Fanfic su artisti musicali > Tokio Hotel
Ricorda la storia  |      
Autore: CowgirlSara    29/05/2011    3 recensioni
Aveva infilato guanti e stivali, chiuso le cerniere lampo, stretto i lacci sulle sue cosce.
Era stato quasi… eccitante.
E Bill si era sentito potente, pronto, padrone della situazione.
Ma era inverno, quando tutto questo era successo.
Genere: Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Bill Kaulitz, Tom Kaulitz
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Il fenicottero nero
Ho scritto questa one shot ispirata dal ricordo del Humanoid City Tour, per partecipare al secondo Contest del Forum delle Adulte malate di Tokiotellite.
Non ho vinto niente, ma del resto questo è tutto ciò che sono riuscita a scrivere in questo periodo impegnativo…
La posto anche qui, sperando di farmi perdonare del ritardo nella pubblicazione dell’altra ff. Solo un po’ di pazienza, comunque, sono a buon punto!
Commentate, vi aspetto!
Buona lettura!

Questa storia è frutto di fantasia, scritta cercando di avere rispetto per la vita privata ed il lavoro dei protagonisti. I fatti narrati non vogliono dare rappresentazione della realtà. Non ha alcun scopo di lucro.
I Tokio Hotel appartengono solo a se stessi, così come gli altri personaggi reali citati.


- Ma davvero non volete lasciarmi nemmeno un commentino? Ci sono tante letture... Vorrei davvero saperlo, anche se vi fa schifo... Grazie. -  


Il Fenicottero Nero



Bill la guardò ancora una volta.

Esteticamente gli piaceva sempre.

Si ricordava bene la prima volta che aveva visto gli schizzi: ne era rimasto entusiasta!

Nonostante le perplessità di Tom.

Ma Tom era sempre cinico e scazzato.

Bill aveva archiviato le sue rimostranze nei “pareri non rilevanti di Tom” e chiuso la pratica.

Era nata per lui, su di lui. Solo questo contava.

Quando poi l’aveva vista dal vivo, realizzata, l’entusiasmo era perfino cresciuto.

Era nera, era stretta, era sexy!

E aveva tutti quegli accessori luccicosi!

Mentre lui era felice come un bimbo alle giostre, però, Tom e Georg si erano dimostrati avversi. E lo avevano preso in giro. Gustav aveva solo scosso la testa.

Ma Tom e Georg lo sfottevano sempre.

E Gustav scuoteva sempre la testa.

Tutto archiviato in “i soliti pareri banali della band”.

Lui era oltre tutto ciò e già l’amava.

Se l’era provata.

Aveva infilato guanti e stivali, chiuso le cerniere lampo, stretto i lacci sulle sue cosce.

Era stato quasi… eccitante.

E Bill si era sentito potente, pronto, padrone della situazione.

Ma era inverno, quando tutto questo era successo.

I mesi erano passati, il tour era cominciato. Non gli ci era voluto molto a capire di essere stato un tantino avventato…

Gli sembrava di sentire nella testa la voce profonda di Tom che gli diceva qualcosa tipo: “Ahahh, te lo avevo detto! Ti sei pentito, eh, testina di cazzo?!”

Ora non poteva tornare indietro, ammettere di aver preso una decisione sull’onda dell’emotività, doveva portare avanti le sue convinzioni.

Anche quando sentiva uno strato di sudore scivolare tra la sua pelle e la superficie della tuta, quando le mutande gli si appiccicavano fastidiosamente al sedere, o quando gli scendevano fontanelle dai gomiti piegando le braccia. O quando si sentiva le rane dentro le scarpe.

Lui doveva andare avanti fino alla fine dello show. Doveva sorridere, cantare, ballare e saltare. Non poteva mollare, doveva tenere il pubblico.

Adesso era necessario indossarla nuovamente.

La sua aderentissima tuta nera.

La prese in mano, passandosela tra le mani. Era anche abbastanza morbida. Sì, era comoda, da un certo punto di vista. Lo lasciava libero nei movimenti, ma…

Si bloccò.

Sentiva gli occhi di suo fratello fissi sulla schiena, come due aghi infilati nelle scapole. Alzò lo sguardo e intercettò il suo nello specchio.

“Vuoi che ti aiuti?” Gli chiese tranquillo Tom.

“Sei gentile, ma… Devo confessarti che sei un tantino brutale, mi fai male…” Gli rispose con una smorfia.

“Ah, ok…” Biascicò allora l’altro, abbassando il capo. “Ti chiamo Natalie.” Aggiunse e fece per andarsene.

Bill sospirò leggermente scoraggiato.

“Dille di portare il borotalco…”

Non vide il sorrisetto retorico di Tom, mentre lui usciva dal camerino, ma sapeva che suo fratello lo aveva stampato in faccia.


******

Ora Bill era sul palco.

Le preoccupazioni del backstage già dimenticate.

Oltre il grido della folla c’era solo lui.

Si sentiva immenso, in mezzo alla marea delle voci assordanti e indistinte.

Si sentiva bellissimo, inguainato nella sua stretta tuta nera, sensuale e letale come una pantera.

Aveva gli occhi di una pantera ed il pubblico era ai suoi piedi.

Solo dopo qualche canzone iniziava il fastidio.

Cominciava come una specie di goccia fredda, che gli scivolava in mezzo le scapole, fino alla piega tra i glutei. Il tessuto non poteva assorbirla, perché semplicemente non era fatto per questo.

La goccia, ben presto, diventava un piccolo fiumicello.

Aveva letto da qualche parte – forse sulle pagine salute e benessere di qualche rivista di moda – che il sudore aveva la funzione di mantenere la temperatura corporea.

Allora, quanto doveva essersi riscaldato lui, per trovarsi ricoperto da quella doccia appiccicaticcia?

Ma la cosa peggiore del tutto – peggio perfino di quando cominciava a sentir colare roba dalle aperture sui gomiti – era quando intercettava gli occhi di Tom.

Perché non sembrava deriderlo, come avrebbe pensato.

Sembrava più… preoccupato?

Ma che cazzo aveva da preoccuparsi?! Stava solo sudando!

Insomma, era anche normale sudare se stai cantando, correndo, gridando, ballando e tenendo insieme uno spettacolo, no?

Doveva solo fermarsi un attimo, asciugarsi, sistemarsi il trucco e bere un barile di sali minerali.

E poi si ripartiva. Sì.

Dai, che ormai alla pausa mancava poco.

Il pubblico non sembrava aver notato che cominciava ad essere stanco. Forse erano troppo accaldati, eccitati e stanchi anche loro.

Ciò che lo consolava era notare che – almeno dalle dichiarazioni sui cartelli – la sua tuta nera sembrava riscuotere un certo successo.

Se ci fossero state dentro –  le sue entusiaste fans – non sarebbero state così allegre…

******

Grazie al cielo, l’interruzione. Finalmente.

Le immagini filmate sostituivano la sua, sulle note della versione strumentale di “Lass uns laufen” e lui poteva fermarsi.

Appena arrivato nel backstage, qualcuno gli posò un asciugamano sulle spalle e gli mise in mano una bottiglietta. Lui si asciugò il viso e poi si attaccò al contenitore dei liquidi, bevendo lungamente.

Avrebbe avuto voglia di una sigaretta, ma non c’era tempo.

Stava ancora tentando di asciugarsi – e di fare finta di non avere anche i piedi a mollo – quando arrivò Natalie col trucco.

“Tesoro, sei devastato… Vediamo che posso fare…”

La sua voce era solo uno dei tanti suoni ovattati che lo circondavano, le orecchie ancora piene di musica e delle grida dell’arena.

Gli occhi fissi su una figura altrettanto sudata oltre le spalle della truccatrice.

«Come stai?» Sembravano chiedergli gli occhi intensi di Tom.

«Ce la faccio, tranquillo.» Gli risposero i suoi, ma suo fratello si avvicinò lo stesso, lo sguardo duro e sospettoso.

“Sei pallido.” Affermò Tom, fermò al fianco di Natalie che continuava il proprio lavoro.

“Non più del solito.” Replicò vago Bill, stringendosi nelle spalle.

Orgoglioso com’era non avrebbe mai ammesso di sentirsi strizzato come una spugna.

“Non farmi incazzare, Bill.” Lo minacciò il gemello.

“E perché dovresti?” Ribatté lui.

E la ragazza continuava a truccarlo.

Improvvisamente, tutto gli dette fastidio. Un fastidio insopportabile.

Il caldo, il rumore, il sapore dei sali minerali, il pennello sul viso, il profumo di Natalie, lo sguardo di Tom…

La tuta nera.

Soprattutto la tuta.

Appiccicava dappertutto, bagnaticcia e calda da morire! Voleva strapparsela di dosso!

Ma era consapevole che lo show non era finito.

E lui era un professionista.

Intercettò di nuovo gli occhi di suo fratello.

“Ci dai un momento, Natalie?” Pronunciarono in coro.

La truccatrice, un’espressione offesa, si staccò da lui alzando le mani.

“Va bene, ma poi non ti lamentare se ti cola tutto!” Esclamò, prima di allontanarsi.

Bill guardò Tom negli occhi per un lungo momento.

“Ce la fai?” Chiese il gemello.

“Ce la faccio.” Rispose Bill.

“Se non ce la fai me lo dici?” Lui annuì.

“Adesso bevo, mi asciugo e riparto.” Aggiunse determinato.

“Basta che mi guardi e io capisco, ok?”

“Lo so, Tomi…” Mormorò Bill con un sorriso grato.

Suo fratello lo prese per le spalle con le due mani e lo strinse appena, con un gesto incoraggiante, poi sorrise storto e si allontanò.

Si ricominciava.

E lui non si era fatto ritoccare per bene il trucco! Uffa!


******

Quando la struttura ad uovo si richiuse su di lui, alla fine del concerto, Bill sentiva ancora perfettamente il pubblico gridare, applaudire, piangere.

Ma aveva un solo desiderio, mentre il meccanismo affondava dentro il palco.

Togliersi la tuta.

Era sudato come un cavallo moribondo e così assetato che avrebbe bevuto un’intera centrale idroelettrica.

Appena uscito dalla gabbia metallica, il solito asciugamano gli fu posato sulle spalle e la solita bottiglietta gli fu messa tra le mani, ma lui non si fermò.

Proseguì verso i camerini cominciando a slacciarsi le cinghie del costume di scena.

Era già quasi riuscito a liberarsi almeno del sopra, quando arrivò nella stanzetta.

Gettò sulla poltrona asciugamano e bottiglia e cominciò, letteralmente, a strapparsi la tuta di dosso.

“Bill, hai bevuto i sali?” Gli domandò Natalie entrando nel camerino.

“Aiutami a togliere questa roba di dosso, sto per morire!” Replicò autoritario lui.

La ragazza corse da lui, prima che si facesse male o facesse danni all’attrezzatura di cui poi si sarebbe pentito.

Bill si tolse i pantaloni con tanta foga che vennero via anche i boxer.

Lui non ci fece caso, prese l’accappatoio e corse in bagno.

Natalie rimase con un pezzo della tuta nera in mano, con lo sguardo perplesso.

******

Era notte. Il tourbus scivolava su un’anonima autostrada europea e quello del motore era l’unico rumore che turbava la quiete nella zona riposo.

Tom si affacciò alla porta della stanza di Bill e lo vide rannicchiato sul letto con lo sguardo perso.

La piccola stanza era quasi buia, solo una pallida luce sopra il letto la illuminava.

Non era un buio rumoroso e saturo come quello che veniva dalla fossa quando le luci del palco abbagliavano gli occhi.

Era un buio rilassante, buono, caldo.

E Bill non avrebbe dovuto tremare così.

Tom si avvicinò con la fronte aggrottata.

“Hai freddo?” Chiese al fratello.

Bill alzò su di lui due occhioni spaesati e stanchi.

“Hn, sì…” Rispose poi, quindi spostò gli occhi e una mano, alla ricerca del piumino colorato abbandonato in fondo al letto.

Tom fece una smorfia, poi si risolse di coprire personalmente il fratello.

Bill, allora, si accoccolò meglio sotto la leggera trapunta arcobaleno.

“Resti un po’ qui?” Domandò poi al gemello.

Come risposta, Tom si stese accanto a lui, la schiena contro i cuscini. Bill si spostò un po’ e appoggiò la testa sul suo torace.

“Vediamo un film? Una partita alla Play?” Propose cautamente Tom.

“No, basta rumore.” Rispose Bill negando col capo.

Rimasero qualche istante in silenzio. La mano di Tom che strusciava lentamente il braccio di Bill, riscaldandolo, mentre il ragazzo si domandava come si potesse avere così freddo dopo tanto caldo.

“Quella tuta ti ha proprio succhiato le energie.” Affermò infine.

Bill alzò gli occhi su di lui, con un sorrisino debole.

“Infatti si tratta di un simbionte alieno che si è impossessato di me.” Replicò quindi, ironico.

“Lo sospettavo.” Annuì Tom, altrettanto sarcastico.

“Però sono fighissimo, quando ce l’ho addosso.” Sostenne Bill, ammiccando.

“Intendi quando hai su quella via di mezzo tra una corazza da football e un aspirapolvere, o quando somigli ad un fenicottero nero che agonizza in una palude?”

“Un… Fenicottero che agonizza in una palude?!” Ripeté Bill con un tono indignato ed il sopracciglio pericolosamente alzato.

Tom annuì assorto.

“Tom?”

“Sì?”

“Sei un coglione!”

Ma meno di un minuto dopo stavano entrambi affogando nelle risate.

E domani Bill sarebbe stato nuovamente pronto a ripetere il suo rito di vestizione, avrebbe dimenticato fatica, sudore e stanchezza e indossato il suo adorato costume di scena.

Fenicottero o meno, quando calcava il palco con quella tuta nera, si sentiva pronto a volare.

E anche se quel momento durava troppo poco, valeva la pena di sudare un po’.


FINE









 


   
 
Leggi le 3 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Fanfic su artisti musicali > Tokio Hotel / Vai alla pagina dell'autore: CowgirlSara