Storia
super stupida nata da un pretesto super stupido. Dato che finalmente mi sono
liberata di un esame avevo davvero voglia di scrivere qualche cosa dato che ora
non ho più da studiare. Spero che possa strapparvi almeno un sorriso!! Aki_Penn
I topi non avevano nipoti
Era
lì, il maledetto, persisteva, stoico, a resistere all’azione nelle
pinzette per sopracciglia. Ma Liz non era una alle
prime armi. Quel maledetto pelo superfluo se ne sarebbe andato! Anche se ci
avesse dovuto mettere ore, l’avrebbe sradicato!
Grazie
al cielo, di ore non ce ne vollero, e Liz
riuscì presto a guardare il sole , con aria
impertinente “Non ci credevi vero,
che ci sarei riuscita anche senza Kid,
eh?!” esclamò in tono di sfida. L’astro, del canto suo, le
donò una risata ansimante come era solito fare con tutti.
Liz
lo ignorò e salì coi piedi sulla panchina di legno che era stata
posizionata di fronte al campo da basket.
“Ehi! Statemi a sentire!”urlò al di sopra
degli schiamazzi di Black*Star, che non poteva non
mettersi in mostra come al solito.
Tutti
si voltarono verso di lei perplessi. Compresa sua
sorella, che come al solito viveva nel mondo dei sogni e delle giraffe dal
collo spezzato.
“Oggi
sono andata a trovare lo psicologo di Kid”cominciò,
tutti sapevano che il barbiere aveva sbagliato a tagliargli i capelli
rendendolo poco simmetrico e causandogli un inevitabile trauma.
“Anche
se dovrà continuare con la terapia, domani verrà dimesso e
potrà tornare a casa!”esclamò allegra. Il suo pubblico la
guardò perplessa, a parte Black*Star che la
guardò male perché si stava mettendo più in mostra di lui.
“Sapete
che giorno è domani?” chiese speranzosa
di aver interpretato male le loro espressioni.
“Domenica?”
azzardò Patty che non sapeva dove volesse arrivare sua sorella.
“No! E’ il compleanno di Kid!”
sbottò adirata sbattendo lo stivale sul legno della panchina.
La
sua esclamazione fu accolta da un coro di “Aaah!”.
Liz
incrociò le braccia sotto il seno, battendo ritmicamente il piede sulla
panchina “Quindi gli organizzeremo una festa!” esordì
“Voglio che sia una festa a tema, idee?”
Tempo pochi secondi e i ragazzi se ne erano tutti tornati a giocare a palla, a
parte Black*Star che si dondolava come una scimmia
dal canestro, per essere sicuro di essere notato.
“Delle
giraffe?” domandò Patty ridanciana.
“Patty
questa festa è per Kid, non per te!”
strillò sua sorella, a cui il potere decisionale dava alla testa.
“Qualche
cosa di simmetrico, sicuramente” disse Maka
sedendosi sulla terra polverosa del giardino pubblico.
Liz annuì “Quello è
certo, più che altro per la sua salute, non vorrei che lo ricoverassero
nuovamente. E
Patty, se mettiamo otto vasi, cerca di non romperli!”aggiunse poi
voltandosi verso la ragazza.
“Sissignora!”
esclamò Patty con un saluto militare che, Liz,
sapeva, non dava nessuna garanzia di successo nonostante fosse stato fatto con
incredibile ardore.
Liz
sospirò e guardò Tsubaki, che era
l’unica persona che non aveva ancora parlato.
L’arma sorrise imbarazzata “Le
piramidi? Sono simmetriche vero, le piramidi?”
Liz
trasalì. “No le piramidi no! Non mi piacciono i faraoni, e neanche le mummie!” disse
rabbrividendo al sol pensiero. Sua sorella per tutta risposta si mise a
ridere a crepapelle.
Maka
e Tsubaki non lo sapevano con esattezza, ma avevano
l’impressione che quella reazione avesse a che fare con la loro missione
alla piramide di Anubi.
Tsubaki si grattò la testa, mentre sul campo da basket il suo
artigiano lanciava un yahoo
disumano e piuttosto sguaiato.
“I
palindromi!” esclamò a quel punto Maka
facendo sobbalzare tutti. “E il nome della festa sarà I topi non avevano nipoti!”
Ci
fu un attimo di silenzio, durante il quale tutta l’attenzione fu per la
maestra. Poi Liz annuì ammirata.
Più
tardi fu chiaro che come tema era assolutamente assurdo, a meno che non
avessero trovato un oracolo caro, un radar , uno Zeus a Suez o dell’anilina. E che diavolo era poi l’anilina?
Alla
fine di una faticosa ricerca per Death City, la cosa più palindroma che
avevano trovato era un
tipo che si faceva chiamare Bob, e che, tra le altre cose, era
guercio.
***
“Mi sento molto femminile”
sbottò Soul piuttosto contrariato stropicciandosi il grembiule con le
mani.
“Io
ti trovo molto carina Signorina Evans” lo prese in giro Maka lambiccando tra i fornelli.
“Su,
su Soul non ti lamentare, tutti i più grandi chef usano il grembiule,
secondo me è piuttosto virile” commentò invece Liz che aveva intenzione di mantenere la pace il più
possibile finché non avessero finito quella maledetta torta a forma di
otto.
Soul
grugnì, mentre Tsubaki lo indirizzava
dolcemente verso la zona dove Crona si stava tanto
impegnando a confezionare tartine squisite, che però venivano ingollate
tutte dal bullo che abitava nella sua spina dorsale, senza che lui se ne
accorgesse. Soul sospirò. Era davvero un teatrino davvero deprimente.
Liz
si soffermò quindi, sulla scena che le si presentava davanti. La cucina
della casa di Kid, la casa dove abitava lei, era
invasa da nullafacenti.
Soul
e Maka continuavano incessantemente a battibeccare, Black*Star, a cui erano state messe in mano un paio di
forbici con l’ordine di ritagliare dei festoni a forma di otto, si era
arrampicato sulle tende e faceva il diavolo a quattro. Tsubaki, del canto suo
cercava di convincerlo a scendere offrendogli una delle tartine di Crona, che Ragnarok aveva
risparmiato.
Sua
Eccellenza il Dio della morte appariva a intermittenza sulle superfici a
specchio del fornello interrompendola sempre con chiacchiere inutili. Come
faceva a essere così autorevole, una persona simile?
Hero,
del canto suo, faceva la spola tra la cucina e le cantine, portando
quantità incredibili di patate, che finivano tutte irrimediabilmente tra
le mani di Patty, che le intagliava dando loro la forma di giraffe
giallo spento. Le giraffe erano sicuramente gli animali meno simmetrici
sulla faccia della terra.
Spirit
Albarn rincorreva le cameriere cercando di palparle e
nel salone, Jastin Law,
dialogava a gesti con l’orchestra, cercando di convincerli a tornare a
casa perché, dato che lui aveva portato le casse non ci sarebbe stato
bisogno del loro aiuto. Gli archi, chiamati principalmente in quanto strumenti
simmetrici, parevano punti nel vivo, dalle affermazioni di quello strambo
monsignore, che , con ogni probabilità aveva
già perso buona parte dell’udito.
In
tutto quel delirante trambusto la torta a forma di otto stava franando da una
parte senza che nessuno se ne occupasse. Lei era sporca di panna da capo a
piedi.
Fu
solo quando la tenda si strappò e Black*Star
le precipitò disastrosamente addosso che esplose in un isterico
“Tutti fuori di qui!!!”
Ci
fu un momento di silenzio, un po’ di stupore, un po’ di
indisposizione da parte di Black*Star che
tagliuzzò le tende, e il tutto finì in un brusio sommesso.
“Dico
davvero!” sbottò nuovamente Liz.
“Ho detto fuori di qui,
perché vi voglio fuori di qui, subito! Finisco io i preparativi per la
festa. E ditelo anche a Justin che con quella musica infernale non mi sente!”
Pian
piano, con una lentezza e una mestizia biblica, gli astanti uscirono dalla
villa coinvolti in un esodo interminabile. Ma quanta gente c’era?
Quando
la porta si richiuse dietro all’ultimo arco, Liz
si sedette a terra esasperata, c’erano ancora una marea di cose da fare,
e aveva spedito Patty in camera sua. Avrebbe almeno potuto tenersi Hero. Quello non faceva rumore e lavorava come un mulo. Era
solo finito nelle mani sbagliate.
***
Nonostante
la sfida fosse notevole, alle otto in punto era tutto pronto. Liz aveva fatto in tempo a farsi la doccia e a vestirsi a
festa prima che arrivasse Kid sul suo skateboard
volante, appena dimesso dall’ospedale.
Lei
e Patty erano vestite uguali. Niente frappe, se si stropicciano diventano
spaventosamente asimmetriche. Aveva piegato la carta igienica di tutti i bagni,
aveva appeso lo striscione con su scritto I topi non avevano nipoti e si era presentata
in orario davanti all’entrata.
Tutti
erano tornati, tirati a lucido. Tsubaki rivestiva
nervosamente Black*Star, al quale
continuava a cadere la giacca da una parte, conferendogli un aspetto piuttosto
scialbo.
Kid
si guardò intorno, sorrise a Liz e Patty e a
tutta la dilagante armonia con cui era costruita casa sua. Poi rimase per
qualche secondo fermo a guardare lo striscione.
Dopo
un attimo di contemplazione cadde a terra svenuto senza apparente motivo.
Maka
venne a sapere qualche tempo dopo, da una ridanciana Patty, che Kid era stato ricoverato nuovamente in ospedale dato che si
era sentito male rendendosi conto che il suo nome non era palindromo, e che Liz l’aveva seguito con una crisi di nervi non da
poco.