Smascheramento
{ diciassette pezzuole bagnate
}
Ocean’s apart day after day, and I slowly go
insane
I hear your voice on the line, but it doesn’t
stop the pain
In tutta onestà, Hunk era
convinto che la signora Emma avrebbe dovuto immaginarselo.
Suvvia, era naturale che lui volesse fare del suo meglio!
Nessuno l’avrebbe mai biasimato. E in fin dei conti era stata lei a ordinargli di rientrare, non
appena il ciclone era passato oltre, verso le grandi pianure a ovest, a
verificare i danni alla fattoria – avrebbe dovuto immaginarselo che, quando lui avesse trovato Dorothy distesa sul
suo letto e priva di sensi, non avrebbe praticamente mai più voluto lasciare quella stanza. No?
E invece cosa? Gli ordinava di uscire, di riprendere il
lavoro nei campi insieme a Zeke e Hickory e di non
preoccuparsi di nient’altro! Follia, pura follia. Dorothy era lì,
stesa in quel lettino, bisognosa di tutte le cure possibili – come minimo il mondo intero avrebbe
dovuto fermarsi; e Hunk come avrebbe mai potuto
pensare di lavorare? No, lui doveva
restare con Dorothy. Glielo doveva.
Non era con lei, quando aveva preso quel brutto colpo. Non aveva
aspettato di vederla entrare in cantina. L’aveva lasciata sola. E adesso...
Adesso la ragazza si agitava nel sonno. Hunk
si scosse dai suoi lugubri pensieri, affrettandosi a cambiarle per la
diciassettesima volta la pezzuola bagnata sulla fronte. Aveva approfittato
dell’assenza momentanea della signora Emma, scesa al paese in cerca di
erbe e impacchi assortiti, per sgattaiolare nella stanzetta di Dorothy e
prendersi cura di lei: e per una volta gli altri non avevano trovato nulla da
ridire sul fatto che, al solito, smettesse di lavorare appena possibile per
raggiungerla – capivano, loro,
ben più della signora Emma, quanto gli costasse stare lontano da Dorothy.
Soprattutto ora.
«Ehi... Ehi, Dorothy.»
Si sforzava di sorridere, armeggiando con acqua e fazzoletti
e tanti odiosissimi sensi di colpa. Dorothy era pallidissima. Aveva battuto la
testa davvero molto forte.
«Andiamo, Dorothy, non fare la dormigliona. Non
è da te. Svegliati, dai» e si accorgeva bene, il povero Hunk, che la voce gli tremava più delle mani, mentre
si sforzava di sembrare allegro come sempre, perché a lei non sarebbe piaciuto saperlo preoccupato. «Non vorrai
mica perderti l’imballaggio della paglia. Dai, è tra pochi giorni.
L’abbiamo sempre fatto insieme, tutti gli anni. Non puoi lasciarmi solo con Hickory e Zeke!
Non è abbastanza divertente con loro. A loro non piace buttarsi nella paglia a testa in giù come a
te e a me. Ehi. Non...» Deglutì, e dovette fare uno sforzo per impedire
ai polpastrelli di far scivolare la pezzuola giù dalla fronte bianca di
Dorothy. «Non puoi farlo, capito? Non puoi lasciarmi e basta, ecco.»
Si rendeva conto che tante parole erano perfettamente
inutili. A ben vedere, non sarebbe stata una cosa da dire neppure se la ragazza fosse stata cosciente e padrona di sé.
Ma era disperato, non riusciva a sopportare la febbre in cui Dorothy era
caduta, e gli sguardi sempre più preoccupati del signor Henry stavano diventando
insostenibili. Il signor Henry era sempre stato un uomo taciturno, ma Hunk non l’aveva mai visto tanto cupo come dal giorno
del ciclone. Oh, Dorothy doveva, doveva
aprire gli occhi.
«Cos’è, hai deciso di farmela pagare perché
ti ho detto che avevi la paglia al posto del cervello? Oh, Dorothy,
dimenticalo, ti prego. Scherzavo. Sai bene quanto sono stupido. Non lo pensavo
davvero... Volevo solo aiutarti con Miss Gulch... Oh,
sono io ad avere la paglia al posto
del cervello, non tu. Sono io lo
stupido che non ti ha messa in salvo da quel ciclone. Mi prenderei a schiaffi,
se avessi qualche speranza di farmi male, con queste mani di stoppia che mi
ritrovo! Adesso però svegliati, dai. Svegliati. Dorothy... Mi piacciono i tuoi occhi. Non voglio
vederli chiusi, ecco.»
Si morse la lingua con l’energia di un tosaerba: non
poteva aver intrapreso davvero quella
strada. Decisamente doveva smettere di parlare.
Ma Dorothy non dava segno di curarsi del suo turbamento,
tanto pareva intenta a cercare aria nuova ogni volta che respirava. Poi, d’improvviso,
quasi il silenzio di Hunk fosse stato un segnale
convenuto, le sue mani ebbero un fremito più forte – e un istante
dopo il contadino si sentì quelle dita brucianti strette alle proprie. Sobbalzò,
sorpreso e smascherato, ma fu troppo
debole il modo in cui tentò di allentare la stretta della ragazza. Non era
sicuro di voler lasciare che si allontanasse di nuovo.
E poi, nel delirio, Dorothy cominciò a parlare, e Hunk si chinò subito sopra il suo viso candido come
la neve e si sforzò di capire quell’unica parola sussurrata
più volte – giusto prima di accorgersi di essere a un soffio dalle sue labbra rosse.
«Hunk!»
E sobbalzò di nuovo, il povero Hunk,
perché stavolta era stata la signora Emma a smascherarlo e perché
questo era infinitamente più pericoloso
che venire smascherati dalla dolce, piccola e incosciente Dorothy.
«Signora! Mi perdoni, ero entrato soltanto per vedere
se Dorothy non avesse per caso bisogno...»
«Hunk» e la signora
Emma avanzò nella stanzetta, il cesto di medicinali al braccio e gli
occhi piccoli e fieri come quelli di una leonessa inferocita, «so che sei
preoccupato per lei, ma ti avevo ordinato espressamente di continuare il tuo
lavoro. E non ricordo di averti detto che avrei voluto ritrovarti così
vicino al letto di mia nipote, al mio
ritorno.»
Hunk si sentì avvampare; ma non fu nulla, nulla al
confronto di quanto non l’avesse già infiammato il respiro di
Dorothy sulle labbra.
«Sissignora! Naturalmente, signora! Esco immediatamente,
signora!»
Lanciò un ultimo sguardo addolorato a Dorothy, si
sottrasse infine alle sue mani nervose e sgusciò via nella sua andatura
dinoccolata e incerta, trattenendo il fiato quando passò accanto alla
signora Emma, che già s’accostava al capezzale della ragazza febbricitante.
«E di’ a Hickory che la smetta di frignare»
gli gridò dietro la donna; «se fosse fatto di latta si sarebbe
già arrugginito la faccia!»
«Naturalmente, signora!»
«E di’ a Zeke che la
smetta di tremare come una foglia» aggiunse la donna, «se non
vorrà farsi sbeffeggiare a vita da Dorothy quando si sveglierà!»
«Naturalmente, signora!»
«E tu fa’
sparire quello sguardo afflitto, per l’amor del cielo»
sospirò la signora Emma, la voce ad un tratto addolcita. «Vedrai
che presto sarà tutto finito. Non
è colpa di nessuno, Hunk.»
Hunk era già sulla soglia quando quella nota affettuosa lo
fermò e lo indusse a voltarsi. La signora Emma non sapeva, non poteva e non doveva sapere che lui – per tanti
motivi – era preoccupato per Dorothy più
di tutti; però gli sembrò davvero tanto gentile e comprensivo
lo sguardo che gli rivolse prima di chinarsi sulla ragazza e su quella
diciassettesima pezzuola che Hunk le aveva lasciato
sulla fronte.
Piano piano, il contadino chiuse
la porta sul visetto pallido e sulle labbra rosse della sua piccola Dorothy che sognava chissà cosa; e stava
già uscendo nell’orto quando si soffermò a rievocare il suo
respiro e la sua stretta – e a chiedersi perché mai, attirandolo a
sé nella confusione della febbre, l’avesse trattenuto così vicino mentre sussurrava
qualcosa su uno spaventapasseri.
Wherever you go, whatever you do, I will be right here
waiting for you
Whatever it takes or how my heart breaks, I will be
right here waiting for you
Spazio
dell’autrice
Perché Hunk deve aver sofferto da
morire mentre Dorothy giaceva febbricitante, in quella [lunghissima] parte
del film che non ci viene mostrata. ♥
Anche qui ci sono
svariati riferimenti, ma stavolta non ve li indico perché sono pigra e
cattiva ;P Però va detto che i versi sono tutti tratti da Right here waiting di Richard Marx.
Non riesco a smettere
di scrivere su questo fandom, gente. Sarò mica
malata? Sì? Esiste l’ozzite acuta? ♥
Aya ~