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Autore: Kiriame    26/05/2011    2 recensioni
Quando si voltò nuovamente, davanti a lei c’era una ragazza magra, di media statura, mora, con una carnagione più scura della sua.
Man mano che si avvicinava a lei, la riconobbe: era Santana.
Non sapeva che cosa pensare... Che ci faceva, lei, in quel posto così lontano da dov’erano prima?
E perché era vestita così elegante? Forse era lei troppo stupida, ma ancora non riusciva proprio a capire.
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: FemSlash | Personaggi: Brittany Pierce, Santana Lopez
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Santana aveva appena messo piede nella sua camera d’albergo.
Guardò fuori dalla finestra, e tutto ciò che poteva vedere dalla soglia erano gli enormi grattacieli ed il cielo coperto dalle nuvole di fine settembre. Sfoderò uno dei suoi soliti sorrisetti maliziosi, pensando a quanta carriera avrebbe potuto fare in una città come quella.
Se solo Lima non fosse così distante da lì...
Poi posò lo sguardo appena più in basso dei grattacieli, quanto bastava per avere davanti il panorama del pavimento.
Che già era devastato da pantofole, completini abbinati, un paio di scarpe col tacco e qualche reggiseno.
Riconobbe subito tutti quei vestiti, e alzò gli occhi al cielo, sbuffando.
“Ok, Brit, ci hanno assegnato la stessa stanza, ma questo non ti autorizza a-“
Non poté mai finirla, quella frase, perché davanti a lei c’era una Brittany seminuda, girata di schiena, intenta ad allacciarsi il reggiseno nero di pizzo.
La latina arrossì violentemente, girando di scatto la testa dall’altra parte.
“Santana, che ti prende?”
Le cose sono due: o mi sta provocando, o è semplicemente troppo stupida per capire.
Ma Santana optò quasi istintivamente per la seconda scelta. Chissà perché...
Povera piccola, tutti la chiamavano stupida, eppure in fondo sapeva anche essere intelligente.
Sarà stato perché la conosceva davvero troppo bene...
Brittany sapeva sempre quando Santana era giù di morale, anche quando fingeva il contrario nascondendosi dietro gli insulti maligni che rivolgeva a chiunque le passasse davanti o la sua maschera di fredda superiorità... Sapeva sempre quando aveva solo bisogno di un po’ di baci e coccole per sentirsi apprezzata, e quando aveva voglia di biscotti al cioccolato (SI’).
Spesso riusciva a stupirla all’improvviso, dimostrandole di capire cose che nemmeno lei, astuta com’era, aveva mai capito, anche ragionandoci su giornate intere.
Ma adesso...

“Tu che dici? Non puoi provocarmi così spudoratamente...! Dai, vestiti, e in fretta. Aiutami a sistemare la camera: guarda che disastro hai combinato, e non siamo qui nemmeno da un’ora!”

Brittany abbassò lo sguardo, delusa e contrariata dalla scelta, fra l’altro insolita, della sua migliore amica.
In genere amava questo genere di cose... Perché la sua sorpresa non era riuscita?
“Ma io... Ti avevo vista giù di morale, e volevo solo farti sentire un po’ meglio; di solito sei sempre felice quando facciamo queste cose!”
Dire cose simili a volte la faceva sentire una pervertita, ma in quel momento non riusciva nemmeno a darci il peso che voleva. Pervertite o no, loro due si erano sempre divertite a scambiarsi quei gesti inusuali, che non sapevano nemmeno loro se fossero dimostrazioni di amore, di affetto, o che altro.
Santana cominciava ad innervosirsi. Si portò le mani alla bocca e iniziò a mangiarsi freneticamente le unghie, sentendo le dita quasi bruciare, per poi interrompersi solo per parlare.
“Non capisci mai niente, Brittany. Sei davvero troppo stupida!”
Si morse le labbra all’istante: non avrebbe dovuto dire una cosa del genere.
Sapeva troppo bene quanto avrebbe potuto ferire l’amica con quelle parole, come avevano già fatto tante persone... Da cui lei l’aveva sempre difesa e protetta proprio come fa una madre con la propria figlia.
Eppure non riusciva proprio a ritirare ciò che aveva appena detto.
Era paralizzata, mente e corpo.

L’amica sgranò gli occhi, cercando di convincersi di aver sentito male o che la sua San stesse solo scherzando come spesso faceva per prenderla un po’ in giro.
Ma quel suo sguardo serio e rabbioso lasciava intendere tutto il contrario...
Senza sapere nemmeno quello che stava facendo, Brittany uscì di corsa dalla camera d’albergo sbattendo la porta talmente forte che fece vibrare le pareti color glicine.
Dove stava andando non lo sapeva nemmeno lei, non conosceva quella città, né tantomeno quell’edificio.
Quindi decise di seguire il suo istinto (che gran parte delle volte la portava fuori strada!), e con gli occhi velati di lacrime percorse l’interminabile corridoio che separava le due ale dell’edificio. Spinse con forza il maniglione della porta a vetri e si nascose sotto le scale antincendio che davano sul parcheggio, in cui c’era ancora, in un angolo, il pullmino che li aveva portati fino a lì dall’aeroporto.

La mora si abbandonò sul lettone matrimoniale che troneggiava al centro della stanza, portandosi le mani ai capelli e ipotizzando per un momento di strapparseli tutti, uno ad uno.
Chi tra le due era la più idiota, quel pomeriggio?
Quei litigi, quelle discussioni... Lei le odiava.
Non poteva sopportare l’idea che, anche per la più piccola stupidaggine, dovessero litigare... Quando succedeva le sembrava quasi di poterla perderla per sempre, come se potesse sparire dalla sua vista in un istante senza dare segno di dove fosse andata.
Era quasi come se una parte dell’unica anima che avevano sempre formato si staccasse, che fosse l’una o l’altra, e quella metà andasse a farsi un giro, dando ogni volta l’impressione di non ritornare mai più.
Ma alla fine tornava sempre, lei lo sapeva.
Eppure... Giorni come quelli erano sempre, inevitabilmente dominati dall’inquietudine e dallo sconforto.
Doveva farsi perdonare.
Non aveva idea di come, di quando, di dove... Ma doveva.

Il tramonto a New York era costellato di alberi spogli, palazzi eccessivamente alti ed antenne televisive.
Brittany correva zampettando sui suoi tacchi alti, senza sapere con precisione dove fosse questa dannata “Eight Avenue”, ma sapendo con certezza che era fin troppo lontana dall’albergo per i suoi gusti (e per quelli dei suoi piedi, che urlavano di dolore.)
Si fermò, distrutta, ad una fontana, grande come mai ne aveva viste, e si sedette sul bordo umidiccio.
Qualche goccia zampillava sulla sua schiena, bagnando il trench rosa che aveva appena comprato, ma in quel momento non le interessava.
Sfilò il cellulare dalla tasca e rilesse il messaggio. Era di un numero che non conosceva...
“Fatti trovare alle otto in punto sulla Eight Avenue, davanti alla fontana.”
Poi si voltò... E si rese conto di essere arrivata a destinazione senza troppi sforzi!
Certe volte aveva davvero fortuna.
Quando si voltò nuovamente, davanti a lei c’era una ragazza magra, di media statura, mora, con una carnagione più scura della sua.
Man mano che si avvicinava a lei, la riconobbe: era Santana.
Non sapeva che cosa pensare... Che ci faceva, lei, in quel posto così lontano da dov’erano prima?
E perché era vestita così elegante? Forse era lei troppo stupida, ma ancora non riusciva proprio a capire.

“Hey, Brit.”
“Santana... Che ci fai qui?”
Era notevolmente a disagio, e si guardava intorno squadrando in cagnesco modo chiunque passasse accanto alla sua biondina.
“Sono stata io ad inviarti quel messaggio, nel caso tu non l’abbia capito!” Disse con tono sarcastico, come in genere faceva con i suoi compagni del Glee club. La sua espressione era ancora seria, ma stavolta più umile.
E forse... Imbarazzata?
Nah, San non è mai imbarazzata, figuriamoci se lo dovrebbe essere adesso. La bionda era fermamente convinta di questo, ma ultimamente quella ragazza la stupiva sempre più spesso, quindi...
“Volevo solo... Farmi perdonare per la mia reazione di oggi pomeriggio, e...”
Quant’era sciocca. Non doveva farsi perdonare... Lei l’avrebbe perdonata in ogni caso.
Non riusciva a vivere un solo giorno senza di lei, senza sentire la sua voce, senza rivolgerle la parola.
“Ma San, non ce n’era bisogno... Lo sai che poi ti avrei perdonata-”
“No, ti prego... Lasciami spiegare”
Brittany annuì con un lieve cenno del capo, che mosse i suoi capelli color oro in una maniera che Santana trovava a dir poco adorabile. Si trattenne dal lanciare un gridolino soffocato, di quelli che faceva sempre da bambina quando vedeva un gattino o una cosa che trovava tenera.

“Il motivo per cui sono esplosa prima... E’ che io ero davvero troppo triste, è vero; ma il motivo per cui ero triste...”
Si bloccò un istante, senza sapere come continuare, volgendo lo sguardo ovunque meno che negli occhi della sua amica. Tutto, pur di non vedere la sua reazione.
Ma che diavolo, che si desse una mossa! Erano entrambe in trepidante attesa di qualcosa che rompesse il silenzio, che per fortuna durò solo per poco.
E a romperlo fu proprio l’imbarazzatissima Santana.
“...E’ che non posso essere con te, non posso stare con te, non posso averti come ‘la mia ragazza’, e non come ‘la mia migliore amica’. E tutto questo, questi tuoi modi di fare che mi fanno desiderare ancora più intensamente di averti... Mi mandano in bestia”
Si coprì gli occhi con il palmo della mano, decisamente sollevata dopo essersi liberata di un peso enorme, e buttò fuori un sospiro interminabile.
Brittany riflettè un attimo.
Sentendola poi ridere, quasi di gusto, Santana prese coraggio e la guardò, scioccata. Davvero era così ridicola, la sua dichiarazione?
Un po’ del suo antico orgoglio ritornò a galla, e la ragazza si sentì così punta da avere l’impulso di mollare un sonoro ceffone all’amica.
Non l’avesse mai fatto. Si dannò dieci, cento, mille volte in un secondo di essere stata così impulsiva e sentimentale. Perché non poteva rimanere la vipera insensibile che era con tutti gli altri?
Ma no, con lei no. Con lei non poteva, non ce la faceva: lei era diversa.
E Santana la voleva tutta per sé. Voleva farla sua, non importava come.
“Santana, ma allora qui quella stupida sei tu... Non hai ancora capito che io voglio solo te.”
Poi sorrise, di uno di quei sorrisi che lei tanto adorava, quelli che ogni tanto si sognava la notte, e che la facevano svegliare segretamente con il sorriso.
Si guardarono negli occhi per un istante, ma la bionda ruppe nuovamente il silenzio.
“Allora, che ci facciamo qui?”
“Ecco... Volevo portarti fuori a cena. Ti va un ristorante di lusso?”
“Certo che sì, anche una trattoria, se sono con te.”

Il ristorante pareva, dall’aspetto del portone d’entrata, parecchio costoso e pacchiano. Ma alla latina non importava come fosse, quanto dovesse spendere: tutto per la sua amata.
Ancora con le dita intrecciate con quelle di Brittany, si fermò sulla soglia, intravedendo da lì le vetrine che davano sull’interno del locale.
“Allora, entriamo o no?” Brittany era ansiosa di cominciare quel primo appuntamento con la sua quasi-ragazza.
“Aspetta un momento. Prima devo fare una cosa...”
Senza che riuscisse a rendersene conto, Santana l’aveva già presa per i fianchi incollando le sue labbra a quelle dell’amica, con l’intenzione di non staccarsi mai più.
Questo primo appuntamento si prospetta molto interessante. La bionda sorrise contro le labbra della sua dolce metà e si abbandonò all’emozione di quel momento, forse il più bello della sua vita.


Bè, ecco finita una one-shot fatta palesemente ad muzzum! Non biasimatemi, ero in astinenza da scrittura e da BRITTANA!
Ho preso ispirazione da un'esperienza personale, e trovavo che fosse una cosa mooooolto tenera e pucciosa inserirla in una fanfiction u.u
Spero di non essere andata OOC, anche perché forse il personaggio di Santana è un po' troppo... Poco crudele?
Ma io la trovo una tenerona, non ci posso fare niente.
E per me insieme sono
perfette. Non trovate?
Spero vi piaccia (o comunque, spero che qualcuno legga. LOL)
Kiriame



   
 
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