“Posso… Voglio provare a fare una cosa.”
Il suo sguardo perplesso era riflesso sulle lenti scure dei miei occhiali.
“Ma… Qualsiasi cosa accada, non devi muoverti. Per nessuna ragione.”
Aggrottò la fronte, mi guardava smarrita. Mi avvicinai a lei di un altro passo, allungai la mano verso il suo volto, accarezzai la guancia con il dorso, feci scivolare i polpastrelli lungo la linea del mento, fino a farli sparire tra i suoi capelli biondi. Mi guardava allibita, non fiatava e sentivo il respiro violare le sue labbra schiuse con delicatezza, quasi avesse paura di spaventarmi. Le sorrisi bonaria, chiuse gli occhi, annullai ogni distanza.
Le mie labbra sulle sue.
E il silenzio intorno.
La sentivo ansimare, respirava forte.
Non aprì gli occhi.
Mi
ancorai alle sue labbra,
strinsi i capelli
tra le
dita.
La sentivo aggrapparsi ad ogni neurone ancora non febbrilmente eccitato.
Ogni pudore si spense,
ogni distanza si distrusse,
ogni ostacolo si saltò.
Quella sera.
Di quella sera ricordo solamente il suo sorriso,
le sue mani, il suo corpo
sul mio,
sotto il mio,
nel mio.