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Autore: xEsterx    02/06/2011    4 recensioni
[Lost Canvas]
Un bambino felice, una vita luminosa.
Ma le tenebre incombono, il Sole è in pericolo.
Sappi però che quando una stella si estingue, ce ne è sempre un'altra che brilla, da qualche parte.
E nulla esclude che la sua energia possa raggiungerti, quando i suoi raggi abbiano percorso la strada che la separa da te, anche se lunga.
Piccolo missing moment/o qualche altra cosa inglese chepropriononsaprei. Il nome del protagonista viene celato durante tutta la fic, ma non penso sia difficile capire chi possa mai essere :) Ho voglia di esplorare un po' questi passati nei loro tormenti, perchè d'altronde sono loro che hanno reso i cavalieri quelli che sono nel presente.
Ah, dimenticavo: è stata scritta PRIMA di leggere la vera storia del fumetto relativa a questo personaggio.
Buona lettura.
Genere: Drammatico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altri
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Non toglietemi il sole .





La pioggia gli piaceva, gli era sempre piaciuta.


A dire il vero, si potevano contare sulla punta delle dita le cose che non gli piacevano, perchè tutto della sua vita andava a meraviglia, aveva il papà e la mamma migliori del mondo ed era circondato da tanti amici che lo stimavano e dai quali, senza nemmeno esserne consapevole, era stato preso come un punto di riferimento, un leader. Perchè oltre ad essere un bimbo buono e gentile, non poche volte aveva dato dimostrazione di una forza di spirito e di corpo che superava tutte quelle dei ragazzini del villaggio messe assieme: quel pomeriggio che Gemma cadde nel fiume in piena, fu lui a tuffarsi e riportarla a riva in un battibaleno, come se avesse nuotato nel calmo stagno dietro casa sua; e quando Philip si ritrovò nei guai perchè, entrato senza permesso nella capanna di Valeen e i suoi mentre questi non c'erano ed era stato colto in flagrante a riprendersi le caramelle che loro gli avevano rubato, fu lui ad apparire all'improvviso e a piazzarglisi davanti, prendendosi le botte al posto suo e incassandole con così tanta tenacia e onore da far impressionare quei bulli e indurli a smettere.  Ma nonostante le sue mirabolanti gesta, non aveva la fama di uno che "si faceva rispettare" perchè quando gli altri cercavano di attaccar briga, lui nè ribatteva nè cercava di difendersi:  fare del male a qualcuno era per lui la cosa più spregevole del mondo. Ecco, sì, una della poche cose che non gli piacevano era decisamente quella.
Ed era dopo queste scaramucce che tornava a casa con un labbro spaccato o un occhio gonfio, senza guaire un lamento o versare una lacrima. Ogni volta sua madre gli correva incontro preoccupata e si apprestava subito a medicarlo, mentre, passandogli quelle calde e delicate mani sulla pelle morbida da bimbo lo chiamava "il mio micino", e gli diceva che non era giusto prendere tutte quelle botte senza difendersi, e che suo padre di certo non sarebbe stato contento del suo comportamento.
Ma d'altronde proprio il papà diceva sempre che la violenza non era una buona cosa, ed era ancora meno buona se esercitata per dimostrare la propria forza;  infatti proprio perchè sapeva di essere forte, il ragazzino non muoveva mai un dito contro gli altri; non era stupido: la consapevolezza di distinguersi dagli altri, di avere qualcosa in più, ce l'aveva annidata dentro ormai da molto tempo, ma facendo tesoro di ciò che sentiva dire dal papà, non aveva mai alzato un dito contro nessuno. Mai. Perchè quell'uomo dal bell'aspetto e dal grande valore, oltre che essere l'orgoglio di tutto il villaggio, era la persona che più stimava al mondo e avrebbe fatto di tutto pur di  renderlo fiero. Si impegnava tutti i giorni, ogni occasione era buona per aiutare gli altri così da tornare a casa e raccontargli delle sue gesta: vedere nel suo volto quello scintillante sorriso che ogni volta gli donava con tanta generosità e soddisfazione, era la cosa più bella del mondo.
Delle tantissime cose che gli piacevano, quella era in assoluto la migliore di tutte, sì; quella e quando veniva tirato su dalle possenti braccia del guerriero, che se lo accoccolava sulle gambe e gli raccontava delle incredibili avventure e delle nobili gesta sue e dei suoi compagni.
Per l'uomo, il figlio non era affatto un micino, ma semplicemente un cucciolo che un giorno nemmeno troppo lontano sarebbe diventato grande e forte, e quel cucciolo non aspettava altro che diventare come il suo papà che tanto amava e che per lui era come il Sole.
Sì, come il Sole che regala la vita e sconfigge le tenebre, anche le più inespugnabili.
Il suo Sole.

Anche quando la mamma morì di malattia, il papà non lasciò che il buio prendesse il sopravvento su di sè e sul proprio figlio, perchè quel sorriso... Quel sorriso c'era sempre con la sua luce così abbagliante a riscaldare i cuori, a stupire gli animi e regalare speranza: niente lo avrebbe distolto dal proprio dovere di paladino e di padre, niente gli avrebbe impedito di continuare ad essere quell'astro che tutti guidava, anche a costo di consumare tutti i suoi raggi.

Suo padre era il migliore, e non esisteva nessuno al mondo più forte di lui. Questo era ciò di cui era fermamente convinto, e continuò a crederci anche dopo quel giorno, anche dopo che accadde la tragedia, quando, mentre si rotolava sull'erba del giardino assieme a lui, sette signori con addosso ferro nero fecero visita alla sua casa.
Ricordava che era davvero orribile, quel ferro nero, e che come ogni nero che si rispettasse inghiottiva anche il minimo raggio di luce da cui veniva lambito.
Quelli erano le tenebre e, disgrazia, quella volta il Sole non riuscì a risplendere abbastanza per avere la meglio su di esse.
 
Fu in quel giorno che decise di farsi rispettare per la prima volta.

Pensò alla mamma, che gli rimproverava di non farlo mai, e si chiese se farsi rispettare volesse forse dire essere meno buono... E se per essere meno buono fosse necessario non farsi piacere le cose...
Perchè in quel momento, quando la figura possente del padre giaceva annegato in quella pozza di sangue con gli occhi spalancati e le labbra piegate in un muto gridare, oh, stava vedendo una cosa che non gli piaceva affatto.
E decise di non essere buono, per quella volta.
Anzi, volle essere cattivo, più cattivo di quanto si sarebbe mai immaginato, e di mostrare a quei bastardi la forza che  dentro gli sbraitava; non quella forza di cui si serviva per aiutare gli amici in difficoltà, ma quella vergine a cui non aveva mai attinto prima e che tanto disprezzava: la forza di cui ci si avvale per fare del male.

Si quietò solo quando non riuscì a distinguere più nulla di quei corpi, martoriati da artigli feroci che cercavano vendetta. Stette molto tempo a guardarsi quelle manine ormai tutte rosse, piene di brandelli di carne e capelli, macchie incancellabili sul candido velo dell'innocenza; tremava, chiedendosi come fosse potuta accadere una cosa del genere, e se la colpa di aver ridotto in quello stato raccapricciante quei sette guerrieri fosse davvero la sua e non di un terribile mostro, giunto indisturbato e poi sparito allo stesso modo.
Poi pianse per ore, abbracciando il corpo senza vita e senza luce del papà, fino a quando non esaurì tutte le lacrime.
Il Sole si era spento, e senza il Sole, si sa, i fiori appassiscono, i frutti non crescono, e ogni cosa perde i propri colori.

Da quella vicenda, le cose che non gli piacevano erano diventate tante, e aumentavano sempre di più col passar del tempo. Persino quella pioggia che aveva sempre amato e che ora gli batteva sul viso, procurandogli fastidio agli occhi stanchi, la detestava. E detestava le ferite doloranti sparse per tutto il corpo coperto da vestiti ormai luridi e consumati, e il sedere indolenzito per stare sempre seduto a terra, a fissare l'orizzonte.

Il pensiero ritornava spesso ai primi giorni dopo l'accaduto, quando quella "cosa" luccicante che il papà portava sempre addosso , si dimostrò davvero essere qualcosa di speciale, perchè una volta che l'uomo fu seppellito sulle colline fuori il villaggio, non ci fu modo di allontanarla dalla tomba del suo proprietario. Stava lì come se volesse continuare a proteggerlo anche dopo la morte, come aveva sempre fatto quando egli era ancora in vita, non perdendo la sua lucentezza e il suo vigore nemmeno con l'avanzare dei giorni e sotto le frequenti e spietate intemperie.

Ma chi avrebbe protetto lei, ora che papà non c'era più? Anche se il ragazzo in principio aveva preso ad odiarla perchè, secondo lui, causa di quanto di orribile gli era successo, sapeva bene che era stata importante per il genitore, che quando la aveva indosso sembrava, più che una protezione inerte, una vera e propria compagna dotata di vita propria. Per questo aveva deciso di stare lì giorno e notte, seduto accanto alla tomba del padre e a quello che era stato il suo tesoro, per proteggerla a costo della vita dai tanti brutti ceffi che arrivavano lì per cercare di appropriarsene; li batteva tutti con estrema facilità, ricavandone solo qualche lieve ferita. Ma proprio non capiva il perchè di tanto accanimento nel voler conquistare quello che era solamente un catalizzatore che si limitava ad irradiare la luce della sua sola ed unica sorgente: nessuno di loro, per quanto forte, sarebbe riuscito a farla brillare come solo al suo papà era concesso.
Col passare dei giorni, però, non si trattò più di una missione da compiere unicamente per il defunto padre, perchè cominciò a provare per quell'oggetto uno strano affetto, fatto di rispetto e silente devozione. Perchè standogli vicino, era come stare vicino al suo papà, come se egli non se ne fosse mai andato. Le dormiva accanto, le parlava spesso mentre la accarezzava amabilmente, e poteva giurare di sentirsi rispondere, qualche volta. Non con la voce, certo, ma l'affettuoso calore che ella gli infondeva quando lui era triste e la sfolgorante energia che gli trasmetteva quando le forze lo abbandonavano, per lui valevano più di mille inutili parole .
No, non era affatto un mero catalizzatore, e presto lo capì: il bagliore che emanava suo padre non era altro che il matrimonio di due sorgenti, quella sua e quella della fida compagna, alle quali era concesso brillare al massimo solamente uniti in un unico cuore.

Ecco perchè era pieno di ferite e perchè, ormai da lunghi e spossanti mesi, non si muoveva dalla propria postazione, affrontando chiunque si avvicinasse come una fiera che protegge il suo territorio.

E fu proprio in quella sera di fastidiosa ed incessante pioggia, che egli arrivò.

-Ragazzo, sto cercando il proprietario di quel leone dorato.-

Quella voce calma emanava un tepore soave e rassicurante che gli accarezzò le spalle prima che potesse voltarsi verso colui che aveva parlato, ma a parte l' insolita gentilezza, le sue orecchie non stavano sentendo niente di nuovo.

-Egli riunisce in sè umanità, saggezza e coraggio. Non v'è guerriero più forte di lui.-

Quell'uomo pareva rispettare ed ammirare suo padre, ma ne aveva sentiti fin troppi di sporchi trucchi in tutto quel tempo passato a combattere gli ostili visitatori, per cascarci.

-Se è lui che cerchi, è sepolto qui da un pezzo. Io e questo leone ce ne stiamo qui tutto il tempo... e si è già fatta avanti gente di ogni sorta, con l'intenzione di impadronirsene.- La pacatezza con cui pronunciò queste parole, tradiva la ferocia che invece già stava ruggendogli dentro. -Anche tu... sei uno di loro?!- Urlò infine con tutto il fiato che aveva in gola, gettandosi contro quell'uomo con gli artigli già estratti per attaccare, negli occhi riluceva la bestia. Ed era una bestia senza controllo nè onore, la stessa che aveva trucidato gli assassini di suo padre, ben lontana da quella di cui l'armatura aveva la forma: così voleva che quell'uomo dalle vesti eleganti e il viso nobile lo vedesse, come un leone selvaggio, incattivito e ben lontano dal re che avrebbe dovuto essere.
Ma, evidentemente, egli tutto stava vedendo in quel ragazzo, tranne che una belva senza ritegno; perchè nemmeno sotto attacco smetteva di guardarlo con quella contagiosa serenità, e la compassione che traboccava da quegli occhi azzurri, così limpidi, così pieni di pace e giustizia, fu in grado di domare quella bestia furente, restituendogli quel trono e quell'onore che l'odio e la solitudine gli avevano portato via: divinità nel potere e uomo nella carità, questo era quello sconosciuto che non poteva essere altro che un compagno di suo padre.

E poi, una luce.

No, la Luce. La stessa luce che lo aveva sempre guidato e della quale nè lui, nè le persone del villaggio non avevano mai potuto fare a meno; la stessa luce che non pensava di riuscire a vedere ancora, lo stesso bagliore che aveva l'immane potere di alleviare agli uomini la disperazione e il dolore di questa Terra imperfetta.
Furono due grandi ali dorate quelle che si spiegarono dalla schiena del giovane uomo in tutto il loro fulgido splendore, per poi ripiegarsi a circondare il ragazzo in quell'abbraccio pieno di conforto.
Sentì le lacrime rigargli le guance, completamente impreparato ad accogliere la dirompente,  ma allo stesso tempo dolce redenzione che lo sconosciuto gli aveva donato.    

 -Io sono Sisyphus del Sagittario. Non hai più nulla da temere.-

Lì davanti a lui, c'era di nuovo il Sole.









  
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