Loro ci guardano dall’alto.

Prologo: Due figli impossibili.

Aldilà.

“Non è possibile!” il tuono, cioè la voce, sembrò scuotere tutta la casa nell’Aldilà, svegliando tutti i trapassati che cercavano di riposare in pace. Tra quelle facce insonnolite, una donna molto bella, riconoscendo la voce, si alzò in tutta fretta e si diresse, alla velocità maggiore consentita dal kimono ricamato, verso la Stanza dello Specchio d'Acqua.

Lo spettacolo che le si parò davanti era quasi comico: un grande e imponente demone camminava a grandi passi per la stanza, avanti e indietro, così furente che la sua rabbia esasperata sembrava salire verso il cielo bianco a mo’ di nere volute di fumo. “Inu no Ta-” provò a dire, ma fu interrotta da un altro ululato: “Non è possibile!”

Il demone avanzava sempre avanti e indietro, imperterrito nella sua esasperazione, mentre lo specchio, fissato in terra come una parte del pavimento, sembrava dover andare in frantumi da un momento all’altro, tanto era l’impeto con cui si muoveva.

“C’è qualcosa che ti preoccupa?” chiese tutta d’un fiato, per non essere di nuovo interrotta. Inu no Tashio sembrava essersi accorto solo in quel momento della presenza della donna, tanto che sembrò un pochino sorpreso: “E tu che ci fai qui?” brontolò, contrariato.

“Beh, ti si è sentito anche nell’anticamera.” Disse, abbassando lo sguardo. Il demone non fece caso alle sue parole, anzi, le indicò lo specchio: “Guarda!” esclamò. Lei lo guardò, intimorita e incuriosita al tempo stesso.

Da qualche tempo Inu no Tashio aveva preso l’abitudine di sbirciare attraverso lo Specchio quello che i suoi figli facevano sulla Terra, dato che non poteva farlo di persona, visto che, anche se non lo avrebbe mai e poi mai ammesso, anche lui si poteva ormai definirsi trapassato. E forse proprio i due eredi, in quel momento, erano la causa della sua esasperazione. “Guarda, Izayoi!” la incitò ancora, portandola verso la superficie nella quale stava guardando fino a qualche secondo prima.

Izayoi si affacciò, sempre più incuriosita, e la prima cosa che vide fu un grande albero frondoso. Poi le saltò all’occhio l’immagine rossa di un mezzodemone attaccato all’albero con un freccia. Dopo qualche secondo di silenzio, riconobbe nel mezzodemone suo figlio Inuyasha, tanto che alzò lo sguardo sul demone, sconvolta: “Che cosa…?” chiese, sempre più sconvolta, ma fu interrotta da Inu no Tashio che la incitò a guardare ancora, e così Izayoi, nonostante il timore di aver perso suo figlio, lasciò scivolare lo sguardo sulla superficie liquida dello specchio, notando la candida figura di un demone che fissava Inuyasha dalla base dell’albero, muto. Sembrava che fossero esclusi i suoni.

A quel punto Inu no Tashio sembrò voler render chiari i suoi pensieri da padre frustrato: “Capisci Izayoi? Guarda che razza di figli che mi ritrovo! Uno più morto che vivo, appeso a un albero, sigillato – ma guarda te se mio figlio si fa sigillare, da una sacerdotessa umana, poi – e poi l’altro, il maggiore ma non meno idiota, più vivo che morto ma comunque morto perché ha l’espressività di un tonno! Persino i tonni sono più espressivi di lui! E poi cos’è quel cosetto verde che si porta appresso, eh!? Sembra l’incrocio tra un topo, un rospo e un vecchietto!”

Da quello sproloquio esasperato, Izayoi apprese che il demone candido che fissava Inuyasha era Sesshomaru, il figlio maggiore di Inu no Tashio, avuto da un’altra donna, però demoniaca.

Da come ne parlavano entusiasti gli avi di Inu no Tashio le sembrava davvero antipatico e, soprattutto, così pieno di sé che si stupiva di come ancora non fosse sprofondato negli inferi per il troppo peso. Tutti i demoni dal sangue puro della dinastia degli Inu youkai sembravano decisamente riverenti nei confronti del rampollo numero uno, tanto che lo adulavano, dall’alto, con elogi al suo essere puramente demoniaco e alla sua giusta missione di sterminare gli umani perché indegni di esistere. A lei veniva il voltastomaco solo a sentire certi discorsi, uno, perché lei era umana, due, perché in questo modo tutti i parenti di Inu no Tashio la escludevano da ogni discussione, tre, perché suo figlio era, appunto, un mezzodemone, e per questo, secondo il loro credo, eliminabile.

“Non possiamo fare nulla.” Disse Izayoi, recuperando la saggezza con la quale le piaceva tanto esprimersi: “Perciò ci metteremo qui e aspetteremo.”