1.
Quella
mattina
Kurt era stato portato a pensare che la vita da figlio unico, solo con
suo
padre, non era stata poi così terribile. Si, era bello stare
in una famiglia
allargata, i piatti di Carole erano strepitosi e di certo erano meglio
degli
esperimenti gastronomici di suo padre e lui, ma quella mattina proprio
non gli
venne in mente nessuna di queste due buone ragioni.
Spalancò la porta della cucina e vi entrò a
grandi passi, i capelli ancora
liberi dal gel, la giacca appesa al braccio e la cravatta bicolore che
gli
pendeva al collo. Rapidamente acchiappò una mela dal ripiano
della cucina con
la quale avrebbe potuto arrangiare una rapida colazione sfidando la sua
ipoglicemia. Finn lo seguiva con lo sguardo, con ancora addosso il
pigiama e
seduto davanti a un’abbondante tazza di cereali.
“Proprio non capisco come fai ad avere tutta questa energia
di prima mattina”
disse assonnato.
Il fratellino girò la testa verso di lui con uno scatto. Lo
fulminò con uno
sguardo che – Finn l’aveva imparato a proprie spese
– non prometteva nulla di
buono.
“Hai una bella faccia tosta a chiedermelo Finn
Hudson!”
Eccolo lì, nome e cognome pronunciati alla fine della frase,
segno che indicava
una lieve - ma non troppo lieve – irritazione,
pensò Finn.
“Contavo
che mi
svegliassi tu” fece Kurt seccato.
“Cosa?”
“Dato che ti alzi presto per fare il turno di consegna
giornali mi avevi detto
che mi avresti svegliato. Te l’ha detto anche
Carole.”
“E’ assurdo!”
“No! Sai cosa è veramente assurdo? Che il numero
delle mie ore di sonno sia
così ristretto! Mi coprirò di occhiaie. Ma a te
che importa? Tu non devi farti
un’ora di macchina ogni giorno per andare a scuola!”
Finn lo guardò con aria pressochè assente. I suoi
pensieri erano rivolti a
Quinn, e al suo continuo parlare del ballo, e della sua elezione a
reginetta.
Non poteva fare a meno di chiedersi se lo stesse usando soltanto per
arrivare a
quello, ma preferì non pensarci troppo.
Il suo sguardo si spostò immediatamente sul patrigno che
aveva appena fatto
ingresso nella cucina, probabilmente con l’intenzione di
salvarlo.
“Kurt stai calmo, è ancora presto. Hai tutto il
tempo per prepararti”
Kurt lanciò un’occhiata alle cifre lampeggianti
del microonde. Suo padre aveva
ragione.
“Prendo la cartella.”
Uscì dalla cucina
sconfitto, seguito dallo sguardo del fratello.
“Non ci badare” disse poi Burt rivolto a Finn
“E’ solo che non vede l’ora di
vedere quel suo amico con cui sta sempre… Quindi ha mille
cose per la testa” e
fece spallucce.
“Uhm.. ma chi? Blaine?” rispose Finn ingoiando una
grande cucchiata di cereali.
Burt annuì.
“Mmmh, non mi piace quel tipo.”
Burt fece ancora spallucce, come se volesse dire ‘non deve mica piacere
a te’.
Lui, di
suo,
aveva fatto un enorme sforzo per non prendere in antipatia quel
ragazzo.
D’altronde, qualunque genitore avrebbe preso in antipatia
qualunque ragazzo che
ritrovava in mezzo alle lenzuola del letto del proprio figlio, ubriaco,
o che
viene a interromperti nel lavoro e ti chiede di parlargli di sesso, va
beh, in
quello era stato…come dire, gentile? Si, gentile nei
confronti di Kurt e diciamo
che l’aveva apprezzato. Aveva comunque scelto di andare
contro il suo istinto
da genitore e di pensare alla felicità di Kurt. Sapeva che
quel ragazzo era
importante per lui, anche se erano solo amici. Sapeva che se lui non
avesse
avuto nulla contro quel ragazzo… beh sarebbe stato
più semplice, e sarebbe
stato ancora più semplice
nell’eventualità che se le cose si fossero fatte
più
serie, Kurt si sarebbe sentito libero di parlargliene. Si, aveva
pensato anche
a quella possibilità.
-
La
campanella
annunciò la fine della quinta ora.
“Hey”
fece Kurt
procedendo verso quello che era l’armadietto di Blaine
Anderson “Mensa?”.
Il ragazzo di fronte a lui doveva non averlo sentito, dato che non si
era
voltato e continuava a sistemare i libri nell’armadietto.
Avrebbe almeno dovuto
accorgersi che Kurt era lì affianco.
“Blaine?”
L’altro si voltò di scatto. “Oh..
ciao.”
“Ciao. Andiamo a pranzo?”
Esitò un po’ a rispondere.
“…Certo!”
Alle volte Blaine non era molto loquace. Non c’era nulla di
strano in quello,
ma Kurt si chiese se Blaine non avesse avuto il verme solitario quando
lo vide
riempirsi due volte il vassoio. Ma fece finta di non notarlo.
-
Le riunioni dei Warblers diventavano ogni giorno più noiose.
Kurt se ne stava
lì, seduto sul suo divano, con le gambe acavallate tenendosi
la testa con la
mano. Sentiva che si era lasciato qualcosa alle spalle. Qualcuno.
Quel Kurt
Hummel
che camminava per i corridoi vestito da Lady Gaga su dei tacchi
vertiginosi
fregandosene di quello che diceva la gente. Certo, le prendeva sempre,
ma
almeno il McKinley era il suo campo
di battaglia. La Dalton non era certo meno pericolosa. Quella del
‘tutti uguali
e trattati allo stesso modo’ era solo la copertina del libro,
ed era anche una
bugia. Al McKinley se provavi a distinguerti venivi picchiato, gettato
nel
cassonetto o granitato, ma finiva lì. Alla Dalton se uscivi
dal tuo posto, dal
tuo ruolo – che loro ti
avevano
affibbiato – di certo non le prendevi, ma loro
erano capaci di fare peggio, spegnere il tuo entusiasmo, toglierti la
parola e la
capacità di riscattarti. Loro. Quel maledetto consiglio.
Blaine
sembrava
sempre ascoltare e sottostare pacificamente alle decisioni del
consiglio, anche
se a volte aveva proposto delle idee innovative e senza sbilanciarsi
troppo.
L’avevano ascoltato soltanto perché era il solista
e dipendevano da lui.
Kurt lanciava delle occhiate al divano affianco, dove stava seduta
l’unica
ragione che lo spingeva a rimanere nei Warblers.
“Allora
è
deciso.” Wes battè il martelletto. Cosa si fosse
deciso Kurt non lo sapeva. Non
gli interessava molto, sarebbe comunque finito a ondeggiare in mezzo a
tutti
gli altri.
Kurt vide Blaine tirare la testa indietro e sospirare. Forse anche lui
si era
scocciato di tutto quello. Chissà a che pensava.
Gli altri
Warblers dovevano averlo sentito e cominciarono a guardarsi
l’un l’altro
interrogativi.
“Qualcosa non va Blaine?” fece Wes da dietro la
scrivania.
Blaine si girò appena col capo, quanto bastava per guardare
l’altro negli
occhi.
“Mmh.. Wes, ti è mai venuto in mente che
sei… noioso da morire?”
Silenzio nell’aula. Quell’uscita di Blaine aveva
attonito quei cagnolini
scodinzolanti che ora fissavano a bocca aperta il loro maschio alfa.
Blaine
aprofittò di quel silenzio per continuare.
“Anzi, a dire il vero, tutti voi, fatta eccezione per
pochissimi, siete noiosi
da morire.”
Un mormorio di stupore si levò nell’aula.
“Ma come ti …”
“Ah, e queste riunioni sono noiose da morire.” Fece
una pausa. “Ho finito.”
Il
martelletto
colpì ancora il tavolo e la riunione terminò.
Kurt era forse stato l’unico a
non scomporsi durante l’intervento di Blaine.
L’aveva guardato attentamente e
aveva appurato che, sì, Blaine quel giorno era strano.
Ma sembro tornare tutto normale quando sorridente gli si
avvicinò chiedendogli:
“Caffetteria come sempre?”
“… Blaine stai bene?”
L’altro agrottò le soppracciglia stranito.
“Sto benissimo” disse sorridendo.
“Okay”
Forse
davvero si
era immaginato tutto, perché Blaine in caffetteria e fuori
dalla scuola
sembrava quello di sempre. Avevano chiaccherato come sempre, nessuno
dei due
aveva accennato a quello che era successo alla riunione.
“Oh,
è tardi.
Devo andare.” Disse Kurt non appena visto
l’orologio.
“Come? Te ne vai di già?” fece Blaine
con aria triste.
“Andiamo sempre via a quest’ora Blaine. E poi devo
fare anche un’ora di auto,
lo sai.” Disse confuso “Che ti prende?”
“…No.” Fece guardando in basso.
“No, nulla. Credevo non fosse così tardi,
scusa.”
-
“Finn
che
schifo!”
Kurt era inorridito dalla potenza dei rutti che potevano uscire dalla
bocca del
fratello. Finn, d’altro canto, aveva cominciato a prenderci
gusto nel provocare
Kurt, proprio come un vero fratello, e il rimprovero di Kurt lo fece
soltanto
sorridere.
“Tocca a te lavare i piatti” disse il
più piccolo.
“E tu devi buttare la spazzatura”
“Lo so, lo so”
Kurt si
infilò
nel suo cappotto color petrolio e uscì dalla porta con i
sacchi stretti fra le
dita candide. Camminava calmo e pacato, stava in mezzo ai suoi pensieri
e
all’aria fredda della notte che lo picchiava in viso. I suoi
soliti pensieri
gli ronzavano nella testa.
Ovviamente Blaine, la sua famiglia, la scuola, i Warblers, gli
amici,…
La
maggior parte
dei suoi pensieri erano ovviamente dedicati al primo della lista,
Blaine. Pensava
al suo comportamento di oggi, a cosa doveva essere dovuto, che forse
non era
così fantastico e perfetto come gli era sembrato quando
l’aveva incontrato per
la prima volta. Certe volte aveva avuto i suoi momenti: il suo
egocentrismo, la
sua cotta per il commesso del Gap, la festa super-alcholica di
Rachel,… che gli
avevano fatto sentire tanta di quella gelosia e l’avevano
fatto sentire così
stupido. E poi c’era stata quella mattina. Come poteva sapere
cosa gli saltasse
per la testa?
Credette
di avere
un’allucinazione quando gli sembrò di vederlo in
lontananza. Si era di sicuro
un’allucinazione dovuta al fatto che era notte, era stanco, e
che stava
pensando a lui da ore. Non poteva essere lui, sennò cosa ci
stava facendo lì?
Con un
leggero
sforzo della vista si accorse invece che era proprio Blaine.
L’istinto
fu più
veloce della mente. Senza porsi troppe domande gettò in
fretta il sacchetto nel
cestino e si diresse a grandi passi verso di lui per salutarlo. Stava a
qualche
decina di metri dal vialetto di casa sua. Non gli venne neanche in
mente che
suo padre o Finn avrebbero potuto vederli dalla finestra e pensare
chissà che
cosa.
“Hey,
che ci fai
qui?” la domanda era uscita così, senza troppe
pretese, ma sperava di non
essere sembrato sgradevole.
Blaine
sembro
piombare a terra, chissà da quale dimensione si trovasse,
prima che gli fosse
posta quella domanda e prima di essersi trovato davanti il volto di
Kurt
nascosto nell’alto colletto del cappotto. Al suo silenzio
Kurt si decise a
osare un’altra domanda.
“Io.. non sapevo che abitassi qui. Mi avevi detto di vivere
vicino alla scuola,…
a Westerville” disse abozzando un mezzo sorriso.
Blaine si sentì interdetto. Era stanco. Sputò
fuori quella che era la verità.
“Ci vivo infatti.”
“Ah” Kurt non osò chiedere ancora una
volta cosa ci facesse là, lontano da casa.
Il sorriso gli sparì dal volto quando, illuminato dalla luce
di un lampione,
ebbe l’occasione di vederlo meglio.
“Blaine
ma tu…”
il suo sguardo si fece serio, leggendogli il volto con i suoi occhi
celesti.
“…Ma tu tremi?”
In
effetti era
proprio così. Blaine palpitava e rabbrividiva, e se qualche
sconosciuto fosse
passato di lì nei paraggi l’avrebbe anche sentito
buttar fuori una gran
moltitudine di sospiri.
“Blaine che succede?” fece preoccupato Kurt.
Il silenzio di Blaine fu una risposta sufficiente. Era chiaro che non
si
trovava lì per una semplice passeggiata. Kurt prese Blaine
per il braccio e lo
condusse a fare un giro della schiera di case, prendendo una piccola
stradina e
convincerlo a sputare il rospo.
Finirono
per
sedersi sui gradini di un androne. Blaine teneva la testa fra le mani.
“Ho litigato con mia madre.” Disse “E
avevo bisogno di uscire un po’.”
Kurt capì che aveva detto la verità, ma non volle
sentire ragioni.
“E’ pericoloso stare qui da soli a
quest’ora. Torna a casa, è meglio.”
Blaine buttò la testa in mezzo alle sue ginocchia,
rannicchiato su se stesso cacciò
fuori un soffio.
“Vai” disse Kurt con tono autoritario, sapeva cosa
era giusto.
Blaine si alzò, e lo guardò negli occhi, annuendo
lievemente.
Kurt vide la sua figura camminare lenta verso quella che avrebbe dovuto
essere
(sperava che lo fosse) la direzione per casa sua.
Anche lui rientrò a casa, col vento che gli scottava le
guance, stretto nel suo
cappotto, si chiese da quante ore Blaine fosse fuori da casa, e da
quante ore
stesse soffrendo tutto quel freddo.
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Ok, scrivere una premessa mi sembrava
troppo stupido e noioso, quindi scrivo quello che devo scrivere
qua.
Questo è il primo capitolo di una cosa che mi è
venuta in mente subito dopo aver visto "Sexy". Mi aveva colpito molto
la piccola "confessione" che Blaine aveva fatto a Burt riguardo ai suoi
problemi col padre e mi stupisco che non sia stata approfondita
affatto. Blaine è un personaggio particolare e mi
incuriosisce molto, è diciamo spavaldo, è
praticamente perfetto in tutto quello che fa e nel modo in cui lo fa.
Questo porta di solito a due cose: o viene odiato o amato alla follia,
o entrambe le cose (il mio caso).
Sto parlando troppo brr...
In poche parole, in questa fic voglio mostrare un lato più
nascosto di Blaine : > Tutto qua.
Spero vi piaccia... ^^
Dedico questo primo capitolo a Ipuccia che ha perso un sacco di tempo a leggerla e ad aiutarmi e che oggi compie gli anni <3