-Scemo
non lo è-
Qualcuno
bussò timidamente
alla sua porta, poi il silenzio tornò a regnare su quella
stanza che sapeva d’incenso
e muschio.
“Vieni
avanti, amico mio.”
La voce pacata di Shaka si disperse, scontrandosi con le pareti in
toccate: il
biondo era seduto in meditazione al centro della stanza nella posizione
del
Buddha, gli occhi chiusi e i lunghi capelli che ricadevano sulle spalle
appena
coperte da una leggera maglietta nera.
“Come
sapevi che ero io?”
chiese il nuovo venuto entrando ed avanzando con passi leggeri verso
l’altro,
ma quando lo raggiunse rimase in piedi non sapendo come comportarsi.
“Non
lo sapevo.” Rispose immobile
il biondo: “Ma se fosti stato un nemico non avresti perso
tempo bussando, Mur.”
Shaka
era un mistero per
lui: pacato, quasi flemmatico a volte, eccentrico, allegro e scherzoso
altre.
Tuttavia
non poteva negare
di esserne affascinato: quel portamento, la grazia nei movimenti, la
serietà
che occasionalmente andava trasformandosi in allegria scherzosa, gli
piaceva
ogni cosa di lui ed ora era li per confessarglielo.
“Il
tuo silenzio mi
preoccupa Mur.” Fece improvvisamente Shaka ed il quasi
– cavaliere dell’Ariete
si rese conto di avere la bocca secca, ma, prendendo il coraggio a due
mani, si
sedette accanto all’amico, che rimase perfetto nella sua posa.
“Sono
venuto per parlarti.”
Sospirò Mur sorridendo piano, ma un senso di fastidio lo
avvolse quando Shaka
annuì appena, spronandolo a parlare.
Lui
era li che quasi
moriva di paura e quel biondo che faceva? Lo ascoltava distratto.
“E’
una cosa complicata da
dire, Shaka.” Scandì infatti sperando di attirare
l’attenzione del compagno,
che però si limitò a commentare con un semplice:
“Ogni cosa può esser detta.”
Mur
si alzò di scatto,
arrabbiato e deluso: se quello era il ragazzo di cui si era innamorato,
allora
si sarebbe potuto far prete che non sarebbe cambiato nulla.
“Non
è importante.” Sibilò
seccato, poi si diresse velocemente verso la porta, la aprì,
ma quando fece per
uscire questa si richiuse bruscamente; la mani delicate di Shaka
premevano
contro il legno.
Mur
non lo aveva neanche
sentito arrivare e comprese a fondo la sua vicinanza solo quando il
biondo
sussurrò al suo orecchio: “Ogni cosa detta da te
è importante.”
Mur
tremò leggermente: il
respiro di Shaka si infrangeva sul suo collo, le braccia tese lo
sfioravano e
le sue lunghe ciocche bionde emanavano un leggero profumo di muschio.
Eppure
qualcosa lo rodeva
ancora dentro, tormentandolo: l’indifferenza che poco prima
aveva mostrato il
quasi- cavaliere della Vergine lo aveva infastidito e ferito in un
punto
delicato del suo cuore da fanciullo innamorato.
Come
percependo questi
pensieri, Shaka si avvicinò maggiormente a fece scivolare le
mani lungo la
porta, fino ad allacciare le braccia intorno alla vita sottile
dell’amico, che
si voltò nell’abbracciò scontrandosi
con l’azzurro limpido degli occhi dell’altro;
sussultò appena, sorpreso.
“Che
c’è?” Shaka
ridacchiò.
“Non
apri quasi mai gli
occhi…” Mur cercava di giustificare la sua
reazione, ma era troppo vicino:
Shaka era così vicino…
Quest’ultimo
sorrise
dolcemente, poi si incupì di colpo e sussurrò:
“Perdonami. Poco fa sono stato
ingiusto con te e ti ho ferito. Perdonami.”
Una
mano del biondo si
sollevò ed iniziò a giocare con una ciocca di
capelli dell’altro, che arrossì.
“So
cosa volevi dirmi.” Riprese
Shaka facendosi ancora più vicino: “Rifletti su
come ti ho trattato.”
Mur
obbedì: i sussurri, l’abbraccio,
i sorrisi… arrossì maggiormente, ma
contemporaneamente gli si illuminarono gli
occhi, sorrise e chiese: “Come… come
sapevi…?”
“Ti
conosco, Mur, fin da
quando siamo bambini, e ti comprendo.”
“Quindi…
quindi anche tu…
ma?!” Mur non riusciva a formulare una frase
sensata tanta era la gioia.
“No
guarda, amo tuo
fratello e ti ho trattato così solo per spingerti a portarlo
da me.” Fece Shaka
alzando gli occhi al cielo, ma la risposta dell’altro lo
sconvolse del tutto.
“Ami
Chichi?” chiese
infatti Mur, sinceramente stupito: “Ma ha dieci
anni!”
Shaka
spalancò occhi e
bocca, poi scoppiò a ridere esclamando: “Mur, a
volte sei proprio ingenuo!
Certo che amo te, scemo! Ti stavo prendendo in giro e tu ci sei cascato
come…”
Il
quasi- cavaliere dell’Ariete
lo zittì impossessandosi bruscamente delle sue labbra tanto
ambite da tutte le
ragazze: forse era un po’ ingenuo, ma ora Shaka era suo e
questo non lo rendeva
affatto scemo.