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Autore: bice_94    30/05/2011    10 recensioni
C: posso chiederti un favore?
La ragazza annuì, curiosa di sapere cosa dovesse fare.
Genere: Comico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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B: possibile che per una volta e dico una volta che serve non c’è?
La detectuve sbuffò, chiudendo la chiamata.
R: allora, cosa ha detto?
B: ovviamente stava ancora dormendo. Aveva la voce che sembrava venire dall’oltretomba. Quindi arriverà, come minimo, tra un’ora.
E: un’ora? Ma stai scherzando, spero.
R: noi non sappiamo più cosa fare. Continua a piangere e si rifiuta di leggere qualunque cosa! Sto diventando pazzo.
E: perché non lo eri già?
Ryan la guardò di traverso.
R: ti sembra il momento di scherzare?
E: ehy, stavo solo cercando di sdrammatizzare.
 
Aveva fatto tutto di corsa.
Ecco l’effetto che quella donna aveva su di lui.
Bastava una telefonata e lui si buttava giù dal letto per raggiungerla.
Ok, magari non proprio una.
Meglio dire una decina.
Bè, aveva il sonno pesante, però ora che aveva ripreso tutte le sue funzioni celebrali, iniziò a correre come un pazzo per poter arrivare il prima possibile al distretto.
Era molto eccitato, perché per la prima volta avevano un’emergenza che, a sentire il tono apprensivo della detective, solo lui poteva sbrogliare.
Si, questo doveva decisamente essere il suo giorno fortunato.
 
Aveva fatto il più presto possibile, ma, come Beckett aveva giustamente previsto, era passata più di un’ora.
La detective, insieme a Ryan ed Esposito, continuavano ad osservare avidamente la porta dell’ascensore, ansiosi di vederne uscire lo scrittore.
Quando finalmente Castle arrivò, Beckett si diresse verso di lui quasi correndo.
B: non ci posso credere, ce l’hai fatta.
Castle sorrise e la guardò ammiccando.
C: dì la verità donna: non riesci più a stare senza di me. Sai ovviamente che la cosa è reciproca, quindi che bisogno c’era di farmi 20 chiamate? Sarei arrivato, non scappo mica.
Beckett lo guardò, con un’espressione imbambolata.
Era palese il suo tono scherzoso, eppure quelle parole suonavano come qualcosa di effettivamente invitante.
B: ok, hai finito?
C: va bene, mamma.
Beckett sbuffò.
B: come mai stamattina sei così fastidioso? Ti giuro, non ti prendo a schiaffi solo perché oggi abbia bisogno..
La detective abbassò la voce, fino a farlo diventare un sussurro appena udibile.
B: abbiamo bisogno di te.
Castle scoppiò a ridere.
C: come? Puoi ripetere, non credo di aver capito.
B: sai che non lo ropeterò, quindi vedi di non allargarti troppo.
C: inizio a pensare che questa sia veramente una giornata meravigliosa.
B: io aspetterei a dirlo.
I due si avviarono verso Ryan ed Esposito, che si illuminarono non appena videro lo scrittore.
R: sei arrivato finalmente!
C: ma che accoglienza. Potrei abituarmi, sapete.
B: non ci provare. Non si ripeterà mai più.
Castle iniziò a guardare la lavagna, ma era ancora perfettamente pulita come il giorno precedente.
C: allora, qual è questo difficilissimo caso che non riuscite a risolvere senza di me?
Beckett guardò i suoi colleghi.
B: vi prego, posso strozzarlo?
E: no, cioè.. quando avrà finito fai pure.
Castle li guardò male, continuando a chiedersi perché avessero avuto tutta quella fretta.
B: comunque, mi dispiace deluderti Sharlock, però, per il momento, devi aiutarci con lei.
La detective indicò una ragazza rannicchiata su una sedia, scossa ancora da violenti singhiozzi.
Castle lo guardò confuso, non riuscendo a trovare alcun collegamento con se stesso.
B: è arrivata questa mattina, piangendo. Abbiamo provato a parlarle, ma quando ha provato a spiegarsi. Bè, è sordo-muta e si rifiuta di leggere qualunque foglio noi le porgiamo. Non sappiamo cosa le è successo. Avrà su per giù 15 anni, è sconvolta e non riusciamo a comunicare. Quindi..
Ora tutto era più chiaro.
Castle aveva partecipato tempo fa ad una manifestazione a favore di queste persone.
Lì aveva conosciuto Kyle.
Un ragazzo veramente molto gentile.
Era divertente e, passando con lui un’intera estate, aveva imparato un po’ del loro linguaggio.
Non che fosse bravissimo, ma sapeva almeno il minimo.
Era da una parte eccitato di poter mettere alla prova quel che aveva imparato, ma dall’altro non poteva evitare di sentirsi mortificato.
Aveva sperato di poter avere il suo momento da infallibile detective.
Bè, poco male: sarebbe stato un infallibile traduttore.
C: oh, ora ho capito. Bene, allora mi metto a lavoro.
Castle si tolse la giacca e si avviò verso quella solitaria sedia.
Si fermò improvvisamente, proprio a metà strada, e si voltò con un’aria soddisfatta.
C: aspettate un secondo. Detective, come facevi a sapere che so il linguaggio dei segni?
Beckett diventò immediatamente rossa e sentì la sua mente abbandonarla lentamente.
B: oh, bè..
C: l’hai letto sul mio forum. È così, vero?
B: ma che diavolo dici? Non so nemmeno di cosa tu stia parlando! Me l’avrai detto tu, no? e ora muoviti!
C: si, come no! vado, vado, ma non mi dimentico, tranquilla.
Lo scrittore andò dalla ragazza e la detective tirò un sospiro di sollievo.
R: aspetta, aspetta. Castle ha ragione.
E: oh si amico. Come facevi a saperlo?
E no, di nuovo!
B: ma.. ma l’ho detto, no? me lo avrà detto lui.
R: mmmmmmh.. non sono cose che solitamente uno dice così, tanto per dire.
E: eh si! “sai Beckett, so parlare nel linguaggio dei segni! A te come va la giornata?” no, decisamente no.
B: sentite, perché non andate a finire un po’ di rapporti, invece di farmi un interrogatorio inutile? Su, su andate.
I due la guardarono ancora una volta e, sorridendo, si diressero alla loro scrivania.
 
Beckett li osservava da lontano.
Non c’era niente da fare.
Castle era veramente bravissimo nel relazionarsi con i ragazzi.
Avevano capito che si chiamava Valery e finalmente si era calmata un po’.
Lo scrittore era decisamente un po’ incerto, tanto che se ne accorse anche la ragazza, che gli sorrideva come si fa con un bambino.
Nonostante questo, era riuscito a farsi capire.
C: che è successo?
V: mi sono persa. Non sono di qui e non ho potuto chiamare nessuno perché non posso parlare.
I suoi occhi si riempirono di nuovo di lacrime, ma Castle le prese la mano dolcemente e tentò di tranquillizzarla come potè.
C: ehy Beckett!
La detective scattò in piedi e li raggiunse.
C: si è persa. Dovete cercare i suoi genitori, saranno molto preoccupati.
Beckett sorrise, notando l’espressione più rilassata della ragazza.
B: vado subito.
La detective si avviò verso la sua scrivania, ma si fermò di nuovo.
B: bravo Castle. Come faremo senza di te?
Beckett sorrise di nuovo e si voltò, mentre Castle rimase ancora con lo sguardo fisso sulla figura della donna che si allontanava.
E poi un’idea.
Oh, lui adorava fare queste cose.
Guardò Valery, ancora sorridendo, e poi prese di corsa un foglio di carta.
Iniziò a chiederle attraverso i segni:
C: posso chiederti un favore?
La ragazza annuì, curiosa di sapere cosa dovesse fare.
C: come si dice..
Prese il foglio e con un pennarello scrisse “i love you”
Valery guardò prima lo scrittore e subito dopo la detective.
Annuì compiaciuta e poi iniziò a muovere le mani, lentamente.
Chiuse il pugno nella mano sinistra.
Castle seguì il suo esempio.
Alzò il pollice, l’indice e il mignolo.
Valery sorrise di nuovo e annuì in segno di approvazione, guardando il lavoro del suo allievo.
Poi, la ragazza, come a volerlo spingere, lo incitò a chiamare la donna.
Castle annuì e si voltò verso Beckett.
C: ehy, Kate!
La donna alzò il viso e guardò lo scrittore che sollevò il pugno sinistro con il pollice, l’indice e il mignolo alzati.
Beckett lo guardava confusa e, posando lo sguardo su Valery, vide la ragazza annuire.
La detective lo prese come un gioco da bambini e gli rispose, prendendolo in giro.
B: ma certo Castle. Anche io, lo sai.
Ovviamente non aveva minimamente capito il significato di quel gesto, eppure aveva dato la risposta che, probabilmente, avendo conosciuto la domanda, non avrebbe mai avuto il coraggio di dare.
Castle sorrise felicissimo e, voltandosi verso Valery, la abbracciò, trasportando anche ragazza nella sua piccola conquista.

  
   
 
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