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Autore: waferkya    02/06/2011    1 recensioni
[SPOILER giganti fino all'episodio 6x20!]
Ogni persona sia sottoposta alle podestà superiori; perciocché non vi è podestà se non da Dio; e le podestà che sono, sono da Dio ordinate. (Romani, 13:1)
Genere: Introspettivo, Malinconico, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altro Personaggio, Bobby, Castiel, Dean Winchester, Sam Winchester
Note: What if? | Avvertimenti: Spoiler! | Contesto: Sesta stagione
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— Questa è la mia idea di come la season finale dovrebbe essere (o perlomeno cominciare). È così pre-slash da essere meno slash del canon, and also io l'ho concepita in inglese (se vi interessa, è qui) ma devo dire la verità, questa autotraduzione in italiano mi piace quasi altrettanto XD
— Colorado Springs è definita dai suoi stessi abitanti la città d'America più vicina al Paradiso perché è tipo a 6000 piedi sul livello del mare. Bizzarro è l'alter ego di Superman (più precisamente, un suo clone uscito male #nerd). Wisteria Lane è la strada dove abitano le Desperate Housewives (lo so grazie a Deadpool, non guardatemi così #nerdeddue). E questo dovrebbe coprire le references meno diffuse che dovrei averci infilato, il resto penso sia comprensibile XD
— Datata in origine: 08/v/2011

~ Podestà che sono.


Ogni persona sia sottoposta alle podestà superiori; perciocché non vi è podestà se non da Dio; e le podestà che sono, sono da Dio ordinate.
Romani, 13:1

Ieri notte le stelle erano più luminose, e il cielo non era proprio così nero. Dean è seduto sul cofano dell’Impala, una gamba piegata sotto l’altra e una birra tra le mani; è da un’infinità di tempo che fissa il pozzo di inchiostro nero che è l’universo sopra la sua testa. È arrabbiato, ferito in un modo che sta cominciando ad essergli troppo familiare: gli fa male il petto come se un braccio gigante lo tenesse artigliato al terreno, e vorrebbe soltanto poter fare a pezzi qualcosa, forse vuole solo fare a pezzi se stesso.

Sta pensando a tantissime cose diverse, e nessuna di esse ha davvero importanza, nessuna è rilevante. Sta pensando che dovrebbe mettere sotto carica il cellulare, sta pensando che dovrebbe ripulirsi gli stivali dal sangue dei demoni e dagli schizzi di olio santo. Sta pensando che Sam ha finito le camice pulite, che dovrebbero comprarne qualcuna nuova o magari lavarne un po’, c’è quella rossa e grigia che è sporca da così tanto tempo che sarebbe quasi triste e crudele ficcarla in lavatrice.

Sta pensando. Non si permette di pensare alle ultimissime novità, però, a cose di una certa urgenza, perché significherebbe pensare al fatto che Castiel si è davvero trasformato in Bizzarro. Al fatto che adesso è parte della Castiel & Crowley Associati ed è davvero, sinceramente convinto di agire per il bene superiore. Cristo santo, qualsiasi moccioso abbia letto Harry Potter sa che tutti quelli che giustificano mezzi ingiusti con la scusa del bene superiore finiscono per diventare matti megalomani pseudonazisti, e non c’è niente di figo o angelico e anche solamente giusto in una cosa del genere. Ma naturalmente Cass non avrà la minima idea di chi sia questo Harry Potter. Ovviamente, Cass non ha mai la minima idea di niente. È sempre così ingenuamente sorpreso da ogni cosa, e Dean è arrabbiato con lui perché è così cieco, cazzo.

Ecco, adesso Dean sta pensando a Castiel. Maledizione, ora non smetterà più. Oh, beh.

È solo che tutta questa situazione lo sta divorando dall’interno. Dean non può campare così, per davvero. Non può avere la sua stessa famiglia che gli si rivolta contro, che si rivolta contro tutto ciò che è buono e giusto nel mondo. Cass è Cass, non può davvero svegliarsi una mattina – metaforicamente parlando, ovviamente, perché i cazzo di angeli non dormono mai e magari è proprio per questo che sono così incasinati da far schifo, davvero; Cass non può svegliarsi una mattina e decidere di diventare il migliore amico di un demone, no, del cazzo di Re dell’Inferno, solo perché pensa che sia l’unico modo di salvare il culo a loro, all’universo o quel che cazzo è. C’è sempre un altro modo, e Dean non può permettere che il suo angelo preferito la pensi diversamente.

Cass è suo amico, Cass, beh, è di famiglia. Cass è Cass e Dean, Dio, Dean vuole così tanto aiutarlo e salvarlo che sente l’impronta della sua mano sulla spalla quasi bruciare. A Dean importa, d’accordo? E la cosa peggiore del preoccuparsi è che non puoi semplicemente smettere solo perché le persone sono cretine e decidono di mettersi a bazzicare con demoni di merda e far scoppiare guerre civili in Paradiso. Non smette mai d’importarti di qualcuno, mai, non davvero, ed è una cosa che Dean detesta perché sarebbe tutto più facile, no? Potrebbe essere già finita, sarebbe finita nell’istante stesso in cui Cass s’è fatto sfuggire quella stupida battuta di Superman passato al lato oscuro. Se solo la preoccupazione avesse un interruttore, come una lampadina, se solo l’amore e il cervello di Dean e il suo cuore e questo terribile vuoto pneumatico nei suoi polmoni fossero scomparsi quando ha capito che, sì, Cass s’è messo a far patti idioti e piani misteriosi alle loro spalle con la peggior feccia dell’universo, sarebbe stato tutto così tanto più facile.

Ma ovviamente non è così che funziona, e Dean è incazzato con Dio, adesso, è così incazzato con Dio da farsi quasi paura: lo detesta per quello che ha fatto, per il modo in cui ha organizzato le cose. Non ci sono scorciatoie, solo il percorso più difficile, e nessun ‘e vissero sempre felici e contenti’. Deve far male, ogni cosa deve far male come l’inferno e come può un universo così essere Buono e Misericordioso? Sembra più l’opera di un bambino capriccioso e crudele.

Insomma, Dean è davvero arrabbiato perché è davvero ferito. Si fidava di Cass, si fidava di lui con tutto ciò che aveva. Se lui e Sammy e Bobby avessero messo assieme tutte le loro dita, neppure sarebbero riusciti a portare il conto delle volte in cui hanno affidato a Castiel le loro vite. E sono dei cacciatori, il loro modo di stare al mondo gli insegna per prima cosa a contare esclusivamente su se stessi, a non correre in cerca di aiuto dal primo essere sovrannaturale che incrociano. Ma era Cass, ecco, quello che ha afferrato Dean e l’ha salvato dalla perdizione e tutte le stronzate, e poi era lì, era sempre lì, con quegli occhi blu enormi e la sua infantile, innocentissima curiosità per il mondo, per loro. Era Cass, maledizione, come si fa a non fidarsi di un Cass?

Perciò si sono fidati perché, davvero, è stata la cosa più naturale, ed era giusto così. Sarebbe ancora giusto, dannazione, se solo quel ragazzino scemo con le ali non avesse preso l’uscita sbagliata sull’autostrada dell’universo, sbattendo loro e le loro cazzo di vite su Wisteria Lane. Gesù.

Ma comunque, non è per davvero colpa di Castiel o di Dio o di chiunque altro. Dean è alla sua terza birra, perciò magari può trovarsi in fondo al petto il coraggio di ammette che, onestamente, è così arrabbiato solo con se stesso. È questo che fa, dopo tutto: lui incasina la vita degli altri, e ha fatto un casino pure stavolta, con Cass, perché avrebbe dovuto accorgersene. Avrebbe dovuto notare i segni, gli indizi, il cazzo di modo in cui l’angelo lo guardava negli ultimi tempi, avrebbe dovuto accorgersene. Eccolo, Dean, che si tuffa di testa nel vasto oceano del suo complesso dell’eroe: pensa, avrei dovuto saperlo. Pensa, Cass ha fatto tutto questo per colpa mia. Ha tirato fuori Sammy dalla gabbia per colpa mia. Vuole fermare l’Apocalisse perché ci sono io, perché ci siamo noi.

E ha ragione; se non avesse incontrato Dean o Sam e la sua famiglia surrogato, con Bobby, l’Impala e il ricordo ormai quasi sbiadito di Ben e Lisa, Castiel non si sarebbe ribellato, non avrebbe voluto essere un po’ più umano. Ma Dean si sbaglia, al contempo. Cass è caduto per lui, in tutti i sensi possibili, non per colpa sua. Dean davvero non dovrebbe sentirsi così responsabile, stare così male, ma come per ogni altra cosa non si può semplicemente spegnere il senso di colpa e poi andarsene a saltellare amenamente sui pascoli più verdi.

Dean è arrabbiato con il tizio stanco e accigliato che vedrebbe riflesso sul parabrezza dell’Impala, se solo si voltasse un po’. Vorrebbe farsi crescere un altro paio di braccia in mezzo al petto per potersi prendere a schiaffi in faccia per bene, ecco quanto è incazzato. E deluso.

E si sente perso, non sa cosa fare. In una situazione del genere, chiamerebbe suo padre o Castiel per chiedere aiuto. Fantastico. Si strofina una mano sulla faccia, cercando di controllare i propri pensieri; deve trovare un modo di aggiustare le cose, deve davvero.

Bobby passa a controllarlo dopo un po’ e lo trova ancora lì, pallido e quasi tremante per la rabbia, o magari quelle sono le lacrime e la tristezza e la rabbia ancora che Dean sta cercando di soffocare.

«Coraggio, figliolo,» dice, accarezzando con due dita l’Impala perché non ha la forza di toccare Dean, non ancora. «Andiamo dentro, hai bisogno di dormire.»

Dean lo segue senza dire nulla, è un po’ contento davvero che ci sia qualcuno a dirgli cosa fare. Si sente stanco, tutt’a un tratto, così stanco come non era da anni, ma poi arrivano nel salotto di casa di Bobby e tutti i libri, la polvere e i fogli sparsi sul pavimento gli fanno venire un’idea. Dean si butta sulla pila più vicina di vecchissimi volumi, ne sceglie uno e in fretta scorre l’indice, poi lo butta via. Ha questa polla di entusiasmo così evidentemente luminosa sulla faccia che Bobby non ha il cuore di dirgli che dovrebbe fermarsi, che dovrebbe dormire davvero perché è in piedi da un giorno intero.

Piuttosto, lo raggiunge e prende anche lui un libro a casaccio, uno che non consulta da un po.

«Cosa stiamo cercando?» chiede, guardando distrattamente un paio di illustrazioni. Dean solleva appena gli occhi dalla pagina in cui sta affondando il naso.

«Un modo per ammazzare gli Arcangeli,» dice, come se fosse la cosa più semplice di sempre. Bobby sospira, chiude gli occhi per un attimo e poi annuisce.

Sam scende in salotto dopo un paio d’ore, ha dormito ma sembra più stanco che mai, e li trova così assorbiti dalla lettura che non osa chiedere nulla. Non ne ha bisogno, comunque. Gli sfugge un ghigno, va in cucina a prendere un bicchiere e se lo riempie di scotch, buttandolo giù in un sorso per schiarirsi la testa. Accende il portatile, poi, e occupa il suo solito posto sul divano.

Dean solleva lo sguardo, dopo un po’, e sta mentalmente facendo a pezzi duecento pagine di informazioni, riducendole in briciole più semplici e memorizzabili, e non sta guardando nulla in particolare, davvero, solo il muro dall’altra parte della stanza, ma lì c’è Castiel, proprio lì, perché i sigilli a prova di angelo che Bobby ha sparso sulle finestre sono seriamente imperfetti. Quindi, Castiel sta lì, invisibile, sono almeno tre quarti d’ora che sta lì a guardarli e basta, perché è questo che fanno gli angeli custodi, anche quelli che si sono proclamati tali da sé. Anche quelli che hanno perso la fiducia degli esseri umani che più hanno a cuore. Anche quelli che passano il loro tempo libero a scatenare guerre fratricide in Paradiso.

Cass è lì. Ha dato un’occhiata veloce ai libri che Bobby e Dean stanno leggendo, perché ancora non ha la minima idea di come guardare il portatile di Sam nel modo giusto, perciò sa cosa stanno facendo. Sa cosa stanno tentando di fare. E la cosa lo rende così triste che sente le dita diventare quasi insensibili, ma forse è per colpa del modo in cui Dean guarda attraverso di lui.

Castiel non sa perché si sente così a disagio e così triste, perciò se ne va, lasciando dietro di sé solo un morbidissimo, inudibile sospiro di piume.

*

Sam e Dean e Bobby cercano e cercano e cercano per una giornata intera, ma non trovano nulla. Dean fa un pisolino di mezz’ora, ma quando si sveglia si sente così in colpa che riesce a grattare via la capacità stessa di dormire dal proprio DNA. Bobby crolla per sette ore e un quarto e poi è più attento che mai, ma neppure questo è d’aiuto. Sam ha imparato a memoria tutti i risultati di Google per la chiave di ricerca ‘Arcangeli’ e ‘Come Ucciderli’ e tutto quanto, ma, inutile a dirsi, nessuno di essi è davvero utile, anzi, la maggior parte non hanno proprio senso.

«La cosa che più si avvicinava ad una risposta che ho trovato è stata, tagliagli la testa con un machete,» sospira, stremato, un po’ disperato, forse pure un po’ alticcio per tutto l’alcol che ha buttato giù. «Ma era da un tizio che parlava di capre imbizzarrite in Montana, perciò non credo sia esattamente quello di cui abbiamo bisogno.»

«Beh, però ha un suo perché,» dice Dean, ad ogni modo, e sta ancora leggendo un libro che è più polvere che carta. «Insomma, magari non funziona, ma almeno sarebbe divertente.»

«Eh, come no,» geme Sam, e si preme le mani sugli occhi perché, davvero, è stanco. «Senti, Dean, mi sa che c’è un unico modo di far fuori Raphael, e--»

«No,» dice Dean, alzando gli occhi dal libro e guardandolo male; tutta la sua faccia è come una specie di avvertimento, un’enorme insegna rosso brillante che dice, no, Sammy, non osare dirlo. «Il modo di Cass non è proprio concepibile. Noi non lavoriamo con i mostri.»

Sam sospira, si alza, guarda Dean e se non fosse così stanco magari si sentirebbe deluso.

«Se non fossi così stanco, sarei molto deluso,» dice, appunto, e Dean si acciglia. «Non intendevo suggerire una cosa del genere, Dean, Cristo santo. Pensi che non abbia imparato niente?»

«Scusa,» mormora Dean, ma Sam non gli permette di ricominciare a sguazzare nel senso di colpa.

«Quello che stavo tentando di dire è che è stato Cass stesso a dirci qual è l’unico modo di far fuori un Arcangelo,» sospira, perché è ancora difficile pensare al loro angelo e ricordarsi che sta rapidamente diventando uno dei cattivi – no, non uno dei cattivi, solo uno di quelli senza morale, come quei bambini che crescono troppo in fretta e pensano sia accettabile usare qualsiasi mezzo a disposizione, a patto che lo scopo sia nobile e giusto e tutto il resto. «Abbiamo bisogno di quelle… armi del Paradiso.»

«Le armi del Paradiso,» ripete Dean, senza inflessioni. «Che non sappiamo dove siano, o che aspetto abbiano o come funzionino, e l’unica cosa certa è che si tratta di un ammasso di roba che potrebbe distruggere l’universo se la usassimo nel modo sbagliato.»

«Ecco,» annuisce Sam, poco impressionato. «È la migliore possibilità che abbiamo. Beh, l’unica che abbiamo.»

«Vabbè, andiamo a recuperare Bobby,» dice Dean, e si alza e poi fa a Sam un ghigno enorme ed entusiasta. «Dobbiamo andare a procurarci il nostro costume da Ispettore Gadget, edizione Assassino di Arcangeli.»

Sam, dietro di lui, alza gli occhi al cielo, ma sta più o meno ridacchiando, e comunque lo segue.

*

Balthazar è un angelo molto impegnato. Va a un sacco di feste, viaggia per il mondo e nel continuum temporale, incasina le menti delle persone dall’altra parte della strada solo per divertimento. Potrebbe essere il parente più prossimo di Gabriel che si sia mai visto, davvero, e non è particolarmente contento quando i fratelli Winchester e il vecchietto che di questi tempi sta sempre con loro lo evocano in una vecchia catapecchia polverosa nel mezzo del nulla, usando un rituale che Dio solo sa dove hanno scovato, Balthazar pensava di aver distrutto tutti i cazzo di libri con quella particolare informazione. E, ovviamente, giusto per scaldare un po’ l’atmosfera i tre cazzo di umani si sono permessi di intrappolarlo in un cerchio di fuoco sacro.

«Esattamente la mia idea di una bella domenica pomeriggio divertente,» dice Balthazar, nell’istante in cui si rende conto della situazione, ma il suo pubblico è decisamente poco impressionato. «Salve,» riprova, allora, e addirittura agita una mano per aria, guadagnandosi così uno sbuffo maleducato da parte di Dean.

«Piantala coi convenevoli, Balthazar,» dice Bobby, facendo un passo avanti e ha in mano un coltello ammazza-demoni? Cosa pensa di farci? «Sai perché sei qui.»

«Beh, sì. Sono qui perché voi tre mi avete evocato, usando le istruzioni da quel libro laggiù, tirando ad indovinare,» replica lui, e potrà anche essere confinato nel fuoco ma può ancora far saltare in aria piccoli oggetti nello spazio immediatamente circostante, è forte abbastanza da farlo, perciò schiocca le dita e il cazzo di libro è ridotto in briciole. Bene.

«Ne abbiamo fatto delle copie, sai,» dice Sam, tutto compiaciuto, e il radar interiore di bluff di Balthazar rimane zitto, perciò magari il ragazzo sta dicendo la verità. Merda.

«Molto bene,» dice l’angelo, allora, e solleva le mani in segno di pace, per sottolineare la propria arrendevolezza e che non ha alcuna intenzione di ammazzarli o tirargli brutti scherzi, vuole solo tornare alla propria festicciola il più in fretta possibile. «Sono sicuro che possiamo trovare un accordo. Ditemi di cosa avete bisogno, e io farò il possibile per rendervi tutti felici, in cambio di nulla. E delle copie di quel libro, grazie.»

Sente una risatina sarcastica provenire da Dean, e si volta a guardarlo. Dean è in piedi accanto al muro, ha un dito premuto alla parete e con un tratto ricurvo chiude un sigillo di sangue. Fa un passo in avanti, e Balthazar sbotta una parolaccia sottovoce quando sente il proprio potere soppresso e bandito.

«L’angelo pensa di poter avanzare delle pretese,» dice Dean, chiaramente prendendolo per il culo, e Balthazar raddrizza un po’ la schiena perché sarà anche un bastardo ma è comunque un angelo, e fiero di esserlo, specialmente al cospetto di umani così miserabili. «Per come la vedo io, Balthazar, noi abbiamo il coltello dalla parte del manico, e tu sei un bel filetto.»

C’è la trappola di olio santo che fiammeggia, e i muri e il soffitto coperti di sigilli antichissimi attivati dall’ultimo simbolo tracciato da Dean, e Dean indica tutto quanto e non ce n’era davvero bisogno, comunque, perché c’è qualcosa, nella sua voce, qualcosa nei suoi occhi che basta da sé a convincere Balthazar che questo non è il momento di fare il cazzone.

L’angelo fa tre più tre ed è chiaro, gli umani devono aver scoperto le nuove amicizie di Castiel. È sorprendente, ma non davvero tanto. Balthazar si domanda esattamente quanto sappiano del piano.

«Beh, molto bene,» dice, e dentro di sé si gode senza vergogna il modo in cui i tre uomini sono palesemente sconvolti dalle novità. Forse suo fratello non è proprio così senza speranza, dopo tutto. «Ditemi di cosa avete bisogno, vi sto ascoltando. Più o meno.»

«Le armi del Paradiso,» dice Dean, e, wow, è stato piuttosto diretto e chiaro persino per i suoi standard. Balthazar quasi scoppia a ridergli in faccia.

«Sai benissimo che non le ho più, tesoro,» dice, il suo tono è quello di un vecchio maestro elementare che tira le guanciotte paffute del suo studente preferito. «Se l’è prese il vostro amico angelo, quello che vi è amico davvero cioè; sta progettando di metter su uno spettacolo pirotecnico niente male, lassù oltre l’arcobaleno, sono sicuro che lo sapete benissimo.»

«Sì, lo sappiamo,» brontola Dean, ed è così incapace di mascherare i propri sentimenti che è davvero sorprendente che sappia essere un così bravo cacciatore. «Vogliamo sapere dov’è che le tiene.»

«E come prenderle,» interviene Sam, diligente. Bobby sta ancora puntando il suo coltellino a Balthazar, comincia a diventare ridicolo. «Come portarle via, come farle funzionare senza far implodere l’universo.»

«Sapete, voi tre siete davvero qualcosa di eccezionale,» sorride Balthazar. Dean stringe gli occhi, non sembra lusingato dal complimento. «Voglio dire, avete gestito bene dei bei pezzi grossi, Lilith, Lucifer, Michael… uno ad uno state mettendo una croce sull’intero cast della Bibba, ed è fantastico, davvero, ragazzi, ma non pensate che magari ora state tirando un po’ troppo la corda?»

«Piantala di dire stronzate e dicci quello che abbiamo chiesto,» ringhia Bobby, e Balthazar sospira. Sta solo cercando di aiutare, perché devono essere così maleducati?

«Non c’è bisogno di farti salire la pressione, nonno, anche se sono sicuro che avrai sentito questa battuta un milione di volte,» dice, quasi scusandosi, e Bobby si limita a guardarlo male. «Sentite, ragazzi, non dovete preoccuparvi, va bene? Castiel sta andando alla grande. Ha le armi, presto avrà anche una quantità spaventosa di anime a disposizione, vincerà lui, va bene? Non ci sarà nessuna Apocalisse, nessun Arcangelo impazzito col complesso di Dio a regnare sul Paradiso, solo libertà. Pura e completa libertà, cito me stesso, e non è questo che volevate? Se c’è qualcuno che può riuscirci, quello è Cass, e ce la farà.»

«È questo che pensi?» dice Dean, facendo un passo in avanti e quasi calpestando il fuoco. È un peccato che non ferirebbe lui quanto ferirebbe un angelo. «Pensi davvero che avremo tutti il nostro finale felice, quando Cass avrà venduto la sua anima a quel dannato demone di merda?»

«Siamo angeli,» osserva Balthazar, un po’ perplesso, ma sinceramente. «Non abbiamo anime da vendere.»

«Non è questo il punto!» scatta Dean, e dovrebbe dormire un po’ di più, pensa Balthazar, è così stressato che potrebbe esplodere. «Il punto è che, Dio, come puoi essere così ingenuo da pensare che andrà tutto bene? Come puoi fidarti di Crowley? Come puoi pensare che sia giusto e accettabile fare squadra con un tale pezzo di merda, anche solo per mezzo secondo?!»

«Perdonami, ma stai ancora parlando con me?» chiede Balthazar, educato e con solo un minuscolo granello di irritazione nella voce. «Perché davvero, Dean, te lo devo ripetere? Non sono io quello che è innamorato di te, non sono Castiel. Non è a me che vuoi dire tutta questa roba.» E quasi dice, guarda oltre le mie spalle, la vedi quella finestra proprio sopra quel bruttissimo divano tutto gonfio e polveroso? Ecco, Castiel è là, fuori dalla casa, ti sta guardando attraverso le tende con quel faccino da cucciolo depresso che non riesci a vedere perché si è reso invisibile.

«Va’ a farti fottere,» sbotta Dean, chiaramente incazzato con se stesso per essersi lasciato andare, e si preme una mano sulla faccia e sospira. Tira fuori una pistola dal nulla, poi, la carica e la punta alla fronte di Balthazar. Beh, a quella del suo vessel. «Ora parla, sintetico e preciso, perché magari a te sta bene lasciare che i tuoi amici facciano casini e vadano in giro coi demoni, a patto che la cosa non danneggi la tua cazzo di libertà, ma a me no. E poi magari il tuo cervello ti funzionerà meglio, se ci apro una presa d’aria.»

A Balthazar piace la sua nuova vita, d’accordo? È un convinto ammiratore di Epicuro, l’ha incontrato e hanno cenato assieme e ora sono amici, amici molto stretti per la verità, perciò non è un completo cretino, ce l’ha qualche nozione un po’ vaga di etica e morale e conosce la differenza tra giusto e sbagliato; sa che le intenzioni di Castiel sono buone, che i suoi piani per il futuro sono forse la cosa migliore che sia mai capitata al Paradiso. Sa che Castiel ha scelto la via più sicura di realizzare il suo piano, quella con la maggiore possibilità di successo, ma al contempo non èproprio sicuro che sia stata la decisione più giusta. Non ha detto nulla perché, beh, si tratta di Castiel, poco più di un ragazzino ostinato che, peraltro, sta faticando anche per la libertà di Balthazar. Però adesso Dean e Sam e Bobby gli stanno offrendo un’occasione di fare ammenda, gli stanno dando la possibilità di fare qualcosa di utile per davvero.

Balthazar vuole essere libero, ma ha imparato che la vera libertà è solo quella di un essere felice e incorruttibile, estraneo all’ira e alla benevolenza allo stesso modo. E noi siamo solo e sempre così infinitamente deboli.

Balthazar può avere solo la libertà degli esseri umani, fragili e tormentati, e il minimo che può fare è cercare di trarne il meglio, perciò glielo dice.

Dice ai Winchester di Colorado Springs, la città d’America più vicina al Paradiso, e rivela loro la combinazione del suo capannone. Gli dice di fare attenzione, gli augura la migliore sorte possibile.

«Sapete che non saranno sufficienti le armi a far fuori Raphael, vero?» chiede, quando Dean e Sam e Bobby se ne stanno per andare, lasciandolo lì intrappolato per sempre tra le fiamme. «Sapete che se fossero state sufficienti a spazzare via il brutto muso di quel bastardo dalla faccia della Terra, Castiel avrebbe fatto le pulizie di primavera da un pezzo, vero? Sapete che pure con tutto il potere che potreste riuscire a mettere insieme in maniere non eticamente ripugnanti, sareste comunque nient’altro che una bistecca succulenta che tenta di combattere uno squalo enorme e affamato usando uno stuzzicadenti?»

I tre lo guardano e basta, senza la minima espressione, e poi Dean sorride, sicuro di sé e assolutamente fuori luogo.

«Mi piacciono le bistecche,» dice, e Balthazar sbuffa.

«Incredibile,» dice. «Siete completamente ottusi.»

«Sì, perlomeno quello lo sappiamo con certezza,» brontola Bobby, e dopo un attimo se ne sono andati e Balthazar sente Castiel smaterializzarsi. E poi Crowley viene fuori dal suo nascondiglio, sghignazzando. Schiocca le dita ed estingue le fiamme sacre, sfuma i sigilli sui muri in nient’altro che macchie di sangue.

«Grazie, Balthazar,» dice, il suo ghigno tutto di denti, e sta già spedendo una caterva di demoni a Colorado Springs. Balthazar gli fa un finto inchino e sorride educatamente, le mani ficcate a fondo nelle tasche.

«Ci vediamo domattina in ufficio, capo,» dice, e svanisce in un frullio d’ali, ma non abbastanza in fretta da perdersi la risata bassa e roca di Crowley.

*

Un sacco di cose strane affollano la testa di Castiel, in questo momento. Si sente in colpa, prima di tutto, e anche piuttosto un cretino. Vorrebbe anche poter stare accanto ai Winchester come al solito, non invisibile ma ad invadere senza pensarci troppo lo spazio personale di Dean, a sentire l’esasperazione di Bobby per l’imprudenza dei ragazzi scivolargli sulla pelle come un acquazzone nella foresta pluviale e a domandarsi continuamente cos’è che sta pensando Sam. Soprattutto gli manca il fetore dell’Impala, che poi non è un fetore per lui, davvero.

È una cosa piuttosto strana, comunque, ma ultimamente è sempre tutto strano, perciò Castiel non è poi tanto sorpreso. Sta cominciando ad abituarsi alla conflittualità della natura umana, ha quasi accettato l’incertezza costante, sta persino imparando a non mettere in dubbio le proprie scelte una volta che le ha compiute. Non è poi tanto sicuro che sia la cosa giusta, però, perché davvero, ogni fibra del suo essere gli strilla in continuazione che dovrebbe davvero rivedere e rivedere e rivedere ancora ogni singolo passo che ha compiuto da quando è caduto.

Non è una bella sensazione.

Castiel è spaventato, si sente perso. Sente il peso della libertà e della responsabilità soprattutto, ed è come se l’intero Paradiso gli fosse crollato sulle spalle. Fa male, brucia, probabilmente perché, sì, Castiel ha per davvero tra le mani il destino dell’universo. È terrificante. No, non è abbastanza; probabilmente nessuna parola è sufficiente, neppure in Enochiano.

Castiel si domanda se è così che si sente Dio. Sa che si tratta di presunzione, sa che è un peccato, forse il peggiore di tutti, paragonarsi al Signore Onnipotente, eppure se lo domanda, non può farne a meno. E pensa che se davvero è questo che significa essere Dio, allora non può davvero odiare suo Padre per essersene andato. Vuole andar via anche lui.

Il punto è che è troppo, perché Castiel non conosce le conseguenze delle sue azioni, può solo presumere, immaginare, sperare e pregare e ogni volta che guarda in su verso il cielo vede che le stelle sono sempre un po’ meno luminose. Ha paura, ha paura davvero, ma non può far nulla per fermarsi. Non vuole, perché non c’è una maniera di affrontare Raphael che funzionerebbe meglio di così.

Dio era così in conflitto, quando ha dovuto creare il Male perché il Bene potesse esistere? Ha pensato, è sbagliato, ma devo crearlo, perché altrimenti non funzionerebbe? Si guarda mai le mani e si chiede, che cosa ho fatto?

Castielo lo fa in continuazione. Proprio non riesce a smettere di porsi domande, anche se sa che se potesse spegnersi la coscienza sarebbe tutto così facile. Ma non è quello che vuole, non vuole trasformarsi in Crowley. Non vuole privarsi davvero del peso della responsabilità.

Castiel vuole solo fare la cosa giusta. Forse è questo che lo salverà, forse no.

*

«Non state davvero andando in Colorado senza precauzioni, vero?» chiede Balthazar, petulante e pure spaventoso, perché compare sul sedile posteriore dell’Impala senza annunciarsi, e Dean fa un balzo, sorpreso, e quasi riesce a farli ammazzare in uno scontro frontale con un tir che veniva dalla direzione opposta.

Bobby li chiama un attimo dopo, Sam risponde al cellulare con le dita che gli tremano e gli assicura che stanno bene. Dean grida che un certo angelo inglese e coglione dovrebbe imparare che non si può terrorizzare così la gente che guida, e Balthazar non è proprio contento degli onorifici.

«Chiedo scusa, la prossima volta vi lascerò piombare nelle trappole di Crowley senza alcun avvertimento,» dice, vagamente offeso, e Dean sbuffa, guardandolo male dallo specchietto retrovisore.

«Secondo te non sapevamo che ci stavi mandando dritti dritti in una trappola?» dice, e Balthazar sorride.

«Beh, miei cari ragazzi, sono davvero impressionato,» e fa pure una parodia di applauso per loro. «Ora che avete passato questo esame, sono orgoglioso di annunciarvi che vi siete evoluti da completamente ottusi a stupidi come capre!»

«Evviva,» brontola Dean, senza la minima traccia di entusiasmo, e Sam tossicchia e si torce sul sedile in modo da poter guardare Balthazar.

«Cosa vuoi?» chiede, e in qualche modo riesce a non essere maleducato, probabilmente per via di quegli occhioni da cucciolo, pensa Balthazar. «Cioè, ci hai riempiti di stronzate, prima?»

«Certo che no!» dice Balthazar, oltraggiato al solo pensiero che lo reputino un bugiardo. Divertente. «Le armi del Paradiso sono davvero a ColSpri, lo giuro. Crowley sa del vostro piccolo alterco con Castiel, anche se magari ne ha udito una versione leggermente esagerata, ma comunque sa che state dando la caccia alle armi e, se volete la mia opinione, in Colorado vi sguinzaglierà dietro l’intero Inferno, nella speranza che Cass accorra a salvarvi il culo, e così avrà preso quattro piccioni con una fava, ma non è per questo che sono qui, naturalmente,» e sorride, disperatamente divertito dalla faccia di Sam, sconvolto dalla sorpresa, e dal modo in cui Dean sta praticamente esplodendo di rabbia. «C’è una cosa che vorrei chiedervi, se non vi spiace.»

«Che diamine vuoi?» abbaia Dean, e se spingesse ancora un po’ sull’acceleratore riuscirebbe a fare un buco nel telaio dell’Impala.

«Sono moderatamente curioso,» dice Balthazar, teatralmente pensieroso. «State davvero andando a buttarvi tra le braccia dell’orda di Crowley, un esercito di demoni e creature poco raccomandabili messo assieme per l’unico scopo di farvi a pezzi, molto bene. Facciamo finta per un secondo che riuscirete a sopravvivere alla spaventosa quantità di ambasciatori dell’Inferno che vi aspetta a qualche chilometro da qui, e immaginiamo che riusciate anche a mettere le vostre sozze, mortali mani sulle mie povere armi, d’accordo? E poi, in questo meraviglioso universo d’incredibile fantasia e divina giustizia in cui i soldi crescono sugli alberi e gli unicorni prosperano in lande lussureggianti dimenticate dagli uomini e gli angeli e i cacciatori comunicano per davvero gli uni con gli altri invece di fissarsi intensamente negli occhi tutto il tempo --»

«Amico, mi hai perso. Sto guidando, vedi di stringere,» dice Dean, vagamente irritato e con le guance decisamnete in fiamme, e Balthazar sogghigna.

«Va bene, scusami,» dice. «Non scommetterei mezza noce su di voi, ma se doveste riuscire ad ottenere le armi, davvero, cosa ve ne fareste? Perché non stavo scherzando, prima, quando ho detto che--»

«Lo so cos’è che hai detto,» dice Dean, duramente. «Lo so. Lo so che siamo solo umani, bla bla bla, le luccicherie del Paradiso non bastano. Lo sappiamo. E allora? Dovremmo sederci in un angolo e goderci lo spettacolo di Cass che stringe la mano e fa patti con l’Imperatore Palpatine?»

«È quello che qualsiasi creatura con il più vago istinto di autoconservazione farebbe, sì,» annuisce Balthazar. «Ma avete provato in più di un’occasione che non sareste in grado di trovare quella parola in un dizionario.»

«Esattamente,» dice Dean, e sta stringendo così tanto il volante che ha le nocche completamente bianche. «Perciò, per rispondere alla tua domanda, ecco cosa faremo quando avremo messo le mani sulle tue armi: andiamo al piano di sopra e facciamo il culo a Raphael e a qualsiasi altro stronzo alato che pensa di poter giocare col nostro pianeta come gli gira, e poi appenderemo Crowley per i piedi. Che te ne pare?»

«Mi sembra un piano fuori di testa, pericoloso e irrealizzabile, e penso che vi farete ammazzare nei modi più dolorosi possibili,» dice Balthazar, ed è sincero, il che è una cosa piuttosto rara per lui, ma questi Winchester, beh, sono capaci di tirar fuori il meglio di lui. Non che lo ammetterà mai, naturalmente, è una cosa ridicola.

«Amico, dimmi qualcosa che non so,» ride Dean, e anche Sam sbuffa una specie di risatina divertita. Balthazar li guarda, poi guarda la strada davanti a loro, l’asfalto che è un tappeto nero srotolato nella notte, e sospira.

«C’è un ratto nel bagagliaio,» dice, e sparisce, ma Cass rimane dov’è. Dean continua a guidare.
  
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