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Autore: Keitorin Asthore    26/05/2011    7 recensioni
Era già stata una discreta sorpresa quando Burt e Carole avevano deciso di sposarsi. Finn e Kurt erano stati ancora più sorpresi quando avevano deciso di avere un bambino, ma non si sarebbero mai aspettati quanto la loro sorellina potesse cambiare le cose. Klaine. Finchel.
Dall'ultimo capitolo:
“Cosa c’è che non va, ragazzina? Non ti senti bene?”.
“È stupido” mormorò Emily, appoggiandosi al bracciolo.
Burt mise giù la rivista. “Non penserò che sia stupido. Dimmi cosa c’è che non va”.
Emily cominciò a tormentare le maniche del suo maglione. “Penso che Kurt e Finn non mi vogliano più bene come prima” confessò.
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Blaine Anderson, Finn Hudson, Kurt Hummel, Rachel Berry, Un po' tutti
Note: Raccolta, Traduzione, What if? | Avvertimenti: nessuno
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DISCLAIMER: Glee appartiene a Ryan Murphy e alla Fox. Questa storia non è stata scritta a scopo di lucro.

La versione originale della storia appartiene a Keitorin Asthore e la potete trovare qui

FAMILY TIES

24 agosto 2011

"Finn, concentrati!" sbottò Kurt. "Sarà qui nell’arco di ore e noi non siamo nemmeno vicini all’essere pronti".

Finn si passò la mano tra i capelli. "Lo so, amico, lo so" strillò, gesticolando selvaggiamente verso i fogli sparsi sul tavolo. "È che… Ci sono troppe opzioni! Non so cosa fare!".

Kurt si buttò all’indietro contro la sedia della sala d’attesa e sbuffò sonoramente. Sembrava più pallido del solito nelle luci bianche dell’ospedale ed era qualcosa di assolutamente strano vederlo indossare un paio di pantaloni della tuta blu chiaro e una maglietta con un pasticcino stampato sopra. "E uno penserebbe che avremmo dovuto decidere mesi fa" grugnì. "Finn! Smettila di fissarmi!".

"Amico, c’è un pasticcino sopra la tua maglietta" ridacchiò Finn.

"Me l’ha regalata Brittany per il mio compleanno" borbottò a mezza voce Kurt. "E comunque, non è che tu sia messo molto meglio".

Finn guardò la sua consunta t-shirt militare e il pantaloni del pigiama sfilacciati. "Ma almeno non è un pasticcino".

Kurt prese una vecchia copia di Newsweek e la usò per colpire Finn in testa. "Non sei d’aiuto!" dichiarò. "Forza, se non ci diamo una mossa, la nostra sorellina andrà all’asilo prima di avere un nome!". Cominciò a scorrere le dita tra i fogli. "Okay, questa è la lista di nomi che suonano forti. Qui c’è a lista di nomi con un significato forte. E qui c’è la lista di nomi che non sono assolutamente da prendere in considerazione".

Finn tirò su le labbra. "Non riesco a credere che tu abbia scartato ‘Cenerentola’".

"Non chiameremo la nostra sorellina Cenerentola" sbuffò Kurt. "Cenerentola Hudson-Hummel? La prenderebbero in giro fino alla morte e arriverebbe ai dieci anni prima di saperlo pronunciare".

"Ma tu hai ancora Aur… Aur… Quella roba lì sulla lista" obiettò Finn.

"Aurelia" disse Kurt. "È un nome magnifico".

"Sì, beh, io non riesco a pronunciarlo".

Kurt cominciò a sfogliare freneticamente il libro dei nomi. "Il mio nome è chiaramente tedesco… E il tuo chiaramente irlandese. Dovremmo incontrarci da qualche parte nel mezzo… Ma penso che il mezzo vorrebbe dire Portogallo e non funzionerebbe lo stesso". Si accigliò. "Qual è il tuo secondo nome?".

"Christopher" rispose Finn. "Il tuo?".

"Elijah" disse Kurt in tono assente. "Ugh. Niente su cui poter lavorare".

Finn calciò via le sue infradito- l’unico paio di scarpe che era riuscito a trovare alle tre del mattino- e distese le lunghe gambe lungo le sedie. "Non riesco ancora a credere che i nostri genitori abbiano deciso di avere un bambino".

"Non è che l’abbiano deciso, Finn, è soltanto capitato" ribatté Kurt, prima di imbronciarsi. "Sarà strano, però. Insomma, mi sto ancora abituando a dividere mio padre con te… Tu ti stai ancora abituando a dividere tua madre con me".

"E adesso dovremmo dividere i nostri genitori con un bambino" disse Finn. "E dovremo aiutare".

"Poppate di mezzanotte…".

"Pianti a ogni ora del giorno…".

"I dentini…".

"Pannolini…".

Kurt guardò pensieroso l’orologio. "Ma forse non sarà così male. Potrò vestirla, come una piccola bambola vivente".

Finn sorrise. "E sarà tutta dolce e tenera".

"Perciò… Una specie di rivale, ma un bel rivale".

"Sì… Tipo, un nemico che in realtà ci piace".

Kurt si raddrizzò. "Un momento" disse, riprendendo a frugare tra le sue pile di fogli. "Un momento, un momento, un momento!".

"Che c’è?" domandò Finn, riappoggiando i piedi al pavimento. "Hai pensato a qualcosa?".

"Finn, ho un nome" dichiarò Kurt, brandendo un foglio con aria vittoriosa. "Ed è perfino sulla tua lista, perciò bel lavoro".

Finn si rianimò. "Davvero? Grazie".

"E io ho il perfetto secondo nome".

"Meglio che non sia Faustina, perché quello è davvero troppo strano".

"No, non è quello". Kurt prese una penna e un foglio e vi tracciò il nome a grandi lettere. "Cosa… ne pensi… di questo?".

Finn ghignò. "È magnifico. Assolutamente magnifico".

Le porte a battente che conducevano alla sala parto di aprirono e comparve Burt, con un sorriso da ebete stampato in volto. Sia Kurt che Finn scattarono in piedi. "Ragazzi, è nata" annunciò. "Tre chili netti ed è perfetta".

"Come sta la mamma?" chiese Finn.

"Benissimo, solo stanca".

"Possiamo vedere la bambina?" domandò Kurt impaziente.

Burt appoggiò la mano sul mento del figlio. "Cavoli, ragazzo, sembra ieri che ero qui per te" disse. "Ma certo, venite".

Seguirono Burt lungo il corridoio fino alla camera di Carole, che stava seduta dritta, arrossata e sudata, ma sorridente. "Ciao" sospirò.

Finn corse dalla madre e l’abbracciò con cautela. "Ciao, mamma. Stai bene?".

"Oh, alla grande" mormorò lei. "Non lo farò mai, mai più, ma adesso sto alla grande".

Kurt si avvicinò e le diede un bacio sulla guancia; lei gli accarezzò il retro del collo. "Hai imprecato contro mio padre come fanno le madri dei film?".

Burt rise. "È stata una campionessa".

L’infermiera sollevò il piccolo fagotto di coperte dalla culla e lo passò a Carole. "Ragazzi, ecco la vostra sorellina" annunciò, sospirando dolcemente.

Finn e Kurt le si ammassarono intorno. "È così carina!" esclamò Kurt. "Ooh, guarda quelle manine".

"Ciao, piccola" tubò Finn. "Sono il tuo fratellone. Insomma, il tuo fratellone più grande". Kurt roteò gli occhi.

Burt rise. "Sapevo che saresti impazziti per lei".

"Non c’erano dubbi al riguardo" gli fece eco Carole. "La sola cosa che mi chiedo è… se ha già un nome".

"Ce l’ha" rispose Finn.

"Finalmente" aggiunse Kurt.

"Io ho scelto il primo nome, e Kurt il secondo" spiegò Finn.

Kurt prese un respiro profondo. "Emily Carys Hudson-Hummel".

"Vedete, Emily significa ‘rivale’ e Carys ‘amata’, perciò, abbiamo pensato che andasse bene".

Gli occhi di Carole si inumidirono. "Ragazzi, è davvero perfetto".

"Bel lavoro" disse Burt, ammirando la figlia appena nata. "Emily. È un nome fantastico".

"Posso tenerla?" li pregò Finn.

Carole gli passò la bambina con cautela. "Attento" lo avvertì. "Sostienile il collo".

"E non starnutire" aggiunse Kurt.

Finn bilanciò la sorellina tra le braccia come se fosse un pallone da football. "Ciao, piccola" disse di nuovo, guardando il suo piccolo viso. "Uh, è davvero minuscola. Non è che rischio di romperla?".

"Fammela tenere" disse Kurt tendendo le braccia. Finn gliela passò lentamente e Kurt la strinse a sé. "Eccola qua, la principessina" canticchiò. "Ooh, guardate i suoi capelli scuri! E ha i ricci". Alzò lo sguardo con cipiglio feroce. "I suoi capelli saranno meravigliosi perciò stabilirò adesso la regola che non potranno essere tagliati. Mai. E avrà bisogni di nastri".

"Tesoro, lascio il guardaroba di Emily nelle tue capaci mani" dichiarò Carole.

Finn tolse la bambina dalle braccia di Kurt. "Voglio tenerla anch’io. E se tu le farai indossare ogni sorta di cose modaiole, allora io le insegnerò a giocare a football".

"Immagino sia giusto" sospirò Kurt.

L’infermiera si schiarì la gola. "Beh, è ora per la signorina Emily di andare nella nursery con gli altri bambini" annunciò.

Finn gliela passò con riluttanza.

"Voi ragazzi andate a casa e dormite un po’" disse Burt. "E non preoccupatevi della scuola: vi siete guadagnati un giorno libero".

"Bene" sbadigliò Kurt.

Carole strinse entrambi i figli in un abbraccio. "Grazie per aver trovato un nome alla bambina: è perfetto".

"Sì, beh, ha rischiato di chiamarsi Cenerentola Aurelia, perciò siate felici che siamo arrivati alla soluzione che abbiamo trovato".

Kurt sbadigliò di nuovo e Burt lo tirò in piedi. "Andate a casa, ragazzi".

"Ciao, papà" lo salutò Kurt, abbracciandolo forte.

Burt gli baciò il lato della testa. "Ciao, ragazzo". Lasciò andare Kurt per abbracciare Finn. "Ci vediamo a casa, d’accordo? E assicurati che Kurt vada effettivamente a letto".

"Papà" piagnucolò Kurt.

Finn rispose prendendolo per le ginocchia e caricandoselo in spalla. "Non preoccupatevi, lo tengo".

"Questo è davvero umiliante" si lamentò Kurt mentre Finn lo trasportava fuori dalla stanza e giù per il corridoio. Si agitò sulla spalla del fratello e tirò fuori il telefono dalla tasca.

"Che cosa fai?" chiese Finn.

"Mando messaggi" sbadigliò Kurt. "Rachel e Blaine staranno impazzendo a quest’ora".

"Oh, già" ghignò Finn. "Abbiamo più o meno lasciato dei messaggi urlanti nella loro segreteria alle tre del mattino".

Trasportò Kurt fino alla macchina, il fratellastro che continuò a messaggiare tutto il tempo. "Penso che gli altri saranno infastiditi da un carico massiccio di messaggi prima dell’alba?" domandò Kurt quando Finn lo mise in terra di fianco al suo SUV.

"A chi importa?" commentò Finn con un’alzata di spalla. "Abbiamo appena avuto una sorellina. Penso sia solo giusto condividere la notizia con tutti quelli che conosciamo".

Novembre 2011

"Siete certi di potercela fare?" chiese Carole.

Finn alzò gli occhi al cielo. "Mamma, è tipo la dodicesima volta che ce lo chiedi. Credo che possiamo gestire la nostra sorellina".

"Non siete mai rimasti da soli con lei prima d’ora" obiettò Carole, giocherellando ansiosamente con i suoi orecchini. "Ti ricordi come darle da mangiare?".

"Mamma, le do da mangiare tipo di continuo".

"Carole, non c’è davvero ragione di preoccuparsi" intervenne Kurt dal divano. "Tu e papà dovete uscire stasera. È il vostro anniversario: sono quasi sicuro che esista una legge sull’uscire per il proprio anniversario".

"Lo so" sospirò Carole. "È solo che è la prima volta che tuo padre ed io usciamo da quando la bambina è nata. Non sono certa di riuscire a lasciarla".

"Ci prenderemo noi cura di lei" la rassicurò Finn.

"E comunque, papà si sta comportando bene" disse Kurt. "Insomma, non mi sembra particolarmente agitato all’idea di lasciare Emily nelle nostre abili mani".

Ovviamente, Burt scelse quel momento per scendere le scale con la figlioletta di tre mesi tra le braccia. "Guardate chi si è svegliato da suo sonnellino".

"Oh, ciao, piccola" cinguettò Carole, immediatamente distratta.

Kurt e Finn si guardarono l’un l’altro. "Intervento".

"Davvero, ragazzo, dovete andare" disse Finn, liberando la sorellina dalle braccia di Burt.

"Dovete andare subito o perderete la prenotazione al ristorante" aggiunse Kurt. "O vi attarderete troppo e finirete ricoperti di rigurgito di neonato".

Carole sospirò. "Va bene, va bene" si arrese. Diede un bacio sulla guancia a Kurt. "Chiamate se avete bisogno".

"Staremo benissimo".

"Avete il numero del ristorante, vero?" chiese Burt.

"Staremo benissimo".

Carole si chinò su Emily, ricoprendole le guance rotonde di baci leggeri. "Fai la brava con i tuoi fratelloni, amore".

"Oh, farà la brava" disse Burt. "Lei fa sempre la brava".

"Tranne quando rigurgita sulla schiena di Kurt" ridacchiò Finn.

Kurt lo fulminò con un’occhiataccia. "Finn, se non avessi in braccio una bambina, ti prenderei a pugni".

"Chiamateci se avete bisogno" ripeté Burt.

Kurt cominciò a spingerli verso la porta. "Sì, lo faremo, ci prenderemo ottima cura del piccolo angelo, godetevi il vostro anniversario, ci vediamo più tardi, buona serata".

Finn gli andò dietro, bilanciando Emily nell’incavo del braccio. "Ciao" salutò, agitando allegramente la mano mentre i genitori uscivano con riluttanza.

Kurt sospirò mentre chiudeva la porta d’ingresso. "Credevo che non se ne sarebbero mai andati".

Finn sollevò Emily in aria sopra la sua testa. "Starai benissimo con i tuoi fratelloni, certo che sì!".

"Non sballottarla così, la farai vomitare" lo rimproverò Kurt. Batté le mani per poi tenderle infuori. "Dammela".

"No" ribatté Finn, buttandosi sul divano e sistemandosi Emily in grembo. "Tu hai giocato con lei mentre ero all’allenamento di football, ora è il mio turno!".

Kurt roteò gli occhi. "Bene" sbottò, controllando l’orologio. "Probabilmente vorrà mangiare. Le preparo il biberon".

Finn accese la televisione e bilanciò la bambina sul suo ginocchio. "Vedi quello, Emmy? Quello è football. Lo sai dire football?".

In risposta lei gorgogliò e cercò di cacciarsi un pugno in bocca.

"Beh, ci sei andata vicino" ghignò Finn.

Continuò a tenere le mani sulla bambina nonostante lei continuasse a dimenarsi. Certo, a volte era una vera seccatura, come quando rigurgitava o piangeva a tutto volume o era costretto a cambiarle i pannolini. Ma era lo stesso molto carina. E coccolosa.

"Okay, il suo biberon è pronto" disse Kurt, sventolandolo avanti e indietro. Si bloccò. "Stai sul serio assoggettando la mia sorellina al football? C’è Project Runway".

"Può guardare sport e strani programmi di abbigliamento" protestò Finn.

Kurt sbuffò. "Beh, allora, le darai tu da mangiare" dichiarò, agitando il biberon in faccia a Finn.

Finn fissò il biberon e poi alzò lentamente lo sguardo sul fratellastro. "Um… Puoi farlo tu".

"Oh, no. È il tuo turno".

"Ma devo…".

Il campanello suonò e Kurt andò ad aprire la porta d’ingresso. "Ciao, ragazzi!" canticchiò Mercedes. "Come va l’operazione babysitter?".

"Siamo all’opera solo da una ventina di minuti" rispose Kurt, guardando perplesso Mercedes, Quinn, Rachel e Brittany passargli davanti. "Davvero? Tutte quante?".

"Ecco qua la piccolina" cinguettò Quinn, sedendosi sul divano di fianco a Finn. "Ciao, Emily. Ciao, tesorino".

Rachel si mise in mezzo, spingendo quinn di lato con il fianco. "Ciao, Emily, sono la tua quasi sorella maggiore" la salutò, un po’ troppo allegramente.

"Non l’hai ancora sposato, manhands" ribatté Quinn.

Brittany si chinò di fronte a Finn, posizionando il naso pericolosamente vicino a Emily, che balbettò e cercò di afferrarlo. "Guardate, le piaccio".

Mercedes tolse il biberon di mano a Kurt. "Io do da mangiare alla bambina. Prenotata, assolutamente prenotata!".

"Ma…" cercò di protestare Finn.

Quinn sollevò la piccola Emily, che agitò i piedini e strillò quando fu sistemata in grembo a Mercedes. Le lamentele della bambina furono velocemente messe a tacere dal biberon che Mercedes le mise in bocca. "Visto, so quello che faccio".

"Anche noi!" sbottò Kurt. "Come avete fatto a saperlo, tra parentesi?".

"Beh, hai mandato un messaggio a Blaine, che l’ha mandato a Mercedes che l’ha mandato a me e siccome io stavo tenendo d’occhio Brittany ho dovuto portarla con me" spiegò Quinn.

Brittany si schiacciò contro il bracciolo della poltrona, sbirciando oltre la spalla di Mercedes. "È così strano che i bambini siano semplicemente piccole persone".

"E tu?" chiese Finn, piegando la testa per guardare Rachel.

"È semplicemente arrivata nel nostro stesso momento" rispose Mercedes con una scrollata di spalle. Emily afferrò il biberon e lo attirò più vicino alla bocca. "O, guardate questa bambolina. Kurt, quando tu e Blaine avrete dei bambini, io devo essere la madrina. Devo. O ti ucciderò".

Kurt tossì. "Penso tu stia bruciando un po’ le tappe, Mercedes".

Brittany piegò la testa. "Se tu e Blaine avete dei bambini, chi rimane incinto?" domandò. "Penso che sarai tu: sei più femminile di Blaine".

Quinn rise. "Oh, quella sì che sarebbe una visione! Kurt… Incinto".

Il diretto interessato aveva ormai assunto una marcata tonalità di rosso. "Abbiamo già discusso le nostre opinioni sui figli e nessuna di esse include che sia io a doverli scodellare". (*)

Brittany sbatté gli occhi. "Nessuno ha parlato di scodelle".

Mercedes appoggiò il biberon vuoto sul tavolino e sollevò la bambina. "Perfetto, chi vuole far fare il ruttino alla principessina?" domandò. La tese a Rachel. "Che mi dici, ‘quasi sorella’?".

Rachel impallidì e strisciò via. "Scusa, non faccio le cose schifose".

"Lo faccio io" si offrì Quinn, sistemandosi un panno sulla spalla e prendendo la bambina.

"Sai, non vedo te e Finn procreare tipo, mai" sbuffò Kurt.

Rachel incrociò le braccia e si gettò i capelli oltre le spalle. "Quando io e Finn avremo venticinque anni, saremo sposati e pronti per i bambini, io sarò un’attrice vincitrice di un Tony Award e potremo permetterci una tata per… le cose schifose".

La bambina ruttò sonoramente e Quinn rise. "Eccoci qua. Bene, quale fratello vuoi?".

"Oh, lei vuole me" disse Kurt, tendendo le mani. La prese con avidità e se la strinse al petto. "Sono il suo fratello gay preferito".

Finn si rizzò a sedere. "Ehi, ma io… Oh, ho capito dove volevi andare a parare".

Kurt si sistemò sul divano con la piccola tra le braccia. "Non sei adorabile per essere una piccola produttrice di vomito? Sì, lo sei, Emily Carys, lo sei".

"È così strano, però" osservò Mercedes. "Voi ragazzi avrete trentacinque anni quando si diplomerà".

Finn strizzò gli occhi. "Già, super strano" ammise. "Non ci avevo nemmeno pensato".

"Beh, almeno possiamo fare i fratelli più grandi forti" disse Kurt. "I fratelli più grandi davvero forti".

 

Note della traduttrice

Allora, facciamo un paio di precisazione: Caitlin ha pubblicato questa storia come una lunga one-shot (una one-shot davvero lunga), ma siccome il documento dove l’ho salvata è di qualcosa come venti pagine, ho pensato che per rispetto dei vostri occhi fosse meglio spezzarla e farla diventare una raccolta multicapitoli, dividendola in base all’anno di ambientazione. Salvo improvvisi cambiamenti di piani, continuerò comunque a seguire il mio trend di un aggiornamento a settimana, anche per potervi assicurare una traduzione fatta come dio comanda.

E parlando di traduzione:

(*) Lo so, il termine "scodellare" non mi convince completamente: nell’originale, Caitlin usa il verbo to bear, che oltre a significare partorire è anche la traduzione di orso (da cui la battuta di Brittany). Dovendo trovare un gioco di parole in italiano, l’unica cosa a cui sono riuscita a pensare è quella che avete letto.

Non penso di avere altro da dire, ci sentiamo da una settimana, preparatevi a innamoravi della piccola Emily!

  
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