ma tranquilla che continuerai a vedere i tuoi amici-.
Le sue parole ebbero l’effetto desiderato, mi fecero calmare. Annuii  e continuai a impachettare.
Quella notte  non dormii per niente bene.
 
  
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